Cambiare atteggiamento
Con ciò che vedo in modo nuovo posso
relazionarmi anche in modo nuovo.
Il modello interpretativo della fede
conduce al modello comportamentale dell’amore. Ciò che ho riconosciuto come
buono lo tratto anche bene, lo amo anche; ciò che mi è diventato caro a causa
del nuovo modo di vedere, lo tratto con cautela e con dolcezza.
La fede è la scoperta della soluzione di
secondo ordine mediante la diversa interpretazione della situazione.
L’amore è
la realizzazione di questa soluzione.
La fede vede, l’amore agisce.
L’amore non
solo tratta bene, ma fa anche bene; risveglia il bene che la fede ha scoperto
nella diversa interpretazione della realtà, per la vita.
L’amore cambia la
realtà, la rende buona, configura il bene che c’è in essa.
La fede interpreta
diversamente, l’amore trasforma.
Su nessun altro termine si è scritto tanto
come sul termine amore.
Non intendo analizzare le varie definizioni dell’amore;
mi limito a evidenziare l’aspetto suggerito dall’etimologia del termine: amore
come avere caro e fare bene. Da questo punto di vista il sentimento gioca un
ruolo subordinato. L’aspetto decisivo è l’azione, ma non un’azione esteriore,
che ci si impone dall’esterno come comandamento o dovere, bensì un’azione che
scaturisce da una visione.
L’amore deve essere autentico, non artificiale, non
deve essere una benevolenza di facciata. Ma ciò che rende autentico l’amore non
è un traboccante sentimento di simpatia o di innamoramento, ma la fede nel bene
che c’è nell’altro.
L’amore non riguarda solo le persone ma, come affermava già
Gesù, anche noi stessi e Dio.
Ora vogliamo considerare brevemente questi tre
aspetti:
Amare se stessi
Se credo di essere stato creato buono da
Dio, se credo che lui mi vuole bene, mi accetta così come sono, devo
comportarmi bene anche con me stesso.
A cominciare dall’ascolto dei miei
desideri e aneliti più intimi e dal godimento di ciò che mi fa veramente bene.
Può essere anche una buona cena e un buon bicchiere di vino. Ma questo non
soddisfa i miei bisogni più profondi.
Devo ascoltare i miei veri desideri e
aneliti.
Devo ascoltare ciò che c’è nelle profondità del mio essere al punto da
incontrarvi Dio e comprendere ciò che egli vuole da me.
È questo ciò che mi fa veramente bene, che
risveglia in me la mia vita personale, assolutamente unica, non basata sulle
aspettative degli altri e sulle richieste del mio SuperIo, ma originaria e
autentica.
È questa vita che devo godermi e cercare di sviluppare.
Posso essere
aiutato in questo dall’adozione di uno stile di vita personale, uno stile di
vita sano che mi fa sentire bene, mi dà la sensazione di vivere personalmente e
non fatto vivere da altri, di organizzare personalmente le mie giornate e la
mia vita, di vivere nel momento presente, pienamente me stesso, pienamente
presente a ciò che sto facendo e in grado di imprimere la mia forma a tutto ciò
che faccio.
La sensazione di essere fatti vivere,
trascinati e determinati da altri, ci rende infelici. L’amore per noi stessi
consiste nell’usare bene il nostro tempo, affrontare le sue sfide e fare veramente
nostro ciò che ci viene offerto dall’esterno.
Quando abbiamo l’impressione di
essere programmati da altri, di essere inseguiti dai nostri appuntamenti e
dalle scadenze proviamo un senso di estraniazione.
C’è qualcosa di estraneo che
domina la nostra vita. L’amore dovrebbe trasformare ciò che è estraneo in
qualcosa di proprio, di personale.
Se accetto liberamente come una sfida
proveniente da Dio un lavoro che mi viene imposto dall’esterno, esso non è più
per me un peso che mi grava sullo stomaco, del quale sbarazzarmi il prima
possibile, ma diventa il mio lavoro. L’oggetto del lavoro mi è imposto da altri
e al riguardo io non posso fare nulla. Ma il come lo faccio dipende da me. E
prendendo personalmente in mano il come, trasformo anche l’oggetto.
La pietra
che scolpisco esprime ciò che c’è dentro di me.
Il lavoro che mi viene imposto
dall’esterno è una pietra in cui posso esprimere ciò che c’è dentro di me
attraverso il mio modo di lavorarla.
L’amore modella e plasma il dato,
trasformandolo in una parte di me.
Amare se stessi significa accettarsi.
Oggi
ci si imbatte continuamente e ovunque in questo consiglio di accettarsi. Ma il
problema è come farlo concretamente. Amare significa avere caro, maneggiare
bene: è qualcosa che ha a che fare con le mani.
Anche l’accettare richiede le
mani; posso accettare solo con le mani: quando prendo qualcosa in mano, esso diventa
parte di me. Accettare se stessi significa prendersi in mano, trattarsi
affettuosamente, bene.
L’amore è qualcosa di manuale, qualcosa di fisico.
Mi tratto
bene, quando tratto bene il mio corpo; non devo rammollirlo, ma fare in modo
che possa lasciare trasparire Dio. Devo ascoltarlo. Attraverso la malattia, le
menomazioni, le sofferenze mi dice qualcosa su me stesso. Devo accettare,
prendere in mano, far diventare una parte di me ciò che mi dice e riconciliarmi
con esso.
Lo stesso vale per i pensieri che
affiorano in me.
Devo accoglierli e accettarli come una parte di me. Ma devo
anche rendermi conto se i pensieri mi assalgono dall’esterno e mi impediscono
di essere me stesso. In questo caso devo combattere anche contro i pensieri e
introdurre in me solo i pensieri buoni, quelli che possono guarirmi.
I monaci
cercavano di riempirsi di buoni pensieri leggendo la Bibbia.
La loro lettura
della Bibbia non era dettata solo dall’amore per Dio, ma anche dall’amore per
se stessi. Infatti, la Bibbia scaccia i nostri pensieri negativi e ci guarisce
con i pensieri di Dio, che ci permettono di scoprire il nostro vero nucleo.
Ogni forma di ascesi è, in definitiva, amore di se stessi.
Ci trattiamo bene,
cerchiamo di incrementare il nucleo buono e di ridurre con gli strumenti
ascetici ‑ disciplina, preghiera, lettura della Bibbia, digiuno, ecc. ‑ quel
groviglio di spine che ci impedisce di svilupparci e di fiorire.
Amare Dio
Che cosa vuole dire Gesù quando afferma
che dobbiamo amare Dio con tutto il cuore e con tutta l’anima, con tutti i
nostri pensieri e con tutte le nostre forze? (Mc 12,30).
Tutti conosciamo
questi comandamenti. Ma che cosa accade se amo Dio con tutto il cuore? Nel suo
discorso di addio Gesù dice: «Se mi amate, osserverete i miei comandamenti» (Gv
14,15). Gesù definisce l’amore in termini di comportamento, di azione.
Osservare i comandamenti significa trattare se stessi, la propria vita, il
proprio tempo, la creazione e gli altri in modo corrispondente a Dio.
L’amore
di Dio si manifesta nel giusto trattamento delle realtà che lo riflettono,
della sua creazione, soprattutto della sua creazione più alta, l’uomo.
Noi rischiamo continuamente di scambiare le
realtà in cui Dio si riflette per Dio stesso, di perderci in esse al punto da
conferire loro un significato e valore assoluto. Così diventano per noi degli
idoli. Ciò sconvolge e sovverte ogni cosa.
Diventiamo schiavi, schiavi del
successo, del danaro, dei beni materiali, del riconoscimento, schiavi degli
uomini che adoriamo, che diventano tutto per noi.
Amare Dio con tutto il cuore
significa mettere Dio al primo posto, trattare tutto in modo rispondente alla
realtà, come ciò che ci è stato donato da Dio e non come Dio stesso.
Perciò,
amare Dio significa, in ultima analisi, relazionarci in modo rispondente alla
realtà con le persone e le cose, con il nostro tempo e la nostra vita. Se la
mia salute diventa il sommo bene, ruoto esageratamente attorno a me stesso,
tutte le mie energie sono impegnate a evitare che qualcosa mi faccia male e
così la salute diventa per me un idolo. E io non mi tratto già più come dovrei.
Se amo Dio, faccio attenzione anche alla mia salute, non mi distruggo con il
voler raggiungere a tutti i costi questo o quell’obiettivo, ma mi concedo
anche tempo libero e riposo. E tuttavia non ruoto attorno a me stesso e alla
mia salute.
Sono libero di svolgere anche un servizio, di accettare anche la
malattia dalle mani di Dio come qualcosa in cui egli mi parla, mi indica i miei
limiti, il mio disordine interiore, o semplicemente come qualcosa che egli nel
suo imperscrutabile disegno pretende da me, forse per espiare un po’ di male in
questo mondo.
L’amore di Dio si dimostra anche nel
comportamento verso la sua creazione. Se tratto il mondo che mi circonda come
dono di Dio, lo curo e custodisco, non lo saccheggio, non mi atteggio a suo
padrone.
Il Signore della creazione è Dio. Nella mia relazione con la creazione
faccio sempre attenzione a incontrarvi qualcosa di Dio.
La sua creazione è
impregnata del suo Spirito, essa riflette la sua gloria e la sua potenza.
Perciò, nella creazione incontro tangibilmente, nel senso più vero del termine,
Dio. In essa tocco veramente un lembo di Dio, pieno di rispetto reverenziale e
sapendo che il mio amore per Dio, Signore della creazione, si manifesta nel
modo in cui amo la sua creazione.
Ma posso amare Dio solo nelle realtà che
lo riflettono, nei miei simili, nella creazione, in me stesso? Non esiste anche
una relazione diretta con Dio?
I salmi affermano che noi amiamo Dio meditando i
suoi comandamenti, osservando i suoi grandi interventi nella storia,
concordando con ciò che ha creato nella creazione e ha fatto nella storia.
L’amore di Dio si manifesta quindi nel tempo che gli dedichiamo. In questo
tempo ci intratteniamo consciamente con colui che sta dietro ogni creazione e
ogni storia e anche dietro la nostra vita. Ora questo mistero che oltrepassa
ogni realtà visibile viene visto nella Bibbia come una persona, viene descritto
con tratti molto umani, come un Dio degno di amore, ma spesso anche come un Dio
incomprensibile, sulla cui azione bisogna riflettere a lungo, con il quale
bisogna combattere e lottare a lungo, prima di arrendersi e credere di potersi
affidare alle sue mani amorose.
Il mondo e gli uomini lasciano trasparire Dio
solo quando riserviamo del tempo unicamente a lui, lo ascoltiamo nel silenzio
per poterci avvicinare maggiormente a questo mistero, comprenderlo meglio e
diventare infine una cosa sola con lui. Amare Dio significa in ultima analisi
diventare una cosa sola con lui.
L’amore non solo interpreta diversamente,
ma trasforma. Prende in mano Dio e il suo indescrivibile mistero in modo tale
da diventare una cosa sola con lui. L’amore mira proprio a questo: diventare
una cosa sola con lui, sperimentare che la nostra vita è sana solo quando
diventiamo una cosa sola con Dio. E per sperimentarlo dobbiamo dimenticare il
mondo, gli uomini e noi stessi e abbandonarci unicamente a Dio, immergerci in lui,
cadere in ginocchio davanti a lui e adorarlo.
Nell’adorazione non vogliamo
raggiungere più nulla per noi stessi.
Non chiediamo nulla a Dio, neppure la
soluzione dei nostri problemi. Dimentichiamo noi stessi e i nostri problemi,
non ci rimproveriamo e non ci giustifichiamo davanti a Dio.
Smettiamo di
ruotare attorno a noi stessi e ci prostriamo semplicemente, perché Dio ci
tocca, perché egli è più importante della nostra costituzione personale.
In
tutti noi si nasconde questo ardente desiderio di poterci finalmente
dimenticare e di essere toccati da Dio al punto da esclamare: Dio solo basta.
Allora possiamo presagire ciò che significa amare Dio per se stesso.
Amare il Fratello e la Sorella
Il comandamento dell’amore del prossimo
sembra oltrepassare le nostre forze. Come posso amare una persona che mi è
antipatica, che suscita in me sentimenti negativi? Non posso dominare i miei
sentimenti, non posso essere falso con me stesso e con l’altro. Se si parte
dalla concezione dell’amore come trasformazione della realtà diversamente
interpretata o buon trattamento di ciò che è già stato visto come buono,
l’amore non ci costringe a rimuovere i nostri sentimenti negativi e ad adottare
un atteggiamento artificiosamente benevolo verso tutte le persone.
Dobbiamo unicamente costringerci a vedere
diversamente l’altro.
Dobbiamo mettere in discussione i nostri pregiudizi e
cercare di vedere l’altro con gli occhiali della fede e di credere
all’esistenza in lui di un nucleo buono. Non possiamo costringerci ad amare.
L’amore deriva dalla fede. Il nostro dovere è quello di accordare il nostro
comportamento con il nostro modo di vedere. Altrimenti siamo divisi in noi
stessi. Ma non abbiamo bisogno di costringerci a provare sentimenti di amore.
La scoperta di un ardente desiderio del bene nell’altro genera anche in noi
sentimenti più positivi. Amare significa allora prendere sul serio l’ardente
desiderio di bene che esiste nell’altro, scoprire sempre più il bene che c’è in
lui, fare in modo che il bene che c’è in lui abbia il sopravvento su ciò che
c’è di malato e malsano, di malvagio e oscuro, in modo che tutto in lui diventi
buono. Amare significa rendere buono l’altro, trasformarlo sempre più in una
persona buona.
Se la fede è il riconoscimento di una
soluzione di secondo ordine, l’amore realizza questa soluzione. Come la fede,
anche l’amore oltrepassa il livello al quale ci si abbandona a giochi senza
fine. Un gioco senza fine è il gioco della vittoria e della sconfitta. Molte
persone possono relazionarsi fra loro solo a livello di vittoria e sconfitta. O
sono più forte o sono più debole dell’altro, o vinco io o vince lui. Uno deve
sempre perdere. Ma questo è un gioco senza fine. Infatti, dopo aver perso lotto
per vincere la volta successiva. E se non posso vincere contro lo stesso
avversario, cerco qualcun altro che posso vincere. Questo perché non riesco a
sopportare di essere un eterno perdente.
L’amore, abbandona questo livello di
vittoria e sconfitta, lo oltrepassa e si relaziona con l’altro a un livello
superiore. Lo vede non come concorrente, ma come qualcuno che nasconde in sé
molto bene. Ed è interessato a rafforzare il bene che c’è in lui, a risvegliare
le sue possibilità e a lasciarlo vivere. L’amore non ha bisogno della sconfitta
dell’altro per poter credere nel proprio valore e nella propria forza. Chi ha
trovato in se stesso, o meglio in Dio, il proprio fondamento e il proprio
valore può lasciare che anche l’altro affermi il suo valore. Questo è meno
faticoso della continua pressione di dover trionfare sull’altro.
Oltrepassando il livello di vittoria e
sconfitta evito la continua lotta per affermare me stesso. E d’un tratto scopro
molte possibilità più positive di relazionarmi con l’altro. Posso gioire del
suo valore.
Lungi dallo sminuire il mio valore, questo
mi permette di partecipare alla sua ricchezza. Occorre solo molta fantasia per
oltrepassare il livello di vittoria e sconfitta e pervenire così a una
soluzione di secondo ordine. In realtà, l’amore consiste essenzialmente nel
lasciarsi guidare dalle intuizioni, nell’escogitare soluzioni fantasiose, nello
scoprire nuove strade e possibilità. L’amore rende inventivi. A volte è persino
un po’ pazzo. Ma le sue soluzioni pazze sono più umane del gioco infinito che
si svolge a livello di vittoria e sconfitta.
Spesso ci rendiamo più difficile l’amore
per gli uomini, fissandoci ideali troppo alti. Ciò vale per la nostra relazione
con il prossimo. Ci proponiamo continuamente di amare l’altro. E siamo
mortalmente delusi dal fatto che l’altro adotta un atteggiamento diametralmente
opposto, ci resiste e addirittura ci combatte.
Spesso confondiamo l’amore con
l’intesa, con l’armonia. Sarebbe così bello se tutti potessero vivere
armoniosamente insieme. Ma questa è un’utopia. Desideriamo profondamente
l’armonia e pensiamo normalmente che siano gli altri a disturbarla o
addirittura a distruggerla.
Così d’un tratto troviamo difficile continuare ad
amare coloro che rovinano il gioco.
Il vero amore non pone condizioni agli
altri. Li prende così come sono. Vede con lucidità ciò che c’è in loro:
scontentezza, aggressività, sete di potere, brama di riconoscimento, intrighi,
ma anche un ardente desiderio di bene. L’amore non si illude, trasforma il dato
di fatto. Risveglia il bene nelle persone malate e distrutte. L’amore non teme
i conflitti, perché oltrepassa il livello del conflitto. Anche nel conflitto si
chiede che cosa faccia veramente bene all’altro. Poiché l’amore supera il
livello, nel conflitto non si aggrappa con i denti alle emozioni, ma continua
coerentemente a cercare la vera soluzione.
L’ardente desiderio di armonia evita la
dura realtà e si rifugia in un mondo apparente. L’amore affronta la realtà, la
accetta e la trasforma. Si può cambiare solo ciò che si è accettato. L’amore
segue questa legge fondamentale della vita, accettando ciò che trova come dato
di fatto.
Le concezioni utopiche spesso rendono più
difficile l’amore fra i coniugi o fra gli amici. Si stravede per l’amore
reciproco e poi si cade dalle nuvole quando il partner non ha lavato i piatti.
Il sublime volo dell’amore finisce nelle banalità della vita quotidiana. Per
Benedetto da Norcia l’amore fraterno si manifesta molto concretamente nella
disponibilità ad accettare i compiti quotidiani e a svolgerli con coscienza e
cura. L’amore deve incarnarsi e assumere la realtà della vita. La realtà è
spesso dura e formata da mille cose di poco conto. Incontro l’altro non solo
nei suoi sublimi pensieri e sentimenti, ma anche nelle sue abitudini che mi
innervosiscono.
Del resto, per Benedetto l’amore si
manifesta anche nel (sop)portare le reciproche debolezze e i reciproci difetti
(Regola di Benedetto 72).
Invece di abbandonarsi a concezioni utopiche, l’amore
accetta la realtà dell’altro e la concreta convivenza, non chiude gli occhi
davanti alla realtà, ma oltrepassa il livello al quale ci si urta
reciprocamente. Esso vede oltre il visibile ciò che è invisibile nell’altro, la
sua buona intenzione, il suo nucleo buono, le sue possibilità positive. E lo
tratta a partire da questo livello.
Così si relativizzano molti screzi e piccoli
conflitti che non diventano più così tremendamente importanti, non vengono
negati e rimossi, ma accettati e trasformati.
L’utopia finisce in
rassegnazione, mentre l’amore affronta attivamente i problemi della vita
quotidiana, con molta fantasia, con pazienza, con un respiro lungo e con
umorismo, che costituisce una tipica soluzione di secondo ordine.
Queste
peculiarità dell’amore sono state magistralmente descritte da Paolo nella
Lettera ai Corinti: «La carità è longanime (makrothymos, magnanimitas, cuore
grande, lungo respiro), la carità è benigna (chresteuetai, rende buoni) [...]
tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta» (1Cor 13,4.7).
L’amore affronta la realtà, le tiene
testa, la sopporta e la cambia, perché crede al bene che Dio vi ha immesso. E
perché confida che Dio può cambiare tutto con il suo amore.
- Padre Anselm Grün -
Buona giornata a tutti. :-)
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