Babbo Natale partì dal Polo Nord il
giorno della vigilia. I folletti quel dì ebbero un gran da fare per finire di
preparare i giocattoli e incartarli in bei pacchettini, così da riempire la
slitta.
Finalmente partì. Il viaggio fu abbastanza movimentato e pieno di
soste. In una di queste incontrò un ragazzo povero, ma entusiasta del Natale
che lo aspettava con ansia.
A Babbo Natale, quando vide la gioia negli occhi di
quel bambino, gli si riempi il cuore di felicità; gli piaceva consegnare i doni
soprattutto se come ricompensa riceveva allegria dai bambini. Finalmente, il
Buon Vecchio dalla barba bianca, arrivò alle porte della città a bordo della sua
tintinnante e scintillante slitta.
Babbo Natale non vedeva l'ora di consegnare
tutti quei regali ai bambini e di godersi la gioia dei loro visetti al momento
di scartarli. Incitò le sue renne e a gran velocità entrò allegramente sotto
l'arco della porta principale. Era notte fonda.
Cominciò a vedere qualcosa di
strano, non riusciva a distinguere in giro neanche un segno del Natale: non
c'erano alberi addobbati, nessuna stella cometa fatta di lampadine, le vetrine
erano tutte buie. Quando poi la sua slitta passò sotto le finestre della scuola
elementare il suo sbalordimento fu davvero grande; non c'era niente alle
finestre, neanche un piccolo disegno. Babbo Natale fu preso dallo sconforto e
cominciò a pensare che si fossero dimenticati di lui, ma subito si riprese e
bussò ad una porta per chiedere spiegazioni.
Venne ad aprire un vecchio
malandato che lo guardò con occhi assenti e spiegò a Babbo Natale che anche
quel giorno avevano subito dei bombardamenti, perché quella città era in guerra
e quindi la gente avendo paura di morire si rinchiudeva nei cunicoli più
protetti e profondi.
Per questo i bambini non andavano a scuola e si erano
nascosti, e tutte le luci della città erano spente per non farsi vedere dal
nemico. A queste parole Babbo Natale si rattristò moltissimo e allo stesso
tempo pensò che doveva regalare un po' di felicità. Tirò fuori dal sacco un
enorme mantello nero e lo distese sopra la città, coprendola tutta, per
nasconderla al nemico.
Suonò la campana e raccolse ogni abitante in piazza dove
addobbò il più grosso albero di Natale, illuminò la città per intero con mille
luci e distribuì tanti doni, a piccoli e grandi.
E, come per incanto, anche gli
occhi delle persone tornarono a brillare!
L'albero di Natale sei tu quando resisti vigoroso ai venti
e alle difficoltà della vita.
- Papa Francesco -
Onorerò il Natale nel mio cuore e cercherò di tenerlo
con me tutto l'anno.
Tempo di Avvento ...
I doni di Gesù Cristo non ci aspettano solo in un puro “futuro” ma sono presenti già fin dentro il “presente”…
I doni di Gesù Cristo non ci aspettano solo in un puro “futuro” ma sono presenti già fin dentro il “presente”…
...Uno dei caratteri fondamentali dell'Avvento è
"l'attendere", che è nel contempo anche uno "sperare"...
Nella sua vita, l'uomo è l'essere che attende: e che l'uomo sia un essere che attende, mai diviene così palese come nel tempo della malattia e della sofferenza. E allo stesso modo l'attendere è un fardello troppo gravoso da portare quando resta del tutto incerto se sia lecito aspettarsi qualcosa. Ma se il tempo stesso possiede un senso, se in ogni istante è racchiuso qualcosa di peculiare e che ha davvero valore, allora il presentimento di letizia per ciò che di meglio il domani recherà rende ancora più prezioso quanto è già presente, e ci conduce come un'invisibile forza attraverso il fluire del tempo.
L'Avvento cristiano ci vuole insegnare ad attendere proprio in questo modo: esso anzi è la forma specificamente cristiana dell'attendere e dello sperare. I doni di Gesù Cristo, infatti, non ci aspettano solo in un puro "futuro", ma penetrano già fin dentro il presente. Egli è presente già ora, in modo velato, e mi parla in molti modi: attraverso la sacra Scrittura, attraverso l'anno liturgico, attraverso i santi, attraverso gli innumerevoli eventi di ogni giorno, attraverso l'intera creazione...
Io posso rivolgergli la parola, posso elevargli il mio lamento e porre innanzi a lui le mie sofferenze, la mia impazienza e le mie domande, consapevole che egli è sempre lì ad ascoltarmi...
Nella sua vita, l'uomo è l'essere che attende: e che l'uomo sia un essere che attende, mai diviene così palese come nel tempo della malattia e della sofferenza. E allo stesso modo l'attendere è un fardello troppo gravoso da portare quando resta del tutto incerto se sia lecito aspettarsi qualcosa. Ma se il tempo stesso possiede un senso, se in ogni istante è racchiuso qualcosa di peculiare e che ha davvero valore, allora il presentimento di letizia per ciò che di meglio il domani recherà rende ancora più prezioso quanto è già presente, e ci conduce come un'invisibile forza attraverso il fluire del tempo.
L'Avvento cristiano ci vuole insegnare ad attendere proprio in questo modo: esso anzi è la forma specificamente cristiana dell'attendere e dello sperare. I doni di Gesù Cristo, infatti, non ci aspettano solo in un puro "futuro", ma penetrano già fin dentro il presente. Egli è presente già ora, in modo velato, e mi parla in molti modi: attraverso la sacra Scrittura, attraverso l'anno liturgico, attraverso i santi, attraverso gli innumerevoli eventi di ogni giorno, attraverso l'intera creazione...
Io posso rivolgergli la parola, posso elevargli il mio lamento e porre innanzi a lui le mie sofferenze, la mia impazienza e le mie domande, consapevole che egli è sempre lì ad ascoltarmi...
- Card. Joseph Ratzinger -
da: "Licht, dans uns
leuchtet"
Buona giornata a tutti. :-)
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