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giovedì 20 luglio 2017

La domanda essenziale - Padre Anthony de Mello

C’era un uomo che non dava tregua al buon Dio con richieste di ogni genere.
Un giorno Dio gli apparve e gli disse: "Non ne posso più! Ho deciso di concederti tre desideri, e non uno di più".
L'uomo, incredulo, chiese: "Mi concederesti davvero qualsiasi cosa io chieda?.
"Sì", rispose il Signore, "ma solo tre richieste e basta!".
"Be'", disse l'uomo, "mi vergogno un po' a dirtelo, ma non sopporto più mia moglie. È una rompiscatole senza eguali. Vorrei davvero liberarmene".
E Dio disse: "Che il tuo desiderio sia esaudito". E sua moglie morì. 
L'uomo era felicissimo. Si sentiva un po' in colpa, ma il sollievo per l'assenza della moglie era enorme, e lui pensò: "Sposerò un'altra donna, e più giovane!". Quando i parenti si riunirono per il funerale iniziarono ad elogiare la defunta e a decantarne le virtù, e l'uomo capì all'improvviso che cosa aveva fatto. Pianse e si disperò, dicendosi: "Avevo una donna fedele, che mi amava, e non me ne sono accorto, non l'ho saputa apprezzare!". 
Si appartò con Dio e gli chiese: "Ti prego, riportala in vita!". 
Dio rispose: "Va bene. Secondo desiderio accordato".

Ora non gli rimaneva che un desiderio, e non sapeva cosa chiedere.

Consultò amici e parenti. Alcuni proposero: "Chiedi i soldi. Con i soldi si può ottenere ciò che si vuole". 
Altri dissero: "A che servono i soldi se non hai la salute? Chiedi la salute. 
Un altro amico gli disse: "A che serve la salute se prima o poi devi morire? Chiedi l'immortalità!". E un altro ancora: "A che serve l'immortalità se non hai nessuno che ti ami? Chiedi l'amore!" Così l'uomo riflettette, ragionò, si arrovellò e passò un anno. 
Poi ne passarono cinque, poi dieci, e alla fine Dio si presentò e gli chiese: "Quando ti deciderai a chiedermi il tuo terzo desiderio?". 
L'uomo rispose, contrito: "Signore, sono tutto confuso, non so cosa chiedere. Potresti suggerirmi cosa chiedere?".

Il Signore rise e disse: "E va bene, ti dirò io cosa chiedere: chiedi di essere felice qualsiasi cosa possa capitarti. Qui sta il segreto!".

- Padre Anthony de Mello -




Non dovete fare niente per essere felici. Non potete acquistare la felicità. Sapete perché? Perché ce l'avete già. Ce l'avete proprio ora, ma continuate ad ostacolarla con la vostra stupidità.

- Padre Anthony De Mello -
Da: Messaggio per un pesciolino che ha sempre sete, Editore Piemme



Buona giornata a tutti. :-)





martedì 18 luglio 2017

Fortezze ma non di pietra – don Bruno Ferrero

C'era una volta un sovrano potente. Sapeva che il numero dei giorni che gli restavano da vivere diminuiva inesorabilmente. Che cosa sarebbe diventato il suo bel impero, quando sarebbe stato costretto ad abbandonarlo con tutti i nemici che lo circondavano da ogni lato? Che avrebbe potuto fare il giovane principe, quel figlio troppo giovane e inesperto che il sovrano aveva avuto, ahimè, in tarda età? Dove poteva rifugiarsi? Chi lo avrebbe protetto?
Questi pensieri tormentavano il vecchio re, tanto che un giorno disse al principe:
«Figlio mio, io non regnerò più per molto tempo e ignoro ciò che accadrà dopo la mia morte. Ci sono molti nemici intorno al trono. Ho tanta paura per l'impero che ho costruito e anche per te. Morirei tranquillo se sapessi che hai un rifugio sicuro che ti protegga in caso di pericolo. Per questo ti consiglio di andare per il regno e di costruire fortezze in tutti gli angoli possibili, per tutti i confini del paese».
Obbediente, il giovane si mise immediatamente in cammino. Percorse tutto il Paese, per monti e per valli, e dove trovava il posto conveniente, faceva costruire grandi fortezze solide e imponenti. 
Le fortezze sorsero nelle profondità delle foreste, nelle valli più nascoste, sulla sommità delle colline, nei deserti, in riva ai fiumi e sui fianchi delle montagne. Questo costò molto denaro, ma il principe non badava a spese: erano in gioco la sua vita e il suo trono.
Dopo un certo tempo, il giovane ritornò nel palazzo del re suo padre. Stanco, dimagrito, ma soddisfatto d'aver portato a termine il compito, corse a presentarsi dal padre. 

«Ebbene, figlio mio, com'è andata? Hai fatto ciò che io ti avevo detto?" gli domandò il re.
«Sì, padre», rispose il principe. «In tutto il paese si innalzano fortezze imprendibili: nei deserti, sulle montagne, nel profondo delle foreste».


Ma il vecchio re, il più potente che la storia abbia mai conosciuto, invece di congratularsi con il figlio per tutti i suoi sforzi, scuoteva la testa come in preda ad un forte dispiacere.
«Non è questo, figlio mio, che avevo in mente io. Devi tornare indietro e ricominciare», disse: «Le fortezze che tu hai costruito non ti proteggeranno assolutamente in caso di pericolo: tu sarai solo e non per quei muri e quelle pietre potrai sfuggire alle imboscate e alle trappole dei tuoi nemici. Tu devi costruirti dei rifugi nel cuore delle persone oneste e buone. Devi cercare queste persone, e guadagnarti la loro amicizia: soltanto allora saprai dove rifugiarti nei momenti difficili. Là dove un uomo ha un amico sincero, là trova un tetto sotto cui ripararsi». 

Il principe si rimise in cammino. Non più per i deserti, i dirupi, le foreste selvagge, ma per andare verso la gente, tra loro, per costruire dei rifugi come immaginava suo padre, il vecchio re pieno di saggezza.
E questo richiese molti più sforzi e fatiche.
Ma il principe non li rimpianse mai.
Perché, quando dopo un certo tempo il vecchio sovrano si spense e lasciò questo mondo, il principe non aveva più nessun nemico da temere.



- don Bruno Ferrero -

Fonte: " A volte basta un raggio di sole" di Bruno Ferrero


                                       
Un giorno, una giovane donna ricevette una dozzina di rose con un biglietto che diceva: "Una persona che ti vuole bene».

Senza però la firma.
Non essendo sposata, il suo pensiero andò agli uomini della sua vita: vecchie fiamme, nuove conoscenze. Oppure erano stati la mamma e il papà? Qualche collega di lavoro? Fece un rapido elenco mentale. Infine telefonò a un'amica perché l'aiutasse a scoprire il mistero.
Una frase dell'amica le fece all'improvviso balenare un'idea.
"Di', sei stata tu a mandarmi i fiori?".
"Sì".
"Perché?".
"Perché l'ultima volta che ci siamo parlate eri di umor nero. Volevo che trascorressi un giorno pensando a tutte le persone che ti vogliono bene".
E tu, quante fortezze hai costruito oggi?
- don Bruno Ferrero -
Fonte: " A volte basta un raggio di sole" di Bruno Ferrero


Buona giornata a tutti. :-)






martedì 11 luglio 2017

Il ponte

Questa è la storia di due fratelli che vissero insieme d'amore e d'accordo per molti anni. Vivevano in cascine separate, ma un giorno scoppiò una lite e questo fu il primo problema serio che sorse dopo 40 anni in cui avevano coltivato insieme la terra condividendo le macchine e gli attrezzi, scambiandosi i raccolti e i beni continuamente.
Cominciò con un piccolo malinteso e crebbe fino a che scoppiò un diverbio con uno scambio di parole amare a cui seguirono settimane di silenzio.
Una mattina qualcuno bussò alla porta di Luigi. Quando aprì si trovò davanti un uomo con gli utensili del falegname: "Sto cercando un lavoro per qualche giorno", disse il forestiero, "forse qui ci può essere bisogno di qualche piccola riparazione nella fattoria e io potrei esserle utile per questo".
"Sì", disse il maggiore dei due fratelli, "ho un lavoro per lei. Guardi là, dall'altra parte del fiume, in quella fattoria vive il mio vicino, beh! È il mio fratello minore. La settimana scorsa c'era una splendida prateria tra noi, ma lui ha deviato il letto del fiume perché ci separasse. Deve aver fatto questo per farmi andare su tutte le furie, ma io gliene farò una. Vede quella catasta di pezzi di legno vicino al granaio? Ebbene voglio che costruisca uno steccato di due metri circa di altezza, non voglio vederlo mai più". Il falegname rispose: "Mi sembra di capire la situazione".
Il fratello maggiore aiutò il falegname a riunire tutto il materiale necessario e se ne andò fuori per tutta la giornata per fare le spese in paese. Verso sera, quando il fattore ritornò, il falegname aveva appena finito il suo lavoro. Il fattore rimase con gli occhi spalancati e con la bocca aperta.
Non c'era nessuno steccato di due metri. Invece c'era un ponte che univa le due fattorie sopra il fiume. Era una autentica opera d'arte, molto fine, con corrimano e tutto.
In quel momento, il vicino, suo fratello minore, venne dalla sua fattoria e abbracciando il fratello maggiore gli disse: "Sei un tipo veramente in gamba. Ma guarda! Hai costruito questo ponte meravilloso dopo quello che io ti ho fatto e detto".
E così stavano facendo la pace i due fratelli, quando videro che il falegname prendeva i suoi arnesi. "No, no, aspetta; rimani per alcuni giorni ancora, ho parecchi lavori per te", disse il fratello maggiore al falegname. "Mi fermerei volentieri", rispose lui, "ma ho parecchi ponti da costruire".



Molte volte lasciamo che i malintesi e le stizze ci allontanino dalla gente a cui vogliamo bene, molte volte lasciamo che sia l'orgoglio a prevalere sui sentimenti.
- Non permettere che ciò succeda nella tua vita.
- Impara a perdonare e apprezza quanto hai. Ricorda che perdonare non cambia nulla del passato, ma del futuro sì. Non conservare rancore né sentimenti di amarezza che ti feriscono, ti allontanano da Dio e dalle persone che ti vogliono bene.
- Impara ad essere felice e a godere delle meraviglie che Dio ha creato. Egli ti ama e desidera che tu abbia una vita felice e piena di amore e armonia.
- Non permettere che un piccolo incidente rovini una grande amicizia.
- Ricorda che il silenzio, a volte, è la miglior risposta.
- Ciò che più importa è una casa felice. Fa' tutto quello che è nelle tue mani per creare un ambiente di pace e armonia.
- Ricorda che la miglior relazione è quella in cui l'amore tra due persone è più grande del bisogno che hanno l'una dell'altra.




Un amico fedele
è un balsamo nella vita,
è la più sicura protezione.

Potrai raccogliere tesori d’ogni genere
ma nulla vale quanto un amico sincero.

Al solo vederlo, l’amico suscita nel cuore
una gioia che si diffonde in tutto l’essere.

Con lui si vive un’unione profonda
che dona all’animo gioia inesprimibile.

Il suo ricordo ridesta la nostra mente
e la libera da molte preoccupazioni.

Queste parole hanno senso
solo per chi ha un vero amico;
per chi, pur incontrandolo tutti i giorni,
non ne avrebbe mai abbastanza.

- San Giovanni Crisostomo -


Buona giornata a tutti. :-)






martedì 4 luglio 2017

Iniziare - Anselm Grün

"Iniziare"

Dell’abate Pior, l’abba Poemen diceva che iniziava ogni giorno da capo (Apo 659) 
È un racconto breve, anzi di una sola parola, che l’abba Poemen attribuisce al più anziano abba Pior.
Questi era un discepolo del grande Antonio, il primo dei monaci. 
Pior morì attorno al 360: era vissuto ogni giorno secondo gli insegnamenti della Bibbia e, alla pari di altri monaci, seguiva una dura ascesi liberamente da lui scelta. Ma ciò che lo distingueva era il nuovo inizio che si proponeva di fare ogni giorno.
Per noi questa è una parola che consola. Se già questi grandi monaci si ritenevano sempre soltanto dei principianti al servizio di Gesù, anche noi possiamo considerarci dei principianti che si mettono alla loro scuola. D’altra parte sappiamo che san Benedetto ha scritto la sua regola per i principianti.
Nessuno di noi è così avanzato sulla strada spirituale che non abbia bisogno ogni giorno di un nuovo inizio. Ricominciare è anche una grazia. Ogni
giorno posso iniziare di nuovo. Non sono bloccato a motivo del mio passato. In tedesco iniziare si dice anfangen, un termine che deriva da anfassen, anpacken [=afferrare, prendere in mano, cogliere].
Se siamo capaci di iniziare, vuol dire che prendiamo in mano la nostra vita e le diamo forma.
Smettiamo di lamentarci che non siamo capaci di fare nulla, perché la nostra educazione ci ha bloccati. Noi stessi abbiamo tra le mani ciò che vogliamo fare della nostra vita. Con quello che abbiamo ricevuto possiamo dare forma e figura alla nostra vita mediante l’opera delle nostre mani. Ma dobbiamo prender noi l’iniziativa.
Non possiamo aspettarci tutto solo dagli altri.
Ogni giorno incomincia dal mattino. Il ritmo della natura dovrebbe diventare anche il ritmo della nostra vita. Ogni nuovo giorno è una occasione favorevole per incominciare di nuovo anche interiormente
nel rapporto con Dio. Non dovremmo dire che comunque niente cambia per noi, che già tante volte abbiamo tentato di fare tutto nuovo. Nella parola
dell’abba Pior c’è la sfida di cominciare di nuovo ogni giorno senza giudicare il giorno precedente.
Non importa come siamo vissuti fino a questo momento, non è mai tardi per incominciare. Questa parola vale anche per colui che ha già speso molto
impegno per sé e per il suo cammino spirituale: non tener per nulla in conto ciò che hai raggiunto. Incomincia ogni giorno di nuovo. Solo allora rimarrai
vivo, solo allora sarai in grado di rispondere a ciò che Gesù esige da te. 

- Anselm Grün -
da: "La Sapienza del Deserto", Ed. Messaggero, pagg, 16-17

Detti dei Padri del deserto, a cura di L. Coco, Piemme, Casal Monferrato (AL) 1997: Poemen, nr. 85, p. 264. Il termine “abba” derivante dall’aramaico significa “padre”; così “amma” significa “madre” in riferimento alle monache che vivevano nel deserto. (ndt)



Per Macario l'esercizio più importante è il digiuno delle parole.
Non dovremmo mai dire qualcosa di cattivo nei confronti degli altri, nè giudicarli o valutarli. Sì, non dovremmo neppure pronunciare parole inutili.

- Anselm Grün -
da: "La Sapienza del Deserto", Ed. Messaggero



Buona giornata a tutti. :-)





sabato 1 luglio 2017

Un esercizio spirituale: la vacanza – Padre Anthony de Mello

Immagino di ritirarmi in un posto solitario per fare a me stesso il dono della solitudine, perché la solitudine è un tempo nel quale vedo le cose come sono.
Quali sono le piccole cose nella vita che la mancanza di solitudine ha eccessivamente ingigantito?
Quali sono le cose veramente importanti per le quali trovo troppo poco tempo?
La solitudine è un tempo per prendere decisioni.
Quali decisioni devo prendere o riconsiderare in questo particolare momento della mia vita?
Ora decido che tipo di giornata sarà oggi.
Sarà una giornata per fare?
Faccio un elenco delle cose che voglio veramente fare oggi.
Sarà anche una giornata per essere, nessuno sforzo per ottenere risultati, per fare cose, per guadagnare o possedere, ma solo per essere?
La mia vita non porterà frutto finché non avrò imparato l'arte di non coltivare, l'arte di "perdere" tempo in modo creativo.
Così decido quanto tempo dedicare al gioco, ad interessi senza scopo ed improduttivi, al silenzio, all'intimità, al riposo.
E domando a me stesso che cosa assaporerò oggi, che cosa toccherò, odorerò, ascolterò e vedrò.

- Anthony de Mello - 
Fonte: Alle sorgenti





«Non si caccia via l'oscurità con la scopa, si accende la luce».

Il modo migliore per dissipare il male non è combatterlo, ma far trionfare le forze del bene. 
Il risultato può sembrare lo stesso, ma lo spirito che ci anima è totalmente differente: combattere il male è lottare contro; difendere il bene è lottare per. Da un lato la messa in atto di un'energia negativa, dall'altro quella di un'energia positiva.
«Più lottiamo contro l'oscurità, più ci stanchiamo. Ma quando sprigioniamo la luce della coscienza, l'oscurità si dissolve».
Preoccupiamoci di rivestire le nostre battaglie di un'energia positiva e non smettiamo di accendere la luce della nostra coscienza.


- Padre Anthony de Mello -


Trova il tempo di riflettere,

è la fonte della forza.

Trova il tempo di giocare,

è il segreto della giovinezza.


Trova il tempo di leggere,

è la base del sapere.


Trova il tempo di essere gentile,

è la strada della felicità.


Trova il tempo di sognare,

è il sentiero che porta alle stelle.

Trova il tempo di amare,

è la vera gioia di vivere.

Trova il tempo d'esser contento,

è la musica dell'anima.


- Antica ballata irlandese - 






Buona giornata a tutti. :-)








sabato 27 maggio 2017

La rosa e la rana

C’era una volta una rosa rossa molto bella. 
Quanto le faceva piacere sapere di essere la rosa più bella del giardino! Tuttavia, si rendeva conto che la gente la guardava sempre e solo da lontano.
Un giorno si accorse che, accanto a lei, c’era sempre un rospo grande e scuro ed era per questo che nessuno si avvicinava per guardarla più da vicino. Indignata da ciò che aveva scoperto, ordinò al rospo di andarsene subito. 
Il rospo, molto ubbidiente, disse: “Va bene, se è ciò che vuoi”.
Un bel giorno, il rospo passò per il luogo dove stava la rosa e si sorprese nel vederla del tutto appassita, senza foglie e senza petali. 
Allora le disse: “Ti vedo proprio male. Cosa ti è successo?”. 
La rosa rispose: “Da quando te ne sei andato, le formiche hanno iniziato a mangiarmi, giorno dopo giorno, e non posso più tornare a essere bella come prima…”. Il rospo le rispose, semplicemente: “Ovvio, quando c’ero io, mangiavo le formiche e per questo sei sempre stata la più bella del giardino”.

La morale:

Spesso disprezziamo gli altri perché pensiamo di essere meglio di loro, più belli o semplicemente crediamo che non ci “servano a niente”. 
Tutti abbiamo qualcosa di speciale da fare, qualcosa da imparare dagli altri o qualcosa da insegnare e nessuno deve disprezzare nessun altro. 
Forse, quel qualcuno rappresenta per noi un beneficio e noi non lo sappiamo nemmeno.



Quelli che hanno ricevuto la libertà mettono a disposizione di Dio tutti i loro beni, dando gioiosamente e generosamente i beni più piccoli perché hanno la speranza dei beni più grandi, come la vedova povera che getta tutta la sua sostanza nel tesoro di Dio.

- Sant'Ireneo - 



Buona giornata a tutti. :-)






venerdì 28 aprile 2017

Le opere di misericordia (3) - Anselm Grün

2. Éleos: la parola greca esprime compassione come dedizione emotiva a colui che è in una situazione di bisogno
Éleos non è mai soltanto una disposizione d'animo, ma anche sempre atto compassionevole, una reazione di soccorso allo stato di bisogno di un'altra persona. Nel suo vangelo, Matteo cita due volte la frase del profeta Osea: «Misericordia (éleos) io voglio e non sacrifici» (Mt 9,13 e 12,7). 
Con questa frase Gesù si difende dai farisei che emarginano i peccatori e per cui il precetto del sabato è più importante della fame delle persone. Nelle sue invettive rimprovera ai farisei: «Pagate la decima sulla menta, sull'aneto e sul cumino, e trasgredite le prescrizioni più gravi della legge: la giustizia, la misericordia e la fedeltà» (Mt 23,23). 
I discepoli di Gesù non devono nascondersi dietro le leggi e le prescrizioni: il loro comportamento deve essere contrassegnato da una dedizione misericordiosa per gli altri. Se sono misericordiosi, troveranno a loro volta misericordia: così il Maestro ha promesso loro nelle beatitudini (Mt 5,7). 
Il cristiano deve imitare Gesù nella sua dedizione misericordiosa verso i peccatori e gli emarginati. Ma, nella sua pena, può a sua volta rivolgersi a Gesù e confidare nella sua misericordia. 
Il cieco Bartimeo grida due volte: «Gesù, abbi pietà (eléésón) di me!» (Mc 10,47s.). In Matteo questa esclamazione ricorre anche nel caso della donna la cui figlia è malata (Mt 15,22) e del padre il cui figlio è epilettico e cade spesso nel fuoco onell'acqua (Mt 17,15). 
Come padri o come madri spesso ci sentiamo impotenti quando i nostri figli crescono in maniera diversa da come ci saremmo aspettati oppure si ammalano. Allora dobbiamo invocare la pietà di Gesù. 
La chiesa ci ha raccomandato vivamente questa invocazione: in ogni celebrazione eucaristica cantiamo il Kyrie eléison, `Signore, pietà!'. 
E la preghiera di Gesù che la chiesa ortodossa ci consiglia come via di meditazione associa a ogni respiro questa invocazione: «Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di me». Quando Gesù si rivolge pietosamente verso di noi, veniamo guariti e risanati, facciamo l'esperienza della pace interiore. 
E allora diveniamo misericordiosi anche nei confronti di noi stessi, invece di infuriare contro di noi. In particolare per Matteo Gesù è il Redentore misericordioso, che va incontro alle persone con misericordia e agisce su di loro misericordiosamente, perdonando loro i peccati e risanandone le ferite, rendendo loro possibile un nuovo inizio di vita piena. 
Quando Gesù ci incita alla misericordia, noi, come suoi discepoli, dobbiamo anche portare il suo spirito in questo mondo.

3. Oiktírmon, cioè 'compassionevole, che condivide i sentimenti di qualcuno'. Con questa parola greca si esprime soprattutto l'atteggiamento misericordioso. Esso corrisponde a ciò che nel buddhismo è definito compassione. 
L'essere umano ha un senso per l'altro: ne condivide i sentimenti, soffre con lui, si sente solidale con lui. Luca ha visto tale atteggiamento come quello adeguato al cristiano, come quello maggiormente conforme alla natura di Dio: «Siate misericordiosi (lett., compassionevoli), come il Padre vostro è misericordioso (lett., compassionevole)» (Lc 6,36). 
In ciò si esprime la natura dell'essere umano, portato a condividere i sentimenti del prossimo, a mostrarsi misericordioso verso il prossimo. 
E allo stesso tempo con queste parole Luca vorrebbe dirci: se condividiamo misericordiosamente i sentimenti degli altri, facendo come Dio, allora partecipiamo di Dio, comprendiamo chi è Dio, lo Spirito di Dio si è impossessato di noi. 
La parola tedesca barmherzig è una traduzione del latino misericordia e significa: avere un cuore per i miseri, o avere un cuore per quanto c'è di povero e orfano, di misero e debole, in me e negli altri. La misericordia mira soprattutto al cuore.
C'è un bel detto del IV secolo, di Abba Pambone: «Se hai cuore, puoi salvarti» [7]. L'essere umano ottiene salvezza e perfezione, partecipa dell'amore redentore di Gesù Cristo soltanto se ha un cuore per gli altri e se a sua volta dimora nel proprio cuore e non fa tutto soltanto con la ragione o la volontà. Non basta però dimorare nel cuore. Dobbiamo agire - e il Vangelo di Luca torna sempre a dimostrarcelo - anche a partire dal cuore. Per Luca ciò significa soprattutto condividere la nostra vita, i nostri beni e il nostro amore con gli altri.
Nella tradizione si sono sviluppate sette opere di misericordia corporale e sette di misericordia spirituale. 



Ci sono i sette doni dello Spirito santo e i sette sacramenti. Le sette opere di misericordia sono, per così dire, un sacramento dell'agire. 
Attraverso il nostro operato misericordioso questo mondo anela a essere trasformato. L'opera di Gesù vuole proseguire benefica in questo mondo tramite il nostro agire.
Nella descrizione delle opere di misericordia corporale per me è importante sempre vedere già anche l'aspetto spirituale. Persino le condizioni di bisogno fisico - come la fame, la sete e la nudità - hanno sempre già anche una dimensione spirituale. Desidero quindi vedere sempre entrambi gli aspetti: l'agire concreto, come quello che ha presente Gesù in Mt 25, e il significato spirituale di ogni nostro operare concreto. Le sette opere di misericordia spirituale sono nate dall'interpretazione spirituale di quelle di misericordia corporale e traspongono le parole di Gesù nella varietà delle nostre relazioni reciproche.


Perché il mondo sia trasformato
La tradizione cristiana ama il numero quattordici. Sono quattordici le stazioni della Via crucis. E sono quattordici i santi ausiliatori (quel gruppo cioè di santi alla cui intercessione il popolo cristiano si rivolgeva per particolari necessità). 
Il quattordici è un numero che dice guarigione. 
A Babilonia esistevano quattordici divinità guaritrici. 
E per sant'Agostino il numero quattordici rimanda alla morte e alla risurrezione di Gesù, che hanno trasformato e guarito la nostra esistenza. Gesù infatti è morto il quattordici di Nisan [8]. 
Le quattordici opere di misericordia sono espressione della dimensione salvifica della nostra fede. Attraverso queste opere l'amore salvifico e redentore di Gesù Cristo deve riversarsi in questo mondo attraverso di noi. 
La redenzione è avvenuta una volta per tutte in Gesù Cristo. Ma gli autori del Nuovo Testamento sono convinti che la redenzione per mezzo di Gesù Cristo si riversa in questo mondo e vi si riattualizza mediante l'operato dei discepoli di Gesù. 
In particolare l'evangelista Matteo scrive il suo vangelo per la comunità ecclesiale, affinché in essa si faccia visibile e tangibile la salvezza di Gesù Cristo per tutti gli uomini. 
I discepoli di Gesù devono essere il sale della terra e la luce del mondo, di modo che, per mezzo di loro, la luce di Gesù illumini gli esseri umani. 
Quando Gesù fece la sua comparsa in Galilea, per Matteo si avverò la promessa del profeta Isaia: «Il popolo che abitava nelle tenebre vide una grande luce, per quelli che abitavano in regione e ombra di morte una luce è sorta» (Mt 4,16). La luce che è rifulsa in Gesù deve continuare a splendere in questo mondo per mezzo dei suoi discepoli. Gesù dice ai discepoli:
Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa. 

Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli (Mt 5,14-16).
Le quattordici opere di misericordia devono far risplendere in questo mondo la luce di Gesù Cristo, affinché gli esseri umani rendano gloria a Dio. 

I cristiani, quindi, non vogliono affermare se stessi con le opere, né davanti a Dio, né davanti agli uomini, ma vogliono adempiere il compito affidato loro da Gesù e portare la sua luce nel mondo.
Nel caso delle quattordici opere di misericordia non si tratta del fatto che possiamo ottenere la salvezza mediante le opere. 

La tradizione cristiana è sempre stata consapevole che la salvezza viene da Gesù Cristo e che siamo giustificati dalla fede. Con Matteo e Giacomo, però, la chiesa si è sempre attenuta alla convinzione che la fede senza le opere non è una vera fede. La fede deve esprimersi anche in un comportamento nuovo. Anche l'apostolo Giacomo, che insiste tanto sulle opere buone, sa che «ogni buon regalo e ogni dono perfetto vengono dall'alto e discendono dal Padre, creatore della luce» (Gc 1,17). 
Allo stesso tempo, però, esorta i cristiani:
Siate di quelli che mettono in pratica la Parola, e non ascoltatori soltanto, illudendo voi stessi; perché, se uno ascolta la Parola e non la mette in pratica, costui somiglia a un uomo che guarda il proprio volto allo specchio: appena si è guardato, se ne va, e subito dimentica come era. Chi invece fissa lo sguardo sulla legge perfetta, la legge della libertà, e le resta fedele, non come un ascoltatore smemorato ma come uno che la mette in pratica, questi troverà la sua felicità nel praticarla (Gc 1,22-25).
Otteniamo la salvezza per mezzo della fede e non per mezzo delle opere. 

Ma soltanto se la nostra fede si esprime anche nelle opere di misericordia saremo beati. Essere beati non significa ottenere la salvezza, ma essere felici, essere in armonia con se stessi. Non dobbiamo vedere le opere di misericordia in un'ottica moraleggiante.
Mi sta particolarmente a cuore non trasmettere alle lettrici e ai lettori un senso di colpa se non compiono tutte le opere di misericordia. Si tratta piuttosto di indicare una via su come possono esprimere la propria fede e una via lungo la quale trovare la felicità, una via che in fondo fa bene a loro, sulla quale trovano la pace interiore. Giacomo dice qui makdrios, cioè dice 'beato, felice'. È la felicità che in Grecia era riservata agli dèi. 

Le opere di misericordia, nell'ottica di Giacomo, sono una via alla felicità. Non operano qualcosa di buono soltanto in coloro a cui io mostro misericordia, ma donano anche a me la soddisfazione interiore. 
Posso rendermi conto pieno di riconoscenza che attraverso di me una persona ritrova più coraggio di vivere, che il suo percorso torna a condurla nella speranza, nella fiducia, nell'amore e alla felicità.
La misericordia è un tema portante nel Vangelo di Matteo. 

Gesù è il Redentore misericordioso, che agisce misericordiosamente su di noi. Gesù ci insegna come possiamo comportarci misericordiosamente verso noi stessi e come possiamo dimostrare misericordia ad altri. 
Nel suo Discorso sul giudizio finale ci dimostra che veniamo misurati da Dio in base al fatto che abbiamo dato da mangiare agli affamati e da bere agli assetati, che abbiamo accolto i forestieri, vestito gli ignudi, visitato i malati e fatto visita ai prigionieri. 
Oggi abbiamo difficoltà ad accettare l'immagine del giudizio: in passato ha intimorito molte persone. Ma, con le sue parole, Gesù non vuole diffondere paura, bensì esortare alla decisione, all'apertura e alla solidarietà con le persone. Con l'immagine del giudizio vuole rinviarci a Dio, affinché viviamo in maniera giusta e retta.
Le opere di misericordia ci rinviano a Dio e alle persone in cui incontriamo Cristo stesso. Gesù vuole aprirci gli occhi, affinché viviamo qui e ora in modo che il suo Spirito di misericordia ci pervada. Allora ci comportiamo in maniera misericordiosa con noi e con gli altri e, proprio in questo modo, facciamo – come si è espresso Giacomo – l'esperienza di essere felici nel nostro operare giusto: sperimentiamo la felicità rendendo felici altri, comportandoci con bontà verso noi stessi, facendo del bene al prossimo, scoprendo sempre di più il mistero di Gesù Cristo, dimostrando misericordia ai suoi fratelli e sorelle e incontrando in loro Cristo stesso, che è per noi la fonte di ogni salvezza e misericordia.


- Anselm Grün - 
da: "Perchè il mondo sia trasformato - Le sette opere di misericordia", Ed.Queriniana, 2009 




La richiesta di Gesù di dar da mangiare agli affamati è un pungolo anche per la politica: non dà pace ai politici, affinché si impegnino per un'equa distribuzione dei beni.

- Anselm Grün - 
da: "Le Sette Opere di Misericordia" 



Per Gesù la sete è sempre anche un'immagine dell'anelito più profondo dell'essere umano. [...] 
L'acqua che Gesù ci dà da bere è il suo Spirito. 
Vuole diventare dentro di noi una sorgente che zampilla in noi, che ci preserva dall'inaridire interiormente. 

- Anselm Grün - 
da: "Le Sette Opere di Misericordia" 




 Buona giornata a tutti. :-)