A Gerusalemme era festa. La gente
percorreva le strade vociando, bancarelle cariche di merce punteggiavano qua e
là la città come piccole aiuole fiorite e i bambini, eccitati da
quell'atmosfera gioiosa, correvano rimbalzando fra un richiamo e l'altro dei
genitori.
Uno di loro, approfittando della confusione, si allontanò in fretta. Era un bimbetto di sette anni, magro e scuro di pelle, con grandi occhi neri in perenne movimento. Scrutava ogni cosa, curioso di quel mondo a lui ancora sconosciuto. Tutto lo interessava e la sua voglia di sapere gli era valsa il soprannome di "Perché".
Uno di loro, approfittando della confusione, si allontanò in fretta. Era un bimbetto di sette anni, magro e scuro di pelle, con grandi occhi neri in perenne movimento. Scrutava ogni cosa, curioso di quel mondo a lui ancora sconosciuto. Tutto lo interessava e la sua voglia di sapere gli era valsa il soprannome di "Perché".
Ogni creatura incontrata sulla sua
strada si trasformava subito in una domanda, perenne angoscia per chi gli stava
intorno.
Tutto per lui poteva essere fonte di
conoscenza e, di domanda in domanda, finiva sempre per allontanarsi da casa,
come un piccolo esploratore mai sazio di nuove avventure.
Quel giorno stava seguendo uno strano
cane zoppicante che sembrava, come lui, all'inseguimento di un non ben
identificato oggetto misterioso.
Gira di qua, svolta di là, il cane e
il suo piccolo inseguitore si trovarono sulle
colline, in un piccolo podere chiamato
Orto del Getsemani.
Si faceva sera e le prime ombre
rendevano la caccia ancora più interessante.
Il cane aveva allungato l'andatura e
ora il piccolo "Perché" stentava a stargli dietro. Con rammarico gli
pareva ormai di aver perso le sue tracce quando, a un tratto, ritrovò la sua
pelosa preda tutta scodinzolante ai piedi di un uomo, seduto lì, tutto solo.
L'uomo accarezzava il cane lentamente
come se avesse la consapevolezza che quel gesto non sarebbe stato mai più
ripetuto.
«Ciao, signore, è tuo il cane?» chiese
il bimbo arrivando di corsa tutto trafelato.
«No» rispose lui, accorgendosi solo in
quel momento del sopraggiungere del piccolo.
«Perché stai qui, mentre tutti sono in
città per la festa?»
L'uomo sembrava sorpreso di
quell'incontro imprevisto, titubante fra disagio e accoglienza.
Ci pensò un po', poi sorrise e gli
disse: «Perché qui aspetto mio padre».
«Ma io non vedo tuo padre: è molto
vecchio?»
«È molto vecchio e molto giovane.»
«Come può essere vecchio e giovane?»
«Tu una volta eri piccolo, oggi sei
molto giovane, poi diventerai un uomo e, in un futuro ancora più lontano, sarai
molto vecchio; lui invece in ogni istante è già tutta la sua vita.»
«Oh, mi piacerebbe conoscere tutta la
mia vita!» rispose il bambino convinto. Poi ci ripensò: «Se sapessi cosa mi
accadrà domani, forse non farei quello che faccio, ma qualcosa d'altro. Che
dici?».
«Oh certo, piccolo, ma se tu non
facessi quello che stai facendo, anche quello che ti accadrà domani sarà
diverso!»
«Uh, com'è complicato! Allora cosa
devo fare?»
«Fai bene quello che ti chiede ogni
momento; al resto ha già pensato Dio.»
«In questo momento sto bene qui con
te, e tu?»
«Anch'io in questo momento sto bene
qui con te.»
«E domani tu cosa farai?»
«Quello che Dio vorrà.»
«Allora perché sei triste? Dio non
vuole per te una cosa bella?»
«Dio non prevede cose belle o brutte,
lui non pensa come noi.»
«Allora quello che noi pensiamo non è
mai quello che pensa Dio?»
«No, non è mai la stessa cosa.»
«Perché?»
«Perché la nostra mente è piccola e
vede entro piccoli confini, mentre Dio non ha nessun confine, per lui non
esiste tempo e non esiste spazio.»
«Non riesco a immaginare nulla così
come tu dici.»
«Certo, è per questo che devi fidarti
di lui.»
Il cane si era rialzato e dimenava la
coda guardando ansioso ora Gesù e ora il suo piccolo inseguitore, nella
speranza che uno di loro lo facesse giocare.
«Ma tu, come ti chiami?»
«Gesù di Nazareth.»
«Hai bambini?»
«Si, tanti.»
«E quanti?»
«Questa notte guarda il cielo: ogni
stella è un mio bambino.»
Il piccolo "Perché" non
parve affatto sorpreso da quella risposta, come ogni fanciullo aveva il dono di
penetrare la realtà attraverso una porta fatata, oltre la quale le stelle non
sono più stelle ma palpitanti creature e ogni parola possiede un magico
significato.
«Sarebbe bello giocare lassù con i
tuoi bambini... Come posso arrivarci?»
«Vieni qua in braccio a me e chiudi
gli occhi» gli rispose Gesù.
Accoccolato su quelle ginocchia, il
bimbo fu trasportato in un luogo talmente fantastico che mai poté descriverlo
ad altri, ma che mai cessò di ricercare per tutto il resto della sua vita.
Si faceva buio, ma "Perché"
non voleva lasciare il nuovo amico.
«Ora vai, piccolo mio, i tuoi genitori
ti staranno cercando» gli disse Gesù dolcemente, staccandosi a malincuore da
quell'ultimo tenero incontro.
«Gesù, quando potrò rivederti ancora?»
«Quando vorrai chiudi gli occhi,
dimentica il mondo che ti circonda e mi troverai.»
Il piccolo "Perché" correva
verso casa allargando le braccia come un uccellino nel vento, ogni tanto si
girava per gridare il suo saluto, il cane lo seguiva saltellando festoso e Gesù
li guardava pensoso finché scomparvero all'orizzonte.
- Antica leggenda giudeo-cristiana -
da: "Leggende Cristiane. Storie straordinarie di santi, martiri, eremiti e pellegrini", a cura di Roberta Bellinzaghi, © 2004 - Edizioni Piemme S.p.A.
Sandro Botticelli, Orazione
nell'orto, 1500 ca, Granada, Cappella Reale
Buona giornata a tutti. :-)