venerdì 24 novembre 2017

Verranno giorni.... - cardinale Giacomo Biffi

Verranno giorni, ci dice Solovëv – e anzi so­no già venuti, diciamo noi – quando nella cri­stianità si tenderà a risolvere il fatto salvifico, che non può essere accolto se non nell’atto dif­ficile, coraggioso e razionale della fede, in una serie di «valori» facilmente esitabili sui merca­ti mondani.

Il cristianesimo ridotto a pura azione umanita­ria nei vari campi dell’ assistenza, della solidarie­tà, del filantropismo, della cultura; il messaggio evangelico identificato nell’impegno al dialogo tra i popoli e le religioni, nella ricerca del benessere e del progresso, nell’esortazione a rispettare la natura; la Chiesa del Dio vivente, colonna e fondamento della verità (cfr. 1 Tm 3,15), scam­biata per un’organizzazione benefica, estetica, socializzatrice: questa è l’insidia mortale che oggi va profilandosi per la famiglia dei redenti dal sangue di Cristo.


Da questo pericolo, ci avvisa il più grande dei filosofi russi, noi dobbiamo guardarci. 
Anche se un cristianesimo «tolstojano» ci renderebbe in­finitamente più accettabili nei salotti, nelle ag­gregazioni sociali e politiche, nelle trasmissioni televisive, non possiamo e non dobbiamo rinun­ciare al cristianesimo di Gesù Cristo, il cristianesimo che ha al suo centro lo «scandalo» della croce e la realtà sconvolgente della risurrezione del Signore.

Gesù Cristo, il Figlio di Dio crocifisso e risor­to, unico Salvatore dell’uomo, non è «traducibi­le» in una serie di buoni progetti e di buone ispi­razioni, omologabili con la mentalità mondana dominante. 


- Cardinale Giacomo Biffi -
da: "Attenti all'anticristo"




Quando si tratta di religione, la parola che deve per forza entrare nel discorso è la parola «salvezza». Senza il tema della salvezza la religione diventa un insieme di concetti astratti, di comandi morali, di divieti, di cerimonie rituali: un insieme che di solito suscita poca curiosità e poco interesse. Se invece si percepisce che nella religione vi è in gioco la salvezza, allora sentiamo che la cosa ci tocca da vicino.
Che cosa vuol dire che uno è «salvo»? Salvo – dicono i vocabolari – è chi ha superato un pericolo senza danno ed è stato liberato da un male incombente.
Ogni uomo che non sia del tutto intorpidito e perso avverte di essere «insidiato»: c’è il male che ci sovrasta. Per­ciò diventa spontaneo e necessario il pensiero, il desiderio – anzi l’ansia – di riuscire a cavarsela.
Ci sono dei mali universali e assoluti; ad esempio, il non sapere se la vita abbia un’ultima verità né il perché dell’esistere; non essere stati all’altezza, nel nostro comportamento di ciò che è giusto e doveroso; il dover incontrare la realtà inevitabile della morte, che vanifica tutto. 
Abbiamo dunque tutti bisogno di «essere salvati». E per fortuna un «salvatore» esiste e ci è stato donato.

- cardinale Giacomo Biffi -
da: "Il vocabolario della salvezza" 



La prima carità è dire a tutti cosa è bene e cosa è male.

- Cardinale Giacomo Biffi -



Buona giornata a tutti. :-)









giovedì 23 novembre 2017

Parafrasi del Padre Nostro - San Francesco d’Assisi

O santissimo Padre nostrocreatore, redentore, consolatore e salvatore nostro.
Che sei nei cielinegli angeli e nei santi, illuminandoli alla conoscenza, perché tu, Signore, sei luce, infiammandoli all'amore, perché tu, Signore, sei amore, ponendo la tua dimora in loro e riempiendoli di beatitudine, perché tu, Signore, sei il sommo bene, eterno, dal quale proviene ogni bene e senza il quale non esiste alcun bene.
Sia santificato il tuo nomesi faccia luminosa in noi la conoscenza di te, affinché possiamo conoscere l'ampiezza dei tuoi benefici, l'estensione delle tue promesse, la sublimità della tua maestà e la profondità dei tuoi giudizi.
Venga il tuo regnoperché tu regni in noi per mezzo della grazia e ci faccia giungere nel tuo regno, ove la visione di te è senza veli,
l'amore di te è perfetto,
la comunione di te è beata, 
il godimento di te senza fine. 

Sia fatta la tua volontà come in cielo così in terraaffinché ti amiamo con tutto il cuore, sempre pensando a te; con tutta l'anima, sempre desiderando te; con tutta la mente, orientando a te tutte le nostre intenzioni e in ogni cosa cercando il tuo onore; e con tutte le nostre forze, spendendo tutte le nostre energie e sensibilità dell'anima e del corpo a servizio del tuo amore e non per altro; e affinché possiamo amare i nostri prossimi come noi stessi, trascinando tutti con ogni nostro potere al tuo amore, godendo dei beni altrui come dei nostri e nei mali soffrendo insieme con loro e non recando nessuna offesa a nessuno.
Il nostro pane quotidianoil tuo Figlio diletto, il Signore nostro Gesù Cristo, dà a noi oggi: in memoria, comprensione e reverenza dell'amore che egli ebbe per noi e di tutto quello che per noi disse, fece e patì.
E rimetti a noi i nostri debitiper la tua ineffabile misericordia, per la potenza della passione del tuo Figlio diletto e per i meriti e l'intercessione della beatissima Vergine e di tutti i tuoi eletti.
Come noi li rimettiamo ai nostri debitori: e quello che non sappiamo pienamente perdonare, tu, Signore, fa' che pienamente perdoniamo sì che, per amor tuo, amiamo veramente i nemici e devotamente intercediamo presso di te, non rendendo a nessuno male per male e impegnandoci in te ad essere di giovamento a tutti.
E non ci indurre in tentazionenascosta o manifesta, improvvisa o insistente.
Ma liberaci dal malepassato, presente e futuro.

- San Francesco d’Assisi -




La cosiddetta «Parafrasi del Padre Nostro» di San Francesco è una delle preghiere che manifestano meglio la radice evangelica della sua spiritualità. Francesco portava inciso nell’anima un profondo sentimento della paternità di Dio. 
Per lui era come l’aria che respirava e il clima che avvolgeva la sua vita di ogni giorno. 
Non c’è dunque niente di strano che nella sua preghiera si rivolga in primo luogo al Padre. 
Nei suoi scritti lo menziona più di cento volte.


“Nel sorgere del sole, ogni uomo dovrebbe lodare Dio per aver creato questo astro, che durante il giorno dà agli occhi la loro luce; la sera quando viene la notte, ogni uomo dovrebbe lodare Dio per quest’altra creatura, nostro fratello fuoco, che, nelle tenebre, permette ai nostri occhi di vedere la luce. Siamo tutti come dei ciechi, e per mezzo di queste due creature, Dio ci dà la luce. Per questo, per queste creature e per le altre che ci servono ogni giorno, dobbiamo lodare particolarmente il loro glorioso Creatore!”

Frate Francesco d'Assisi


Buona giornata a tutti. :-)




mercoledì 22 novembre 2017

da: "Il denaro" - Charles Peguy

...Ai miei tempi tutti cantavano...
Nella maggior parte dei luoghi di lavoro
si cantava; oggi vi si sbuffa.
Direi quasi che allora
non si guadagnava praticamente nulla.
Non si ha l’idea di quanto i salari
fossero bassi.
Nondimeno tutti mangiavano.
Anche nelle case più umili
c’era una sorta di agiatezza
di cui si è perduto il ricordo.
Conti, non se ne facevano.
Perché c’era poco da contare.
Ma i figli potevano essere allevati.
E se ne tiravano su.
Era sconosciuta questa
odiosa forma di strangolamento
che oggi ci torce ogni anno di più.
Non si guadagnava; non si spendeva;
e tutti vivevano.
Ogni fatto era un avvenimento; consacrato.
Ogni cosa era una tradizione,
un insegnamento;
tutte le cose avevano
un loro rapporto interiore,
costituivano la più santa abitudine...

- Charles Peguy - 

da: "Il denaro"

Strade, angoli, piazze e quartieri... sono tanti i luoghi in cui uomini e donne, senza nome, muoiono per indifferenza o solitudine.
Non esistono, Signore, samaritani che appaiono dal nulla. 
Non ci sono, Gesù, samaritani che arrivano da altri mondi.
Esistiamo noi, con le nostre scelte, E ci sei tu con la tua audace proposta:
«Vai e anche tu fai ciò che ho fatto io. 
Vai e tendi la mano a chi è povero. Vai e sorridi a chi è solo. 
Vai e apri il tuo cuore a chi è triste. 
Vai e abbraccia chi è caduto e sanguina».
Signore Gesù, rendi vera la nostra fede, insegna al nostro cuore ad amare veramente, aiuta le nostre gambe e le nostre mani ad andare verso gli altri, perché il mondo possa scoprire, e sentire il tuo amore, nel nostro credere, amando. Amen. 


sr Mariangela frp Tassielli, Paoline



La preghiera di chi non ha più niente

Signore, non ho più niente
eppure ho tutto, perché ho Te.
Non ho cibo a sufficienza,
ma mi basta quello che ricevo dalla gente
o che guadagno con il mio onesto lavoro.
Non ho casa, ove riposare,
ma mi contento del cielo
sotto il quale riposo ogni tanto,
memore della tua esperienza,
di un Dio che non ha neppure
una pietra ove poggiare il suo capo stanco.
Non ho denaro che mi possa aiutare a vivere con dignità
ma accolgo, con sofferenza, l'elemosina di tanta gente.
Quanto é difficile Signore essere povero oggi come allora,
ma nessuno di noi ha scelto di esserlo di propria volontà.
Tu sai la sofferenza di quanti non hanno nulla
nel nostro tempo affamato di guadagni e di posizioni sempre più agiate.
Non Ti chiedo di rimuovere solo la mia povertà,
ma la povertà di tanti popoli oppressi a causa dell'ingiustizia
e della cattiva gestione delle risorse della Terra.
Fa, o Dio della Provvidenza, che nessun bambino
sia più povero su questa Terra,
che nessun ammalato sia abbandonato a se stesso
senza alcuna assistenza e sicurezza,
che nessun anziano vengano lasciato nella solitudine
senza il conforto di qualcuno,
che nessun giovane abbia a soffrire a causa
del cattivo esempio degli adulti,
che in tutte le famiglie e su tutte le mense del mondo
arrivi quotidianamente quel pane di ogni genere
che ti chiediamo ogni giorno per noi e per tutti
con la stessa preghiera che ci hai insegnato Tu.
Amen.


Buona giornata a tutti. :-)





martedì 21 novembre 2017

La mano - Wislawa Szymborska

Ventisette ossa,
trentacinque muscoli,
circa duemila cellule nervose
in ogni polpastrello delle nostre cinque dita.
È più che sufficiente
per scriver Mein Kampf
o Winnie the Pooh.

- Wislawa Szymborska -


Con le mani i neonati cercano il seno della madre. 
Con le mani i padri allacciano le scarpe ai figli. 
Da bambino guardavo le mani dei miei genitori e ricordo il lavoro, la fatica e il sacrificio. 
Oggi guardo le mie mani e ci vedo dentro tutti i miei sogni, realizzati e non. Con le mani si abbraccia chi si ama. 
Con le mani ci rialza da terra dopo essere caduti. 
Con le mani si scava tra le macerie dopo un terremoto. 
Con le mani si chiede aiuto. 
Ho visto mani stringersi per la gioia, mani che accolgono, mani che pregano e mani che respingono.

- Gianluigi Buffon - 


La mano è lo strumento delle nostre opere, il segno della nostra nobiltà, il mezzo attraverso il quale l'intelligenza riveste con una forma i suoi pensieri artistici, e dà esistenza alle creazioni della volontà, ed esercita l'imperio che Dio concesse all'uomo su tutte le creature.

- Juan Valera -



Verrà il tempo in cui non avrai forza
di stringere una mano:
di tutte le mani strette nella vita
non è stato che un gioco
per preparare questa mano ferita... 

- Marianna Bucchich -




Buona giornata a tutti. :-)




lunedì 20 novembre 2017

Supera i tre idioti che vivono in te - Osho

L’uomo finge continuamente di essere quello che non è..
E' un modo per nascondere se stesso..
Chi è brutto cerca di sembrare bello..
Chi è preda di angosce cerca di sembrare felice..
Chi non sa niente cerca di dimostrare di sapere tutto..
E le cose vanno avanti in questo modo..
Se non diventi consapevole dei tre idioti che sono in te non diventerai mai un saggio..
È superando i tre idioti che si diventa realmente saggi !!

- Osho -



"Buddha ha detto, e sembra giustamente, che ogni venticinque secoli arrivano tempi di grande agitazione, di caos totale. Ed è proprio quello il momento in cui il maggior numero di persone diventano illuminate.

Ora sono passati venticinque secoli dai tempi del Buddha. Vi state avvicinando sempre di più al momento in cui il passato perderà ogni valore, ogni significato.

Quando il passato perde ogni significato, voi siete liberi, non siete più legati al passato. Potete usare questa libertà per crescere, immensamente, raggiungere picchi prima neppure immaginabili.

Ma potete anche distruggervi. Se non siete intelligenti, la confusione, il caos... vi distruggeranno. Succederà a milioni di persone, a causa della loro mancanza di intelligenza, non per il caos.

Non riusciranno più a trovare una vita sicura, comoda e conveniente, com'era possibile in passato. Non riusciranno a trovare un gruppo al quale appartenere. Dovranno vivere delle proprie risorse: dovranno essere degli individui, dovranno essere ribelli.

La società sta sparendo, la famiglia sta sparendo... è molto difficile ora. 
A meno che tu sia capace di essere un individuo... il vivere diventerà difficile.

Solo gli individui sopravviveranno. La gente che è stata troppo abituata alla "schiavitù": abituata a ricevere comandi, abituata a ubbidire agli ordini di qualcun altro; chiunque è abituato a far riferimento a figure paterne si troverà in condizioni folli.

Ma è una sua carenza, non è un difetto dei tempi. Anzi, è un bel momento, perché i periodi di caos sono l'ora del cambiamento, della rivoluzione.

Adesso è possibile uscire più facilmente dalla ruota del karma, dal ciclo della vita e della morte, di quanto lo sia mai stato per i venticinque secoli trascorsi dai tempi del Buddha.

Molte persone si sono illuminate, ai tempi del Buddha, c'era grande agitazione nell'intera società. Sta accadendo di nuovo.

Ti aspettano momenti straordinari, preparati."

- Osho -


"Ogni tanto tenta di vivere e basta. Vivi semplicemente.
Non lottare e non forzare la vita. Osserva in silenzio ciò che accade.
Lascia accadere ciò che accade.
Permetti a ciò che è, di esistere. Lascia cadere ogni tensione e lascia che la vita fluisca, che accada. E ciò che accade, te lo garantisco, libera." 

- Osho -



La vera questione non è se la vita esiste dopo la morte.
La vera domanda è se sei vivo prima della morte.

- Osho -


Buona giornata a tutti. :-)






domenica 19 novembre 2017

La buca nel marciapiede -

Mi alzo una mattina, esco di casa, c'è una buca nel marciapiede, non la vedo, ci casco dentro.
- Giorno dopo, esco di casa, mi dimentico che c'è una buca nel marciapiede, e ci ricasco dentro.
- Terzo giorno, esco di casa cercando di ricordarmi che c'è una buca nel marciapiede, e invece non me lo ricordo, e ci casco dentro.
- Quarto giorno, esco di casa cercando di ricordarmi della buca nel marciapiede, me ne ricordo, e ciononostante non vedo la buca e ci casco dentro.
- Quinto giorno, esco di casa, mi ricordo che devo tener presente la buca nel marciapiede e cammino guardando per terra, e la vedo, ma anche se la vedo, ci casco dentro.
- Sesto giorno, esco di casa, mi ricordo della buca nel marciapiede, la cerco con lo sguardo, la vedo, cerco di saltarla, ma ci casco dentro.
- Settimo giorno, esco di casa, vedo la buca, prendo la rincorsa, salto, sfioro con la punta dei piedi il bordo dall'altra parte, ma non mi basta e ci casco dentro.
- Ottavo giorno, esco di casa, vedo la buca, prendo la rincorsa, salto, atterro dall'altra parte! Mi sento così orgoglioso di esserci riuscito, che mi metto a saltellare per la gioia... e mentre saltello, casco di nuovo nella buca.
- Nono giorno, esco di casa, vedo la buca, prendo la rincorsa, la salto, e proseguo per la mia strada.
- Decimo giorno, soltanto oggi, mi rendo conto che è più comodo e sicuro camminare sul marciapiede di fronte.

La strada della vita è disseminata di buche: abitudini, vizi piccoli e grandi, mancanze fastidiose eppure sempre uguali. 
In famiglia si litiga sempre per le stesse cose, si confessano sempre gli stessi peccati, si commettono sempre gli stessi errori. 
Convertirsi significa prendere l'altro marciapiede.



Peccare - Padre Michel Quoist

Sono caduto, Signore.
Ancora.
Non ne posso più, mai ce la farò.
Ho vergogna di me, non oso più guardarTi.
Pure, ho lottato, Signore, perché Ti sapevo vicino a me, chino su di me, attento.
Ma la tentazione si è scatenata come una tempesta, ed ho voltato il capo, e mi sono allontanato, mentre Tu restavi, silenzioso e dolorante, come un fidanzato tradito che vede il suo amore allontanarsi nelle braccia del rivale.
Quand'è cessato il vento, caduto di colpo come di colpo s'era scatenato, quando s'è spento il fulmine dopo aver fieramente illuminato la penombra, in un momento, mi son ritrovato solo, vergognoso, disgustato, con il mio peccato nelle mani.
Quel peccato che mi nausea, inutile oggetto che vorrei gettar via; quel peccato che ho voluto e che non voglio più, quel peccato che infine ho raggiunto allontanandoTi freddamente, Signore, quel peccato che ho colto, poi consumato, avido.
Ora lo posseggo, anzi mi possiede, come la tela del ragno tiene prigioniero il moscerino.
E' mio, mi sta attaccato, è entrato in me, non posso disfarmene.
Mi pare che si veda, ho vergogna di stare in piedi, vorrei strisciare per sfuggire gli sguardi, ho vergogna di comparire davanti al mio amico, ho vergogna di comparire davanti a Te, o Signore, perché Tu mi amavi ed io Ti ho dimenticato.
Ti ho dimenticato perché ho pensato a me.
Signore, non guardarmi così.
Perché sono nudo, sono sporco, sono a terra, lacero, non ho più forze, non oso più promettere nulla, non posso che restare là, curvo, innanzi a Te.

Via, piccolo, rialza il capo. Non è soprattutto il tuo orgoglio ferito?
Se mi amassi, avresti dispiacere, ma avresti fiducia.
Credi che l'amor di Dio abbia limiti? Credi che un solo momento Io abbia cessato di amarti?
Ma fai ancora affidamento su di te, piccolo, non devi fare affidamento che su di Me.
Chiedimi perdono e poi rialzati vivamente, perché, vedi, la cosa più grave non è cadere, ma restare a terra.

- Padre Michel Quoist - 

Cripta del peccato originale - Matera (Italy)


Buona giornata a tutti. :-)


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sabato 18 novembre 2017

Scendere per poter comunicare - Jean Vanier

Mi ricordo che un giorno a Parigi sono stato avvicinato da una donna che aveva l’aria fragile e ferita. Mi chiedeva dieci franchi. 
Ho voluto sapere il perché e mi rispose che era appena uscita dall’ospedale psichiatrico e che era malata. 
Abbiamo iniziato a parlare e a un certo punto mi sono reso conto che se continuavo sarebbe diventato troppo pericoloso perché di certo l’avrei invitata a pranzo e non avrei più potuto lasciarla per la strada. 
E ho sentito salire dentro di me ogni sorta di potenza che mi diceva di fermarmi. 
Le ho dato dieci franchi e sono andato all’appuntamento che avevo.
Se ci si avvicina troppo al povero si perde la propria libertà personale. 
A un certo punto si arriva ad una svolta senza ritorno che cambia la nostra vita. 
Mi sono reso conto che facevo esattamente come il prete e come il levita della storia del buon samaritano che hanno continuato la loro strada fino a Gerico. Abbiamo fatto tutti questa esperienza.
La via discendente ci porta al povero che grida ed è una strada molto pericolosa. 
Non parlo soltanto delle persone che hanno un handicap ma anche di quel tale o tal altro assistente del mio focolare che piange e si arrabbia e porta dentro di sé la fragilità umana. 
Avvicinarsi a lui può esser molto pericoloso ed è preferibile allontanarsi. 
A volte è molto più facile dare dei soldi ad un povero piuttosto che avvicinarsi a lui.
Ma non è questa la nuova visione che Gesù porta nel mondo. 
Gesù non ci insegna a fuggire ma a scendere fino in basso per scoprire i semi della risurrezione. 
E’ talmente sconvolgente: dobbiamo scendere per essere guariti e per rinascere ed è il povero che ci insegna la comunione.
La comunione è molto diversa dalla generosità. 
Si può dare e fare molto per gli altri, ma mettersi in comunione significa fermarsi ed entrare in relazione, significa guardare negli occhi e dare la mano, in un dono reciproco, ricevendo e donando. 
La generosità implica solo il dono senza esigenze diverse dal tempo, dal denaro o dalle competenze, spesso dati per raccogliere gloria.
Ma entrare in comunione significa diventare vulnerabili, significa far cadere le barriere e le maschere, compresa quella della generosità e significa mostrarsi così come si è.
Entrare in comunione è riconoscere che si ha bisogno del fratello, come Gesù, stanco, che chiede alla samaritana di dargli da bere. 
Gesù non le chiede di cambiare, le dice semplicemente che ha bisogno di lei, la incontra in profondità, entra in comunione con lei, entra in una relazione dove si dà e si riceve, dove ci si ferma e si ascolta.
E’ più facile dare che fermarsi, soprattutto quando si è angosciati. 
Certo il povero ha bisogno di soldi ma ha soprattutto bisogno, come il bambino, di incontrare un amico felice di essere con lui.

Jean Vanier -
tratto da: "Lettera della tenerezza di Dio", EDB,  pp. 23-24 



Scopro ogni giorno di più che noi esseri umani portiamo molte ferite in noi, molte paure e sensi di colpa molto profondi. 
Sono stupito dalle tante persone che, incontrate ai ritiri spirituali che faccio, sono convinte di non poter essere amati da Gesù. 
Allora come liberare queste persone da questo senso di colpa che le paralizza? 
Come aiutare le persone a rischiare d'amare? 
Ho avuto molta fortuna perché ero in una società competitiva, ho sentito la chiamata di Gesù e sono stato profondamente aiutato da un padre spirituale che mi ha amato e mi ha introdotto nel mondo dei valori del Vangelo. 
Ho l'impressione che noi abbiamo bisogno di trovare dei padri spirituali, abbiamo bisogno di queste comunità che ci permetterebbero di cambiare il nostro sistema di valori per riscoprire i valori del Vangelo.
Perché è vero ciò che dici: spesso la gente della nostra società è triste. 
Ho scoperto che le persone normali sono molto handicappate. 
Voglio raccontarvi la storia di un uomo normale e voi scoprirete che non credo alla normalità e alla anormalità. 
Le persone normali sono piene di problemi: familiari, lavorativi, economici, con la chiesa.
Una volta, un uomo molto normale mi è venuto a trovare ed era pieno di tristezza. Ad un certo punto bussano alla porta e senza che io abbia il tempo di dire "Avanti", entra Jean Claude. 

Jean Claude è un ragazzo che la gente chiama down, noi lo chiamiamo semplicemente Jean Claude. 
A Jean Claude piace molto ridere: ti prende la mano, ti dice "Buongiorno" e ride. Così prende la mano del signor normale e ride; poi se ne va, sbattendo la porta. Il signor normale si gira verso di me e dice: "Com'è triste che ci siano dei bambini così!". 
Credo che il solo problema era che il signor normale era cieco. 
Era incapace di vedere che Jean Claude era felice. 
Guardava la realtà attraverso le sue teorie e la sua ideologia. Jean Claude era molto più felice di lui.
Noi abbiamo delle ideologie, noi condanniamo le persone prima ancora di averle ascoltate, abbiamo fabbricato dei pregiudizi, diventiamo sempre più incapaci di guardare la realtà così com'è', guardiamo la realtà attraverso le nostre teorie e così abbiamo perso lo sguardo del bambino che è capace di meravigliarsi. 
Così quest'incontro con Gesù ci aiuta a ritrovare lo sguardo del bambino, ma a volte abbiamo paura di Gesù, abbiamo paura che Lui ci domandi di lasciare delle cose che noi vorremmo conservare. 
Bisogna ritrovare il senso profondo del Vangelo, di Gesù che ci chiama all' amore e che ci dà l'amore, e l'amore è un rischio. Siamo pronti a rischiare?

Jean Vanier -



Buona giornata a tutti. :-)