Anche se non lo davano a vedere, i più eccitati erano
l'asino e il bue. Non riuscivano ad addormentarsi. Quella notte e quella giornata erano state
meravigliosamente caotiche: la nascita del bambino, gli angeli, i pastori, la
stella e poi l'arrivo dei tre re con i manti di stoffe ricamate e le pellicce e
i loro strani quadrupedi con la gobba. E soprattutto il luccichio degli scrigni
che racchiudevano i doni portati dai tre re. Li avevano ammirati tutti e ora
stavano là, abbandonati sulla paglia, mentre la donna cullava dolcemente il
bambino e l'uomo dalle mani grandi e forti attizzava il fuoco e porgeva un po'
di fieno alle due bestie.
Tra le fessure sconnesse della baracca, altri due occhi
fissavano eccitati i doni dei re. Erano occhi pieni di ingenua astuzia. Non
avevano perso un solo attimo della giornata e ora osservavano con interesse il
primo sbadiglio di stanchezza fiorito sulla bocca dell'uomo. Erano gli occhi di
Disma, il più bravo dei ladruncoli di Betlemme, agile e svelto come un furetto.
Il bambino si addormentò per primo, poi la madre si
assopì sul mucchio di paglia che l'uomo aveva preparato e rassettato. L'uomo
aspettò che il fuoco si spegnesse, poi si abbandonò anche lui sulla paglia con
un sospiro di stanchezza e si addormentò. L'asino e il bue lo imitarono. Un
silenzio profondo avvolse la baracca.
Un fagotto tintinnante
Disma scivolò nell'ombra e si avvicinò alla porta. Era
sbarrata da un robusto paletto. Non poteva scardinarla: avrebbe svegliato
tutti. Esaminò le pareti, sfiorandole con la mano. Un' assicella si mosse.
Disma intuì che poteva allargare la fessura quel tanto che bastava per
permettergli di infilarsi dentro la vecchia stalla. Con consumata abilità, il
ragazzo spostò l'asse cercando di non farlo cigolare e si infilò nel varco con
le movenze sinuose di un gatto.
Si mosse leggero, cercando di abituare gli occhi
all'oscurità. I tre scrigni erano sotto la culla improvvisata del bambino,
illuminati dall'ultimo bagliore delle braci del fuoco.
Il bue sbuffò nel sonno e l'asino scalciò nella paglia.
Sognavano anche loro. Disma trattenne il fiato, immobile. Nella stalla i
respiri ripresero regolari.
Il ragazzo si mosse rapidamente.
Afferrò i tre scrigni e li infilò nella bisaccia di tela che portava a tracolla. Diede un'occhiata al bambino e gli parve di vedere sul suo piccolo viso un sorriso, scosse le spalle e uscì dalla fessura che aveva aperto. Quando fu fuori della stalla, sorridendo rimise a posto l'assicella che aveva spostato per entrare, poi si allontanò di corsa. Faceva grandi balzi di gioia, tenendo con le due mani il fagotto tintinnante della refurtiva. Ripassava a memoria il contenuto e pensava eccitato alla bella somma che ne avrebbe ricavato.
Il più grosso degli scrigni conteneva monili, bracciali e monete d'oro, il secondo era pieno di purissimo incenso e il terzo conteneva una fiala di preziosissima mirra. Un colpo di fortuna incredibile. Doveva solo essere prudente e nascondere tutto bene. Il mondo era pieno di ladri.
Afferrò i tre scrigni e li infilò nella bisaccia di tela che portava a tracolla. Diede un'occhiata al bambino e gli parve di vedere sul suo piccolo viso un sorriso, scosse le spalle e uscì dalla fessura che aveva aperto. Quando fu fuori della stalla, sorridendo rimise a posto l'assicella che aveva spostato per entrare, poi si allontanò di corsa. Faceva grandi balzi di gioia, tenendo con le due mani il fagotto tintinnante della refurtiva. Ripassava a memoria il contenuto e pensava eccitato alla bella somma che ne avrebbe ricavato.
Il più grosso degli scrigni conteneva monili, bracciali e monete d'oro, il secondo era pieno di purissimo incenso e il terzo conteneva una fiala di preziosissima mirra. Un colpo di fortuna incredibile. Doveva solo essere prudente e nascondere tutto bene. Il mondo era pieno di ladri.
- don Bruno Ferrero -
La sorpresa
Entrò in casa dal tetto, come faceva di solito. Non
aveva né padre né madre e il vecchio parente che lo teneva in casa non si
curava di lui.
Nella sua stanzetta, sotto il pavimento ricoperto di
paglia, Disma aveva scavato una nicchia in cui nascondeva le sue cose preziose.
«Terrò nascosti per qualche mese l'oro, l'incenso e la
mirra. Poi li venderò un poco alla volta, a Gerusalemme o anche a Damasco, dove
non desterà sospetti...» pensava.
Accese una lampada ad olio finemente incisa che
proveniva dall'atrio della casa del centurione romano, che la stava ancora
cercando, ed esaminò il bottino. Aprì con cautela il primo scrigno e non riuscì
a trattenere un'imprecazione stizzita: «Ma che diavolo è successo?».
Spalancò con furia gli altri due astucci, guardò, annusò e poi imprecò ancora più rabbiosamente. Qualcuno gli aveva giocato uno scherzo terribile. Forse quell'uomo era molto più furbo di quanto desse a vedere.
Invece dell'oro, lo scrigno conteneva un grosso martello, al posto dell'incenso c'erano tre grossi chiodi e la bottiglietta, invece della mirra raffinata, conteneva volgare aceto.
Spalancò con furia gli altri due astucci, guardò, annusò e poi imprecò ancora più rabbiosamente. Qualcuno gli aveva giocato uno scherzo terribile. Forse quell'uomo era molto più furbo di quanto desse a vedere.
Invece dell'oro, lo scrigno conteneva un grosso martello, al posto dell'incenso c'erano tre grossi chiodi e la bottiglietta, invece della mirra raffinata, conteneva volgare aceto.
«Accidenti, accidenti! Che me ne faccio di questa
robaccia? La rifilerò ai soldati romani per qualche moneta...».
Tre croci
Passarono gli anni. Disma era diventato il più ricco e
sfrontato predone del deserto. I suoi uomini compivano razzie nelle più ricche
città d'Oriente e l'esercito di Roma era stato costretto più volte a scendere a
patti con lui.
Ma un giorno, arrivò da Roma un governatore ambizioso di nome Ponzio Pilato che, per fare carriera e ingraziarsi i notabili di Gerusalemme, decise di catturare Disma. Ci riuscì con un tranello e Disma fu condannato alla pena più terribile ed infamante: la morte mediante crocifissione.
Ma un giorno, arrivò da Roma un governatore ambizioso di nome Ponzio Pilato che, per fare carriera e ingraziarsi i notabili di Gerusalemme, decise di catturare Disma. Ci riuscì con un tranello e Disma fu condannato alla pena più terribile ed infamante: la morte mediante crocifissione.
Erano in tre a salire sul Golgota, il luogo delle
condanne, poco fuori Gerusalemme, dove erano state preparate tre croci. Disma
conosceva il vecchio brigante legato con lui, ma non riusciva a spiegarsi il
terzo condannato. Aveva il volto nobile e pieno di bontà, anche sotto i segni
della tortura. Dicevano che era un profeta di Galilea di nome Gesù, che faceva
miracoli, che era stato condannato perché si era proclamato Figlio di Dio e
Messia.
Gli occhi gelidi e feroci di Disma si incontrarono con
quelli del terzo condannato. Per il bandito tutto divenne stranamente diverso:
la sua rabbia feroce svanì e si sentì stranamente in pace.
Il boia cominciò il suo miserabile compito con il
profeta galileo: impugnò un grosso martello e tre grossi chiodi, mentre un
soldato inzuppava una spugna di aceto. Improvvisamente Disma capì: eccoli i
doni dei re che lui aveva rubato tanti anni prima in una stalla di Betlemme,
dove c'erano un uomo e una madre e un bambino. Quel bambino era il Messia!
Quindi anche lui aveva contribuito a crocifiggere il Figlio di Dio...
Con le lacrime agli occhi, Disma sentì che Gesù diceva: «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno».
Con le lacrime agli occhi, Disma sentì che Gesù diceva: «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno».
Con la solita insensibilità, i soldati si misero a
litigare per dividersi le vesti dei condannati.
Quando le tre croci furono innalzate con il loro carico di dolore, la gente cominciò a farsi beffe dei condannati. Si accanivano particolarmente contro Gesù.
I capi del popolo lo schernivano: «Ha salvato tanti altri, ora salvi se stesso, se egli è veramente il Messia scelto da Dio». Anche i soldati lo schernivano: si avvicinavano a Gesù, gli davano da bere aceto e gli dicevano: «Se tu sei davvero il re dei Giudei salva te stesso!».
Quando le tre croci furono innalzate con il loro carico di dolore, la gente cominciò a farsi beffe dei condannati. Si accanivano particolarmente contro Gesù.
I capi del popolo lo schernivano: «Ha salvato tanti altri, ora salvi se stesso, se egli è veramente il Messia scelto da Dio». Anche i soldati lo schernivano: si avvicinavano a Gesù, gli davano da bere aceto e gli dicevano: «Se tu sei davvero il re dei Giudei salva te stesso!».
L'altro bandito crocifisso si era unito agli
schernitori e insultava Gesù: «Non sei tu il Messia? Salva te stesso e noi!».
Disma lo rimproverò con asprezza: «Tu che stai subendo la stessa condanna non
hai proprio nessun timore di Dio? Per noi due è giusto scontare il castigo per
ciò che abbiamo fatto, lui invece non ha fatto nulla di male».
Poi aggiunse: «Gesù, ricordati di me quando sarai nel
tuo regno».
Gli occhi del Messia torturato e morente guardarono
Disma con bontà infinita, poi il feroce bandito udì le parole più belle e
amorevoli di tutta la sua vita disperata: «Ti assicuro che oggi sarai con me in
paradiso».
- Don Bruno
Ferrero -
Da: "Storie di Natale" di don Bruno Ferrero, ed. Elledicì
Buona giornata a tutti. :-)
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