sabato 16 marzo 2019

L'incontro - Antica leggenda giudeo-cristiana

A Gerusalemme era festa. La gente percorreva le strade vociando, bancarelle cariche di merce punteggiavano qua e là la città come piccole aiuole fiorite e i bambini, eccitati da quell'atmosfera gioiosa, correvano rimbalzando fra un richiamo e l'altro dei genitori. 
Uno di loro, approfittando della confusione, si allontanò in fretta. Era un bimbetto di sette anni, magro e scuro di pelle, con grandi occhi neri in perenne movimento. Scrutava ogni cosa, curioso di quel mondo a lui ancora sconosciuto. Tutto lo interessava e la sua voglia di sapere gli era valsa il soprannome di "Perché".
Ogni creatura incontrata sulla sua strada si trasformava subito in una domanda, perenne angoscia per chi gli stava intorno.
Tutto per lui poteva essere fonte di conoscenza e, di domanda in domanda, finiva sempre per allontanarsi da casa, come un piccolo esploratore mai sazio di nuove avventure.
Quel giorno stava seguendo uno strano cane zoppicante che sembrava, come lui, all'inseguimento di un non ben identificato oggetto misterioso.
Gira di qua, svolta di là, il cane e il suo piccolo inseguitore si trovarono sulle
colline, in un piccolo podere chiamato Orto del Getsemani.
Si faceva sera e le prime ombre rendevano la caccia ancora più interessante.
Il cane aveva allungato l'andatura e ora il piccolo "Perché" stentava a stargli dietro. Con rammarico gli pareva ormai di aver perso le sue tracce quando, a un tratto, ritrovò la sua pelosa preda tutta scodinzolante ai piedi di un uomo, seduto lì, tutto solo.
L'uomo accarezzava il cane lentamente come se avesse la consapevolezza che quel gesto non sarebbe stato mai più ripetuto.
«Ciao, signore, è tuo il cane?» chiese il bimbo arrivando di corsa tutto trafelato.
«No» rispose lui, accorgendosi solo in quel momento del sopraggiungere del piccolo.
«Perché stai qui, mentre tutti sono in città per la festa?»
L'uomo sembrava sorpreso di quell'incontro imprevisto, titubante fra disagio e accoglienza.
Ci pensò un po', poi sorrise e gli disse: «Perché qui aspetto mio padre».
«Ma io non vedo tuo padre: è molto vecchio?»
«È molto vecchio e molto giovane.»
«Come può essere vecchio e giovane?»
«Tu una volta eri piccolo, oggi sei molto giovane, poi diventerai un uomo e, in un futuro ancora più lontano, sarai molto vecchio; lui invece in ogni istante è già tutta la sua vita.»
«Oh, mi piacerebbe conoscere tutta la mia vita!» rispose il bambino convinto. Poi ci ripensò: «Se sapessi cosa mi accadrà domani, forse non farei quello che faccio, ma qualcosa d'altro. Che dici?».
«Oh certo, piccolo, ma se tu non facessi quello che stai facendo, anche quello che ti accadrà domani sarà diverso!»
«Uh, com'è complicato! Allora cosa devo fare?»
«Fai bene quello che ti chiede ogni momento; al resto ha già pensato Dio.»
«In questo momento sto bene qui con te, e tu?»
«Anch'io in questo momento sto bene qui con te.»
«E domani tu cosa farai?»
«Quello che Dio vorrà.»
«Allora perché sei triste? Dio non vuole per te una cosa bella?»
«Dio non prevede cose belle o brutte, lui non pensa come noi.»
«Allora quello che noi pensiamo non è mai quello che pensa Dio?»
«No, non è mai la stessa cosa.»
«Perché?»
«Perché la nostra mente è piccola e vede entro piccoli confini, mentre Dio non ha nessun confine, per lui non esiste tempo e non esiste spazio.»
«Non riesco a immaginare nulla così come tu dici.»
«Certo, è per questo che devi fidarti di lui.»
Il cane si era rialzato e dimenava la coda guardando ansioso ora Gesù e ora il suo piccolo inseguitore, nella speranza che uno di loro lo facesse giocare.
«Ma tu, come ti chiami?»
«Gesù di Nazareth.»
«Hai bambini?»
«Si, tanti.»
«E quanti?»
«Questa notte guarda il cielo: ogni stella è un mio bambino.»
Il piccolo "Perché" non parve affatto sorpreso da quella risposta, come ogni fanciullo aveva il dono di penetrare la realtà attraverso una porta fatata, oltre la quale le stelle non sono più stelle ma palpitanti creature e ogni parola possiede un magico significato.
«Sarebbe bello giocare lassù con i tuoi bambini... Come posso arrivarci?»
«Vieni qua in braccio a me e chiudi gli occhi» gli rispose Gesù.
Accoccolato su quelle ginocchia, il bimbo fu trasportato in un luogo talmente fantastico che mai poté descriverlo ad altri, ma che mai cessò di ricercare per tutto il resto della sua vita.
Si faceva buio, ma "Perché" non voleva lasciare il nuovo amico.
«Ora vai, piccolo mio, i tuoi genitori ti staranno cercando» gli disse Gesù dolcemente, staccandosi a malincuore da quell'ultimo tenero incontro.
«Gesù, quando potrò rivederti ancora?»
«Quando vorrai chiudi gli occhi, dimentica il mondo che ti circonda e mi troverai.»
Il piccolo "Perché" correva verso casa allargando le braccia come un uccellino nel vento, ogni tanto si girava per gridare il suo saluto, il cane lo seguiva saltellando festoso e Gesù li guardava pensoso finché scomparvero all'orizzonte.

- Antica leggenda giudeo-cristiana -

da: "Leggende Cristiane. Storie straordinarie di santi, martiri, eremiti e pellegrini", a cura di Roberta Bellinzaghi, © 2004 - Edizioni Piemme S.p.A. 

Sandro Botticelli, Orazione nell'orto, 1500 ca, Granada, Cappella Reale

Buona giornata a tutti. :-)







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