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domenica 16 aprile 2017

La Resurrezione - Beato John Henry Newman

"O giorno beato della risurrezione, che nei tempi antichi era chiamato « 
regina dei giorni di festa » e suscitò fra i cristiani un ansioso, anzi polemico scru­polo di onorarlo debitamente! Giorno beato, che una volta venne trascorso solo nel dolore, quando Cristo risorse davvero e i discepoli non vi credettero; da allora, però, è un giorno di gioia per la fede e l’amore della Chiesa! Nei tempi antichi in tutto il mondo i cristiani lo aprivano con un saluto del mat­tino. 
Ciascuno diceva al suo vicino: «Cristo è risor­to!», e il vicino rispondeva: «Cristo è davvero ri­sorto ed è apparso a Simone ! ». Persino per Simone, il discepolo pauroso che lo rinnegò tre volte, Cristo è risorto. 
Persino per noi, che tanto tempo fa abbia­mo promesso di obbedirgli e da allora lo abbiamo tante volte rinnegato davanti agli uomini, tante vol­te abbiamo preso le parti del peccato e seguito il mondo, quando Cristo ci chiamava per un’altra strada. «Cristo è davvero risorto ed è apparso a Si­mone!»: Cristo è apparso a Simon Pietro, l’aposto­lo amato su cui è costruita la Chiesa. Egli è apparso prima di tutto alla sua santa Chiesa e nella Chiesa egli dispensa benedizioni, che il mondo non cono­sce. 

Sarebbero beati se conoscessero le loro benedi­zioni coloro ai quali è consentito, come lo è a noi, settimana dopo settimana, giorno di festa dopo giorno di festa, di cercare e trovare in questa santa Chiesa il Salvatore delle loro anime!"

- Beato John Henry Newman -

dal sermone della Domenica di Pasqua 3 aprile 1831



«Il cristianesimo è l'esaltazione della realtà concreta. 
Senza la Resurrezione di Cristo c'è una sola alternativa: il niente, tutto appare come un’effimera illusione. 
Ma nella luce di Pasqua, che irradia il nostro vivere, il reale si rigenera». 

- Don Luigi Giussani - 



La risurrezione di Cristo non è il frutto di una speculazione, di un’esperienza mistica: è un avvenimento, che certamente oltrepassa la storia, ma che avviene in un momento preciso della storia e lascia in essa un’impronta indelebile.

- Papa Benedetto XVI -



C'era un Uomo che perdeva sangue nel giardino degli ulivi,
ma un traditore, baciandolo, rivelò l'amore
di cui quell'Uomo era capace.
C'era un uomo in silenzio davanti all'adultero Erode,
ma il silenzio del condannato sconfisse l'eloquenza del peccatore.

Si udì un grido di dolore uscire dal petto ferito:
«Padre, perdona loro».
La voce si perse nel vento,
ma spaccò il velo del tempio rivelando l'unità nell'amore.
Ci furono segni di fallimento nell'ultimo sospiro del crocefisso,
ma un grido di fede esplose dal petto del centurione romano.
Ci furono tenebre che dominavano la terra,
mentre il buon ladrone entrava nella vera luce.
Ci fu un corpo inerte fra le braccia di una donna piena di vita,
prima che un sepolcro prestato accogliesse il redentore dell'umanità.
All'improvviso dal sepolcro sbocciò la vita,
ed il risuscitato riempì di festa la terra redenta.
La notte fuggì spaventata facendo sorgere l'eterna aurora.
Auguri di Luce!


O Signore risorto,
fa’ che ti apra
quando bussi alla mia porta.

Donami gioia vera
per testimoniare al mondo
che sei morto e risorto
per sconfiggere il male.
Fa’ che ti veda e ti serva
nel fratello sofferente,
malato, abbandonato, perseguitato…
aiutami a riconoscerti
in ogni avvenimento della vita
e donami un cuore sensibile
alle necessità del mondo.

O Signore risorto,
riempi il mio cuore
di piccole opere di carità,
quelle che si concretizzano in un sorriso,
in un atto di pazienza e di accettazione,
in un dono di benevolenza e di compassione,
in un atteggiamento di perdono cordiale,
in un aiuto materiale secondo le mie possibilità.
Amen.


- Madre Teresa di Calcutta - 




Il Signore è risorto!

È veramente risorto!

Allelúia!




Amici ed amiche Buona Pasqua!!!




giovedì 13 aprile 2017

Dall'«Omelia sulla Pasqua» di Melitone di Sardi (II sec.), vescovo


Molte cose sono state predette dai profeti riguardanti il mistero della Pasqua, che è Cristo, «al quale sia gloria nei secoli dei secoli. Amen» (Gal 1, 5 ecc.). Egli scese dai cieli sulla terra per l'umanità sofferente; si rivestì della nostra umanità nel grembo della Vergine e nacque come uomo. Prese su di sé le sofferenze dell'uomo sofferente attraverso il corpo soggetto alla sofferenza, e distrusse le passioni della carne. Con lo Spirito immortale distrusse la morte omicida.
Egli infatti fu condotto e ucciso dai suoi carnefici come un agnello, ci liberò dal modo di vivere del mondo come dall'Egitto, e ci salvò dalla schiavitù del demonio come dalla mano del Faraone. Contrassegnò le nostre anime con il proprio Spirito e le membra del nostro corpo con il suo sangue.
Egli è colui che coprì di confusione la morte e gettò nel pianto il diavolo, come Mosè il faraone. Egli è colui che percosse l'iniquità e l'ingiustizia, come Mosè condannò alla sterilità l'Egitto.
Egli è colui che ci trasse dalla schiavitù alla libertà, dalle tenebre alla luce, dalla morte alla vita, dalla tirannia al regno eterno. Ha fatto di noi un sacerdozio nuovo e un popolo eletto per sempre. Egli è la Pasqua della nostra salvezza.
Egli è colui che prese su di sé le sofferenze di tutti. Egli è colui che fu ucciso in Abele, e in Isacco fu legato ai piedi. Andò pellegrinando in Giacobbe, e in Giuseppe fu venduto. Fu esposto sulle acque in Mosè, e nell'agnello fu sgozzato.
Fu perseguitato in Davide e nei profeti fu disonorato.
Egli è colui che si incarnò nel seno della Vergine, fu appeso alla croce, fu sepolto nella terra e, risorgendo dai morti, salì alle altezze dei cieli. Egli è l'agnello che non apre bocca, egli è l'agnello ucciso, egli è nato da Maria, agnello senza macchia. Egli fu preso dal gregge, condotto all'uccisione, immolato verso sera, sepolto nella notte. Sulla croce non gli fu spezzato osso e sotto terra non fu soggetto alla decomposizione.
Egli risuscitò dai morti e fece risorgere l'umanità dal profondo del sepolcro.
Icona di Cristo Pantocratore, V sec. Monastero di Santa Caterina nel Sinai, Egitto.

Dall'«Omelia sulla Pasqua» di Melitone di Sardi (II sec.), vescovo
(Capp. 65-67; SC 123, 95-101)



Giovedì Santo

Parole potenti questa sera. Gesù sa che è l'ora. Sa che il Padre gli ha dato tutto. Sa che viene da lui e a Dio ritorna. La piena comunione col Padre è la fonte della sua pace, anche nell'ora dell'angoscia. Si parla di morte dicendo che tutto "passa al Padre", facendo Pasqua.
Giovanni non riporta l'Ultima Cena, ma la lavanda dei piedi .
Il gesto è quello del servo. Perciò Pietro si oppone. Però è soprattutto, un gesto che purifica e libera, infinitamente misericordioso. 
Una misericordia divina data a tutti, anche a Giuda, citato in modo anonimo alla fine. Anche a lui che lo tradiva Gesù lava i piedi; il suo perdono è più forte di ogni nostra infedeltà, di ogni nostro tradimento. 
Per lavare i piedi Gesù prima si toglie le vesti e poi le riprende. Penso alla sua spogliazione sulla croce e alla gloria che lo riveste nella resurrezione. 
È l'abbassamento che precede l'innalzamento, l'umiliazione prima della signoria manifesta e gloriosa.

- don Tonino Bini




Il giorno del Giovedì Santo è riservato a due distinte celebrazioni liturgiche, al mattino nelle Cattedrali, il vescovo con solenne cerimonia consacra il sacro crisma, cioè l’olio benedetto da usare per tutto l’anno per i Sacramenti del Battesimo, Cresima e Ordine Sacro e gli altri tre oli usati per il Battesimo, Unzione degli Infermi e per ungere i Catecumeni. 
A tale cerimonia partecipano i sacerdoti e i diaconi, che si radunano attorno al loro vescovo, quale visibile conferma della Chiesa e del sacerdozio fondato da Cristo; accingendosi a partecipare poi nelle singole chiese e parrocchie, con la liturgia propria, alla celebrazione delle ultime fasi della vita di Gesù con la Passione, morte e Resurrezione. 
Nel tardo pomeriggio c’è la celebrazione della Messa in “Cena Domini”, cioè la ‘Cena del Signore’. Non è una cena qualsiasi, è l’Ultima Cena che Gesù tenne insieme ai suoi Apostoli, importantissima per le sue parole e per gli atti scaturiti; tutti e quattro i Vangeli riferiscono che Gesù, avvicinandosi la festa degli ‘Azzimi’, chiamata Pasqua ebraica, mandò alcuni discepoli a preparare la tavola per la rituale cena, in casa di un loro seguace. 






"Spirito del Signore, dono del Risorto agli apostoli del cenacolo, gonfia di passione la vita dei tuoi presbiteri.
Riempi di amicizie discrete la loro solitudine.
Rendili innamorati della terra e capaci di misericordia per tutte le sue debolezze.
Confortali con la gratitudine della gente e con l'olio della comunione fraterna.
Ristora la loro stanchezza, perchè non trovino appoggio più dolce per il loro riposo se non sulla spalla del Maestro.
Liberali dalla paura di non farcela più.
Dai loro occhi partano inviti a sovrumane trasparenze.
Dal Loro cuore si sprigioni audacia mista a tenerezza.
Dalle loro mani grondi il crisma su tutto ciò che accarezzano.
Fa' risplendere di gioia i loro corpi.
Rivestili di abiti nuziali.
E cingili con cinture di luce.
Perchè, per essi e per tutti, lo Sposo non tarderà.

( + Tonino Bello )



Buon Giovedì Santo :-)

mercoledì 12 aprile 2017

Perchè quel Crocifisso ci rappresenta tutti - Natalia Ginzburg

«Il crocifisso non genera nessuna discriminazione. 
Tace. 
È l'immagine della rivoluzione cristiana, che ha sparso per il mondo l'idea dell'uguaglianza fra gli uomini fino allora assente. La rivoluzione cristiana ha cambiato il mondo. Vogliamo forse negare che ha cambiato il mondo?
II crocifisso non genera nessuna discriminazione. È muto e silenzioso. 
C'è stato sempre. Per i cattolici, è un simbolo religioso. 
Per altri, può essere niente, una parte del muro. Per altri, invece, può implicare una riflessione sulla storia, la cultura e l'identità italiana e sui valori condivisi della nostra società. 
E infine per qualcuno, per una minoranza minima, o magari per un solo bambino, può essere qualcosa di particolare, che suscita pensieri contrastanti. I diritti delle minoranze vanno rispettati; ma riflettiamo.
Dicono che da un crocifisso appeso al muro, in classe, possono sentirsi offesi gli scolari ebrei. Perché mai dovrebbero sentirsene offesi gli ebrei? Cristo non era forse un ebreo e un perseguitato, e non è forse morto nel martirio, come è accaduto a milioni di ebrei nei lager? 
II crocifisso è il segno del dolore umano. La corona di spine, i chiodi, evocano le sue sofferenze. La croce che pensiamo alta in cima al monte, è il segno della solitudine nella morte. Non esistono altri segni che diano con tanta forza il senso del nostro umano destino.
Il crocifisso fa parte della storia del mondo. Per i cattolici, Gesù Cristo è il Figlio di Dio. Per i non cattolici, può essere semplicemente l'immagine di uno che è stato venduto, tradito, martoriato ed è morto sulla croce per amore di Dio e del prossimo. Chi è ateo, cancella l'idea di Dio ma conserva l'idea del prossimo. Si dirà che molti sono stati venduti, traditi e martoriati per la propria fede, per il prossimo, per le generazioni future, e di loro sui muri delle scuole non c'è immagine. È vero, ma il crocifisso li rappresenta tutti. Come mai li rappresenta tutti? 
Perché prima di Cristo nessuno aveva mai detto che gli uomini sono uguali e fratelli: tutti, ricchi e poveri, credenti e non credenti, ebrei e non ebrei, neri e bianchi, e nessuno prima di lui aveva detto che nel centro della nostra esistenza dobbiamo situare la solidarietà fra gli uomini. E di esser venduti, traditi e martoriati e ammazzati per la propria fede o ideali, nella vita può succedere a tutti. A me sembra un bene che i ragazzi, i bambini, lo sappiano fin dai banchi della scuola.
Gesù Cristo ha portato la croce. A tutti noi è accaduto o accade di portare sulle spalle il peso di una grande sventura. 
A questa sventura diamo il nome di croce, anche se non siamo cattolici, perché troppo forte e da troppi secoli è impressa l'idea della croce nel nostro pensiero. Tutti, cattolici e laici, portiamo o porteremo il peso di una sventura, versando sangue e lacrime e cercando di non crollare. 
Questo dice il crocifisso. Lo dice a tutti, mica solo ai cattolici. 
Alcune parole di Cristo, le pensiamo sempre, e possiamo essere laici, atei o quello che si vuole, ma fluttuano sempre nel nostro pensiero ugualmente. 
Ha detto "ama il prossimo tuo come te stesso". Erano parole già scritte nell'Antico Testamento, ma sono divenute il fondamento della rivoluzione cristiana. Sono la chiave di tutto. Sono il contrario di tutte le guerre. 
Il contrario degli aerei che gettano le bombe sulla gente indifesa. 
Il contrario degli stupri e dell'indifferenza che tanto spesso circonda le donne violentate nelle strade. 
Il contrario di ogni male, il più grande inno alla pace. Questo è il grandioso significato universale della croce, ecco perché quel crocifisso merita di essere esposto e difeso, sempre ed ovunque, da tutti ».

- Natalia Ginzburg -

(1916-1991), scrittrice di origine ebraica, atea, parlamentare del Partito Comunista. Tratto da "Lessico Familiare".




Vorrei che potessimo liberarci dai macigni che ci opprimono, ogni giorno: Pasqua è la festa dei macigni rotolati. E' la festa del terremoto.
La mattina di Pasqua le donne, giunte nell'orto, videro il macigno rimosso dal sepolcro.
Ognuno di noi ha il suo macigno. Una pietra enorme messa all'imboccatura dell'anima che non lascia filtrare l'ossigeno, che opprime in una morsa di gelo; che blocca ogni lama di luce, che impedisce la comunicazione con l'altro.
E' il macigno della solitudine, della miseria, della malattia, dell'odio, della disperazione del peccato.
Siamo tombe alienate. Ognuno con il suo sigillo di morte.
Pasqua allora, sia per tutti il rotolare del macigno, la fine degli incubi, l'inizio della luce, la primavera di rapporti nuovi e se ognuno di noi, uscito dal suo sepolcro, si adopererà per rimuovere il macigno del sepolcro accanto, si ripeterà finalmente il miracolo che contrassegnò la resurrezione di Cristo.

- don Tonino Bello - 
Fonte : Pietre di Scarto di don Tonino Bello




“Volgeranno lo sguardo a Colui che hanno trafitto” (Gv 19,37). Guardare un pezzo di legno dove un Dio si è lasciato inchiodare al posto nostro. Ma è un Dio che parla. Forse quel Crocifisso che oggi hanno tolto dagli ospedali e dalle scuole, forse non parlava più. O meglio, Lui parlava, ma nessuno lo ascoltava più. Chiediamoci allora cosa pensiamo noi della Croce. E chiediamoci anche quanto siamo disposti a pagare per essere accanto a tutti gli uomini e donne “crocifissi”. Crocifissi nella loro malattia, nella loro solitudine, nella povertà ed emarginazione, crocifissi nel loro problemi, nei disastri familiari, nei figli drogati, nei vecchi abbandonati. O Cristo, Tu con la tua croce sollevi l’umanità dal peccato, fà che noi, con le nostre azioni, aiutiamo a sollevare l’umanità dalle sue croci.

- don Tonino Bello - 


Tratto da: Vegliare nella notte,don Tonino Bello, Edizioni San Paolo, 1995



Buona giornata a tutti. :-)







martedì 11 aprile 2017

Santa Caterina e il Sangue di Cristo

Dio ci creò a sua immagine e somiglianza (Gn 1,26), dandoci l'essere perché godessimo il sommo ed eterno bene, che ha in se stesso, ma noi non la comprendemmo bene questa verità nuova. Volendo Dio compiere questo disegno sull'uomo, e farglielo intendere, mandò a noi il dolce e amoroso Verbo vestito della nostra umanità che percosse le nostre iniquità sopra l’incudine del suo corpo; e ci ricreò per grazia nel suo sangue, così che il sangue di nuovo ci ha manifestato questa verità.
Nel sangue troviamo la fonte della misericordia, nel sangue la clemenza, nel sangue il fuoco, nel sangue la pietà, nel sangue è fatta giustizia delle colpe nostre, nel sangue è saziata la misericordia, nel sangue si dissolve la nostra durezza, nel sangue le cose amare diventano dolci, e i grandi pesi leggeri. 
E perciò quelli che col lume della fede ammirano questo sangue, portano il grave peso dell'obbedienza con dolcezza e soavità. 
E perché nel sangue sono maturate le virtù, perciò l'anima che se ne inebria e annega nel sangue si veste delle vere e reali virtù, per onore di Dio, e per compiere in sé il disegno eterno di Dio nuovamente rivelato per mezzo del sangue (Lettera 315).


Voi ch’amate lo Criatore,
ponete mente a lo meo dolore.
Ch’io son Maria co’ lo cor tristo
La quale avea per figliuol Cristo:
la speme mia e dolce acquisto
fue crocifisso per li peccatori.
Capo bello e delicato,
come ti veggio stare enchinato;
li tuoi capelli di sangue intrecciati,
fin a la barba ne va irrigore
Bocca bella e delicata,
come ti veggio stare asserrata,
di fiele e aceto fosti abbeverata,
trista e dolente dentr’al mio core.
Voi ch’amate lo Criatore,
ponete mente a lo meo dolore.



"O notte più chiara del giorno!
O notte più luminosa del sole!
O notte più bianca della neve,
più illuminante delle nostre fiaccole,
più soave del Paradiso.
O notte che non conosce tenebre;
tu allontani il sonno,
e ci fai vegliare con gli Angeli.
O notte, terrore dei demoni,
notte pasquale, attesa per un'anno!
Notte nuziale della Chiesa
che dai la vita ai nuovi battezzati
e rendi innocuo il demonio intorpidito.
Notte in cui l'Erede introduce
gli eredi nell'eternità."

- Asterio, Vescovo di Amosea, 410 d.C. - 






Buona giornata a tutti quanti. :-)







domenica 9 aprile 2017

Domenica delle Palme - Card. Angelo Scola

Dove erano, quando Gesù agonizzava sulla croce, quelli che lo avevano acclamato come Messia mentre entrava in Gerusalemme? 
Debole è l’uomo (anche il potere del procuratore romano Pilato è profondamente debole e svela una ributtante pavidità). 
Debolissimo è l’uomo, pieno di incoerenza e fragilità, facile al dubbio e ancor più allo scandalo. Potente invece è Cristo Crocifisso nella Sua obbedienza al Padre. Incrollabile è la Sua decisione, senza limiti la Sua fedeltà. 
Per questo, alla fine, contro di Lui il mondo non può nulla. Infatti Gesù non indietreggia ma, come ci ha detto la Prima Lettura, va verso l’estremo sacrificio con sovrana libertà: «… non mi sono tirato indietro. 
Ho presentato il mio dorso ai flagellatori, le mie guance a coloro che mi strappavano la barba; non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi» (Is 50,5-6). 
Non lo piegano l’insolenza dei soldati, la fuga dei discepoli, la perfidia dei sacerdoti, il coalizzarsi complice dei potenti: «In quel giorno Erode e Pilato diventarono amici tra loro; prima infatti tra loro vi era stata inimicizia» (Lc 23,12).
Nulla dimostra l’onnipotenza di Dio come il forte abbandono di Cristo durante la sua passione. Potente infatti in Gesù è l’amore, cioè il dono totale di Sé dell’Uomo della croce, deriso, umiliato, incoronato di spine, flagellato, messo a morte barbaramente.

- Card. Angelo Scola- 



La Fede e il Signore Crocefisso:

Nel pomeriggio del venerdì santo sulla collina del Cal­vario ci sono tre crocifissi: spettacolo tremendo e crudele agli occhi dei circostanti. Ma agli occhi degli angeli, che vedono al fondo delle cose, è la raffigurazione più elo­quente dell’intero destino umano.
C’è, appeso alla croce, il Figlio di Dio fatto uomo, che porta a compimento la sua missione e viene costituito così principio del rinnovamento del mondo; c’è il malfattore pentito che, con un breve e intenso atto di fede, si assimi­la interiormente a Cristo e raggiunge una salvezza inspe­rata; ma c’è anche il malfattore ribelle che impreca contro Gesù. Siamo tutti rappresentati in questa scena, in ciò che possiamo decidere e in ciò che non possiamo decidere.
Possiamo decidere di credere, vale a dire di affidarci al disegno del Padre che ci vuole «conformi all’immagine del Figlio suo» (cfr. Rm 8,29); e così, nelle nostre immanca­bili sofferenze, diventiamo in Gesù comprincipio della 

re­denzione dell’universo. Ma possiamo anche decidere di non credere, perché siamo liberi di fronte all’atto di fede.
Non siamo invece liberi di schiodarci dalla croce di un’esistenza che non è mai senza pena.
Il Signore ci aiuti a scegliere bene. Allora il nostro ve­nerdì santo sfocerà nella Pasqua di gioia e di gloria. Per­ché questa è la fede: ripercorrere sino in fondo, sino al lie­to fine, la vicenda salvifica del Crocifisso Risorto.




O Cristo, Verbo del Padre,
glorioso re delle vergini,
luce e salvezza del mondo,
in te crediamo.
Cibo e bevanda di vita,
balsamo, veste, dimora,
forza, rifugio, conforto,
in te speriamo.
Illumina col tuo Spirito
l'oscura notte del male,
orienta il nostro cammino
incontro al Padre. Amen.





sabato 8 aprile 2017

La tua morte, o Gesù, è una storia di mani - don Primo Mazzolari

La tua morte, o Gesù, è una storia di mani.
Una storia di povere mani, che denudano, inchiodano, giocano a dadi, spaccano il cuore.
Tu lo sai, tu lo vedi, o Signore.
Prima di giudicare, però, pensiamoci.
Ci sono dentro anche le nostre mani.
Mani che contano volentieri il denaro, mani che legano le mani agli umili, mani che applaudono le prepotenze dei violenti, mani che spogliano i poveri, mani che inchiodano perché nessuno contenda il nostro privilegio, mani che invano cercano di lavare le proprie viltà, mani che scrivono contro la verità, mani che trapassano i cuori.
La tua morte è opera di queste mani, che continuano nei secoli l'agonia e la passione.
Se potessimo dimenticare queste mani, se ci fosse un'acqua per lavare queste mani.
Per dimenticare le mie mani, ho bisogno di guardare altre mani, di sostituire le mie mani spietate con le mani misericordiose della Madonna, della Maddalena, di Giovanni, del Centurione che si batte il petto...


- don Primo Mazzolari -
Fonte:  Preghiere, ed. La Locusta



particolare del quadro "La deposizione Borghese" di Raffaello Sanzio: il gioco delle mani tra la Maddalena e Gesù è uno dei punti poeticamente più alti e commoventi del quadro. C’è delicatezza e un equilibrio che contrastano con il senso freddo di morte che pervade il corpo di Gesù.

Raffaello Sanzio
Deposizione Borghese (1507)
Villa Borghese, Roma, Italy

 Simone di Cirene, su, dagli una mano! Sì, tu, e più presto che puoi! 
Egli obbedisce, ma arriccia il naso. Di certo non si sarebbe offerto. 
Non sa l'onore che gli tocca; si è trovato lì, ed ebbe fortuna. 
Porterà la croce, brontolando, a malincuore, ma la croce lo ricambierà largamente.  

- Primo Mazzolari - 

Il bacio di Giuda (1303-1305)
Giotto (1267-1337)
Cappella degli Scrovegni, Padova (Italy)


Cristo, mio redentore.
Sono libero quando
accetto la libertà degli altri.
Sono libero quando
riesco ad essere persona.
Sono libero quando
non credo nell'impossibile.
Sono libero se la mia
unica legge è l'amore.
Sono libero quando credo che Dio
è più grande del mio peccato.
Sono libero quando
solo l'amore riesce a incantarmi.
Sono libero se mi accorgo
che ho bisogno degli altri.
Sono libero quando sono capace
di ricevere la felicità
che mi regalano gli altri.
Sono libero se solo la verità
può farmi cambiare strada.
Sono libero se posso
rinunciare ai miei diritti.
Sono libero quando amo il bene
del mio prossimo
più della mia stessa libertà.

- don Primo Mazzolari -



Buona giornata a tutti. :-)

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giovedì 16 febbraio 2017

Un pezzo di legno - don Bruno Ferrero

C’è un uomo che tiene appeso in salotto, nel posto donore, uno strano oggetto. Quando qualcuno gli chiede il perché di quella stranezza racconta:
Il nonno, una volta mi accompagnò al parco. Era un gelido pomeriggio d’inverno. Il nonno mi seguiva e sorrideva, ma sentiva un peso. 
Il suo cuore era malato, già molto malandato. Volli andare verso lo stagno. Era tutto ghiacciato, compatto! “Dovrebbe essere magnifico poter pattinare”, urlai, “vorrei provare a rotolarmi e scivolare sul ghiaccio almeno una volta!”. Il nonno era preoccupato. Nel momento in cui scesi sul ghiaccio, il nonno disse: “Stai attento…”.
Troppo tardi. Il ghiaccio non teneva e urlando caddi dentro. 
Tremando, il nonno spezzò un ramo e lo allungò verso di me. Mi attaccai e lui tirò con tutte le sue forze fino ad estrarmi dal crepaccio di ghiaccio. Piangevo e tremavo.
Mi fecero bene un bagno caldo e il letto, ma per il nonno questo avvenimento fu troppo faticoso, troppo emozionante. 
Un violento attacco cardiaco lo portò via nella notte. Il nostro dolore fu enorme. 
Nei giorni seguenti, quando mi ristabilii completamente, corsi allo stagno e ricuperai il pezzo di legno. 
È con quello che il nonno aveva salvato la mia vita e perso la sua! Ora, fin tanto che vivrò, starà appeso su quella parete come segno del suo amore per me!

Per questo motivo noi cristiani oggi ci inginocchiamo dinanzi a quel legno, cui si è appeso l’Amore-Gesù; per questo teniamo nelle nostre case un “pezzo di legno” a forma di croce… 
Per ricordare come si ama, e a chi dobbiamo guardare per amare senza stancarci!

- don Bruno Ferrero -




 Ai nonni, che hanno ricevuto la benedizione di vedere i figli dei figli (cfr. Sal 128,6), è affidato un compito grande: trasmettere l'esperienza di vita, la storia di una famiglia, di una comunità, di un popolo; condividere con semplicità una saggezza, e la stessa fede: l'eredità più preziosa!  


Papa Francesco
(Incontro del Papa con gli anziani, Piazza San Pietro, 28 settembre 2014)





Buona giornata. :-)





giovedì 19 gennaio 2017

Il Segno della Croce - don Romano Guardini

Quando fai il segno della croce, fallo bene. Non così affrettato, rattrappito, tale che nessuno capisce cosa debba significare.

No, un segno della croce giusto, cioè lento, ampio, dalla fronte al petto, da una spalla all'altra. Senti come esso ti abbraccia tutto? 
Raccogliti dunque bene; raccogli in questo segno tutti i pensieri e tutto l'animo tuo, mentre esso si dispiega dalla fronte al petto, da una spalla all'altra. Allora tu lo senti: ti avvolge tutto, corpo ed anima, ti raccoglie, ti consacra, ti santifica.

Perché? Perché è il segno della totalità ed è il segno della re­denzione. 
Sulla croce nostro Signore ci ha redenti tutti. Mediante la croce Egli santifica l'uomo nella sua totalità fin nelle ultime fibre del suo essere.

Perciò lo facciamo prima della preghiera, affinché rimanga in noi quello che Dio ci ha donato. Nella tentazione, perché ci irrobustisca. Nel pericolo, perché ci protegga. Nell'atto della be­nedizione, perché la pienezza della vita divina penetri nell'anima e vi renda feconda e consacri ogni cosa.

Pensa quanto spesso fai il segno della croce. E il segno più santo che ci sia. Fallo bene: lento, ampio, consapevole. Allora esso abbraccia tutto l'essere tuo, corpo ed anima, pensieri e volontà, senso e sentimento, agire e patire, e tutto vi viene irrobustito, segnato, consacrato nella forza di Cristo, nel nome del Dio uno e trino.

- don Romano Guardini -
Fonte: “Lo spirito della liturgia. I Santi Segni”. Ed.Morcelliana 2005




Inginocchiarsi 

Quando pieghi il ginocchio non farlo nè frettolosamente nè sbadatamente. 
Dà all’atto tuo un’anima. 
Ma l’animo del tuo inginocchiarti sia tale che anche interiormente, il cuore si pieghi dinnanzi a Dio in profonda riverenza. 
Quando entri in chiesa o ne esci oppur passi davanti all’altare piega il tuo ginocchio profondamente lentamente; che questo ha da significare Mio grande Dio!!!. 
Ciò infatti è umiltà è verità ed ogni volta farà bene alla tua anima” 

- don Romano Guardini -




Il coraggio di osare

Signore Gesù, fammi conoscere chi sei.
Fa sentire al mio cuore la santità che è in te.
Fa' che io veda la gloria del tuo volto.
Dal tuo essere e dalla tua parola,
dal tuo agire e dal tuo disegno,
fammi derivare la certezza che la verità e
 l'amore sono a mia portata per salvarmi.
Tu sei la via, la verità e la vita.
Tu sei il principio della nuova creazione.
Dammi il coraggio di osare.
Fammi consapevole del mio bisogno di conversazione,
e permetti che con serietà lo compia,
nella realtà della vita quotidiana.
E se mi riconosco, indegno e peccatore,
dammi la tua misericordia.
Donami la fedeltà che persevera e la fiducia che comincia
sempre, ogni volta che tutto sembra fallire.

- don Romano Guardini - 




Buona giornata a tutti. :-)