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mercoledì 14 settembre 2011

Mentre scende la sera - Madre Anna Maria Cànopi -

Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti, Gesù fece come se dovesse andare più lontano. Ma essi [i due discepoli] insistettero: “Resta con noi perché si fa sera e il giorno già volge al declino”. Ed Egli entrò per rimanere con loro. Quando fu a tavola con loro, prese il pane, disse la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma Lui sparì alla loro vista. Ed essi si dissero l'un l'altro: “Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino, quando ci spiegava le Scritture?”. E partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro.
Dal Vangelo secondo Luca (24,28-33)

 Mentre scende la sera
e un velo di mestizia avvolge i cuori,
Gesù, misterioso Pellegrino,
accompàgnati a tutti i viandanti che,
sulle strade del mondo,
vanno senza meta e senza Parola
dissipa le tristezze,
sciogli i dubbi angosciosi
che ci opprimono la mente;
entra nelle case, e resta a cena con noi…
Possano i nostri occhi riconoscerti
nel gesto dello spezzare il pane,
e il nostro cuore gioisca
al fulgore della tua luce di Risorto.
Amen.

(Madre Anna Maria Cànopi)
Fonte: “L’Adorazione Eucaristica,schemi per la preghiera personale comunitaria”  di Anna Maria Cànopi,Ed. Paoline 2003

Madre Anna Maria Cànopi, è alla guida della comunità monastica benedettina «Mater Ecclesiae» dell’Isola di San Giulio. La comunità si stabilì sull’Isola l’11 ottobre 1973, chiamata da mons. Aldo Del Monte, allora vescovo di Novara. Al piccolo gruppo iniziale, formato da sei monache provenienti dall’Abbazia di Viboldone (Milano), si è aggiunta subito una postulante e ben presto, per grazia di Dio, sempre nuove sorelle. La comunità è oggi formata da quasi un centinaio di membri distribuiti anche nei Priorati dipendenti di «Regina Pacis» – fondato il 12 ottobre 2002, a Saint-Oyen in Valle d’Aosta – e di Fossano (Cuneo), mentre altre sorelle sono in aiuto al Monastero sant’Antonio in Polesine (Ferrara).
Il significato della presenza benedettina sull’Isola si manifestò in modo inequivocabile come richiamo ad una vita “diversa” dove il silenzio è preghiera e la preghiera sostanza di vita atta a glorificare Dio.
San Benedetto concepisce infatti la comunità monastica come una famiglia i cui membri sono legati, mediante i voti religiosi, da un vincolo stabile e indistruttibile. La sua Regola non è altro che una proposta per vivere radicalmente il Vangelo fino alla carità perfetta che consiste nel dare la vita con Cristo, obbediente al Padre, per amore dei fratelli.
La giornata delle monache benedettine si svolge in armoniosa alternanza di preghiera e lavoro.


Buona giornata a tutti. :-)




domenica 21 agosto 2011

Aurora della vita nuova – Madre Anna Maria Cànopi -

Vergine purissima,
innocenza del mondo,
tu sei l’aurora
che si dischiude ogni mattina
davanti al nostro sguardo;
con te ogni cosa rinasce limpida e buona,
e in ogni cuore fiorisce la speranza.
Il tuo immacolato candore
ci attiri alla bellezza dell’eterno Amore,
il tuo dolce sorriso
sia luce ai nostri passi,
dissipi le nubi dei nostri timori.
Accanto a te, Maria,
la nostra vita scorra
nella serenità e nella pace:
tu, che sei nata
per donare al mondo Gesù,
Figlio di Dio e nostro Salvatore,
fa’ che nelle nostre case
fiorisca la vita, regni l’amore,
abbondi la gioia
a lode e gloria di Dio,
Padre, Figlio e Spirito Santo.
Amen.

(Madre Anna Maria Cànopi)
Fonte: Il respiro dell’anima,Ed. Paoline, pag.103, Preghiere mariane

Madonna del Cardellino, 1505
 Raffaello, (1483-1520)
 Palazzo Medici Riccardi in Firenze, Italy



Buona giornata a tutti. :-)

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venerdì 22 luglio 2011

Frutti dello spirito – Anna Maria Cànopi -


Le virtù della vita cristiana

Signore nostro Dio,
inviandoci il tuo Spirito,
tu hai profuso in noi
la fraganza del tuo Amore.
Coltivaci come alberi
che fruttificano in ogni stagione.
Non ci sgomentino le nostre debolezze,
né le necessarie potature
che tu devi operare per mondarci
e farci produrre frutti più abbondanti.
Fa della nostra vita una testimonianza
della fecondità della tua grazia,
dell’onnipotenza del tuo amore
che continuamente crea e rinnova
il nostro cuore e tutte le cose.
Amen.

(Madre Anna Maria Cànopi)


Fonte: "Il respiro dell'Anima" di Anna Maria Cànopi

Tutti i fiumi della vita
passano attraverso la mia valle:
fiumi placidi,
fiumi travolgenti
onde di gioia
flutti di dolore...
Con dolce violenza
li sospingo
verso la tua pace.
Oceano infinito,
Dio-Amore
preghiera scritta dalle monache benedettine dell'Abbazia Mater Ecclesiae
Isola di San Giulio - Orta (No)

venerdì 20 maggio 2011

Paralisi dell’anima – Madre Anna Maria Cànopi

La Parabola Dei Talenti - Matteo 25,14 - 30
14. Avverrà come di un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. 15. A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, a ciascuno secondo la sua capacità, e partì. 16. Colui che aveva ricevuto cinque talenti, andò subito a impiegarli e ne guadagnò altri cinque. 17. Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. 18. Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone. 19. Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò, e volle regolare i conti con loro. 20. Colui che aveva ricevuto cinque talenti, ne presentò altri cinque, dicendo: Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque. 21. Bene, servo buono e fedele, gli disse il suo padrone, sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone. 22. Presentatosi poi colui che aveva ricevuto due talenti, disse: Signore, mi hai consegnato due talenti; vedi, ne ho guadagnati altri due. 23. Bene, servo buono e fedele, gli rispose il padrone, sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone. 24. Venuto infine colui che aveva ricevuto un solo talento, disse: Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso; 25. per paura andai a nascondere il tuo talento sotterra; ecco qui il tuo. 26. Il padrone gli rispose: Servo malvagio e infingardo, sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; 27. avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l'interesse. 28 .Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti. 29. Perché a chiunque ha sarà dato e sarà nell'abbondanza; ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha.


Il messaggio della parabola dei talenti è chiaramente escatologico: riguarda l'esito finale della nostra esistenza. La vita è un dono;  essa ci è affidata come un seme da far fruttificare, come un talento da moltiplicare, come una scintilla da far divampare in una fiamma d'amore…. i doni di natura e di grazia e ci sono dati devono essere usati bene, con sapienza e sollecitudine, senza pigrizie e trascuratezze, ma anche senza ansia e agitazione. Ci è dato un tempo da vivere non con  cuore da schiavi, timorosi delle minacce di un duro padrone e giudice severo, ma con cuore di figli che attendono con crescente desiderio il ritorno del loro Padre, sapendosi da lui amati.
Partito il padrone, i servi della parabola si comportano in modo diverso: i primi due si attivano subito abilmente per guadagnare il più possibile con quanto hanno ricevuto; il terzo, invece, per paura di perdere il talento, non affronta il rischio di trafficarlo; lo nasconde in attesa di poterlo restituire “intatto” al vero padrone.
È evidente che l'approvazione è per il saggio comportamento dei primi due servi, benché nel loro caso ci possa essere il rischio di sentirsi tanto abili e intraprendenti da trafficare in talenti da possessori anziché amministratori, come si constata nella nostra società efficientista. Il terzo servo, non attivandosi per estrema cautela, cade nell'inerzia, l'atteggiamento pure trova riscontro nella società del nostro tempo, minacciata dall'angoscia esistenziale e dal disamore alla vita fino al rifiuto di essa. Si tratta di una grave malattia dello spirito che si insinua anche nella psiche, cui gli antichi padri e maestri di vita spirituale hanno dato il nome di acedia: una specie di "paralisi dell'anima" (Giovanni Climaco), una "indefinita pigrizia, una rilassatezza intollerante delle fatiche, compagna della tristezza" (Evagrio Pontico). Varie possono essere le cause di tale comportamento, ma alla radice - per quanto possa sembrare strano - spesso si trovano nella superbia e l'amor proprio. Presi dal timore di non riuscire e di poter essere giudicati e squalificati dagli altri, gli accidiosi evitano il rischio del fallimento e si difendano gettando la colpa sul "padrone severo" o sulle  circostanze sfavorevoli. In tal modo essi si privano della pura gioia insita nel generoso impegno di spendere la propria vita al servizio di Dio e dei fratelli.
Il rimedio dell'accidia - di cui tutti possiamo più o meno essere contagiati - è la conversione del cuore che si ottiene mediante la preghiera umile e fiduciosa di tutta la Chiesa e si fa carico del malato reso impotente anche a pregare. Rimane così sempre aperta la speranza che dal cuore dell'accidioso possa levarsi un grido d'aiuto e di umile offerta del proprio niente; un niente che il Signore accoglie per riempirlo di amore e in parte lo slancio della vita e del bene operare.
 (Madre Anna Maria Cànopi)
Abbadessa dell'Abbazia Benedettina "Mater Ecclesiae" ,Isola San Giusto – Orta (Novara)
fonte: I Vizi, Collana diretta da Piero Ciardella e Maurizio Gronchi,
Paoline Editoriale Libri,  pagg.59,60,61)
Vocazione di san Matteo realizzato nel 1599
Michelangelo Merisi detto Caravaggio
Cappella Contarelli nella chiesa di san Luigi dei Francesi, Roma (Italy)


lunedì 25 aprile 2011

Un'alba a colori di gioia - Anna Maria Canopi -

Oggi possiamo ancora dirci con gioia: Il Signore è risorto! È veramente risorto! Sono trascorsi due millenni da quando se lo dicevano le pie donne e gli apostoli, stupiti e ancora come in sogno, come chi piange e ride insieme davanti a una notizia incredibilmente bella.
Tu eri la Gioia nel cuore del Padre, la purissima gioia dell’essergli Figlio e sei venuto come sorriso divino a dissipare le nostre umane tristezze. Annunzio di gioia il tuo concepimento nel grembo verginale di Maria, evento di gioia la tua nascita a Betlemme, notizia di gioia il tuo evangelo. Prezzo di gioia fu la tua croce e gioia per sempre la tua resurrezione. Il Signore risorto ci comunica la sua vita, la sua pace, la sua gioia. Tutta la creazione ne è coinvolta, non soltanto l’uomo; tutti gli elementi del cosmo sono investiti dell’energia divina irrompente dal sepolcro di Cristo. In Cristo risorto tutto il mondo viene purificato. La gioia pasquale è il canto della vita nuova, della santità dei figli di Dio.
La gioia del Risorto è la fonte della nostra pace. “La sera di quello stesso giorno, il primo dopo il sabato, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei giudei, venne Gesù, si fermò in mezzo a loro e disse: - Pace a voi!- Detto questo mostrò loro le mani e il costato. E i discepoli gioirono a vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: - Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi” (Gv 20,19-22).
La scena è stupenda e commovente: Gesù appare ai discepoli riuniti insieme; li abbraccia con il suo sguardo, dà loro il saluto di pace, infonde in essi lo Spirito santo, fa vedere e toccare le sue piaghe, i segni della sua crocifissione. Entra attraverso le porte chiuse, anche quelle del loro cuore assorbito dalla tristezza e paralizzato dalla paura. Facendosi riconoscere ravviva in loro la fede e la speranza, suscitando grande gioia. Anche oggi Gesù è vivo e sta in mezzo a noi mostrandoci i segni del suo amore.
La gioia dei discepoli è la nostra gioia. È la gioia che fa ardere il cuore. … Due discepoli erano in cammino … Verso il tramonto il grande, infaticabile Pellegrino del mondo si accompagnò ai due discepoli sulla strada di Emmaus. Essi non avevano nella loro bisaccia che una pesante riserva di tristezza: egli subito la vide, vi mise sopra le mani per dissolverla, per far vedere che era roba vecchia da buttare via. E tanto vi riuscì che, arrivati ad Emmaus, invece di tristezza poterono offrire anche a lui pane di festa. Fu però soltanto quando egli scomparve che lo riconobbero e capirono donde veniva quell’ardore che andava crescendo nel loro cuore mentre lo ascoltavano. Questa sembra una storia di quel lontano giorno, invece è sempre la nostra attualità. La fede, infatti, conosce fin troppo la malinconia del “giorno che declina” e si tira dietro spesso una fiacca speranza. Il sostegno della presenza di quel Compagno di viaggio ci è indispensabile. Signore, con cuore di pellegrini, lungo le strade di questo mondo, aneliamo alla tua presenza di pace e di gioia. Dissetaci fin d’ora con quell’acqua viva che tu solo sai donare; diventeremo così, per altri assetati, fontane di villaggio per una sosta di pace e di ristoro.
Vieni incontro a noi lungo i sentieri dei nostri umani smarrimenti, entra a porte chiuse da noi e alita sui nostri volti la fragranza del tuo Spirito; allora vivremo anche noi da risorti, annunziando con gioia a tutti gli uomini che tu sei l’unico nostro Salvatore. Concedici di camminare sulle piste della fede con accesa nel cuore la stella della speranza come chi sa di andare sicuro verso l’aurora. Allora tu, radiosa stella del mattino, brillerai nell’intimo del nostro cuore e noi, figli della resurrezione, staremo in bianche vesti, con volti raggianti di gioia, alla tua gloriosa presenza esultando per il trionfo dell’ Amore.

(Madre Anna Maria Cànopi)

Fonte:  Il vangelo della gioia
Paoline Editoriale Libri, Milano 2001


Tiziano -  Resurrezione  1520-1522-
chiesa di S.Nazaro e Celso a Brescia
Buona giornata a tutti. :-)



giovedì 21 aprile 2011

Lavanda dei piedi – Anna Maria Cànopi -

Signore Gesù,
come nell’Ultima Cena con i “tuoi”.
Ora sei in mezzo a noi come colui che serve.
Tu, l’Altissimo, ci onori del tuo servizio.
Umile ai nostri piedi,
ce li lavi, ce li baci, ce li profumi di crisma,
ce li  calzi di mansuetudine e di pace,
per farci camminare dietro di te
fino alla Casa del Padre.
Sappiamo che la strada del ritorno
passa per l’orto degli Ulivi,
sale sul monte della Croce,
scende nella grotta del Sepolcro,
sbocca nel Giardino rifiorito.
Signore Gesù,
pur essendo stolti e lenti di cuore,
desideriamo saperti imitare
e, nel tuo nome, di servirci a vicenda,
per rendere visibile nei nostri gesti
la tua immensa carità divina
ed essere un giorno introdotti
alla cena della Pasqua eterna
dove tu stesso, come ci hai promesso,
ancora passerai a servirci,
saziandoci di gioia
con la luce radiosa del tuo Volto.
Amen.

(Madre Anna Maria Cànopi)
Fonte: Il respiro dell'Anima di Anna Maria Cànopi)



Inchiodato alla Croce,
il tuo abbraccio,
Gesù,
mai si richiude.
Immane solitudine
di un dono
senza contraccambio...
Con le mie mani fragili
oggi ti raccolgo,
mio Signore,
e ascolto il tuo morire
in silenzio,
il tuo morire per me
di folle amore.

scritta dalle monache benedettine dell'Abbazia Mater Ecclesiae

Isola di San Giulio - Orta (No)


Silenzio.........

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mercoledì 9 marzo 2011

L'identità del cristiano: vivere per servire – Madre Anna Maria Canopi -

Vivere per servire: ecco un ideale davvero bello per un cristiano! Ogni autentico servizio, infatti, ha la sua radice nel mistero di Cristo che per salvarci "pur essendo di natura divina..., spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo" (Fil 2, 6-7). Gesù è venuto sulla terra per insegnarci a servire. Egli è il nostro modello. Durante l'ultima Cena, dopo la lavanda dei piedi, disse ai suoi discepoli:
"Sapete ciò che vi ho fatto? Voi mi chiamate Maestro e Signore e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e Maestro, ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri. Vi ho dato infatti l’esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi. " (Gv 13, 12-15).
Conformarsi a Cristo significa, dunque, nelle situazioni in cui si vive e si lavora, saper dire con spontaneità: "Sono venuto per servire, non per essere servito" (cf Mt 20,28), "essere cioè sempre a disposizione per il bene degli altri", anzi, "diventare un bene per gli altri".
La differenza non è piccola: si tratta di passare dal fare qualcosa a favore dei fratelli, ad essere una persona per gli altri, come Gesù è "per noi".
Questo modo di porsi in relazione a Dio e al prossimo dona alla vita una dimensione nuova: in qualunque stato ci si trovi - consacrati o laici, soli o sposati, sani o malati - sempre si ha una missione da compiere, quella di donarsi. E poiché il donarsi implica l'impegno di una continua conversione per negarsi a se stessi, chi vive in tale dimensione interiore evita di entrare in competizione e in rivalità con i fratelli, non agisce sotto la spinta dell'ambizione e dell'egoismo, fugge l’ostilità, la violenza, l'aggressività, con tutte le tristi conseguenze che purtroppo si esibiscono sulla scena di questo mondo. Allora, anche se in apparenza non occupa un posto di rilevo nella società, il cristiano contribuisce veramente a costruire la "civiltà dell'amore"; là dove vive è una presenza di pace che diffonde attorno a sé carità e spirito di comunione, favorisce la collaborazione e la concordia a tutti i livelli, diventa fermento di giustizia, di santità.
L’ideale del servizio comporta inoltre altre conseguenze. Se uno vive in pace con gli altri non avanza diritti per sé, cerca piuttosto di mettersi nella prospettiva del "dovere". Oggi si parla facilmente di "diritti", ma si pensa meno al fatto che, se ogni persona ha il diritto di essere libera, di avere il necessario per vivere, ciò implica che io ho il dovere di fare per quella persona quanto occorre per il suo bene. Certamente si tratta di un atteggiamento da assumere reciprocamente, di una responsabilità comune. Quanto è importante la reciprocità! Tuttavia, per quanto ci riguarda, dobbiamo soprattutto preoccuparci di compiere il nostro dovere, cioè di servire gli altri con amore, in modo gratuito, anche se non riceviamo dagli altri il contraccambio. Anzi, quando tale disparità dovesse manifestarsi, proprio allora è il momento di vivere il Vangelo alla lettera, senza seguire la mentalità del mondo.
In altre parole, non si deve osservare soltanto la legge del "dare per ricevere", perché la nostra identità di uomini e di cristiani - se tali vogliamo essere - si caratterizza per un sovrappiù di amore, in forza del quale non si fa il bene per ricevere il contraccambio, ma lo si fa gratuitamente, comunque e sempre, senza paura di "perdere", poiché il bene che si fa ritorna sempre anche a chi lo compie: non è mai contro di noi. Anzi proprio quando gli altri non ci ricambiano, sul piano spirituale guadagniamo di più, perché diventiamo più conformi, più somiglianti a Cristo. E questo è il vero guadagno: la santità. Chi fa il bene ha già il suo premio, perché si realizza secondo il progetto di Dio. A poco a poco, nelle sue scelte, si trova a non essere più schiavo di un criterio puramente umano e utilitaristico o, peggio, schiavo delle proprie passioni, ma si eleva a un concetto della vita più nobile e spirituale, e ad acquistare la capacità di avere rapporti autentici e sereni con tutti.
Questo è tanto importante, soprattutto nel nostro tempo in cui, con lo sviluppo delle comunicazioni, e anche in conseguenza delle migrazioni dei popoli, chi si dedica agli altri viene spesso a trovarsi a contatto con molte persone di altra nazionalità e anche di diversa religione. È una bella testimonianza di gratuità aprirsi a tutti: ogni uomo merita di essere onorato, amato, servito, a qualunque popolo appartenga e qualunque sia la sua fede.
Quando questi incontri avvengono in uno spirito di autentica accoglienza e umanità, favoriscono decisamente il formarsi di relazioni fraterne e pacifiche, perché il bene donato suscita altro bene. In un mondo dominato dalla violenza, si tesse così silenziosamente una rete di amicizia, che dice con i fatti che tutti gli uomini sono davvero fratelli, figli di un unico Dio, tutti incamminati verso un unica meta. Tutti siamo poveri e deboli, ma se ci aiutiamo le fatiche del cammino si possono affrontare con maggiore fiducia: là dove uno cade, un altro è pronto a rialzarlo; quando ad uno viene meno il coraggio, chi gli è accanto diventa per lui un raggio di speranza. Anche questo è un servizio che siamo chiamati a renderci reciprocamente. E bisogna farlo con gioiosa disponibilità, sapendo che abbiamo sempre accanto a noi Gesù, nostro compagno di viaggio. Anzi, è lui stesso la Via. Guardando a lui, non si può più accontentarsi di arrivare soltanto "fino a un certo punto", perché egli non si è fermato lungo la salita del Calvario, ma ha servito l'umanità fino a salire sulla croce. Dal suo esempio nasce la forza di andare oltre le "convenienze" umane, accettando non solo la fatica, ma anche le umiliazioni che spesso il servizio comporta, accettandole come momenti di grazia, per liberarci dal terribile peccato di orgoglio che sempre c'insidia e spesso rovina anche il bene che possiamo compiere.
Per servire gli altri bisogna veramente farsi piccoli, umili, fino a sapersi inginocchiare davanti a loro, mettersi ai loro piedi. È difficile, perché il nostro io è duro a morire; ma in questo sacrificio non c'è tristezza, anzi proprio da esso scaturisce la vera gioia. Gesù stesso ha detto: "C’è più gioia nel dare che nel ricevere", e l'apostolo Paolo afferma: "Dio ama chi dona con gioia". Queste parole di vita sono da ricordare sempre.
Chi si fa "servo" per amore di Cristo e dei fratelli si trova libero e felice di godere, insieme con tutti, il tesoro del Regno dei Cieli.
Come cambierebbe il mondo se ogni mattino ciascuno di noi si proponesse di rivestirsi di Cristo assumendone i pensieri e i sentimenti per riprodurne le opere; se con risolutezza ci mettessimo al lavoro come buoni operai dicendo: "Per me servire è regnare: oggi voglio cominciare a vivere così!".

 ( Madre Cànopi Anna Maria)




sabato 19 febbraio 2011

O Bellezza immacolata – Madre Anna Maria Cànopi -

O Bellezza immacolata,
Fiore di Luce,
Fiamma incandescente,
Santissima Trinità!
Nessuna parola umana
è adeguata a lodarti,
per questo a te si addice
silenzio e adorazione.

Tu hai posto un sigillo di fuoco
nell’intimo dei nostri cuori:
per sempre noi siamo tuoi.
Fa’che portiamo degnamente
il tuo Santo Nome
perché tutta la nostra esistenza
sia un’irradiazione della tua gloria,
una lode incessante
alla tua infinita misericordia.

Amen.

Buona giornata a tutti. :-)



lunedì 17 gennaio 2011

Beati gli operatori di pace - madre Anna Maria Cànopi -

L’uomo mite, pacifico, è forte, ma la sua forza è quella dell’amore. Il nostro tempo ha bisogno di uomini, di donne che siano presenza di pace, trasparenza del volto e del cuore di Cristo in mezzo ai fratelli. L’uomo sente il bisogno di riconciliarsi con Dio e di instaurare rapporti di amicizia con i suoi simili. Di fronte ai continui fallimenti nel ricercare una pace stabile e duratura, si va approfondendo in lui la certezza che la pace vera può essere solo dono di Dio. Il Signore ha annunziato pace “per chi ritorna a lui con tutto il cuore. La sua salvezza è vicina a chi lo teme e la sua gloria abiterà la nostra terra.
Misericordia e verità si incontreranno, giustizia e pace si baceranno” (Sal.85, 9-11). Tale incontro avverrà nel Dio incarnato, in Gesù, che riporterà l’uomo alla sua piena verità riversando su di lui la divina misericordia e gli darà pace giustificandolo, prendendo su di sé il suo peccato e inchiodandolo alla croce. Dopo di lui non si può più amare la verità e rifiutare la misericordia, cercare la pace e calpestare la giustizia. Con lui la pace non è più soltanto un saluto, un augurio, una speranza, ma un dono, il dono di una Presenza che è Pace. Cristo stesso è la Pace donata all’umanità; egli infatti ha firmato con il suo sangue la nuova ed eterna Alleanza tra Dio e gli uomini.
Dopo la Resurrezione, apparendo ai discepoli radunati nel Cenacolo, Gesù li saluta donando la pace, donandosi come pace: «Shalòm! Pace a voi!». Questa pace è un anticipo della beatitudine finale, perché la costruzione della città di Dio inizia fin d’ora. Per cooperare alla costruzione della “città della pace”, occorrono cristiani disposti a essere sempre e ovunque messaggeri di pace, uomini evangelici.
In diversi modi tutti siamo mandati gli uni agli altri quali portatori di pace. Compiremo bene la nostra missione se vivremo autenticamente il Vangelo. La causa della pace richiede, infatti, annunciatori disarmati interiormente, quindi poveri, umili, affamati della vera giustizia, fedeli discepoli di Cristo, misericordiosi, puri di cuore, per diffondere intorno a sé benevolenza e serenità. Vivendo tutte le beatitudini, saremo non soltanto portatori di qualcosa, ma diventeremo noi stessi, come Gesù, un sacramento di pace, un dono che crea comunione.
La pace è donata, ma dev’essere anche accolta; lo scambio avviene soltanto se un altro cuore disarmato si apre a riceverla.
Gratuità, carità, sacrificio di sé garantiscono la diffusione della pace. Gesù vuole che siamo pieni della grazia della pace. È un servizio di carità.
In questa vita, ora l’uno ora l’altro conosciamo tutti momenti di maggior fatica e facile cedimento: l’importante è sostenersi, perché alla caduta di uno non segua la caduta di altri, ma piuttosto un più grande stimolo di carità. S. Paolo (Ef 6,13-18) ci istruisce circa il modo di affrontare quotidianamente la lotta al peccato per vivere quali figli della pace.
Alla radice c’è l’umiltà che non ci fa presumere di poterla affrontare da soli, ma ci fa attingere forza dal Signore mediante la preghiera continua, l’ascolto e la pratica della Parola di Dio e l’obbedienza di fede.
“Prendete l’armatura di Dio… State dunque ben fermi, cinti i fianchi con la verità, rivestiti con la corazza della giustizia e avendo come calzatura ai piedi lo zelo per propagare il Vangelo della pace. Tenete sempre in mano lo scudo della fede, prendete anche l’elmo della salvezza e la spada dello Spirito, cioè la parola di Dio. Pregate inoltre incessantemente con ogni sorta di preghiere e di suppliche nello Spirito…”.
“O Cristo, Re di giustizia e di pace, rivestici di te: il tuo amore sia la nostra legge, la tua pace sia la nostra gioia, e saremo per tutti i nostri fratelli tribolati sulle vie del mondo, un segno rassicurante della tua presenza; saremo un monte delle Beatitudini dal quale Tu ogni giorno continui a offrire a tutti gli uomini la tua salvezza e la tua pace. Amen”.

(Madre Anna Maria Canopi)

domenica 26 dicembre 2010

Gloria a te, o Padre - Madre Anna Maria Cànopi -

Padre nostro che sei nei cieli
E ti chini a guardare sulla terra,
accogli il canto di lode
che, uniti al coro degli angeli,
in lieta festa noi ti eleviamo.

Gloria a re, o Padre,
che susciti stupore e gratitudine
nel cuore di chi, come Maria,
si affida alla Parola
e crede all’impossibile.

Gloria a te, o Padre,
che manifesti la tua grandezza
nel tuo Figlio, piccolo Bambino
nato dalla Vergine purissima
e teneramente avvolto in fasce.

Gloria a te, o Padre,
che inviti gli umili e i poveri
a vedere e udire le cose meravigliose
che tu compi nel silenzio della notte,
lontano dal tumulto dei superbi.

Gloria a te, o Padre,
che per nutrire l’umanità sfinita
poni il tuo unico Figlio in una mangiatoia
e lo doni a noi quale Pane di vita eterna,
sacramento di salvezza e di pace.
Amen.

(Madre Anna Maria Cànopi)

Mi inoltro
nella notte di veglia
portando sulla braccia
l'umanità intera
che in lui
nasce di nuovo.

Scritta dalle suore benedettine dell'Abbazia Mater Ecclesiae
Isola di San Giulio - Orta (No)






Buona giornata a tutti. :-)