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mercoledì 25 novembre 2015

Gli istinti violenti - Pavel Florenskij -

Mi stupisce l’assurdità delle azioni umane che non trovano giustificazione nemmeno nell’egoismo, perché gli uomini agiscono a scapito anche dei propri interessi. 
Della componente morale non parlo neanche. 
Dappertutto spergiuro, inganno, uccisioni, servilismo, mancanza di qualsiasi principio. 
I legami di parentela si buttano da parte, la legge si crea e si abolisce per far piacere alla necessità del momento, e comunque non viene rispettata da nessuno. […] 
La mia conclusione (del resto, sono giunto ad essa già da tempo) è questa: nell’uomo c’è una carica di furore, d’ira, di istinti riduttivi, di odio e di rabbia, e questa carica tende a riversarsi sulle persone circostanti, contrariamente non solo ai dettami morali, anche al vantaggio personale dell’individuo. 
L’uomo si lascia prendere dal furore per pura brutalità. 
Le catene di un potere duro lo trattengono fino ad un certo punto, ma poi l’uomo si ingegna a fare le stesse cose, eludendo la legge, in una forma più fine. Certamente non sarebbe giusto affermare che tutti siano così. Ma sono così molti, moltissimi e, col loro attivismo, questi elementi rapaci dell’umanità arrivano a occupare i posti dirigenziali della storia, e costringono pure il resto dell’umanità a diventare rapace. 
Ecco, cara Olen’, che cosa ho notato partendo da un caso particolare: quello dell’Inghilterra del XIV secolo. 
L’umanità è migliorata da allora? Ne dubito. 
È diventata più decente esternamente, ha rivestito la violenza di forme meno vistose, cioè quelle che non forniscono trame per tragedie ad effetto, ma la sostanza delle cose non è cambiata.

- Pavel Florenskij - 
 "Non dimenticatemi"


…. Il mondo è ora di fronte a una differente ossessione, una follia diversa, che noi chiamiamo il terrorismo…  Combattere il terrorismo, con azioni militari ma anche attraverso l'educazione, l’istruzione, la cultura e forse soprattutto, attraverso la preghiera e l'accrescimento della propria fede.

Patriarca Kirill  di Mosca, 16º Patriarca di Mosca e tutte le Russie
dopo la Messa nella cattedrale di Cristo Salvatore a Kaliningrad




"...Come non sentire l’urgenza di mostrare tutta la nostra vicinanza ai cristiani perseguitati? ..."

- La nostra fede
 risvegliata dalla loro testimonianza -

Julián Carrón
12/08/2014




La pace non è semplicemente assenza di guerra, ma opera della giustizia (cfr Is 32,17). E la giustizia, come virtù, fa appello alla tenacia della pazienza; essa non ci chiede di dimenticare le ingiustizie del passato, ma di superarle attraverso il perdono, la tolleranza e la cooperazione.
Essa esige la volontà di discernere e di raggiungere obiettivi reciprocamente vantaggiosi, costruendo le fondamenta del mutuo rispetto, della comprensione e della riconciliazione.
Auspico che tutti noi possiamo dedicarci alla costruzione della pace, alla preghiera per la pace, rafforzando il nostro impegno per realizzarla.

- Papa Francesco - 

Discorso Salone Chungmu della "Blue House" (Seoul)
Giovedì, 14 agosto 2014




Preghiera per la pace

Signore, Dio di pace, che hai creato gli uomini,
oggetto della tua benevolenza,
per essere i familiari della tua gloria,
noi ti benediciamo e ti rendiamo grazie;
perchè ci hai inviato Gesù, tuo figlio amatissimo,
hai fatto di lui, nel mistero della sua Pasqua,
l’artefice di ogni salvezza,
la sorgente di ogni pace, il legame di ogni fraternità.
Noi ti rendiamo grazie per i desideri, gli sforzi,
le realizzazioni
che il tuo spirito di pace ha suscitato nel nostro tempo,
per sostituire l’odio con l’amore, la diffidenza con la comprensione,
l’indifferenza con la solidarietà.
Apri ancor più i nostri spiriti
ed i nostri cuori alle esigenze concrete dell’amore
di tutti i nostri fratelli, affinché possiamo essere sempre più
dei costruttori di pace.
Ricordati, Padre di misericordia, di tutti quelli che sono in pena,
soffrono e muoiono nel parto di un mondo più fraterno.
Che per gli uomini di ogni razza
e di ogni lingua venga il tuo regno di giustizia,
di pace e d’amore. E che la terra sia piena della tua gloria!


- Beato Paolo VI, papa - 



Buona giornata a tutti. :-)




venerdì 28 agosto 2015

Da: “Paura dell'infinito” - Dietrich Bonhoeffer -

La paura è in un certo qual modo il nostro principale nemico. Essa si annida nel cuore dell’uomo e lo mina interiormente finché egli crolla improvvisamente, senza opporre resistenza e privo di forza.
Corrode e rosicchia di nascosto tutti i fili che ci uniscono al Signore e al prossimo. 
Quando l’essere umano in pericolo tenta di aggrapparsi alle corde, queste si spezzano, ed egli, indifeso e disperato, si lascia cadere tra le risate dell’inferno. Allora la paura lo guarda sogghignando e gli dice: ora siamo soli, tu e io, e ora ti mostro il mio vero volto.
Chi ha conosciuto e si è abbandonato a questo sentimento in un’orribile solitudine — la paura di fronte a una grave decisione, la paura di un destino avverso, la preoccupazione per il lavoro, la paura di un vizio a cui non si può più opporre resistenza e che rende schiavi, la paura della vergogna, la paura di un’altra persona, la paura di morire — sa che è soltanto una maschera del
male, una forma in cui il mondo ostile a Dio cerca di ghermirlo. 
Non c’è nulla nella nostra vita che ci renda evidente la realtà di queste forze ostili al Creatore come questa solitudine, questa fragilità, questa nebbia che si diffonde su ogni cosa, questa mancanza di vie di uscita e questa folle agitazione che ci assale quando vogliamo uscire da questa terribile disperazione. 
Avete mai visto qualcuno assalito dalla paura? Il suo viso è orribile quando è bambino e continua a essere spaventoso anche da adulto: quella fissità dello sguardo, quel tremore animalesco, quella difesa supplichevole. 
La paura fa perdere all’uomo la sua umanità. Non sembra più una creatura di Dio, ma del diavolo; diventa un essere devastato, sottomesso.
Abbiamo paura della quiete. Siamo così abituati all’agitazione e al rumore, che il silenzio ci appare minaccioso e lo rifuggiamo. 
Passiamo da un’attività all’altra per non dover stare soli, per non essere costretti a guardarci allo specchio. Ci annoiamo, a tu per tu con noi stessi. Spesso le ore che siamo costretti a trascorrere in solitudine ci sembrano le più tristi e le meno fruttuose. 
Ma non abbiamo soltanto il timore di noi e di scoprirci; temiamo molto di più l’Onnipotente. Vorremmo evitare che disturbi la nostra tranquillità e ci smascheri, creando un rapporto esclusivo a due per poi disporre di noi secondo la sua volontà. 
Questo incontro misterioso ci preoccupa e cerchiamo di sottrarci a questa esperienza. Ci teniamo alla larga dal pensiero di Dio, per evitare che Egli arrivi inaspettatamente e ci rimanga troppo vicino. Sarebbe terribile doverlo guardare negli occhi e doversi giustificare. Dal nostro volto potrebbe scomparire per sempre il sorriso. Potrebbe, per una volta, accadere qualcosa di molto serio a cui non siamo più abituati.
Questa paura è una caratteristica della nostra epoca. Viviamo con l’ansia di essere improvvisamente avvolti e manovrati dall’infinito. 
Allora preferiamo vivere in società, andare al cinema o a teatro per poi essere portati al cimitero, piuttosto che rimanere un minuto di fronte al Signore.
Nell’Apocalisse di san Giovanni leggiamo: «Temete Dio e dategli gloria, perché è giunta l’ora del suo giudizio» (14, 7). «Temete Dio», invece delle cose che vi fanno paura. 
Non temete il futuro, non temete gli altri uomini. 
Non temete la violenza e la forza, anche se possono privarvi dei vostri beni e della vostra vita. 
Non temete i potenti di questo mondo. 
Non temete nemmeno voi stessi. 
Non temete i peccati. 
Morirete a causa di tutti questi timori. 
Liberatevi da queste paure, ma temete Dio e soltanto Lui, che ha autorità su tutti i poteri terreni. Davanti a Lui deve provare timore tutta la Terra.
Può darci la vita o privarcene. Tutto il resto non ha importanza, solo il Signore conta. 
Che cosa ci chiederà il Padre nell’ultimo giorno? Soltanto una cosa: «Avete creduto al Vangelo e gli avete ubbidito?». Non domanderà se eravamo tedeschi o ebrei, se eravamo nazisti oppure no, e nemmeno se facevamo parte della Chiesa confessante, se eravamo persone influenti e di successo, se possiamo vantarci di grandi opere, se eravamo rispettati oppure malvagi, insignificanti, inutili e sconosciuti. Il nostro unico giudice sarà il Vangelo. 
Perché io sono proprio io? Che cosa sono davvero? Chi sono?
Perché esisto? Da dove arrivo? Qual è il mio fine? Cosa ne sarà di me? 
Sono queste le domande che l’umanità si pone da sempre. L’uomo si sente aggredito da una forza superiore, da tutto un mondo, dal suo stesso io; allora comincia a indagare, a cercare, ad arrovellarsi e procede di scoperta in scoperta, sentendosi sempre più inquieto. Di fronte a se stesso viene colto da una grande paura. Per la prima volta è toccato dalla miseria dell’essere umano e il cuore si contrae nella consapevolezza della sua mancanza di libertà. A questo punto reclama una cosa soltanto: la liberazione dal demone delirio e dal suo dominio, la redenzione. 
Come posso salvare il mio io? Come posso diventare libero? Come posso dare una forma a ciò che non ne ha e organizzare ciò che è privo di coerenza?
Come posso dominare il caos?
In ogni tempio greco antico erano riportate queste parole: «Conosci te stesso!». Solo in questo modo diventerai padrone del tuo io. È un’esperienza che può fare ognuno di noi: nessuno riesce realmente a conoscersi nel corso della sua vita. Siamo e rimaniamo ignoti a noi stessi, soltanto Dio è in grado di vedere davvero dentro di noi.
Se ci lambicchiamo il cervello ci procuriamo soltanto grandi tormenti: sappiamo bene che questo atteggiamento conduce alla disperazione e non al sollievo. 
Quindi è necessario percorrere un’altra via: non quella della conoscenza di sé, ma il dominio e la formazione di sé attraverso la volontà.
Perché il problema della debolezza è così importante? 
Hai mai visto nel mondo un mistero più grande dei poveri, dei vecchi, dei malati. 
Hai mai pensato a come appare la vita a uno storpio, a un infermo senza speranza, a una persona sfruttata, a un nero in un ambiente di bianchi, a un intoccabile? Se lo hai fatto, riesci a sentire che in quei casi l’esistenza ha un significato diverso da quello che le attribuisci tu? Comprendi che anche tu, comunque, appartieni alla categoria degli sfortunati, perché anche tu sei un essere umano come loro, perché sei forte e non debole, perché in tutti i tuoi pensieri avvertirai la loro fragilità? Non ci siamo resi conto che non potremo mai essere felici finché questo universo della debolezza, da cui forse finora siamo stati risparmiati ci rimane estraneo e sconosciuto, distante, finché lo teniamo lontano dalla nostra portata, in modo consapevole o inconsapevole?
Che cosa significa debolezza nel nostro mondo? Sappiamo che fin dai primi tempi fu rimproverato al cristianesimo di rivolgere il suo messaggio ai deboli: era considerato la religione degli schiavi, di quelli che soffrono di complessi di inferiorità; si diceva che dovesse il suo successo alla massa di
disperati dei quali ha esaltato la condizione di miseria. È stato proprio l’atteggiamento nei confronti del problema del male nel mondo che ha attirato simpatie oppure odio per questa confessione. Ha sempre prodotto l’opposizione forte e sdegnata di una filosofia aristocratica che esaltava la forza e il potere, in contrapposizione con i nuovi valori di rifiuto della violenza ed esaltazione dell’umiltà.
Anche nella nostra epoca siamo testimoni di questa lotta. Il cristianesimo resiste o fallisce con la sua protesta rivoluzionaria contro l’arbitrio e la superbia del potente, con la sua difesa del povero.
Credo che i cristiani facciano troppo poco, e non troppo, per rendere chiaro questo concetto. 
Si sono adattati troppo facilmente al culto del più forte. Dovrebbero dare molto più scandalo, scioccare molto più di quanto facciano ora.

- Dietrich Bonhoeffer - 

in “L'Osservatore Romano” del 9 aprile 2015
Scritti inediti di Dietrich Bonhoeffer, ucciso nel campo di concentramento di Flossenbürg il 9 aprile 1945, sono appena apparsi nel volume dal titolo "La fragilità del male" (Milano, Piemme, 2015, pagine 176, Stralcio dal primo capitolo)





"I figli di Dio non devono avere quaggiù altra patria che l’universo intero. Con la totalità delle creature ragionevoli che ha contenuto e contiene e conterrà, il nostro amore deve avere la stessa estensione attraverso tutto lo spazio.
Ogni qual volta un uomo ha invocato con cuore puro Osiride, Dioniso, Crisna, Budda, Il Tao ecc. il Figlio di Dio ha risposto inviandogli lo spirito Santo e lo Spirito Santo ha agito sulla sua anima, non inducendolo ad abbandonare la sua tradizi
one religiosa, ma dandogli luce e nei migliori dei casi la pienezza della luce all’interno di tale tradizione.
Poiché in occidente la parola Dio, nel suo significato corrente, disegna una persona, quegli uomini nei quali l’attenzione, la fede e l’amore si applicano quasi esclusivamente al perfetto impersonale di Dio, possono credere e dirsi atei, sebbene l’amore soprannaturale abiti nella loro anima.
Costoro sono sicuramente salvati e si riconosce dal loro atteggiamento verso le cose di quaggiù, quelli che possiedono allo stato puro l’amore per il prossimo e l’accettazione dell’ordine del mondo compresa la sventura, costoro sono tutti sicuramente salvati, anche se vivono e muoiono in apparenza atei". 

- Simone Weil -



"Anche sogliono essere odiatissimi i buoni e i generosi perché ordinariamente sono sinceri, e chiamano le cose coi loro nomi.
Colpa non perdonata dal genere umano, il quale non odia mai tanto chi fa male, né il male stesso, quanto chi lo nomina.
In modo che più volte, mentre chi fa male ottiene ricchezze, onori e potenza, chi lo nomina è strascinato in sui patiboli, essendo gli uomini prontissimi a sofferire o dagli altri o dal cielo qualunque cosa, purché in parole ne sieno salvi." 

- Giacomo Leopardi - 





Cercavo te nelle stelle
quando le interrogavo bambino.
Ho chiesto te alle montagne,
ma non mi diedero che poche volte
solitudine e breve pace.
Perché mancavi, nelle lunghe sere
meditai la bestemmia insensata
che il mondo era uno sbaglio di Dio,
io uno sbaglio nel mondo.
E quando, davanti alla morte,
ho gridato di no da ogni fibra,
che non avevo ancora finito,
che troppo ancora dovevo fare,
era perché mi stavi davanti,
tu con me accanto, come oggi avviene,
un uomo una donna sotto il sole.
Sono tornato perché c’eri tu.

(Primo Levi)


Titolo della poesia "11 febbraio 1946". 
Fa parte della raccolta "Ad ora incerta"


Buona giornata a tutti. :-)




martedì 27 gennaio 2015

Possano tutti gli uomini ricordarsi che sono fratelli! - Voltaire -

Non è più dunque agli uomini che mi rivolgo, ma a te, Dio di tutti gli esseri, di tutti i mondi, di tutti i tempi: se è lecito che delle deboli creature, perse nell'immensità e impercettibili al resto dell'universo, osino domandare qualche cosa a te, che tutto hai donato, a te, i cui decreti sono e immutabili e eterni, degnati di guardare con misericordia gli errori che derivano dalla nostra natura. Fa' sì che questi errori non generino la nostra sventura.
Tu non ci hai donato un cuore per odiarci l'un l'altro, ne delle mani per sgozzarci a vicenda; fa' che noi ci aiutiamo vicendevolmente a sopportare il fardello di una vita penosa e passeggera.
Fa' sì che le piccole differenze tra i vestiti che coprono i nostri deboli corpi, tra tutte le nostre lingue inadeguate, tra tutte le nostre usanze ridicole, tra tutte le nostre leggi imperfette, tra tutte le nostre opinioni insensate, tra tutte le nostre convinzioni così diseguali ai nostri occhi e così uguali davanti a te, insomma che tutte queste piccole sfumature che distinguono gli atomi chiamati "uomini" non siano altrettanti segnali di odio e di persecuzione.
Fa' in modo che coloro che accendono ceri in pieno giorno per celebrarti sopportino coloro che si accontentano della luce del tuo sole; che coloro che coprono i loro abiti di una tela bianca per dire che bisogna amarti, non detestino coloro che dicono la stessa cosa sotto un mantello di lana nera; che sia uguale adorarti in un gergo nato da una lingua morta o in uno più nuovo.
Fa' che coloro il cui abito è tinto in rosso o in violetto, che dominano su una piccola parte di un piccolo mucchio del fango di questo mondo, e che posseggono qualche frammento arrotondato di un certo metallo, gioiscano senza inorgoglirsi di ciò che essi chiamano "grandezza" e "ricchezza", e che gli altri li guardino senza invidia: perché tu sai che in queste cose vane non c'è nulla da invidiare, niente di cui inorgoglirsi.
Possano tutti gli uomini ricordarsi che sono fratelli! Abbiano in orrore la tirannia esercitata sulle anime, come odiano il brigantaggio che strappa con la forza il frutto del lavoro e dell'attività pacifica! Se sono inevitabili i flagelli della guerra, non odiamoci, non laceriamoci gli uni con gli altri nei periodi di pace, ed impieghiamo il breve istante della nostra esistenza per benedire insieme in mille lingue diverse, dal Siam alla California, la tua bontà che ci ha donato questo istante.


Voltaire, Trattato sulla tolleranza, 1763


Mai dimenticherò quella notte, la prima notte nel campo, che ha fatto della mia vita una lunga notte e per sette volte sprangata.
Mai dimenticherò quel fumo.
Mai dimenticherò i piccoli volti dei bambini di cui avevo visto i corpi trasformarsi in volute di fumo sotto un cielo muto.
Mai dimenticherò quelle fiamme che bruciarono per sempre la mia Fede.
Mai dimenticherò quel silenzio notturno che mi ha tolto per l’eternità il desiderio di vivere.
Mai dimenticherò quegli istanti che assassinarono il mio Dio e la mia anima, e i miei sogni, che presero il volto del deserto.
Mai dimenticherò tutto ciò, anche se fossi condannato a vivere quanto Dio stesso. Mai.

Elie Wiesel, La notte 




“Non lontano da noi delle fiamme salivano da una fossa, delle fiamme gigantesche. Vi si bruciava qualche cosa. Un autocarro si avvicinò e scaricò il suo carico: erano dei bambini. Dei neonati! Sì, l’avevo visto, l’avevo visto con i miei occhi…dei bambini nelle fiamme. C’è dunque da stupirsi se da quel giorno il sonno fuggì i miei occhi?”

Elie Wiesel, La notte 




“Un giorno riuscii ad alzarmi, dopo aver raccolto tutte le mie forze. Volevo vedermi nello specchio che era appeso al muro di fronte: non mi ero più visto dal ghetto. Dal fondo dello specchio un cadavere mi contemplava. Il suo sguardo nei miei occhi non mi lascia più”. 

- Elie Wiesel -


“Perché comprendere è impossibile ma conoscere è necessario”.

- Helga Schneider -



“Ho fatto un sogno,
Un sogno così terribile;
Il mio popolo non c’era più!
Mi sveglio con un grido,
Ciò che avevo sognato è vero:
Era successo davvero
Era successo a me.” 

- Yitzhak Katzenelson -


 "La realtà è un olocausto"
dipinto di Lucia Ghirardi


Per non dimenticare.... buona giornata a tutti. :-)





mercoledì 14 gennaio 2015

"L’odio genera odio, la violenza genera violenza. Un conflitto genera conflitti ancor più grandi" - Martin Luther King -

Chi contraccambia odio con odio
moltiplica semplicemente il male nel mondo.
L’odio genera odio,
la violenza genera violenza.
Un conflitto genera conflitti ancor più grandi.
Noi dobbiamo far fronte alla forza dell’odio
con la forza dell’amore.
Dobbiamo sostituire alle forze del corpo quelle dell’anima.
Il nostro scopo non potrà mai essere quello di umiliare
o annientare l’uomo bianco, ma
quello di ottenere la sua amicizia e la sua comprensione.
La debolezza più grande della violenza
sta proprio nel fatto che essa produce
quello che vuole eliminare:
invece di far diminuire il male, lo accresce…
Con la violenza tu puoi uccidere chi ti odia,
ma non ucciderai l’odio.
Così vanno le cose.
Ripagare violenza con violenza moltiplica
soltanto la violenza e fa calare sul mondo una
notte ancora più nera di quanto già è.
Solo la luce può scacciare la notte.
Solo l’amore può scacciare l’odio…

- Martin Luther King -





"Non incontrerai mai due volti assolutamente identici.
Non importa la bellezza o la bruttezza: queste sono cose relative.
Ciascun volto è simbolo della vita. E tutta la vita merita rispetto.
È trattando gli altri con dignità che si guadagna il rispetto per sé stessi."

- Tahar Ben Jelloun - 




Prima vennero a prendere gli ebrei, gli zingari, gli... è inutile continuare, la poesia la conosciamo tutti. Che sia la versione di Niemöller, che sia quella di Brecht, che sia quella di qualche blogger nostrano l'abbiamo pubblicata chissà quante volte.
Fare un copia incolla di una poesia e ripeterla a pappagallo senza capirla, però, evidentemente non serve a nulla. Siamo sempre allo stesso punto, continuiamo a girarci dall'altra parte fino a quando la tormenta non si avvicina troppo vicino a noi.
Negli ultimi anni i dati sull'antisemitismo europeo sono stati chiarissimi, allarmanti, in continua crescita. Eppure oggi, dopo l'ennesima strage, avvenuta questa volta in un supermercato kasher, rimaniamo tutti sorpresi nel leggere i dati degli ebrei che lasciano l'Europa, che scappano per paura.
Pensiamo forse che dopo numerosi e continui atti intimidatori, aggressioni fisiche ed attentati gli ebrei europei sarebbero dovuti rimanere qui a subire, come è stato per millenni? 
Badate bene che il problema non è solo francese, in tutta Europa i dati sono allarmanti. Pensate che nella "civilissima" Svezia la comunità ebraica di Malmö ha dovuto abbandonare la città perché diventata troppo pericolosa ed ostile.
Poi arriva l'attentato più grosso che colpisce anche noi, così all'improvviso ci ricordiamo della poesia... Come era che continuava... Ah, sì... Poi vennero a prendere me... 
Ed era inutile gridare #JeSuisCharlie

(dalla pagina di Facebook - Il Dubbio -)


... 2000 morti in Nigeria trucidati e lasciati per strada...
Figli senza matita di un Dio minore.

Per questi neanche un lapis, magari pure spuntato???



"La speranza ha due bellissimi figli: lo sdegno e il coraggio.
Lo sdegno per la realtà delle cose, il coraggio per cambiarle."

Sant'Agostino d'Ippona (354 – 430)




E se Dio … non ci ascolta?

...e se dopo che abbiamo pregato, supplicato,
ci sembra di non aver ricevuto nessuna risposta...
dobbiamo ricordare che i tempi di Dio,
non sono i nostri tempi...
e allora impariamo e cerchiamo di mettere in pratica queste parole:
"Se non vi è nulla da fare,
perché le cose sono per se stesse insolubili,
o le situazioni non dipendono da noi,
è arrivata l'ora di far tacere la mente,
chinare il capo, affidare le cose impossibili
nelle mani di Dio Padre,
e abbandonarsi,
come fanno i bambini..."


(Padre Ignacio Larrañaga)



Buona giornata a tutti. :-)










martedì 29 luglio 2014

L'autobus di Rosa Parks -

                                                                                                                                



























Il poliziotto D. H. Lackey e Rosa Parks durante un arresto, 22 febbraio 1956


Rosa Parks (1913 - 2005) è stata un’attivista statunitense afroamericana, 
figura-simbolo del movimento per i diritti civili, famosa per aver rifiutato nel 1955 di cedere il posto su un autobus ad un bianco, dando così origine alla clamorosa protesta chiamata "boicottaggio degli autobus di Montgomery".

Il primo dicembre del 1955 James Blake, un autista di autobus di Montgomery, in Alabama, si avvicinò a Rosa Parks, una donna nera di 42 anni, sarta, e le ordinò di alzarsi per fare posto a un passeggero bianco.

Erano i tempi della segregazione razziale e i primi posti degli autobus erano riservati ai bianchi.
I neri dovevano sedersi nella zona posteriore e poi in quella centrale, se i posti non erano occupati da bianchi. Altrimenti si dovevano alzare, cedere il posto, spostarsi nella zona posteriore dell’autobus e, se questo era pieno, scendere.

Quel giorno Rosa Parks stava tornando a casa e, poiché l'unico posto a sedere libero era nella parte anteriore del mezzo, quella riservata ai bianchi, andò a sedersi lì. 

Poco dopo salirono sull’autobus alcuni passeggeri bianchi, al che il conducente James Blake ordinò a lei e ad altre quattro persone di colore di alzarsi e andare nella parte riservata ai neri. Rosa Parks, stanca di essere trattata come una cittadina di seconda classe, non si mosse, contrariamente agli altri.
L’autista fermò l’automezzo e chiamò la polizia, che arrestò Rosa Parks per condotta impropria e violazione delle norme cittadine. Il 5 dicembre venne condannata per disordini e multata di 10 dollari più 4 dollari di spese processuali.

In breve tempo Rosa Parks divenne un’icona dei diritti civili e il suo rifiuto diede origine al boicottaggio degli autobus di Montgomery da parte della comunità afroamericana, guidata dall’allora sconosciuto pastore protestante Martin Luther King.
Gli organizzatori chiedevano che i passeggeri neri venissero trattati come i bianchi, che potessero sedersi nelle file centrali degli autobus senza dover cedere il proprio posto ai bianchi e che venissero assunti anche autisti neri.

Il boicottaggio durò 381 giorni e assunse proporzioni sempre più vaste man mano che la notizia si diffuse.

La protesta terminò il 20 dicembre del 1956 dopo l’entrata in vigore di una legge federale che dichiarava incostituzionale la segregazione razziale sugli autobus pubblici dell’Alabama. Quel giorno, all’arrivo del primo autobus in città, salirono insieme Rosa Parks, Martin Luther King e il futuro presidente degli Stati Uniti Richard Nixon.





Rosa Parks continuò a contribuire alla causa per il riconoscimento dei diritti civili nonostante venisse costretta a cambiare città e stato, trasferendosi a Detroit, incapace di ottenere un altro lavoro e divenendo anche oggetto di minacce di morte.  Simbolo da tutti riconosciuto di questo torvo capitolo della storia statunitense, nel 1999 si vide attribuire la Medaglia d’oro dal Congresso. Si è spenta nel 2005.



«La lotta per i diritti civili, in questo paese, è stata più dura e più costosa del ponte aereo di Berlino». 

- Robert Kennedy, 1968 -

Detta in quegli anni, la frase suonava come la conferma solenne di un impegno. È toccato infatti a John Kennedy, presidente, e a Robert Kennedy, ministro della Giustizia, fra il 1960 e il 1963, trasformare in legge (il celebre Civil Rights Bill, che ha cambiato l’America) le lotte, le marce, le dimostrazioni, gli scontri fra polizia e dimostranti, gli arresti in massa, la prigione, gli omicidi razzisti. Ed anche la stagione di scontro frontale tra i governatori degli Stati americani del Sud e il governo federale di Washington.

























Buona giornata a tutti :-)