martedì 3 luglio 2018

Lavorare per il cielo - Dalle omelie di San Giovanni Maria Vianney


Molti sono i cristiani, figli miei, che non sanno assolutamente perché sono al mondo… “Mio Dio, perché mi hai messo al mondo?”. “Per salvarti”. “E perché vuoi salvarmi?”. “Perché ti amo”.
Com’è bello conoscere, amare e servire Dio! 
Non abbiamo nient’altro da fare in questa vita. 
Tutto ciò che facciamo al di fuori di questo, è tempo perso. 
Bisogna agire soltanto per Dio, mettere le nostre opere nelle sue mani… Svegliandosi al mattino bisogna dire: “Oggi voglio lavorare per te, mio Dio! Accetterò tutto quello che vorrai inviarmi in quanto tuo dono. 
Offro me stesso in sacrificio. Tuttavia, mio Dio, io non posso nulla senza di te: aiutami!”.
Oh! Come rimpiangeremo, in punto di morte, tutto il tempo che avremo dedicato ai piaceri, alle conversazioni inutili, al riposo anziché dedicarlo alla mortificazione, alla preghiera, alle buone opere, a pensare alla nostra miseria, a piangere sui nostri peccati! 
Allora ci renderemo conto di non aver fatto nulla per il cielo.
Che triste, figli miei! La maggior parte dei cristiani non fa altro che lavorare per soddisfare questo “cadavere” che presto marcirà sotto terra, senza alcun riguardo per la povera anima, che è destinata ad essere felice o infelice per l’eternità. 
La loro mancanza di spirito e di buon senso fa accapponare la pelle!
Vedete, figli miei, non bisogna dimenticare che abbiamo un’anima da salvare ed un’eternità che ci aspetta. 
Il mondo, le ricchezze, i piaceri, gli onori passeranno; il cielo e l’inferno non passeranno mai. Stiamo quindi attenti!
I santi non hanno cominciato tutti bene, ma hanno finito tutti bene. 
Noi abbiamo cominciato male: finiamo bene, e potremo un giorno congiungerci a loro in cielo. 

- San Giovanni Maria Vianney - 



La sordità spirituale

Dobbiamo rivolgere la nostra attenzione al Vangelo che racconta la guarigione di un sordo-muto da parte di Gesù. 
Anche lì incontriamo di nuovo i due aspetti dell’unico tema. 
Gesù si dedica ai sofferenti, a coloro che sono spinti ai margini della società. Li guarisce e, aprendo loro così la possibilità di vivere e di decidere insieme, li introduce nell’uguaglianza e nella fraternità. 
Questo riguarda ovviamente tutti noi: Gesù indica a tutti noi la direzione del nostro agire, il come dobbiamo agire. 
Tutta la vicenda presenta, però, ancora un’altra dimensione, che i Padri della Chiesa hanno messo in luce con insistenza e che concerne in modo speciale anche noi oggi. 
I Padri parlano degli uomini e per gli uomini del loro tempo. Ma quello che dicono riguarda in modo nuovo anche noi uomini moderni. 
Non esiste soltanto la sordità fisica, che taglia l’uomo in gran parte fuori della vita sociale. 
Esiste una debolezza d’udito nei confronti di Dio di cui soffriamo specialmente in questo nostro tempo. Noi, semplicemente, non riusciamo più a sentirlo – sono troppe le frequenze diverse che occupano i nostri orecchi. Quello che si dice di Lui ci sembra pre-scientifico, non più adatto al nostro tempo. 
Con la debolezza d’udito o addirittura la sordità nei confronti di Dio si perde naturalmente anche la nostra capacità di parlare con Lui o a Lui. 
In questo modo, però, viene a mancarci una percezione decisiva. 
I nostri sensi interiori corrono il pericolo di spegnersi. 
Con il venir meno di questa percezione viene circoscritto poi in modo drastico e pericoloso il raggio del nostro rapporto con la realtà in genere. 
L’orizzonte della nostra vita si riduce in modo preoccupante.

- papa Benedetto XVI -
 Omelia, München, 10 settembre 2006



Buona giornata a tutti. :-)




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