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venerdì 24 febbraio 2023

Smetti di dipendere dagli altri - Anthony De Mello

Una volta che smetti di dipendere dagli altri, quando non hai più il bisogno di altre persone - quando ti metti in contatto con questo per la prima volta - è terrificante perché improvvisamente diventi solo. Non solitario, ma solo.

È una strana sensazione. Lo sei sempre stato, ma non l'avevi visto, e all'improvviso ti rendi conto di quanto sia bello essere soli, che bello non aver bisogno degli altri emotivamente e per la prima volta capisci che puoi amare le persone.
Non è più necessario corrompere le persone, non è necessario manipolarle, non è necessario impressionarle. Non hai bisogno di placarli. Finalmente puoi amare.
E per la prima volta nella tua vita, sei incapace di solitudine. Non puoi più essere solo. Sai cosa significa "solitudine"?
È un bisogno disperato delle persone, al punto che sei infelice senza le persone.
La solitudine non è curata dalla compagnia umana. La solitudine è curata dal contatto con la realtà, comprendendo che non hai bisogno delle persone. Finalmente puoi goderti le altre persone perché non ne hai più bisogno.
Non c'è più tensione. Sai cosa vuol dire stare con le persone e non avere tensioni? Perché non te ne frega niente se tu gli piaci o no, non importa cosa pensano di te.
Sai cosa significa? La libertà. Gioia. Possono pensare quello che vogliono, possono dire quello che vogliono. Va tutto bene. Non sei interessato.
Hai eliminato la droga dal tuo sistema.
E oh, sì, sei ancora nel mondo; non ne sei più del mondo. Non possono controllarti più.
E all'improvviso, non hai nessun posto dove rifugiarti. Le volpi hanno i loro buchi, gli uccelli hanno i loro nidi. Ma non ti stai rifugiando da nessuna parte perché non ne hai bisogno. Perché non ti aggrappi più.
Ecco quando inizia l'amore.

- Anthony De Mello -


«I periodi torbidi e avversi in genere portano maggiore beneficio di quelli apparentemente vivi e prosperi. 
Occorre aver pazienza, non esercitare la ragione. 
Bisogna spingere le radici più in profondità, non scuotere i rami.» 

- Hermann Hesse -



C'è stato un momento
in cui mi sono persa.
Ho perso tutto quello che avevo
attaccato alla schiena
i vecchi paradigmi
forme
maschere
vergogna
senso di colpa
costumi
e le regole.
Ho perso ore e orologio
calendario e aspettative
le speranze e le certezze.
Ho perso tutto ciò che era
tutte le inutili attese
tutto quello che avevo cercato
tutto quello per cui avevo camminato
e tutto ciò che è avevo lasciato
sul ciglio della strada.
E così, nel perdere tutto
ho anche perso la paura
la paura di infrangere le regole
e le autocritiche feroci
la paura della morte
e la paura della vita
la paura di perdersi
e la paura di perdere
E completamente nuda
priva della vecchia pelle
ho trovato un cuore
che vibra dentro ogni poro
del mio essere
un profondo tamburo
fatto di argilla
stelle e radici
il suo eco dentro di me
è la voce della Vecchia Donna
Fu allora che ricordai
battito dopo battito
che ero viva
eternamente viva
che ero libera
coraggiosamente libera

Ada Luz Márquez, Hermana Águila
- C’è stato un momento -

Buona giornata a tutti :-)


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domenica 12 febbraio 2023

L'accettazione consiste nel vedere le cose come sono davvero e non come vorremmo che fossero - Jeff Foster

 Non voglio sentire ciò che credi
Non sono interessato alle tue certezze
Non può fregarmene di meno della tua perfezione
Dividi con me i tuoi dubbi
Apri il tuo cuore tenero
Lasciami entrare nelle tue fatiche
Ti incontrerò in quel luogo
Dove le conclusioni spirituali
Si spezzeranno
Ecco dove la creatività giace
Ecco dove la novità risplende
Ecco dove possiamo davvero incontrarci:
oltre l’immagine.

Le tue imperfezioni
sono così perfette
in questa luce.

Non voglio che tu sia perfetto
voglio che tu sia vero.

Da: Jeff Foster, “Falling In Love With Where You Are“, Non-Duality Press, 2013

 
Accettazione non significa dover rinunciare ai nostri tentativi di evitare che le cose vadano male, come se, tra l’altro, questo fosse possibile. 
E non sto dicendo che in pratica dovremmo stare con le mani in mano e lasciare che accadano cose spiacevoli, se possiamo fare qualcosa al riguardo. 
Nessuno vuole che i propri cari si ammalino. 
Nessuno vuole perdere tutti i propri soldi o essere ferito in un incidente d’auto. 
Nessuno vuole essere lasciato dal partner all’improvviso. 
Nessuno vuole essere aggredito fisicamente. 
Ma queste cose accadono. 
La vita non va sempre secondo i nostri piani. 
Anche quando abbiamo le migliori intenzioni, quando facciamo i progetti più solidi, quando ricorriamo al pensiero positivo o alle preghiere e cerchiamo di manifestare il nostro destino, anche quando seguiamo il nostro cammino spirituale e promuoviamo la nostra evoluzione, accadono cose che, potendo scegliere, non avremmo fatto accadere, e ci mostrano di continuo, che in definitiva non abbiamo il controllo di questa cosa che chiamiamo vita. 
Perfino le cosiddette persone più illuminate sono finite in un letto d’ospedale a chiedere altra morfina per il tremendo dolore causato da un tumore.
Intendo dire che, se vogliamo essere davvero liberi, dobbiamo affrontare questa realtà a occhi aperti. 
Dobbiamo smettere di negare la realtà, lasciar perdere velleità e speranze, e dire la verità sulla vita così com’è. 
Nell’ammettere la verità di questo momento risiede una grande libertà, per quanto questa verità si scontri con le nostre speranze, i nostri sogni e i nostri progetti.

- Jeff Foster - 
da: "Il risveglio spirituale nella vita quotidiana"


Buona giornata a tutti :-)


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lunedì 12 dicembre 2022

Il Natale di Martin - Lev Nikolàevič Tolstòj

 In una certa città viveva un ciabattino, di nome Martin Avdeic. Lavorava in una stanzetta in un seminterrato, con una finestra che guardava sulla strada. Da questa poteva vedere soltanto i piedi delle persone che passavano, ma ne riconosceva molte dalle scarpe, che aveva riparato lui stesso. Aveva sempre molto da fare, perché lavorava bene, usava materiali di buona qualità e per di più non si faceva pagare troppo.
Anni prima, gli erano morti la moglie e i figli e Martin si era disperato al punto di rimproverare Dio. Poi un giorno, un vecchio del suo villaggio natale, che era diventato un pellegrino e aveva fama di santo, andò a trovarlo. E Martin gli aprì il suo cuore.
- Non ho più desiderio di vivere - gli confessò. - Non ho più speranza.
Il vegliardo rispose: « La tua disperazione è dovuta al fatto che vuoi vivere solo per la tua felicità. Leggi il Vangelo e saprai come il Signore vorrebbe che tu vivessi.» 
Martin si comprò una Bibbia. In un primo tempo aveva deciso di leggerla soltanto nei giorni di festa ma, una volta cominciata la lettura, se ne sentì talmente rincuorato che la lesse ogni giorno.
E cosi accadde che una sera, nel Vangelo di Luca, Martin arrivò al brano in cui un ricco fariseo invitò il Signore in casa sua. Una donna, che pure era una peccatrice, venne a ungere i piedi del Signore e a lavarli con le sue lacrime. Il Signore disse al fariseo: «Vedi questa donna? Sono entrato nella tua casa e non mi hai dato acqua per i piedi. Questa invece con le lacrime ha lavato i miei piedi e con i suoi capelli li ha asciugati... Non hai unto con olio il mio capo, questa invece, con unguento profumato ha unto i miei piedi.» 
Martin rifletté. Doveva essere come me quel fariseo. Se il Signore venisse da me, dovrei comportarmi cosi? Poi posò il capo sulle braccia e si addormentò.
All'improvviso udì una voce e si svegliò di soprassalto. Non c'era nessuno. Ma senti distintamente queste parole: 
- Martin! Guarda fuori in strada domani, perché io verrò.
L'indomani mattina Martin si alzò prima dell'alba, accese il fuoco e preparò la zuppa di cavoli e la farinata di avena. Poi si mise il grembiule e si sedette a lavorare accanto alla finestra. Ma ripensava alla voce udita la notte precedente e così, più che lavorare, continuava a guardare in strada. Ogni volta che vedeva passare qualcuno con scarpe che non conosceva, sollevava lo sguardo per vedergli il viso.
Passò un facchino, poi un acquaiolo. E poi un vecchio di nome Stepanic, che lavorava per un commerciante del quartiere, cominciò a spalare la neve davanti alla finestra di Martin che lo vide e continuò il suo lavoro.
Dopo aver dato una dozzina di punti, guardò fuori di nuovo. Stepanic aveva appoggiato la pala al muro e stava o riposando o tentando di riscaldarsi. Martin usci sulla soglia e gli fece un cenno.
- Entra - disse - vieni a scaldarti. Devi avere un gran freddo.
- Che Dio ti benedica!- rispose Stepanic. Entrò, scuotendosi di dosso la neve e si strofinò ben bene le scarpe al punto che barcollò e per poco non cadde.
- Non è niente - gli disse Martin. - Siediti e prendi un po' di tè.
Riempi due boccali e ne porse uno all'ospite. Stepanic bevve d'un fiato. Era chiaro che ne avrebbe gradito un altro po'. Martin gli riempi di nuovo il bicchiere. Mentre bevevano, Martin continuava a guardar fuori della finestra.
- Stai aspettando qualcuno? - gli chiese il visitatore.
- Ieri sera- rispose Martin - stavo leggendo di quando Cristo andò in casa di un fariseo che non lo accolse coi dovuti onori. Supponi che mi succeda qualcosa di simile. Cosa non farei per accoglierlo! Poi, mentre sonnecchiavo, ho udito qualcuno mormorare: "Guarda in strada domani, perché io verrò".
Mentre Stepanic ascoltava, le lacrime gli rigavano le guance. - Grazie, Martin Avdeic. Mi hai dato conforto per l'anima e per il corpo.
Stepanic se ne andò e Martin si sedette a cucire uno stivale. Mentre guardava fuori della finestra, una donna con scarpe da contadina passò di lì e si fermò accanto al muro. Martin vide che era vestita miseramente e aveva un bambino fra le braccia. Volgendo la schiena al vento, tentava di riparare il piccolo coi propri indumenti, pur avendo indosso solo una logora veste estiva. Martin uscì e la invitò a entrare. Una volta in casa, le offrì un po' di pane e della zuppa. 
- Mangia, mia cara, e riscaldati - le disse.
Mangiando, la donna gli disse chi era: - Sono la moglie di un soldato. Hanno mandato mio marito lontano otto mesi fa e non ne ho saputo più nulla. Non sono riuscita a trovare lavoro e ho dovuto vendere tutto quel che avevo per mangiare. Ieri ho portato al monte dei pegni il mio ultimo scialle.
Martin andò a prendere un vecchio mantello. - Ecco - disse. - È un po' liso ma basterà per avvolgere il piccolo.
La donna, prendendolo, scoppiò in lacrime. - Che il Signore ti benedica.
- Prendi - disse Martin porgendole del denaro per disimpegnare lo scialle. Poi l’accompagnò alla porta.
Martin tornò a sedersi e a lavorare. Ogni volta che un'ombra cadeva sulla finestra, sollevava lo sguardo per vedere chi passava. 
Dopo un po', vide una donna che vendeva mele da un paniere. Sulla schiena portava un sacco pesante che voleva spostare da una spalla all'altra. Mentre posava il paniere su un paracarro, un ragazzo con un berretto sdrucito passò di corsa, prese una mela e cercò di svignarsela. Ma la vecchia lo afferrò per i capelli. Il ragazzo si mise a strillare e la donna a sgridarlo aspramente.
Martin corse fuori. La donna minacciava di portare il ragazzo alla polizia. - Lascialo andare, nonnina - disse Martin. - Perdonalo, per amor di Cristo.
La vecchia lasciò il ragazzo. - Chiedi perdono alla nonnina - gli ingiunse allora Martin.
Il ragazzo si mise a piangere e a scusarsi. Martin prese una mela dal paniere e la diede al ragazzo dicendo: - Te la pagherò io, nonnina.
- Questo mascalzoncello meriterebbe di essere frustato - disse la vecchia.
- Oh, nonnina - fece Martin - se lui dovesse essere frustato per aver rubato una mela, cosa si dovrebbe fare a noi per tutti i nostri peccati? Dio ci comanda di perdonare, altrimenti non saremo perdonati. E dobbiamo perdonare soprattutto a un giovane sconsiderato.
- Sarà anche vero - disse la vecchia - ma stanno diventando terribilmente viziati.
Mentre stava per rimettersi il sacco sulla schiena, il ragazzo sì fece avanti. - Lascia che te lo porti io, nonna. Faccio la tua stessa strada.
La donna allora mise il sacco sulle spalle del ragazzo e si allontanarono insieme.
Martin tornò a lavorare. Ma si era fatto buio e non riusciva più a infilare l'ago nei buchi del cuoio. Raccolse i suoi arnesi, spazzò via i ritagli di pelle dal pavimento e posò una lampada sul tavolo. Poi prese la Bibbia dallo scaffale.
Voleva aprire il libro alla pagina che aveva segnato, ma si apri invece in un altro punto. Poi, udendo dei passi, Martin si voltò. Una voce gli sussurrò all'orecchio:
- Martin, non mi riconosci?
- Chi sei? - chiese Martin.
- Sono io - disse la voce. E da un angolo buio della stanza uscì Stepanic, che sorrise e poi svanì come una nuvola. 
- Sono io - disse di nuovo la voce. E apparve la donna col bambino in braccio. Sorrise. Anche il piccolo rise. Poi scomparvero.
- Sono io - ancora una volta la voce. La vecchia e il ragazzo con la mela apparvero a loro volta, sorrisero e poi svanirono.
Martin si sentiva leggero e felice. Prese a leggere il Vangelo là dove si era aperto il libro. In cima alla pagina lesse: « Ebbi fame e mi deste da mangiare, ebbi sete e mi dissetaste, fui forestiero e mi accoglieste. In fondo alla pagina lesse: Quanto avete fatto a uno dei più piccoli dei miei fratelli, l’avete fatto a me.» 
Così Martin comprese che il Salvatore era davvero venuto da lui quel giorno e che lui aveva saputo accoglierlo.
Lev Nikolàevič Tolstòj


C'è vita solo dove c'è amore.
La vita senza amore è morte.
La legge dell'amore governa il mondo.
Se c'è nel cuore umano un amore puro, tutto il resto segue automaticamente e il campo del servizio è illimitato.
Se si aprono le porte del cuore tutto può entrarvi.

- Mahatma Gandhi -


Dire che non hai tempo di migliorare i tuoi pensieri e la tua vita è come dire che non hai tempo per fermarti a fare benzina perché sei troppo impegnato a guidare.
Alla fine sarai comunque costretto a fermarti.

- Robin Sharma - 
da Il Monaco che vendette la sua Ferrari




"Oggi è stata fatta un'inversione pericolosa: si parla dell'amore del prossimo, ma non si parla dell'amore di Dio. Tutto quello che riguarda Dio non riguarda più gli uomini. Dio è come sparito dall'orizzonte della vita umana. Se è presente, è presente soltanto per insegnare ad operare la giustizia, per servire meglio i fratelli. Se il cristianesimo consiste nel servire i fratelli, non di capisce perchè si debba andare in Paradiso, visto che in Paradiso non ci sono più fratelli da servire".

- Don Divo Barsotti - 




Buona giornata a tutti :-)



lunedì 28 novembre 2022

Resta solo l'amore - Bert Hellinger

La vita ti delude perché tu smetta di vivere con illusioni e di vedere la realtà.
La vita distrugge tutto ciò che è superfluo fino a quando non rimane solo l'importante.
La vita non ti lascia in pace, perché tu smetta di incolpare te stesso e accetti tutto come ′′è".
La vita ritirerà ciò che hai, finché non smetti di lamentarti e inizi a ringraziare.
La vita invia persone conflittuali per curarti, affinché tu smetta di guardare fuori e inizi a riflettere ciò che sei dentro.
La vita ti permette di cadere di nuovo e di nuovo, finché non decidi di imparare la lezione.
La vita ti toglie dalla strada e ti presenta crocevia, finché non smetti di voler controllare tutto e scorrere come un fiume.
La vita mette i tuoi nemici sulla strada, finché non smetti di ′′reagire".
La vita ti spaventa e ti spaventerà quante volte sarà necessario, fino a quando non perderai la paura e ti riprenderai la fede.
La vita ti separa dalle persone che ami, fino a quando non capisci che non siamo questo corpo, ma l'anima che contiene.
La vita ride di te molte volte, fino a quando non smetti di prendere tutto così sul serio e puoi ridere di te stesso.
La vita ti spezza in tante parti, quante ne sono necessarie, perché la luce penetri in te.
La vita affronta i ribelli, finché non smetti di cercare di controllare.
La vita ripete lo stesso messaggio, se necessario con grida e tapas, fino a quando non lo ascolti finalmente.
La vita invia raggi e tempeste per svegliarsi.
La vita ti umilia e a volte ti sconfigge di nuovo e di nuovo finché non decidi di lasciare che il tuo ego muoia.
La vita ti nega beni e grandezza finché non smetti di volere beni e grandezza e inizi a servire. 
La vita taglia le tue ali e pota le tue radici, fino a quando non hai bisogno di ali o radici, sparisci solo nelle forme e il tuo essere vola. 
La vita ti nega miracoli, finché non capisci che tutto è un miracolo.
La vita accorcia il tuo tempo, perché ti sbrighi ad imparare a vivere. 
La vita ti ridicolizza finché non ti fai niente, nessuno, perché allora ti trasformi in tutto. 
La vita non ti dà ciò che vuoi, ma ciò di cui hai bisogno per evolverti. 
La vita ti fa male e ti tormenta fino a quando non molli i tuoi capricci e apprezzi il respiro.
La vita ti nasconde tesori fino a quando non impari ad uscire in vita e a cercarli.
La vita nega Dio, finché non lo vedi in tutti e in tutto.
La vita ti sveglia, ti pota, ti spezza, ti delude... ma credimi, questo è perché il tuo migliore io si manifesti... finché solo l'amore non rimane in te.

- Bert Hellinger - 
16 dicembre 1925 – 19 settembre 2019, è stato uno psicologo e scrittore tedesco
Da: Il viaggio interiore
 

Ed è facile essere amici quando c'è da far festa, ma il vero amico è colui che resta al tuo fianco quando le feste finiscono, quando nella tua vita cala il buio, quando tutto è difficile, quando niente ha più senso. Quando il mondo ti crolla addosso, ma lui è lì che ti tiene per mano.

Autore sconosciuto

 

Strana la vita. Quando uno è piccolo, il tempo non passa mai. Poi, da un giorno all'altro ti ritrovi a cinquant'anni, e l'infanzia o quel che ne resta è in una fotografia, che è pure un po' sbiadita...

Autore sconosciuto


Buona giornata a tutti :-)

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venerdì 14 ottobre 2022

C'è chi - Wislawa Szymborska

C'è chi meglio degli altri realizza la sua vita.
E' tutto in ordine dentro e attorno a lui.
Per ogni cosa ha metodi e risposte.
E' lesto a indovinare il chi il come il dove
e a quale scopo.
Appone il timbro a verità assolute,
getta i fatti superflui nel tritadocumenti,
e le persone ignote
dentro appositi schedari.
Pensa quel tanto che serve,
non un attimo di più,
perché dietro quell'attimo sta in agguato il dubbio.
E quando è licenziato dalla vita,
lascia la postazione
dalla porta prescritta.
A volte un po' lo invidio
- per fortuna mi passa -

- Wislawa Szymborska -

«È importante sapersi ritirare in se stessi: un eccessivo contatto con gli altri, spesso così dissimili da noi, disturba il nostro ordine interiore, riaccende passioni assopite, inasprisce tutto ciò che nell’animo vi è di debole o di non ancora perfettamente guarito. 
Vanno opportunamente alternate le due dimensioni della solitudine e della socialità: la prima ci farà provare nostalgia dei nostri simili, l’altra di noi stessi; in questo modo, l’una sarà proficuo rimedio dell’altra. 
La solitudine guarirà l’avversione alla folla, la folla cancellerà il tedio della solitudine.»

- Lucio Anneo Seneca -
da: “De tranquillitate animi”


“Un anno fa sono stato sospeso dall’Università per avere rifiutato il green pass. In tutta Italia siamo stati sospesi in due su 70.000 docenti (oltre a me, Marco Villoresi di Firenze). 

Oggi torno a lezione, nel generale silenzio dei colleghi, per i quali tutto procede tranquillo, come se non fosse accaduto niente. 

Non parlerò agli studenti della cultura che non ha nemmeno più vergogna di se stessa, né della vigliaccheria di chi dovrebbe invece insegnare lo spirito critico.

 Parlerò solo di bellezza, di barlumi di luce da proteggere e dei solitari cavalieri erranti che salvarono il mondo dallo sfacelo».

- Francesco Benozzo - 


Buona giornata a tutti :-)

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martedì 23 agosto 2022

da: Brevetto di volo per aquile e polli - Anthony De Mello

Un giorno, mi trovavo sulle coste irlandesi e vidi arrivare uno stormo di oche selvatiche di ritorno dall’Islanda.
Mentre le stavo osservando, mi si avvicinò un uomo che mi raccontò di come si svolge il loro viaggio.
Mi spiegò che lo stormo poteva giungere a destinazione solo se i suoi componenti si fossero aiutati a vicenda.
Mi disse che le oche volano sempre in una caratteristica formazione a V, e che se ogni uccello mantiene la corretta posizione, l’aria crea un sostegno di cui gode tutto lo stormo.
E se un elemento esce dalla fila, gli altri sentono subito aggravarsi il peso e la fatica del volo.
Mi disse inoltre che davanti a tutti si mette l’uccello più forte e questo detiene il comando per tutto il tempo che gli è possibile, spostandosi poi nella posizione più arretrata, quando non riesce più a mantenere un’adeguata velocità.
Ma dal fondo continua a lanciare un grido di incitamento, per incoraggiare quelli davanti a tenere una velocità elevata.
Quando poi un uccello comincia a indebolirsi, si distacca dal gruppo, affinché gli altri non abbiano a soffrire per causa sua, ma a quel punto altri due uccelli stanno dietro, assieme a lui per offrirgli protezione e speranza.
E quando il compagno debole ha ripreso le forze, i tre proseguono insieme e cercano di riunirsi alla formazione.
Tutti i componenti sanno che il forte starà vicino al debole nei momenti difficili come in quelli tranquilli, nei momenti di debolezza come in quelli di vigore.
 
- Anthony De Mello -
da: Brevetto di volo per aquile e polli, pagg. 181-182


C'era una volta un pesciolino che chiedeva informazioni a chiunque incontrasse.
Ma pareva che nessuno lo sapesse.
Finalmente un giorno incontrò un pesce più anziano e più saggio di lui che gli rispose:

“Certo che so dov’è l’oceano!”.
“Ah, sì? E dov’è?”, chiese ansiosamente il pesciolino.
“Ma non vedi? L’oceano è qui, intorno a te. Ci stai nuotando dentro”.
Ma la risposta non convinse il pesciolino:
“Questo non è l’oceano. È solo acqua”, disse fra sé, e nuotò in un’altra direzione alla ricerca di una diversa, e più soddisfacente risposta.

“Scusate”, diceva tutto agitato, “sto cercando l’oceano, sapete dirmi dove posso trovarlo?”.


Buona giornata a tutti :-)





 




 

mercoledì 17 agosto 2022

Donaci Signore occhi nuovi - don Tonino Bello

  Nella preghiera eucaristica ricorre una frase che sembra mettere in crisi certi moduli di linguaggio entrati ormai nell'uso corrente, come ad esempio l'espressione "nuove povertà".
La frase è questa: "Signore, donaci occhi per vedere le necessità e le sofferenze dei fratelli...".
Essa ci suggerisce tre cose.
Anzitutto che, a fare problema, più che le "nuove povertà", sono gli "occhi nuovi" che ci mancano. 
Molte povertà sono "provocate" proprio da questa carestia di occhi nuovi che sappiano vedere. 
Gli occhi che abbiamo sono troppo antichi. Fuori uso. Sofferenti di cataratte. Appesantiti dalle Diottrie. Resi strabici dall'egoismo. Fatti miopi dal tornaconto. 
Si sono ormai abituati a scorrere indifferenti sui problemi della gente. Sono avvezzi a catturare più che a donare. Sono troppo lusingati da ciò che "rende" in termini di produttività. 
Sono così vittime di quel male oscuro dell'accaparramento, che selezionano ogni cosa sulla base dell'interesse personale. A stringere, ci accorgiamo che la colpa di tante nuove povertà sono questi occhi vecchi che ci portiamo addosso. Di qui, la necessità di implorare "occhi nuovi". 
Se il Signore ci favorirà questo trapianto, il malinconico elenco delle povertà si decurterà all'improvviso, e ci accorgeremo che, a rimanere in lista d'attesa, saranno quasi solo le povertà di sempre.
Ed ecco la seconda cosa che ci viene suggerita dalla preghiera della Messa.
Oltre alle miserie nuove "provocate" dagli occhi antichi, ce ne sono delle altre che dagli occhi sono "tollerate". Miserie, cioè, che è arduo sconfiggere alla radice, ma che sono egualmente imputabili al nostro egoismo, se non ci si adopera perché vengano almeno tamponate lungo il loro percorso degenerativo. Sono nuove anch'esse, nel senso che oggi i mezzi di comunicazione ce le sbattono in prima pagina con una immediatezza crudele che prima non si sospettava neppure. Basterà pensare alle vittime dei cataclismi della storia e della geografia. Ai popoli che abitano in zone colpite sistematicamente dalla siccità. Agli scampati da quelle bibliche maledizioni della terra che ogni tanto si rivolta contro l'uomo. 
Alle turbe dei bambini denutriti. Ai cortei di gente mutilata per mancanza di medicine e di assistenza. Anche per queste povertà ci vogliono occhi nuovi. Che non spingano, cioè, la mano a voltar pagina o a cambiare canale, quando lo spettacolo inquietante di certe situazioni viene a rovinare il sonno o a disturbare la digestione.
E infine ci sono le nuove povertà che dai nostri occhi, pur lucidi di pianto, per pigrizia o per paura vengono "rimosse". Ci provocano a nobili sentimenti di commossa solidarietà, ma nella allucinante ed iniqua matrice che le partorisce non sappiamo ancora penetrare. 
La preghiera della Messa sembra pertanto voler implorare: "Donaci, Signore, occhi nuovi per vedere le cause ultime delle sofferenze di tanti nostri fratelli, perché possiamo esser capaci di "aggredirle". Si tratta di quelle nuove povertà che sono frutto di combinazioni incrociate tra le leggi perverse del mercato, gli impianti idolatrici di certe rivoluzioni tecnologiche, e l'olocausto dei valori ambientali, sull'altare sacrilego della produzione. 
Ecco allora la folla dei nuovi poveri, dagli accenti casalinghi e planetari.
Sono, da una parte, i terzo mondiali estromessi dalla loro terra. I popoli della fame uccisi dai detentori dell'opulenza. Le tribù decimate dai calcoli economici delle superpotenze. Le genti angariate dal debito estero. 
Ma sono anche i fratelli destinati a rimanere per sempre privi dell'essenziale: la salute, la casa, il lavoro, la partecipazione. Sono i pensionati con redditi bassissimi. Sono i lavoratori che, pur ammazzandosi di fatica, sono condannati a vivere sott'acqua e a non emergere mai a livelli di dignità. Di fronte a questa gente non basta più commuoversi. Non basta medicare le ustioni a chi ha gli abiti in fiamme. I soli sentimenti assistenziali potrebbero perfino ritardare la soluzione del problema. 
Occorre chiedere "occhi nuovi".
"Donaci occhi per vedere le necessità e le sofferenze dei fratelli. 
Occhi nuovi, Signore. 
Non cataloghi esaustivi di miserie, per così dire, alla moda. 
Perché, fino a quando aggiorneremo i prontuari allestiti dalle nostre superficiali esuberanze elemosiniere e non aggiorneremo gli occhi, si troveranno sempre pretestuosi motivi per dare assoluzioni sommarie alla nostra imperdonabile inerzia.
Donaci occhi nuovi, Signore".

- don Tonino Bello, vescovo -
tratto dal libro “La provocazione di Dio – Le grida degli oppressi” della collana “Profezia di pace”


"Ricordatevi che quando comparirete davanti a Dio, chi vi farà le raccomandazioni non saranno né i senatori né i pezzi grossi, ma i poveri della stazione".

- don Tonino Bello, vescovo -


"Quando la mia chiesa mi chiederà qualcosa, spero di non aver null'altro da darle che questo: né denaro, né prestigio, né potere. Ma solo acqua, vino e pane. La trilogia di una esistenza ridotta all'essenziale".

- don Tonino Bello, vescovo - 



"I cristiani sono coloro che portano la veste battesimale nei cantieri di lavoro e la tuta di lavoro in chiesa".

- don Tonino Bello, vescovo - 



Buona giornata a tutti. :-)

lunedì 8 agosto 2022

A chi crede nel suo pezzo di cielo

 Queste undici righe sono dedicate a chi crede
nel suo pezzo di cielo.
A chi non vuole abbassare la testa,
perché se guardi in terra, non vedi tutto il resto.
E in quel tutto il resto,
c'è tutto ciò che potrai essere.
A chi non si è mai arreso, perché se alzi le mani,
ti possono colpire dove vogliono.
In viso, sul corpo, ma soprattutto dentro.
A chi si emoziona ancora,
perché un uomo senza le sue emozioni
è come una terra senza vento.
Che muore lentamente,
perché è il vento che porta la vita.
A chi non ha mai smesso di giocare,
perché solamente chi gioca impara a perdere.
E nessuna sconfitta potrà mai sconfiggerlo,
perché sa che c'è sempre una rivincita.
A chi pensa che i sogni facciano parte della realtà,
una parte che all'inizio può essere invisibile,
ma che un giorno potrà arrivare a vedere,
oltre quell'orizzonte.
A chi crede che il suo pezzo di cielo
sia com'è tutto il cielo.
Infinito.

- Traindogs 433 -  da A chi crede nel suo pezzo di cielo 

 

Innamoratevi delle persone come realmente sono
e non come le vuole la vostra fantasia.
Innamoratevi delle persone vere,
con le loro fragilità, con i loro difetti,
con gli errori che hanno commesso.
Ed accettatele come sono.
Non amate mai le persone
col desiderio di cambiarle.
Innamoratevi degli sguardi, delle carezze,
delle tenerezze che queste persone vi possono dare.
Solo così è amore vero che può durare.

- Agostino Degas -


Nella vita il vero successo
non è quello sotto i riflettori,
non è la fama
o la ricchezza economica.
Prima o poi finisce tutto.
Quello destinato ad accompagnarci
per tutta la vita, è ben altro:
coltivare la propria dignità,
non lasciarsi mai sopraffare
dall'arroganza e dall'orgoglio.
Rimanere sempre semplici e gentili.
Coltivare la gratitudine.

- Richard Gere - 


Buona giornata a tutti :-)