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sabato 10 febbraio 2024

Ruolo profetico del contemplativo – Padre Thomas Merton

Fa parte della missione del contemplativo mantenere vivo nel mondo il senso del peccato. In questo, egli è il discendente dei profeti dell'Antico Testamento, perché questa era anche la loro missione.

Il contemplativo è uno che, come il servo di Jhwh, «conosce il patire», non solo per il suo peccato, ma per il peccato di tutto il mondo, che prende su di sé perché è un uomo tra gli uomini e non si può dissociare dalle opere degli altri uomini. La vita contemplativa del nostro tempo è quindi necessariamente modificata dai peccati della nostra epoca. Essi fanno scendere su di noi una nube di oscurità di gran lunga più terribile dell'innocente notte dell'inconoscienza.

È la notte oscura dell'anima ad essere discesa su tutto il mondo. 
La contemplazione nell'epoca di Auschwitz e Dachau, Solovky e Karaganda è qualcosa di più buio della contemplazione all'epoca dei Padri della Chiesa.

E proprio per questa ragione, l'urgenza di cercare una traccia di luce spirituale può essere una tentazione sottile di peccato. È certamente peccato se significa un rifiuto deciso del fardello della nostra epoca, una fuga nell'irrealtà e nell'illusione spirituale, fino al punto da non condividere la miseria degli altri uomini. 

 - Padre Merton Thomas - 

da: L'Esperienza interiore. Note sulla contemplazione", San Paolo, Cinisello Balsamo 2005, pp. 198-199


Il contemplativo, tramite una semplice risoluzione di non uscire dalla presenza di Dio, vi si conserva incessantemente, qualunque cosa faccia e a qualunque impiego si dedichi durante il giorno, poiché egli ha contratto, con la grazia della sua attrazione e del suo esercizio continuo, un'abitudine così forte di produrre l'atto soave e amoroso della contemplazione, che egli lo produce quasi insensibilmente in mezzo alle occupazioni e alle faccende, ora più forte ora più debole, secondo il potere che ha di raccogliersi. 
- François Malaval   -  
Pratica facile per elevare l'anima alla contemplazione, Dial I 



La cecità nei confronti delle cose esteriori è un problema di interpretazione e valutazione. Il contemplativo non cessa di conoscere gli oggetti esterni. 
Ma cessa di essere guidato da essi. 
Cessa di dipendere da essi. 
Cessa di trattarli come definitivi. 
Li valuta in un modo diverso, ed essi non sono più oggetto di desiderio o di paura, ma rimangono neutri e come se fossero vuoti fin quando anch'essi non siano stati riempiti dalla luce di Dio. 

- Thomas Merton - 
da: L'Esperienza interiore. Note sulla contemplazione", San Paolo, Cinisello Balsamo 2005, p. 46



Buona giornata a tutti. :-)

venerdì 24 novembre 2023

da “Pensieri nella solitudine” e "Un grano di sale" di Thomas Merton (1915-1968)

Meditare vuol dire pensare. Eppure una buona meditazione è molto più che ragionare o pensare. Molto più che degli «affetti», molto più che una serie di «atti» per cui si passa.
Nella preghiera meditativa si pensa e si parla non soltanto con la mente e con le labbra, ma in certo senso con tutto il proprio essere. La preghiera non è quindi esattamente una serie di parole, o un seguito di desideri che nascono nel cuore — è il volgere a Dio nel silenzio, nell’attenzione e nell’adorazione, il corpo, la mente e lo spirito. Ogni buona meditazione è una conversione di tutto il nostro essere a Dio.
Non si può quindi entrare nella meditazione, intesa in questo senso, senza una specie di slancio interiore. Per slancio non intendo qualche cosa che turbi, ma un interrompere la solita routine, un liberare il cuore dalle cure e dalle preoccupazioni della vita di ogni giorno. La ragione per la quale tanta poca gente si applica davvero all’orazione mentale è precisamente perché ci vuole questo slancio interiore, e di solito non si è capaci di compiere lo sforzo che esso richiede. Può darsi che si manchi di generosità, o anche di guida e di esperienza, e si va avanti per una strada sbagliata. Ci si turba, ci si mette in agitazione con sforzi violenti per raggiungere il raccoglimento e si va a finire in una specie di incapacità. Dopo di che, ci si accontenta di una serie di routines che aiutano a passare il tempo, o ci si rilassa in uno stato di semicoma che, si spera, può essere giustificato col nome di contemplazione.
Ogni direttore spirituale sa quanto sia difficile e sottile poter determinare esattamente il punto di confine tra l’ozio interiore e i primi, impercettibili inizi della contemplazione passiva. Ma in pratica, al presente, si è detto abbastanza sulla contemplazione passiva per dare ai pigri l’opportunità di rivendicare il privilegio di «pregare non facendo nulla».
Non esiste una cosa come una preghiera nella quale «non si faccia nulla», o «non accada niente», anche se vi può essere benissimo una preghiera in cui non si sente, non si percepisce o non si pensa nulla.

Un grano di sale, Thomas Merton (27)


Che cosa significa conoscere e sperimentare il mio «nulla»?
Non basta che mi distolga con disgusto dalle mie illusioni, colpe ed errori, che da essi mi separi come se non mi appartenessero e come se fossi diverso da quello che sono. Questo genere di annientamento di sé è soltanto una terribile illusione, una pretesa umiltà che nel dire «non sono nulla» intende in effetto affermare vorrei essere diverso da quel che sono».
Tutto questo può derivare da un’esperienza della nostra deficienza ed incapacità, ma non può produrre nessuna pace in noi. Per conoscere davvero il nostro «nulla» dobbiamo pure amarlo. E non possiamo amarlo se non vediamo che è buono. Non possiamo vedere che è buono se non lo accettiamo.
Una esperienza soprannaturale della nostra contingenza è una umiltà che ama e apprezza soprattutto il nostro stato di incapacità morale e metafisica nei confronti di Dio. Per amare così il nostro «nulla» non dobbiamo ripudiare niente di ciò che è nostro, niente di quello che abbiamo, nulla di ciò che siamo. Dobbiamo vedere e riconoscere che è tutta roba nostra e che è buona: buona nella sua entità positiva, perché ci viene da Dio: buona nella nostra deficienza, perché ogni nostra incapacità, persino la nostra miseria morale e spirituale, attira verso di noi la misericordia di Dio.
Per amare il nostro nulla dobbiamo amare in noi tutto ciò che l’orgoglioso ama quando ama se stesso. Ma dobbiamo amarlo proprio per l’opposta ragione.

da “Pensieri nella solitudine” di Thomas Merton (1915-1968) – 31 – 


Sciupiamo la nostra vita di preghiera se stiamo di continuo a esaminarla e a ricercarne i frutti in una pace che non è niente altro che un processo psicologico. La sola cosa da cercare nella preghiera contemplativa è Dio: e Lo cerchiamo con successo quando siamo ben convinti che non Lo possiamo trovare se Egli non si mostra a noi, e che d’altra parte non ci avrebbe ispirato di cercarlo se non Lo avessimo già trovato.

Più siamo contenti della nostra povertà, più siamo vicini a Dio perché allora l’accettiamo in pace, non aspettando nulla da noi, ma tutto da Dio.
La povertà è la porta della libertà, non perché si resti imprigionati nell’ansietà e nella costrizione che tale povertà implica necessariamente, ma perché non trovando in noi nulla che sia fonte di speranza, vediamo di non possedere niente che valga la pena di difendere. Non vi è in noi nulla di particolare che meriti di essere amato. Perciò usciamo da noi stessi e ci riposiamo in Colui che è tutta la nostra speranza.

da “Pensieri nella solitudine” di Thomas Merton (1915-1968) – 31 


Buona giornata a tutti :-)


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martedì 12 settembre 2023

Svegliati, alzati! - Rabindranath Tagore

 

Svegliati, alzati! 
All'alba la luce stessa di Dio viene a rompere il nostro sonno. 
Il sonno profondo di tutta la notte si rompe in un momento. 
Ma chi può spezzare le illusioni della sera? Come potrò togliere dall'animo l'involucro magico che il lavoro e le preoccupazioni del lungo giorno hanno gettato su di esso e condurlo in mezzo alla pace pura e tranquilla? 
Tutto il giorno, come un ragno, in diverse maniere, ci ha avvolto con reti molto vaste, una rete dopo l'altra. L'Onnipotente, l'Eterno è stato messo da parte. Tagliate tutte queste reti, come potrò risvegliare lo spirito in mezzo all'infinito? 
Svegliati, alzati! 
Il giorno con lavori vari, con preoccupazioni ed attrazioni innumerevoli cerca di legarci stretti da tutte le parti: cerca di alzare un muro tra la mia anima e l'universo. 
Così, se noi non risvegliamo la nostra attenzione, se non usiamo questa formula magica: Svegliati, alzati... 
Se non risuona ogni momento questa voce dentro l'anima, in mezzo a tutte le mille vicende della giornata, un nodo dopo l'altro, un laccio dopo l'altro esse ci legheranno e ci renderanno insensibili. Allora non ci sarà alcuna forza di volontà che possa distoglierci dalla nostra inerzia.
Pensiamo che quanto ci lega da tutte le parti sia la verità e non avremo più fede nelle verità pure e passate, non ci passerà neppure per la mente di sospettare della nostra situazione. Perciò in mezzo al frastuono dei vari affari di ogni giorno si alzi dalle profondità del nostro animo, nello strumento che ha una sola corda, il richiamo: Svegliati, alzati!

(Rabindranath Tagore)
Fonte: Santinicheton, 
1 dicembre 1908



“Ogni uomo è una parte di me, perché io sono parte e membro del genere umano.  
Ogni uomo fa parte del mio stesso corpo, perché noi tutti siamo membra dell’Universo. 
Quello che faccio viene fatto per gli altri, con loro e da loro: quello che essi fanno è fatto in me, da me e per me. 
Ma ad ognuno di noi rimane la responsabilità della parte che egli ha nella vita dell’intero corpo”.

(Padre Thomas Merton – da “Nessun uomo è un’isola”)


Ogni giorno porta con sé una sorpresa, ma possiamo vederla, udirla o sentirla quando essa giunge solamente se l’aspettiamo. Non dobbiamo avere paura di accogliere la sorpresa di ogni giorno, sia che essa ci venga come un dolore o come una gioia. Essa aprirà un nuovo spazio nel nostro cuore, un luogo in cui possiamo accogliere nuovi amici e celebrare in modo più pieno la nostra umanità condivisa.


(Henry Nouewen)


È sopraggiunta la nuvolaglia della svogliatezza, della caduta d'interesse. 
Sono scesi acquazzoni di tristezza, con la netta sensazione di trovarti legato. E, per completare, ti ha teso l'agguato una spossatezza che nasce da una realtà più o meno oggettiva: tanti anni di lotta..., e sei ancora così indietro, così lontano. 
Tutto questo è necessario, e Dio vi fa assegnamento: per conseguire il «gaudium cum pace» la vera pace e la vera gioia, dobbiamo aggiungere alla convinzione di essere figli di Dio, che ci riempie di ottimismo, il riconoscimento della nostra personale debolezza. 

(Solco, 78)



Buona giornata a tutti :-)

giovedì 7 settembre 2023

Voglio una coppa piena sino all’orlo - John Keats

  Voglio una coppa piena sino all’orlo

E dentro annegarci l’anima:
Riempitela d’una droga capace
...Di bandire la Donna dalla mente.
E non voglio dell’acqua poetica, che scaldi
I sensi al desiderio lussurioso,
Ma una sorsata profonda
Tracannata dalle onde del Lete,
Per liberare con un incanto il mio
Petto disperato dall’immagine
Più bella che gli occhi miei festanti
Videro, intossicandone la mente.
È inutile – mi perseguita struggente
La dolcezza di quel viso.
Lo sfavillio del suo sguardo splendente -
E quel seno, terrestre paradiso.
Mai più felice sarà la vista mia,
Ché ha perso il visibile ogni sapore:
Perduto è il piacere della poesia,
L’ammirazione per il classico nitore.
Sapesse lei come batte il mio cuore,
Con un sorriso ne lenirebbe la pena,
E sollevato ne sentirei la dolcezza,
La gioia, mescolata col dolore.
Come un toscano perduto in Lapponia,
Tra le nevi, pensa al suo dolce Arno,
Così sarà lei per me in eterno
L’aura della mia memoria.

- John Keats -


Tieni chi ami vicino a te, digli quanto bisogno hai di loro, amali e trattali bene, trova il tempo per dirgli "mi spiace", "perdonami", "per favore", "grazie" e tutte le parole d'amore che conosci.

 Gabriel Garcia Marquez


Vorrei che fossimo farfalle e vivessimo tre soli giorni d’estate
 - tre giorni così, con te, -
sarebbero più colmi di delizie di quante
ne potrebbero contenere cinquanta anni di vita ordinaria.

- John Keats - 




Buona giornata :-)

mercoledì 15 febbraio 2023

La risposta cristiana all'odio - Thomas Merton

 L'inizio della lotta contro l'odio, la fondamentale risposta cristiana all'odio, non è il comandamento di amare, ma quello che necessariamente lo precede per renderlo sopportabile e comprensibile, cioè quello di credere. 
La radice dell'amore cristiano non è la volontà di amare, ma il credere che si è amati. Credere che Dio ci ama. 
Credere che Dio ci ama anche se siamo indegni - o meglio, che Egli ci ama indipendentemente dai nostri meriti!

In una visione meramente cristiana dell'amore di Dio, il concetto di dignità perde ogni significato. La rivelazione della misericordia di Dio riduce tutto il problema della dignità a qualcosa di quasi irrisorio: la scoperta che la dignità è di poca importanza (perché nessuno potrebbe mai, di per se stesso, essere degno di essere amato di un simile amore) è una vera liberazione di spirito. 
E, fintanto che non si giunge a questa scoperta, fintanto che questa liberazione non è stata operata dalla misericordia divina, l'uomo rimane prigioniero dell'odio.

- Thomas Merton - 
da: "Nuovi semi di contemplazione"


Con la semplicità e l'amore

Liberami, Signore, 
dalla pigrizia che si agita,
sotto la maschera del fare,
e della mollezza che compie
ciò che non è stato richiesto,
per riuscire a eludere un sacrificio!

Ma donami l'umiltà
nella quale soltanto è il riposo,
e liberami dall'orgoglio
che è il fardello più pesante.

Penetra tutto il mio cuore,
tutta la mia anima,
con la semplicità dell'amore.

- Padre Thomas Merton -

fonte: Dialoghi con il Silenzio.Preghiere e disegni originali dell'autore, a cura di Jonathan Montaldo, Sam Paolo, Cinisello Balsamo (Milano) 2002, p.109



Accontentatevi di non essere santi

Accontentatevi di non essere santi, anche se vi rendete conto che la sola cosa per cui vale la pena di vivere è la santità. 
Allora sarete soddisfatti di lasciare che Dio vi conduca alla santità per vie che non potete comprendere.

- Thomas Merton -
Da: “Nuovi semi di contemplazione”



Buona giornata a tutti. :-)



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giovedì 2 dicembre 2021

Il vero contemplativo - Thomas Merton

"Il vero contemplativo è amante della sobrietà e dell'oscurità. 
Preferisce tutto ciò che è calmo, umile, modesto. 
Non ama le esaltazioni spirituali. Lo stancano presto. È incline alle cose che sembrano nulla, che gli dicono poco o nulla, che gli promettono nulla. 
Solo chi può rimanere in pace nel vuoto, senza progetti o vanità, senza discorsi per giustificare la sua apparente inutilità, può essere al sicuro dall'appello fatale di quegli impulsi spirituali che lo spingono ad affermarsi e ad «essere qualcosa» agli occhi degli altri. 
Ma il contemplativo, tra tutti gli uomini religiosi, è con tutta probabilità quello maggiormente in grado di rendersi conto di non essere un Santo e il meno ansioso di apparire in questo modo agli occhi degli altri. 
È, di fatto, libero da ogni dipendenza dalle apparenza e si preoccupa molto poco di esse. E nello stesso tempo, siccome non ha né la tendenza né la necessità di essere un ribelle, non sente il bisogno di reclamizzare il suo disprezzo per le apparenze. 
Semplicemente le trascura. 
Esse non lo interessano più. 
È piuttosto contento di essere considerato un deficiente, se necessario, e in questo ha una lunga tradizione dietro di sé. 
Molto tempo fa san Paolo si era detto felice di essere un «folle per amore di Cristo».
Il contemplativo si trova bene con la sapienza di Dio, che è follia per gli uomini non perché sia contraria alla saggezza degli uomini, ma perché la trascende completamente. "

- Thomas Merton -
da: "L'esperienza interiore. Note sulla contemplazione", San Paolo Ed. Cinisello Balsamo 2005, p. 181




La nostra anima fa continuamente del rumore,
ma c’è un punto in lei che è silenzio
e che noi non sentiamo mai.
Quando il silenzio di Dio entra nella nostra anima,
la trafigge e viene a raggiungere quel silenzio
che è segretamente presente in noi,
allora noi abbiamo in Dio il nostro tesoro
e il nostro cuore e lo spazio si apre davanti a noi
come un frutto che si separa in due,
poiché vediamo ormai l’universo
da un punto situato fuori dello spazio.

- Simone Weil -




"La contemplazione è opera dell'amore e il contemplativo prova il suo amore lasciando tutte le cose, anche le cose più spirituali, per Dio nella nullità, nel distacco e nella «notte». 
Ma il fattore decisivo nella contemplazione è l'azione libera e imprevedibile di Dio. 
Solo lui può concedere il dono della grazia mistica e farsi conoscere mediante il contatto segreto e ineffabile che rivela la sua presenza nella profondità dell'anima. 
Ciò che conta non è l'amore dell'anima per Dio, ma l'amore di Dio per l'anima."

- Thomas Merton -


Buona giornata a tutti. :-)



sabato 24 ottobre 2020

Il segreto dell'amore - Thomas Merton

Non basta all'amore di essere partecipati, bisogna che sia partecipato liberamente, perché nella costrizione non vi può mai essere felicità.

Un amore disinteressato che si riversa su un oggetto egoista non dà una felicità completa: non perché l'amore abbia bisogno, per amare, di ricambio o di ricompensa, ma perché riposa nella felicità dell'amato. 
E se questi riceve l'amore egoisticamente, l'amante non è soddisfatto, perché vede che il suo amore non è riuscito nell'intento di rendere felice l'amato, non ha risvegliato in lui la capacità di amare senza egoismo.
Di qui il paradosso che l'amore disinteressato può riposare completamente solo in un amore perfettamente ricambiato: perché sa che la sola vera pace si trova in un amore che non cerca se stesso. 
Un tale amore accetta di non essere amato disinteressatamente per amore di colui che ama e, nel far così, perfeziona se stesso.
Il dono dell'amore è il dono della potenza e della capacità di amare e quindi darlo in pieno vuol dire anche riceverlo.
Così lo si può conservare solo se lo si dona e lo si può donare perfettamente solo se lo si riceve.

- Padre Thomas Merton - 
Da: “Nessun uomo è un'isola”, Ed. Garzanti




Il mondo è pieno
di meraviglie da scoprire,
non far trascorrere un solo giorno,
senza esserti stupito!


- Padre Thomas Merton - 

Interno del Duomo di Parma - Italy

“Quelli che amano il silenzio trovino altra gente che ama il silenzio 
e creino silenzio e pace gli uni per gli altri.”

dal libro il “Segno di Giona” di Thomas Merton 
(Parte quinta, 19 novembre, p. 357)






Buona giornata a tutti. :-)


venerdì 15 febbraio 2019

Nuovi semi di contemplazione - Padre Thomas Merton

"La contemplazione è l'espressione più alta della vita intellettuale e spirituale dell'uomo. È quella vita stessa, pienamente cosciente, pienamente attiva, pienamente consapevole di essere vita. [...]
La vita contemplativa implica due gradi di consapevolezza: primo, consapevolezza della domanda; secondo, consapevolezza della risposta. Benché questi due gradi siano distinti e immensamente diversi tra loro, pure sono coscienza di un'identica realtà. La domanda è, essa stessa, la risposta.
E noi siamo ambedue le cose. Ma non possiamo saperlo finché non ci siamo portati al grado superiore; ci ridestiamo non per trovare una riposta nettamente diversa dalla domanda, ma per renderci conto che la domanda è risposta a se stessa. E tutto ciò si riassume in un'unica consapevolezza: non un'affermazione, ma un'esperienza: «Io sono».
[...] La contemplazione [...] è una conoscenza pura, verginale, povera di concetti, più povera ancora di ragionamenti.
[...] Nulla è più ripugnante di una definizione pseudo-scientifica dell'esperienza contemplativa, [...] chi cerca di dare una simile definizione è tentato di procedere psicologicamente [...]. Voler descrivere «reazioni» e «sensazioni» equivale a situare la contemplazione là dove essa non può trovarsi, ossia al livello superficiale della coscienza [...]. Ma questa osservazione e questa coscienza fanno precisamente parte di quell'«io» esteriore che «muore» e che viene gettato in disparte come un abito sudicio, al risveglio genuino della vita contemplativa.
La contemplazione non è, non può essere, un'attività di questo «io» esteriore. Vi è opposizione irriducibile tra l'«io» profondo, trascendente, che si ridesta solo nella contemplazione, e l'«io» superficiale, esteriore, che noi identifichiamo abitualmente con la prima persona singolare. [...] 
L'«io» che opera nel mondo, che pensa a se stesso, che osserva le proprie reazioni, che parla di se stesso, non è il «vero io» [...]. 
La contemplazione è precisamente la consapevolezza che questo «io» è in effetti il «non-io»; è il risveglio dell'«io» sconosciuto, che non può essere oggetto di osservazione e di riflessione ed è incapace di commentare se stesso. 
Quell'«io» sconosciuto non può nemmeno dire «io» con la sicurezza e l'impertinenza dell'altro, perché per natura è nascosto, senza nome, non identificato in quella società dove gli uomini parlano di se stessi e degli altri. [...]
Nulla è più contrario alla contemplazione del cogito ergo sum di Cartesio. «Penso, quindi sono». Questa è la dichiarazione di un essere alienato, esiliato dalle sue profondità spirituali, costretto a cercar conforto nella prova della sua esistenza (!) basata sull'osservazione che egli «pensa». [...] Egli giunge al suo essere come se fosse una realtà oggettiva, ossia si sforza di diventare consapevole di se stesso come lo sarebbe di qualcosa al di fuori di se stesso. E dimostra che la tal «cosa» esiste. E si convince: «Io sono quindi qualche cosa». [...]
La contemplazione, al contrario, è la comprensione sperimentale della realtà come soggettiva, non tanto «mia» (che significherebbe «appartenente all'io esteriore») ma «di me stesso» nel mistero esistenziale. [...]
Per il contemplativo non vi è nessun cogito («io penso») e nessun ergo («quindi»), ma soltanto ilsum («io sono») [...].
La contemplazione non è né rapimento, né estasi, né l'udire improvvise parole inesprimibili, né vedere luci arcane. 
Non è il calore emotivo né la dolcezza che accompagnano l'esaltazione religiosa. 
Non è l'entusiasmo, né la sensazione di essere «afferrati» da qualche forza primordiale e trasportati impetuosamente verso la liberazione tramite una frenesia mistica. Tutte queste cose [...] non sono opera del nostro «io profondo»; sono solamente frutto di emozioni, del subcosciente somatico; sono un insorgere delle forze dionisiache del subcosciente. [...]
La contemplazione [...] è uno spaventoso infrangere e bruciare di idoli, una purificazione del santuario, affinché nessuna immagine scolpita occupi il posto che Dio ha ordinato fosse lasciato vuoto: il centro, l'altare esistenziale che semplicemente «è»"

- Padre Thomas Merton - 
Da: Nuovi semi di contemplazione. (pp. 13-25)


Quando preghi, devi stare in silenzio.
Non preghi per ottenere la realizzazione dei tuoi desideri terreni, ma preghi: “sia fatta la Tua volontà”. Non è bene pensare di usare Dio come un garzone.
Devi stare in silenzio. Lascia che la preghiera ti parli.

- Tito Colliander - 



 Onnipotente e misericordioso Dio,
Padre di tutti gli uomini,
creatore e dominatore dell’universo,
Signore della storia,
i cui disegni sono imperscrutabili,
la cui gloria è senza macchia,
la cui compassione per gli errori degli uomini è inesauribile,
nella tua volontà è la nostra pace!

Ascolta nella tua misericordia
questa preghiera che sale a te
dal tumulto e dalla disperazione
di un mondo in cui tu sei dimenticato,
in cui il tuo Nome non è invocato,
le tue leggi sono derise
e la tua presenza è ignorata.

Non ti conosciamo, e così non abbiamo pace.

Concedici prudenza in proporzione al nostro potere,
saggezza in proporzione alla nostra scienza,
umanità in proporzione alla nostra ricchezza e potenza.

E benedici la nostra volontà
di aiutare ogni razza e popolo a camminare,
in amicizia con noi,
lungo la strada della giustizia,
della libertà e della pace perenne.

Ma concedici soprattutto di capire
che le nostre vie
non sono necessariamente le tue vie,
che non possiamo penetrare pienamente
il mistero dei tuoi disegni,
e che la stessa tempesta di potere
che ora infuria in questa terra
rivela la tua segreta volontà
e la tua inscrutabile decisione.

Concedici di vedere il tuo volto
alla luce di questa tempesta cosmica,
o Dio di santità, misericordioso con gli uomini.

Concedici di trovare la pace
dove davvero la si può trovare:
nella tua volontà, o Dio, è la nostra pace!

- Padre Thomas Merton -



 George Segal (1924-2000) 
"Abraham and Isaac,"
on the Princeton University campus