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lunedì 22 aprile 2019

La statua - Kahlil Gibran

Viveva un tempo tra i monti un uomo che possedeva una statua, opera di un antico maestro.
L’aveva buttata in un angolo, faccia a terra, e non se ne curava affatto.
Un giorno, si trovò a passare nei pressi un uomo che veniva dalla città.
Essendo un uomo di cultura, quando vide la statua chiese al proprietario se fosse disposto a venderla.
Il proprietario rise e disse: “E chi vuole che compri, scusi, quella pietra sporca e scialba?”.
L’uomo della città disse: “Ti dò in cambio questa moneta d’argento”. E l’altro ne fu sorpreso e felice.
La statua fu allora trasportata in città, a dorso di un elefante.
Dopo molte lune, l’uomo dei monti si recò in città, e mentre camminava per la strada vide gente affollarsi davanti a un edificio, dove un uomo gridava a gran voce: “Venite a vedere la statua più bella, più mirabile esistente al mondo! Solo due monete d’argento per ammirare l’opera meravigliosa di un gran maestro!”. 
E l’uomo dei monti pagò due monete d’argento ed entrò nel museo per vedere la statua che lui stesso aveva venduto per una moneta.




- Kahlil Gibran - 



Credere è una bella cosa, ma mettere in atto le cose in cui si crede è una prova di forza. Sono molti coloro che parlano come il fragore del mare, ma la loro vita è poco profonda e stagnante come una putrida palude. Sono molti coloro che levano il capo al di sopra delle cime delle montagne, ma il loro spirito rimane addormentato nell'oscurità delle caverne. 

- Kahlil Gibran - 
da: Segreti nel cuore, La tempesta, ed.Newton Compton 


Buona giornata a tutti. :-)




giovedì 11 aprile 2019

Un pezzo di legno - don Bruno Ferrero

C'è un uomo che tiene appeso in salotto, nel posto d'onore, uno strano oggetto. Quando qualcuno gli chiede il perché di quella stranezza racconta:
Il nonno, una volta mi accompagnò al parco. Era un gelido pomeriggio d'inverno. 
Il nonno mi seguiva e sorrideva, ma sentiva un peso. Il suo cuore era malato, già molto malandato. Volli andare verso lo stagno. 
Era tutto ghiacciato, compatto! "Dovrebbe essere magnifico poter pattinare", urlai, "vorrei provare a rotolarmi e scivolare sul ghiaccio almeno una volta!". Il nonno era preoccupato. Nel momento in cui scesi sul ghiaccio, il nonno disse: "Stai attento...". 
Troppo tardi. Il ghiaccio non teneva e urlando caddi dentro. 
Tremando, il nonno spezzò un ramo e lo allungò verso di me. Mi attaccai e lui tirò con tutte le sue forze fino ad estrarmi dal crepaccio di ghiaccio. 
Piangevo e tremavo. Mi fecero bene un bagno caldo e il letto, ma per il nonno questo avvenimento fu troppo faticoso, troppo emozionante. 
Un violento attacco cardiaco lo portò via nella notte. Il nostro dolore fu enorme. Nei giorni seguenti, quando mi ristabilii completamente, corsi allo stagno e ricuperai il pezzo di legno. 
È con quello che il nonno aveva salvato la mia vita e perso la sua! Ora, fin tanto che vivrò, starà appeso su quella parete come segno del suo amore per me!
Per questo motivo noi cristiani oggi ci inginocchiamo dinanzi a quel legno, cui si è appeso l'Amore-Gesù; per questo teniamo nelle nostre case un "pezzo di legno" a forma di croce... 
Per ricordare come si ama, e a chi dobbiamo guardare per amare senza stancarci!

- don Bruno Ferrero -



Tu
Uno come Te
lo si può cercare a lungo.
Uno come te

non lo si trova tanto in fretta.
Uno come te
non lo si può mai perdere.
Uno come te,
Signore!


- Ludwig Soumagne - 

"Lavanda dei piedi" - Giovanni Agostino da Lodi (1500) 
Gallerie dell'Accademia - Venezia)

Per incontrare il risorto non si può stare fermi. 
Lui mi ha cercato e mi ha trovato, ma poi spetta a me decidere che seguirlo significa davvero imparare a spostarsi: incontro oggi il Salvatore non alle mie condizioni ma alle sue, là dove lui è. 

- Cesare Beltrami - 




Mi hai fatto male, Dio mio,
e non parlo del corpo
con il quale ho ormai imparato
a convivere decentemente,
ma di quello che ci sta dentro:
questo cuore balordo
che rimbalza
ad ogni sussulto d’affetto,
quest’anima screpolata
che lascia passare
spifferi di dubbio
e di gelida incredulità.
Mi ha fatto male, Signore,
troppo duro il mattino,
troppo sensibile la sera;
troppo fragile sempre.
Mi hai fatto male, Signore,
eppure un giorno
- ne sono certo -  
mettendo insieme
tutte le macerie
dei miei anni,
capirò il perché
e sarò felice di essere
quello che sono. 
Perché mi hai fatto Tu.

- Eric Pearlman - 


Buona giornata a tutti. :-)





mercoledì 10 aprile 2019

Facile e difficile

Facile è occupare un posto nell'agenda telefonica.
Difficile è occupare il cuore... di qualcuno.

Facile è giudicare gli errori degli altri.
Difficile è riconoscere i nostri propri errori.

Facile è ferire chi ci ama.
Difficile è curare questa ferita.

Facile è perdonare gli altri.
Difficile è chiedere perdono.

Facile è esibire la vittoria.
Difficile è assumere la sconfitta con dignità.

Facile è sognare tutte le notti.
Difficile è lottare per un sogno.

Facile è pregare tutte le notti.
Difficile è trovare Dio nelle piccole cose.

Facile è dire che amiamo.
Difficile è dimostrarlo tutti i giorni.

Facile è criticare gli altri.
Difficile è migliorarne uno.

Facile è pensare di migliorare.
Difficile è smettere di pensarlo e farlo realmente.

Facile è ricevere.
Difficile è dare.






Se sei disposto a dimenticare ciò che hai fatto per gli altri
e a ricordare ciò che gli altri hanno fatto per te.
Se sei pronto a non tener conto di ciò che la vita ti deve,
ma a prendere nota di ciò che tu devi alla vita.
Ma soprattutto, se riesci a capire che tu sei negli altri
e gli altri sono in te e che la cosa più importante della vita
non è ciò che riuscirai a prendere da essa,
ma ciò che riuscirai a darle....
Allora avrai imparato a vivere.


- Madre Teresa di Calcutta - 

La vita è bella. Possano le generazioni future liberarla da ogni male, aggressione e violenza e goderla in tutto il suo splendore.

- Lev Trotsky - 





Essere buoni è qualche cosa, fare il bene è molto meglio.

- Baden Powell - 





Buona giornata a tutti :-)

www.leggoerifletto.it


mercoledì 20 marzo 2019

Sul Dare da "Il Profeta" di Kahlil Gibran

Allora un uomo ricco disse: Parlaci del Dare.
E lui rispose:

Date poca cosa se date le vostre ricchezze.
E' quando date voi stessi che date veramente.
Che cosa sono le vostre ricchezze se non ciò che custodite e nascondete nel timore del domani?
E domani, che cosa porterà il domani al cane troppo previdente che sotterra l'osso nella sabbia senza traccia, mentre segue i pellegrini alla città santa?
E che cos'è la paura del bisogno se non bisogno esso stesso?
Non è forse sete insaziabile il terrore della sete quando il pozzo è colmo?
Vi sono quelli che danno poco del molto che possiedono, e per avere riconoscimento, e questo segreto desiderio contamina il loro dono.
E vi sono quelli che danno tutto il poco che hanno.
Essi hanno fede nella vita e nella sua munificenza, e la loro borsa non è mai vuota.
Vi sono quelli che danno con gioia e questa è la loro ricompensa.
Vi sono quelli che danno con rimpianto e questo rimpianto è il loro sacramento.
E vi sono quelli che danno senza rimpianto né gioia e senza curarsi del merito.
Essi sono come il mirto che laggiù nella valle effonde nell'aria la sua fragranza.

Attraverso le loro mani Dio parla, e attraverso i loro occhi sorride alla terra.
E' bene dare quando ci chiedono, ma meglio è comprendere e dare quando niente ci viene chiesto.
Per chi è generoso, cercare il povero è gioia più grande che dare.
E quale ricchezza vorreste serbare?
Tutto quanto possedete un giorno sarà dato.
Perciò date adesso, affinché la stagione dei doni possa essere vostra e non dei vostri eredi.
Spesso dite: "Vorrei dare ma solo ai meritevoli".
Le piante del vostro frutteto non si esprimono così né le greggi del vostro pascolo.
Esse danno per vivere, perché serbare è perire.
Chi è degno di ricevere i giorni e le notti, è certo degno di ricevere ogni cosa da voi.
Chi merita di bere all'oceano della vita, può riempire la sua coppa al vostro piccolo ruscello.
E quale merito  sarà grande  quanto la fiducia, il coraggio,  anzi la carità  che sta nel  ricevere?
E chi siete voi perché gli uomini vi mostrino il cuore, e tolgano il velo al proprio orgoglio così che possiate vedere il loro nudo valore e la loro imperturbata fierezza?
Siate prima  voi stessi  degni  di essere colui che da  e allo stesso  tempo  uno strumento  del dare.
Poiché in verità è la vita che da alla vita, mentre voi, che vi stimate donatori, non siete che testimoni.
E voi che ricevete - e tutti ricevete - non permettete che il peso della gratitudine imponga un giogo a voi e a chi vi ha dato.
Piuttosto i suoi doni siano le ali su cui volerete insieme.
Poiché preoccuparsi troppo del debito è dubitare della sua generosità che ha come madre la terra feconda, e Dio come padre.

- Khalil Gibran -
 da : "Il Profeta"  


Ti amo, fratello, chiunque tu sia, sia che tu t'inchini nella tua chiesa, o t'inginocchi nel tuo tempio, o preghi nella tua moschea.


Tu ed io siamo figli di una sola fede, giacché le diverse vie della religione non sono che le dita dell'amorevole mano di un solo Essere Supremo, una mano tesa verso tutti, che offre a tutti l'interezza dello spirito, ansiosa di accogliere tutti.

Dio vi ha dato uno spirito sulle cui ali librarvi nell'esteso firmamento dell'Amore e della Libertà.

Non è penoso allora che voi spezziate con le vostre stesse mani le vostre ali e tolleriate che la vostra anima strisci come un insetto sopra la terra?



- Khalil Gibran -

Fonte: "La voce del Maestro", Newton & Compton Editori 


Buona giornata a tutti. :-)







sabato 16 marzo 2019

L'incontro - Antica leggenda giudeo-cristiana

A Gerusalemme era festa. La gente percorreva le strade vociando, bancarelle cariche di merce punteggiavano qua e là la città come piccole aiuole fiorite e i bambini, eccitati da quell'atmosfera gioiosa, correvano rimbalzando fra un richiamo e l'altro dei genitori. 
Uno di loro, approfittando della confusione, si allontanò in fretta. Era un bimbetto di sette anni, magro e scuro di pelle, con grandi occhi neri in perenne movimento. Scrutava ogni cosa, curioso di quel mondo a lui ancora sconosciuto. Tutto lo interessava e la sua voglia di sapere gli era valsa il soprannome di "Perché".
Ogni creatura incontrata sulla sua strada si trasformava subito in una domanda, perenne angoscia per chi gli stava intorno.
Tutto per lui poteva essere fonte di conoscenza e, di domanda in domanda, finiva sempre per allontanarsi da casa, come un piccolo esploratore mai sazio di nuove avventure.
Quel giorno stava seguendo uno strano cane zoppicante che sembrava, come lui, all'inseguimento di un non ben identificato oggetto misterioso.
Gira di qua, svolta di là, il cane e il suo piccolo inseguitore si trovarono sulle
colline, in un piccolo podere chiamato Orto del Getsemani.
Si faceva sera e le prime ombre rendevano la caccia ancora più interessante.
Il cane aveva allungato l'andatura e ora il piccolo "Perché" stentava a stargli dietro. Con rammarico gli pareva ormai di aver perso le sue tracce quando, a un tratto, ritrovò la sua pelosa preda tutta scodinzolante ai piedi di un uomo, seduto lì, tutto solo.
L'uomo accarezzava il cane lentamente come se avesse la consapevolezza che quel gesto non sarebbe stato mai più ripetuto.
«Ciao, signore, è tuo il cane?» chiese il bimbo arrivando di corsa tutto trafelato.
«No» rispose lui, accorgendosi solo in quel momento del sopraggiungere del piccolo.
«Perché stai qui, mentre tutti sono in città per la festa?»
L'uomo sembrava sorpreso di quell'incontro imprevisto, titubante fra disagio e accoglienza.
Ci pensò un po', poi sorrise e gli disse: «Perché qui aspetto mio padre».
«Ma io non vedo tuo padre: è molto vecchio?»
«È molto vecchio e molto giovane.»
«Come può essere vecchio e giovane?»
«Tu una volta eri piccolo, oggi sei molto giovane, poi diventerai un uomo e, in un futuro ancora più lontano, sarai molto vecchio; lui invece in ogni istante è già tutta la sua vita.»
«Oh, mi piacerebbe conoscere tutta la mia vita!» rispose il bambino convinto. Poi ci ripensò: «Se sapessi cosa mi accadrà domani, forse non farei quello che faccio, ma qualcosa d'altro. Che dici?».
«Oh certo, piccolo, ma se tu non facessi quello che stai facendo, anche quello che ti accadrà domani sarà diverso!»
«Uh, com'è complicato! Allora cosa devo fare?»
«Fai bene quello che ti chiede ogni momento; al resto ha già pensato Dio.»
«In questo momento sto bene qui con te, e tu?»
«Anch'io in questo momento sto bene qui con te.»
«E domani tu cosa farai?»
«Quello che Dio vorrà.»
«Allora perché sei triste? Dio non vuole per te una cosa bella?»
«Dio non prevede cose belle o brutte, lui non pensa come noi.»
«Allora quello che noi pensiamo non è mai quello che pensa Dio?»
«No, non è mai la stessa cosa.»
«Perché?»
«Perché la nostra mente è piccola e vede entro piccoli confini, mentre Dio non ha nessun confine, per lui non esiste tempo e non esiste spazio.»
«Non riesco a immaginare nulla così come tu dici.»
«Certo, è per questo che devi fidarti di lui.»
Il cane si era rialzato e dimenava la coda guardando ansioso ora Gesù e ora il suo piccolo inseguitore, nella speranza che uno di loro lo facesse giocare.
«Ma tu, come ti chiami?»
«Gesù di Nazareth.»
«Hai bambini?»
«Si, tanti.»
«E quanti?»
«Questa notte guarda il cielo: ogni stella è un mio bambino.»
Il piccolo "Perché" non parve affatto sorpreso da quella risposta, come ogni fanciullo aveva il dono di penetrare la realtà attraverso una porta fatata, oltre la quale le stelle non sono più stelle ma palpitanti creature e ogni parola possiede un magico significato.
«Sarebbe bello giocare lassù con i tuoi bambini... Come posso arrivarci?»
«Vieni qua in braccio a me e chiudi gli occhi» gli rispose Gesù.
Accoccolato su quelle ginocchia, il bimbo fu trasportato in un luogo talmente fantastico che mai poté descriverlo ad altri, ma che mai cessò di ricercare per tutto il resto della sua vita.
Si faceva buio, ma "Perché" non voleva lasciare il nuovo amico.
«Ora vai, piccolo mio, i tuoi genitori ti staranno cercando» gli disse Gesù dolcemente, staccandosi a malincuore da quell'ultimo tenero incontro.
«Gesù, quando potrò rivederti ancora?»
«Quando vorrai chiudi gli occhi, dimentica il mondo che ti circonda e mi troverai.»
Il piccolo "Perché" correva verso casa allargando le braccia come un uccellino nel vento, ogni tanto si girava per gridare il suo saluto, il cane lo seguiva saltellando festoso e Gesù li guardava pensoso finché scomparvero all'orizzonte.

- Antica leggenda giudeo-cristiana -

da: "Leggende Cristiane. Storie straordinarie di santi, martiri, eremiti e pellegrini", a cura di Roberta Bellinzaghi, © 2004 - Edizioni Piemme S.p.A. 

Sandro Botticelli, Orazione nell'orto, 1500 ca, Granada, Cappella Reale

Buona giornata a tutti. :-)







martedì 12 marzo 2019

Come purificare il cuore - Tito Colliander

Inerme, debole e impotente, devi accingerti alla più difficile impresa: quella di vincere i tuoi egoistici desideri.
È precisamente da questa «persecuzione di te stesso» che dipende infine l’esito del tuo combattimento; perché, finché dominerà la tua volontà egocentrica, non potrai dire al Signore con cuore puro: «Sia fatta la tua volontà». 
Se non puoi sbarazzarti della tua propria grandezza, non potrai aprirti alla vera grandezza. 
Se ti aggrappi alla tua propria libertà, non puoi aver parte alla vera libertà che è il regno di un unico Volere. 
Il grande segreto dei santi è questo: non cercare la libertà, e la libertà ti sarà data. 
La terra non produrrà che cardi e spine, dice la Scrittura. È con il sudore della fronte, con molta fatica, che l’uomo deve coltivarla. Questa terra è l’uomo stesso, la sua natura. 
I santi Padri consigliano di incominciare con piccole cose; perché, come dice sant'Efrem il Siro, come potresti spegnere un grande incendio se prima non avrai imparato a soffocare un fuoco di piccole dimensioni? 
Se vuoi essere capace di resistere ad una passione violenta, dicono i santi Padri, spezza i piccoli desideri. 
Non credere che si possano separare gli uni dalle altre; essi stanno uniti come gli anelli di una catena o le maglie di una rete. Per questo, a nulla serve lottare contro i vizi principali e le cattive abitudini che ti oppongono una forte resistenza, se contemporaneamente non ti sforzi di vincere le tue piccole debolezze ‘innocenti’: piccole golosità, voglia di parlare, curiosità, abitudine di immischiarsi negli affari altrui. 
Tutti i nostri desideri, infatti, grandi e piccoli, hanno lo stesso fondamento: la nostra costante abitudine di soddisfare la volontà propria. È quindi la volontà propria che deve essere messa a morte. Dopo la caduta originale, la nostra volontà è ad esclusivo servizio del nostro io. Così l’oggetto del nostro combattimento è la morte della volontà propria. 
Bisogna impegnarvisi senza indugio e persistere nella lotta senza tregua. Ti prude di fare una domanda? Non farla! 
Hai una gran voglia di bere due tazze di caffè? Bevine solo una! Ti viene la tentazione di guardare dalla finestra? Non affacciarti! Vorresti uscire per una visita? Rimani a casa. Questo è perseguitare se stessi. 
In tale modo, con l’aiuto di Dio, si fa tacere la voce chiassosa della volontà propria. Forse, ti chiederai se tutto questo sia veramente necessario! 
I santi Padri ti rispondono con un’altra domanda: Credi tu che sia davvero possibile riempire di acqua pura un vaso pieno di acqua sudicia, senza prima vuotarlo? O vorresti accogliere un ospite amato in una stanza ingombra di roba vecchia e di oggetti di rifiuto? No, certo! 
«Chi ha questa speranza (di vedere il Signore), purifica se stesso, com’egli è puro» (i Gv 3,3). 
Purifichiamo dunque il nostro cuore! Gettiamo via tutto il vecchiume polveroso che vi si è accumulato; laviamo il pavimento con la spazzolone, puliamo i vetri e spalanchiamo le finestre, perché aria e luce entrino nella stanza di cui vogliamo fare un santuario per il Signore. Infine, cambiamoci il vestito, perché il nostro vecchio odore di tanfo non ci si appiccichi più e non ci succeda di essere buttati fuori (Lc 13,28). 
Ecco il nostro lavoro di ogni giorno e di ogni momento. Con questo, non facciamo che mandare ad effetto quello che il Signore ci ha prescritto per mezzo del suo santo apostolo Giacomo: «Purificate i vostri cuori! » (Gc 4,8). Anche l’apostolo Paolo ci esorta a «purificarci da ogni macchia della carne e dello spirito » (2 Cor 7,1). Poiché il Cristo dice: «Dal di dentro, infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono le intenzioni cattive: prostituzioni, furti, omicidi, adulteri, cupidigie, malvagità, inganno, impudicizia, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. Tutte queste cose cattive vengono fuori dal di dentro e contaminano l’uomo» (Mc 7,21-23). 
Per questo ammonisce i farisei: «Pulisci prima l’interno del bicchiere, perché anche l’esterno diventi netto!» (Mt 23,26). Mettendo in pratica questo precetto di incominciare dall’interno, dobbiamo tener presente allo spirito che non è affatto per noi stessi che purifichiamo il nostro cuore. Non è per la nostra soddisfazione personale che ripuliamo e lucidiamo la camera dell’ospite, ma perché il nostro ospite ci si trovi bene. Interroghiamoci: «La troverà di suo gusto? Vi si fermerà?». Ogni nostro pensiero sia per lui. Quindi, noi ci ritiriamo, ci teniamo in disparte, senza aspettare risposta. 
Come ci insegna Nicetas Sthetatos, l’uomo può trovarsi in una di queste tre situazioni vitali: c’è l’uomo carnale, che vuole vivere per il proprio piacere, anche a danno degli altri; c’è l’uomo naturale, che vuole piacere a se stesso e agli altri; c’è infine l’uomo spirituale, che vuole piacere solo a Dio, anche con proprio svantaggio. 
Il primo, vive al di sotto della natura; il secondo, conforme a natura; il terzo, al di sopra della natura, e questo è vivere in Cristo. 
L’uomo spirituale pensa spiritualmente; la sua speranza è di confidare che un giorno gli angeli abbiano a rallegrarsi «per un peccatore pentito» (Lc 15,10), un peccatore che non è altri che lui stesso. 
Siano questi i tuoi sentimenti; lavora animato da questa speranza, secondo il precetto che il Signore ci ha dato: «Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste» (Mt 5,48), e «Cercate prima il Regno di Dio e la sua giustizia» (Mt 6,33). Non darti riposo, non concederti tregua, finché non avrai costretta a morire quella parte di te stesso che proviene dalla natura carnale. Sii risoluto a snidare in te ogni manifestazione dell’uomo animale, e a braccarla drasticamente. «Poiché la carne lotta contro lo Spirito, e lo Spirito contro la carne» (Gal 5,17). Ma se temi di diventare giusto ai tuoi occhi lavorando alla tua salvezza, se hai paura di essere vinto dall’orgoglio spirituale, scrutati bene e di’ a te stesso che colui che teme di diventare giusto ai propri occhi soffre di cecità. Perché non vede di essere giusto ai propri occhi. 

- Tito Colliander -
 da “Il cammino dell’asceta"



Un uomo si recò, da un eremita!
Gli chiese:
"Che cosa impari, dalla tua vita, di silenzio?".
L'eremita stava attingendo acqua, da un pozzo, e disse, al suo visitatore:
"Guarda, giù, nel pozzo! Che cosa, vedi?".
L'uomo guardò, nel pozzo...
"Non vedo, niente!".
Dopo un po' di tempo, in cui rimase perfettamente immobile,
l'eremita disse, al visitatore:
"Guarda, ora! Che cosa vedi, nel pozzo?".
L'uomo ubbidì, e rispose:
"Ora, vedo me stesso: mi specchio, nell'acqua!".
L'eremita disse:
"Vedi: quando io immergo il secchio, l'acqua è agitata... Ora, invece, l'acqua è tranquilla!
È questa, l'esperienza, del silenzio: l'uomo vede, se stesso!".

"È nel silenzio, che maturano le decisioni importanti!
È nel silenzio, che puoi ascoltare la voce, della tua coscienza...
È nel silenzio, che puoi sentire la presenza, di Dio!

Oggi, scegliti un angolo tranquillo, e lasciati cullare, dal silenzio...".


Buona giornata a tutti. :-)