Una delle più grandi difficoltà della vita comunitaria è che si obbligano a volte le persone a essere diverse da quello che sono; si appiccica su di loro un ideale al quale devono conformarsi.
Se non arrivano a identificarsi all’immagine che si fa di loro, temono di non essere amati o almeno di dare una delusione.
Se ci arrivano, credono di essere perfetti.
Ora, in una comunità, non si tratta di avere delle persone perfette.
Una comunità è fatta di persone legate le une alle altre, ognuna fatta di quel miscuglio di bene e di male, di tenebre e di luce, di amore e di odio.
E la comunità non è che la terra in cui ognuno può crescere senza paura verso la liberazione delle forme d’amore che sono nascoste in lui.
Ma non ci può essere crescita che si riconosce che c’è possibilità di progresso, e dunque che c’è ancora in noi una quantità di cose da purificare, tenebre da trasformare in luce, paure da trasformare in fiducia.
Spesso, nella vita comunitaria, ci si aspetta troppo dalle persone, e s’impedisce loro di riconoscersi e di accettarsi così come sono.
Le si giudica molto presto, o le si classifica in categorie.
Esse sono allora obbligare a nascondersi dietro una certa maschera. Ma loro hanno il diritto di essere brutte, e di avere un mucchio di tenebre dentro di sé, e angoli ancora induriti nel loro cuore in cui si nasconde la gelosia e perfino l’odio!
Queste gelosie, queste insicurezze sono naturali; non sono “malattie vergognose”. Esse appartengono alla nostra natura ferita.
E’ la nostra realtà.
Bisogna impararle ad accettarle, a vivere con esse senza drammi, e a poco a poco, sapendosi perdonati, a camminare verso la liberazione.
Io vedo nelle comunità certe persone vivere una specie di colpevolezza inconscia; hanno l’impressione di non essere quello che dovrebbero essere. Hanno bisogno di essere confermate e incoraggiate alla fiducia.
Hanno bisogno di sentire che possono condividere anche la loro debolezza senza essere respinte.
- Jean Vanier -
Fonte: La comunità luogo del perdono e della festa
"Sotto
un punto di vista generale, per un cattolico tutto è e deve essere cristiano:
la vita individuale, la famiglia, l'attività economica, la concezione
filosofica, la creazione artistica, l'arte politica, sì da non esservi nessun
angolo del proprio essere che non sia impregnato di cristianesimo.
Pertanto, la specifica denominazione di cristiano messa a democratico o afferma una concezione di vita del cristiano o non ha significato.
Pertanto, la specifica denominazione di cristiano messa a democratico o afferma una concezione di vita del cristiano o non ha significato.
Peggio, quel democristiano può degenerare
in demicristiano, in quanto una politica sporca infetta la fede e la pratica
cristiana del soggetto infedele al suo ideale di vita"
- Don Luigi Sturzo -
Perdonatevi scambievolmente in modo tale da
dimenticare il torto ricevuto.
Il ricordo, infatti, della malizia dell’offesa
è complemento di furore, è riserva di peccato, odio della giustizia, freccia
arrugginita, veleno dell’anima, dispersione delle virtù, verme della mente,
distrazione della preghiera, lacerazione delle suppliche rivolte a Dio,
alienazione della carità, chiodo fisso nell’anima, iniquità sempre desta,
rimorso continuo, morte quotidiana. Siffatto vizio è su tutti gli altri
tenebroso e detestabile.
Allontanate, dunque, l’ira spegnete il
ricordo del torto ricevuto poiché se il padre vive genera il figlio; chi invece
ha carità rigetta ogni vendetta: in una parola, chi fomenta inimicizie aumenta
a se stesso un inutile affanno.
- San Francesco di Paola -