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sabato 17 dicembre 2022

Per ultima venne la morte – Piero Gribaudi -

La morte non voleva credere alle proprie orecchie quando le fu comunicato che il suo dominio universale stava per finire. 
Pur riconoscendosi la più inamabile di tutte le creature, un po' di riguardo l'avrebbe gradito da parte dell'Arcangelo messaggero. Non era mica l'ultima delle ancelle di Dio, anzi. Il suo ruolo nei piani del Creatore era fondamentale.
«E continuerà ad esserlo», le aveva garantito il messo celeste, «per tutte le creature viventi, tranne che per l'uomo».
«Perché?», gli aveva domandato la Morte, «diventerà immortale?».
«Non fare troppe domande... tu non capiresti».
Era stato a questo punto che la Morte si era gravemente offesa. Che oltre a fare un lavoraccio infame, la si giudicasse imbecille, non lo poteva tollerare! 
Di essere perdente non le importava affatto, tanto il suo lavoro le era ingrato, ma come sarebbe avvenuta la metamorfosi?
Le bastò uno sguardo circolare sulla superficie terrestre per individuare il punto. Forse nessuno, davanti alla grotta di Betlemme, provò maggior sbalordimento della Morte. Eppure, ora che lo aveva davanti, il progetto le appariva chiaro e di un'incredibile semplicità: quel batuffolo di carne, per il solo fatto di essere vita, era già sua preda. La Morte desiderò a quel punto che il Creatore avesse scelto un'altra strada, per non essere chiamata in causa. 
Ma fu allora che, dal sonno profondo in cui era immerso, il Bimbo le sorrise. 
E la Morte si sentì vinta e capì come sarebbe stata vinta: da un amore talmente intenso che proprio attraverso di lei sarebbe passato, per dimostrare all'universo la propria potenza e la propria vastità.

- Piero Gribaudi - 
Da: Fiabe della Notte Santa, Effatà Casa editrice


Noi ti attendiamo …

 Scrutando nell'oscura notte del nostro tempo,
in cui più insidioso si nasconde il nemico,
noi ti attendiamo, o Cristo,
luce del nuovo giorno!
Vieni, sorgi quale sole di speranza
sugli uomini divorati dall'angoscia!
Dinanzi a te prostrati, ti adoriamo
e dando voce a ogni creatura
a te gridiamo, Signore della vita:
apri i nostri occhi alla tua luce,
i nostri orecchi alla tua voce,
i nostri cuori alla tua pace.
Amen.
 
(Avvento 2003 – inedito)

- Madre Anna Maria Cànopi -


Buona giornata a tutti :-)


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venerdì 16 dicembre 2022

La leggenda della Stella di Natale

 Era la sera di Natale, in fondo alla cappella, Lola, una piccola messicana, in lacrime pregava: “Per favore Dio mio, aiutami! Come potrò dimostrare al bambino Gesù che lo amo? Non ho niente, neanche un fiore da mettere a piedi del suo presepe”.
D’un colpo apparve una bellissima luce e Lola vide apparire accanto a lei il suo angelo custode. “Gesù sa che lo ami, Lola, lui sa quello che fai per gli altri. Raccogli solo qualche fiore sul bordo della strada e portalo qui.” disse l’angelo.
“Ma sono delle cattive erbe, quelle che si trovano sul bordo della strada” rispose la bambina.

“Non sono erbe cattive, sono solo piante che l’uomo non ha ancora scoperto quello che Dio desidera farne.” disse l’angelo con un sorriso .
Lola uscì e qualche minuto più tardi entrò nella cappella con in braccio un mazzo di verdure che depositò con rispetto davanti al presepe in mezzo ai fiori che gli altri abitanti del villaggio avevano portato.
Poco dopo nella cappella si senti un breve sussurro, le erbe cattive portate da Lola si erano trasformate in bellissimi fiori rossi, rosso fuoco.

Da quel giorno le stelle di Natale in Messico sono chiamate “Flores de la Noce Buena”, fiori della Santa Notte.


Nel 1825 Joel Poinsett, ambasciatore americano in Messico, riportò in America semi di Stelle di Natale e le fece conoscere in tutto il mondo!



Annunciare la Speranza non significa intingere le parole nella melassa, scambiando il sale con lo zucchero.

È terribile annunciare la Speranza perché prima occorre aiutare a riconoscere la disperazione del mondo.
È terribile la notizia buona della Misericordia perché esige il previo riconoscere la nostra miseria.
Cioè guardare in faccia la realtà e, sulla base di quanto detto a Mosè, nessuno può guardarla senza, in qualche modo, morire.

La grazia suppone una condanna. La speranza un futuro perduto.

La speranza non ha bisogno del futuro.
Ha bisogno dell'Eterno.
Apre una strada in mezzo al mare.
"Passando per la valle del pianto la cambia in una sorgente"

- Franca Negri - 



A chi credere?

Ma come si fa a crederti,
se il canto degli angeli
è disturbato dai ragli dell'asino,
se la puzza e il fetore della stalla
impedisce il profumo del cielo?
Il canto meraviglioso degli angeli
è coperto dalle parole sgangherate dei pastori!
Non so a cosa credere!
Crederò al sorriso di un Bimbo,
che invita ed accoglie i rifiutati
per essere l'Emmanuele,
il Dio con noi, il Pastore...

- Giuseppe Impastato S. I. - 



Buona giornata a tutti. :-)




mercoledì 14 dicembre 2022

La ragione dell'asino – don Bruno Ferrero

 Una volta gli animali fecero una riunione.
La volpe chiese allo scoiattolo: "Che cos'è per te Natale?"
Lo scoiattolo rispose: "Per me è un bell'albero con tante luci e tanti dolci da sgranocchiare appesi ai rami".
La volpe continuò: "Per me naturalmente è un fragrante arrosto d'oca. Se non c'è un bell'arrosto d'oca non c'è Natale".
L'orso l'interruppe: "Panettone! Per me Natale è un enorme profumato panettone!".
La gazza intervenne: "Io direi gioielli sfavillanti e gingilli luccicanti. Il Natale è una cosa brillante!".
Anche il bue volle dire la sua: "E' lo spumante che fa il Natale! Me ne scolerei anche un paio di bottiglie".
L'asino prese la parola con foga: "Bue sei impazzito? E' il Bambino Gesù la cosa più importante del Natale. Te lo sei dimenticato?".
Vergognandosi, il bue abbassò la grossa testa e disse: "Ma questo gli uomini lo sanno?".
Solo l'asino conosce la risposta giusta alla domanda fondamentale: «Ma che cosa si festeggia a Natale?».

Anche noi oggi vogliamo chiederci: "Qual è  l'elemento essenziale del Natale?" Proviamo a dire il nostro parere.

- don Bruno Ferrero -
da: "Tante storie per parlare di Dio",  Bruno Ferrero, Elledici 2005



Quando devi fare un muro di pietre, devi prenderle una per una e lavorarle per bene. Se riesci a squadrarle bene, ci vuole meno calce per farle combaciare.
La calce che ci tiene insieme è la carità.
Se ognuno rimane con gli spigoli che ha, ci vuole molta più calce per tenerci insieme. Se lavoriamo su noi stessi cercando di smussare gli spigoli, ci vuole meno fatica per farci stare uniti.

"Carissimi, stringendovi a Cristo, pietra viva, rigettata dagli uomini, ma scelta e preziosa davanti a Dio, anche voi venite impiegati come pietre vive per la costruzione di un edificio spirituale." (1 Pt 2,4-5)


Preghiera nel tempo di Avvento

Vieni Gesù; vieni, 
dà forza alla luce e al bene; 
vieni, Signore Gesù, 
dà forza al bene nel mondo 
e aiutaci a essere portatori della tua luce, 
operatori della pace, testimoni della verità! 
Vieni Signore Gesù!

- papa Benedetto XVI - 


Buona giornata a tutti. :-)


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sabato 10 dicembre 2022

Per chi? - don Bruno Ferrero

Una storia ebraica narra di un rabbino saggio e timorato di Dio che, una sera, dopo una giornata passata a consultare i libri delle antiche profezie, decise di uscire per la strada a fare una passeggiata distensiva.
Mentre camminava lentamente per una strada isolata, incontrò un guardiano che camminava avanti e indietro, con passi lunghi e decisi, davanti alla cancellata di un ricco podere.
"Per chi cammini, tu?", chiese il rabbino, incuriosito.
Il guardiano disse il nome del suo padrone. Poi, subito dopo, chiese al rabbino: "E tu, per chi cammini?".
Questa domanda, conclude la storia, si conficcò nel cuore del rabbino.

E tu, per chi cammini? Per chi sono tutti i passi e gli affanni di questa giornata? Per chi vivi?
Puoi vivere solo per qualcuno. Ad ogni passo, oggi, ripeti il suo nome. 
Mai avrai avuto una giornata così leggera.

- don Bruno Ferrero - 
da: Il canto del grillo, Ed. Elledicì


Ognuno di noi vorrebbe per se stesso un clima di serenità e di gioia, e facciamo di tutto per cercare di ottenerlo. Il mondo che conosce molto bene questo nostro bisogno, fa di tutto per venderci delle cose che sembrano garantire serenità e gioia. E perciò, bombardato continuamente dalla pubblicità ti metti a comperare dimostrando così che il portafoglio spesso è più ben fornito che il cervello.
Ecco, allora, le cose più belle, e qualche volta più inutili, per abbellire la casa, ecco le luci soffuse, gli angolini studiati apposta da architetti, prezzo compreso nella mobilia, e poi ecco la macchina accessoriata al punto giusto, ed ecco le vacanze che quest'anno per essere alla moda devono per forza essere all'estero e in quel posto 'in', dove magari stai peggio che nel banale appartamento di Albenga, ma che fa tanto ultima moda.
Povero figlio del benessere, perché hai un’aria triste, rassegnata, perché ti innervosisci così facilmente? 
Perché con tutto quello che hai in casa in fin dei conti non sei soddisfatto.
Perché le cose sono cose, forse molto belle, forse molto pratiche, ma con esse non puoi scambiare amore. E' vero che si dice formalmente: "Ha un amore di casa", ma sei proprio sicuro che la casa può soddisfare la tua sete di amore. 
E l'amore non si compera. Quando credi di poter pagare l'amore, non è più amore.

- don Franco Locci - 

Ho sempre pensato al Natale come ad un bel momento. 
Un momento gentile, caritatevole, piacevole e dedicato al perdono. 
L'unico momento che conosco, nel lungo anno, in cui gli uomini e le donne sembrano aprire consensualmente 
e liberamente i loro cuori, solitamente chiusi.

- Charles Dickens - 

Buona giornata a tutti :-)


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lunedì 5 dicembre 2022

Vieni, Signore - Jean Galot

Avvento, tempo dell'attesa e della speranza:
è la tua venuta, o Cristo, che vogliamo rivivere,
preparandoci più profondamente
nella fede e nell'amore.
Avvento, tempo della Chiesa affamata del Salvatore:
essa vuole ripeterti, volgendosi a te
con più insistenza, con un lungo sguardo,
che tu sei tutto per lei.
Avvento, tempo dei desideri più nobili dell'uomo
che più coscientemente convergono verso di te,
e che devono cercare in te, nel tuo mistero,
il loro compimento.
Avvento, tempo di silenzio e di raccoglimento,
in cui ci sforziamo d'ascoltare la Parola
che vuol venire a noi,
e di sentire i passi che si avvicinano.

Avvento, tempo dell'accoglienza
in cui tutto cerca di aprirsi,
in cui tutto vuol dilatarsi nei nostri cuori troppo stretti,
al fine di ricevere la grandezza infinita
del Dio che viene a noi.

- Jean Galot - 



...Nel Natale risuona nel mondo intero l’annuncio semplice e sconvolgente: “Dio ci ama”. 
“Noi amiamo – dice san Giovanni - perché egli ci ha amati per primo” (1 Gv 4,19). 
Questo mistero è ormai affidato alle nostre mani perché, sperimentando l’amore divino, viviamo protesi verso le realtà del cielo. E questo, diciamo, è anche l’esercizio di questi giorni: vivere realmente protesi verso Dio, cercando anzitutto il Regno e la sua giustizia, certi che il resto, tutto il resto ci sarà dato in sovrappiù (cfr Mt 6,33). A crescere in questa consapevolezza ci aiuta il clima spirituale del tempo natalizio.
La gioia del Natale non ci fa però dimenticare il mistero del male (mysterium iniquitatis), il potere delle tenebre che tenta di oscurare lo splendore della luce divina: e, purtroppo, sperimentiamo ogni giorno questo potere delle tenebre. 
Nel prologo del suo Vangelo, più volte proclamato in questi giorni, l’evangelista Giovanni scrive: “La luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta” (1,5). E’ il dramma del rifiuto di Cristo, che, come in passato, si manifesta e si esprime, purtroppo, anche oggi in tanti modi diversi. Forse persino più subdole e pericolose sono le forme del rifiuto di Dio nell’era contemporanea: dal netto rigetto all’indifferenza, dall’ateismo scientista alla presentazione di un Gesù cosiddetto modernizzato o postmodernizzato. Un Gesù uomo, ridotto in modo diverso ad un semplice uomo del suo tempo, privato della sua divinità; oppure un Gesù talmente idealizzato da sembrare talora il personaggio di una fiaba.
Ma Gesù, il vero Gesù della storia, è vero Dio e vero Uomo e non si stanca di proporre il suo Vangelo a tutti, sapendo di essere “segno di contraddizione perché siano svelati i pensieri di molti cuori”, come ebbe a profetizzare il vecchio Simeone (cfr Lc 2, 32–33). 
In realtà, solo il Bambino che giace nel presepe possiede il vero segreto della vita. Per questo chiede di accoglierlo, di fargli spazio in noi, nei nostri cuori, nelle nostre case, nelle nostre città e nelle nostre società. Risuonano nella mente e nel cuore le parole del prologo di Giovanni: “A quanti lo hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio” (1,12). Cerchiamo di essere tra quelli che lo accolgono. Dinanzi a Lui non si può restare indifferenti...

- papa Benedetto XVI - 
dalla "Udienza Generale del 03 gennaio 2007"



Non dobbiamo amare Gesù in modo possessivo, chiedendogli per noi le sue grazie, i suoi favori, o chiedendogli dei privilegi. Se vogliamo essere veramente con lui, lo dobbiamo accompagnare quando si interessa di altre persone, accogliendo così il suo spirito missionario.

- Albert Vanhoye S.I. -
da: "Il pane quotidiano della parola"



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giovedì 1 dicembre 2022

Quando comincia la speranza - don Guglielmo Cazzulani

 Introduzione
Sarà che ce lo volevano rubare. Sarà che è  finito in pasto al consumismo, preda di commer­cianti e imbonitori, e che i giorni che precedono il Natale di tutto sono pieni, tranne che delle cose  più importanti. Corriamo, ci affanniamo, presi come siamo da un'angoscia che ci stringe la gola.
Arriveremo in capo a tutto?
Poi però non c'è persona al mondo, pur assediata da mille incombenze, che non cerchi un minuto di silenzio per viverlo bene, il Natale. Sotto la scorza di tanta banalità che continua­mente lo opprime, c'è sempre un cuore bambino che chiede di pulsare. Affiora il ricordo di cento altri natali, spesso sperduti in un tempo lontano, dove invece c'era spazio per tutto: le fiabe dei nonni, la novena in parrocchia, la vigilia trascor­sa a consegnare i pacchi agli anziani. Il Natale non ha mai tradito la sua magia. Forse per colpa  di quel bisogno di spiritualità che ci portiamo scolpito dentro, quel desiderio di sentirci amati, e di trovare una ragione che giustifichi gli infiniti caotici cammini che siamo costretti a scarabocchiare sulla tavola di questa vita.
Davvero, Dio, un giorno ti sei tanto innamorato di noi da infi­larti nel nostro stesso cunicolo, lo stesso che noi scaviamo da sempre, sospettando qualche volta che non porti da nessuna parte?
Dio che respira in una culla. Pur con tutta la fantasia di cui sono capaci gli uomini, non ci saremmo mai aspettati di contemplare uno spettacolo del genere.
Così queste pagine - un minuto al giorno - sono dedicate alla stragrande maggioranza degli uomini, mendicanti di tempo, assorbiti da troppi impegni che quotidianamente infestano l'agenda. Uomini che qualche volta avrebbero voglia di piantare lì tutto, rosi come sono dalla nostalgia, e di rifugiarsi in un paese lontano, fatto su misura per loro, che non deve poi essere troppo diverso da quello che hanno conosciuto nell'infanzia. Uomini che soprattutto non vogliono perdere il succo della storia che ci porta a Natale. Ne avvertono prepotente il bisogno. Come di chi, per spingere avanti la carretta, gratta il fondo del barile, confidando di trovare ancora, mischiato con gli avanzi di un'intera vita, un piccolo resi­duo di speranza.

- don Guglielmo Cazzulani -
da: "24 minuti a Natale - Dio si avvicina", pagg 5-6, ed. Ancora libri



La fede che preferisco - dice Dio - è la speranza

- Carles Péguy - 



Quando comincia la speranza

Me lo spiegava così.
Mi diceva che i primi anni di ministero erano fradici di fede. S'era studiato a memoria le cinque prove dell'esistenza di Dio, contenute nella Summa di san Tommaso. Così, quando si accostava qualche giovane incerto, il solito cacadubbi di turno, era tutto un bello sciorinare di argomen­tazioni.
Mai uno di quelli non-convinti che si convinse.
Poi ci furono gli anni della carità. I cortili delle parrocchie si riempirono di bidoni e di container: tutti da imbottire di carta e di stracci, per mo­netizzare il lavoro, e mandare aiuti alle missioni, ai poveri, a chi per tanti motivi aveva bisogno di sostegno per vivere. L'oratorio trasformato in un termitaio, con persone volenterose che andavano su e giù con di quei sacchi in spalla da far paura, che pareva di essere in una miniera.
Poi finirono anche quegli anni. Senza neanche accorgersene, ci si trovò con i capelli bianchi, era arrivata l'anzianità. Uno comincia a fare quattro conti su ciò che ha combinato in vita, e scopre che la casella in fondo, quella del totale, riporta una cifra un po' più bassa di quella che s'era messo in preventivo all'inizio.
È qui che comincia il tempo della speranza.
Non so cosa ho fatto, non so cosa ho combina­to in questa vita, non so cosa ho costruito e cosa ho risolto.
Ma spero. È un tempo di grazia perché si depongono tante aggressività nei confronti dell'esistenza. Si abbandona quella mania tutta umana di voler imporre agli altri progetti che alla fine sono assolutamente propri, e quindi venati da una forte tinta di egoismo. Entra in cuore una sensazione strana, una certa impressione di pace. Finalmente ci si affida a Dio: forse non lo si era mai fatto prima. Ma non è un salto angoscioso, di quelli che ti fanno tremare di paura. Finalmente non si è più soli. Si capisce un po' meglio questo Dio che non è sceso fin quaggiù pretendendo che fossimo più santi di prima, ma che si è fatto nostro compagno di viaggio, fratello di tutti, specialmente dei più deboli e fragili.
Ce ne vogliono di sbagli, di miraggi, di tenten­namenti, prima di capire che cosa sia il vangelo, la bella notizia.
Ecco, alla fine di tutto, si spera.

- don Guglielmo Cazzulani -
da: "24 minuti a Natale - Dio si avvicina", pagg 7-8, ed. Ancora libri



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domenica 26 dicembre 2021

da: don Luigi Giussani, omelia per la festa di S. Stefano, Desio, 26 dicembre 1944

"...La pace vera, quella che importa e che è la sicurezza grande della coscienza che cerca di fare la volontà di Dio; la pace vera, quella che importa e che è la tranquillità profonda che ognuno di noi può sentire, ma che è quasi impossibile far capire a uno che non la prova; che ci lascia lo strazio e il dolore e l’ansia della fatica, ma che in fondo all’anima, appena ci ritorniamo, ci fa trovare una fedele rassegnazione, una silenziosa e certa speranza; la pace vera, quella che importa e che è una pazienza piena di bontà e di comprensione per gli altri, che son tutti nostri fratelli e miseri come noi. Ecco Stefano, colpito a morte, cade in ginocchio con un ultimo grido pieno di pace: «Signore, perdona loro questo peccato» (cfr. At 7,60).
Ci dia Gesù Bambino, per intercessione della Madonna, come la diede al Suo primo martire, la forza sovrumana di saperLo seguire sulla strada della Croce, che è la legge di ogni vita, che è la legge di ogni vero amore, che è - ora - soprattutto la legge della vera amicizia con Cristo. Questa forza Egli la darà ai suoi poveri fratelli uomini, i cui giorni disgraziati fanno toccare con mano come non siamo fatti per la terra.
A noi che dobbiamo soffrire e non vogliamo soffrire, noi che dobbiamo piangere e versiamo con amarezza impotente le nostre lacrime; noi che siamo spogliati e martoriati, e ci ribelliamo con istinto di belve ferite agli strappi rudi; noi che dobbiamo morire e vorremmo fuggire dalla morte con raccapriccio e con orrore. Ci dia di soffrire in pace; di piangere in pace; di sentirci martoriati in pace; di morire in pace.
Nella sua visione dell’Apocalisse S. Giovanni vide davanti al trono dell’Agnello, cioè di Cristo, una immensa moltitudine di persone biancovestita, con una palma tra le mani. Domandò chi fossero: «Essi sono coloro che vennero dalla tribolazione e hanno reso bianche le loro vesti nel sangue dell’Agnello [cioè nella croce e nel dolore]. Perciò ora sono davanti al trono di Dio. Essi non avranno più né fame né sete, né il sole mai tramonterà per essi. E l’Agnello li condurrà per sempre alla sorgente della vita, della felicità, e Dio asciugherà ogni lacrima dai loro occhi» (cfr. Ap 7,14-17). Et absterget Deus omnem lacrimam ex oculis eorum. Che meravigliosa cosa! Ricordiamo, fratelli, nel nostro dolore, la visione di S. Giovanni, e confortiamoci al dolcissimo pensiero che «Dio asciugherà ogni lacrima dai nostri occhi».

da:  don Luigi Giussani, omelia per la festa di S. Stefano, Desio, 26 dicembre 1944


Per ricordare a tutti che il Natale non è un palcoscenico per mettere in mostra un clima sereno, spolverato di sentimenti di bontà (tirati fuori giusto per la festa, poi durante l'anno, beh... mica è sempre Natale!), condito di "Jingle bells" spaccamaroni (a partire dai cellulari alle lucine made in China.. persino nei presepi (ecco perché la Santa Famiglia è fuggita in Egitto!) mancano all'appello solo i campanelli dei citofoni), diviso nell'eterna lotta tra "panettone o pandoro?", fruscii di pacchetti-regalo (oh, che bello grazie! ). Lo sognavo da tempo... ma come hai fatto a pensare proprio a questa cosa? E via ... in soffitta), ebbene per ricordarci che Natale non è tutto questo, la liturgia oggi ci mette in compagnia di S. Stefano, il primo martire. 
Già, perché quel "tenero bambinello" non è venuto "per farsi servire, ma per servire e dare la sua vita" perché avessimo la vita. E, nel Vangelo, chi possiede la vita non è colui che ci si attacca come una cozza allo scoglio, ma colui che sceglie liberamente di donarla perché la vita dell'umanità cresca. Ecco cosa ci ricorda Stefano, ecco a cosa ci riporta il mistero dell'Incarnazione. 
Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona giornata.

- Don Luciano Locatelli -





Don Giussani sulla Festa di Santo Stefano

S. Stefano fu il primo che per seguire il Maestro Divino sacrificò la propria vita. La festa del suo martirio unitamente a quella del S. Natale di cui completa il pensiero, ci danno una lezione di sacrificio. 
Il suo martirio ci indica un mezzo per aiutarci a vivere questa lezione di sacrificio; il suo martirio ce ne fa vedere i frutti preziosi.
Noi non comprenderemo nulla del vero significato del Natale, se non sentiamo vivamente che Dio si fece uomo per salvare noi: e per salvarci doveva sacrificarsi. Il Bambino, che contempliamo in questi giorni con tutto l’affetto e la riconoscenza di uomini credenti, porta impresso sulla sua fronte a programma di tutta la sua vita e monito alla nostra anima pensosa:
«Io son nato a morire per te».



«Sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma chi avrà perseverato fino alla fine sarà salvato» (Mt 10,22).
"Queste parole del Signore - ha detto - non turbano la celebrazione del Natale, ma la spogliano di quel falso rivestimento dolciastro che non le appartiene... Per accogliere veramente Gesù nella nostra esistenza e prolungare la gioia della Notte Santa, la strada è proprio quella indicata da questo Vangelo, cioè dare testimonianza a Gesù nell'umiltà, nel servizio silenzioso, senza paura di andare controcorrente e di pagare di persona. E se non tutti sono chiamati, come santo Stefano, a versare il proprio sangue, ad ogni cristiano però è chiesto di essere coerente in ogni circostanza con la fede che professa".
"La coerenza - ha aggiunto a braccio - è un dono da chiedere al Signore: essere come Gesù".

Papa Francesco, Angelus del 26 dicembre 2014





Buona giornata a tutti. :-)


lunedì 20 dicembre 2021

La pecora nera alla grotta di Betlemme - Angelillo D'Ambrosio

C'era una volta una pecora diversa da tutte le altre. 
Le pecore, si sa, sono bianche; lei invece era nera, nera come la pece. Quando passava per i campi tutti la deridevano, perché in un gregge tutto bianco spiccava come una macchia di inchiostro su un lenzuolo bianco: «Guarda una pecora nera! Che animale originale; chi crede mai di essere?». 
Anche le compagne pecore le gridavano dietro: «Pecora sbagliata, non sai che le pecore devono essere tutte uguali, tutte avvolte di bianca lana?». 
La pecora nera non ne poteva più, quelle parole erano come pietre e non riusciva a digerirle. E così decise di uscire dal gregge e andarsene sui monti, da sola: "Almeno là avrebbe potuto brucare in pace e riposarsi all'ombra dei pini." Ma nemmeno in montagna trovò pace. «Che vivere è questo? Sempre da sola!», si diceva dopo che il sole tramontava e la notte arrivava. 
Una sera, con la faccia tutta piena di lacrime, vide lontano una grotta illuminata da una debole luce. «Dormirò là dentro!» e si mise a correre. Correva come se qualcuno la attirasse. «Chi sei?», le domandò una voce appena fu entrata. «Sono una pecora che nessuno vuole: una pecora nera! Mi hanno buttata fuori dal gregge». 
«La stessa cosa è capitata a noi! Anche per noi non c'era posto con gli altri nell'albergo. Abbiamo dovuto ripararci qui, io Giuseppe e mia moglie Maria. Proprio qui ci è nato un bel bambino. Eccolo!». La pecora nera era piena di gioia. Prima di tutte le altre poteva vedere il piccolo Gesù. «Avrà freddo; lasciate che mi metta vicino per riscaldarlo!». Maria e Giuseppe risposero con un sorriso. La pecora si avvicinò stretta stretta al bambino e lo accarezzò con la sua lana. 
Gesù si svegliò e le bisbigliò nell'orecchio: «Proprio per questo sono venuto: per le pecore smarrite!».

- Angelillo D'Ambrosio -
da: Racconti di Natale, ediz. Aquaviva



Il mio presepe non è storico.
Nel mio presepe ho messo la caverna, non la casa, come dovrebbe essere, perchè mi rimanda al "mito della caverna": Cristo scende nelle profondità della nostra ignoranza per liberarci dalle catene delle apparenze e portarci la Verità;
nel mio presepe non c'è il deserto, c'è il prato e ci sono i fiori, perchè "se Tu sei tra noi il deserto fiorirà":
nel mio presepe la strada non porta a Gesù, la strada è Gesù: la strada tortuosa e buia passa davanti alla capanna, una volta conosciuto Cristo torna agli uomini dritta, in discesa;
nel mio presepe cielo e terra si congiungono con la grotta di Betlemme;
nel mio presepe ci sono le pecore nere (unico dato storico), perchè è consolante sapere che Gesù non viene per le pecore bianche protette dall'ovile, ma per le pecore nere, ripudiate dalla maggioranza!



"La voce degli angeli non giungerà agli uomini piegati sotto un carico pesante. La voce li circonderà come vento e strapperà i vestiti sopra i loro cuori. 
Li farà barcollare, li getterà a terra, li solleverà. E li muoverà come non si sono mai mossi, li agiterà come le onde del mare, li riempirà come gli abissi. Li trascinerà con sé, li porterà via dalla casa e dalla patria, li abbandonerà su isole, li farà fiorire e dare frutti su isole lontane. E, terrorizzati dalla morte li attirerà su navi beccheggianti e in capanni su cui imperversano tempeste. 
Li salverà proprio sul punto della morte quotidiana e li proteggerà dalla fine, affinché ci siano occhi per guardare il bambino d’oro nato dalla Vergine. 
E guiderà gli occhi a vedere. 
Porterà il loro volto innanzi ad un altro volto. Guiderà le loro mani ad una nobile povertà e i loro piedi su paglia morbida e luminosa. 
E li accoglierà dopo il cammino con balsami e cristalli di rocca. Allontanerà la polvere dai loro abiti affinché tornino splendenti.
Cheterà il loro turbamento e prenderà il bastone ancora caldo dalle loro mani per farne un albero da frutto e un albero ombroso sopra la culla del mondo".

(Dai Diari di Rainer Maria Rilke)

Riposo durante la fuga in Egitto, Caravaggio, Roma, Galleria Doria Pamphilij

Luce che brilli

Luce che brilli nelle tenebre,
nato dal grembo di una Vergine,
spogliaci della nostra notte
e rivestici del tuo chiarore diurno.
Maria, talamo di Dio,
imploralo perché i tuoi fedeli
non ottenebrati più dalla colpa
risplendano di virtù.
Fulgidissimo sole di giustizia
nato dalla santa Vergine
col tuo splendore illumina
le tenebre della nostra colpa.
Sommo Re nato per noi
sole nato da una Madre
illuminaci sempre
non tramontare la sera.

- Anselmo d'Aosta - 




Buona giornata a tutti. :-)