martedì 31 dicembre 2024

All'anno che muore - Santo Parisi

Addio, anno che muori,
io ti saluto
con malinconia;
io ti saluto
con il pianto in cuore;
perché stanotte
tu ti porti via
un po' di me,
un po' del mio passato.
Addio, anno che muori,
addio senza rancore,
anche se stanotte
con te muore
un po' di me,
un po' della mia vita.

- Santo Parisi -

Anno nuovo
A noi che siamo
tra il vecchio e il nuovo,
la sorte dona
queste ore liete;
e il passato impone
d’aver fiducia
a guardare avanti
e a guardare indietro.
- Johann Wolfgang Goethe -

Ken Hamilton

Non ho che auguri da regalare:
di auguri ne ho tanti
prendete quelli che volete,
prendeteli tutti quanti.

- Gianni Rodari -




"Vorrei sapere come chiudere bene quest'anno
durissimo, Lloyd" "Il modo migliore per chiudere un anno è
lasciarlo aperto, sir" "E perché mai, Lloyd?" "Così le cose buone potranno seguirci per
ricordarci la nostra fortuna, sir" "E quelle cattive?" "Potremmo guardarle per ricordarci la nostra
forza, sir"
"Buon anno, vecchio mio" "A lei, sir... A lei"
- Simone Tempia ~ Vita con Lloyd

«Il Signore ti dia un anno splendido di grazie, di luce e d’incontenibile amore per la vita. Ti dia la capacità di additare sempre traguardi lontani e ti abiliti a portare con gioia il cielo in una stanza». 

+ Don Tonino Bello -

Oggi è l'ultimo giorno dell'anno, che porta sempre un po' di magia.
Che sia andata bene o male, non possiamo farci niente, è passato!
Per una volta invece di lamentarci per ciò che è andato male, ringraziamo per tutto il buono e il bello che abbiamo costruito ed è arrivato.
Auguro a tutti di trovare il positivo nelle situazioni della vita...
perché la vita è quella che è...
non ce ne danno una seconda...

Auguri speciali a tutti.

Buon anno!  Oggi entriamo in una chiesa e preghiamo per la pace, per la fine delle guerre in corso. 
Preghiamo che il Signore ci benedica, ci custodisca e ci protegga.

Pace! Buon 2025
- Stefania -






 






domenica 29 dicembre 2024

Per ultima venne la morte - Piero Gribaudi

La morte non voleva credere alle proprie orecchie quando le fu comunicato che il suo dominio universale stava per finire. 
Pur riconoscendosi la più inamabile di tutte le creature, un po' di riguardo l'avrebbe gradito da parte dell'Arcangelo messaggero. 
Non era mica l'ultima delle ancelle di Dio, anzi. Il suo ruolo nei piani del Creatore era fondamentale.
"E continuerà ad esserlo", le aveva garantito il messo celeste, "per tutte le creature viventi, tranne che per l'uomo".
"Perché?" gli aveva domandato la Morte, "diventerà immortale?".

"Non fare troppe domande... tu non capiresti".

Era stato a questo punto che la Morte si era gravemente offesa. 
Che oltre a fare un lavoraccio infame, la si giudicasse imbecille, non lo poteva tollerare! 
Di essere perdente non le importava affatto, tanto il suo lavoro le era ingrato, ma come sarebbe avvenuta la metamorfosi?
Le bastò uno sguardo circolare sulla superficie terrestre per individuare il punto. 
Forse nessuno, davanti alla grotta di Betlemme, provò maggior sbalordimento della Morte. 
Eppure, ora che lo aveva davanti, il progetto le appariva chiaro e di un'incredibile semplicità: quel batuffolo di carne, per il solo fatto di essere vita, era già sua preda. 
La Morte desiderò a quel punto che il Creatore avesse scelto un'altra strada, per non essere chiamata in causa. Ma fu allora che, dal sonno profondo in cui era immerso, il Bimbo le sorrise. 
E la Morte si sentì vinta e capì come sarebbe stata vinta: da un amore talmente intenso che proprio attraverso di lei sarebbe passato, per dimostrare all'universo la propria potenza e la propria vastità.

- Piero Gribaudi -
da: "Fiabe della Notte Santa"



...Maria si mette in cammino in fretta dopo l'Annunciazione per andare a far visita alla sua parente Elisabetta; i pastori si affrettano a raggiungere la mangiatoia; Pietro e Giovanni corrono dal Risorto. 
Questa fretta però non ha niente a che vedere con la frenesia di chi è assillato da scadenze pressanti. 
E' il suo contrario. Significa che la fretta ingiustificata non ha più ragione di essere quando si presentano davanti a noi le cose che sono davvero grandi e importanti. 
E' la gioia che mette le ali ai piedi dell'uomo. Sant'Ambrogio dice che la grazia dello Spirito Santo non conosce pesi che la possano trattenere. 
Ciò significa che le cose che appesantiscono il cuore e il passo nel nostro camminare verso Dio finiscono per staccarsi da noi. Significa che se ne vanno da noi i dubbi, la saccenteria e la falsa erudizione che rendono così difficoltoso il nostro cammino verso di lui. Significa che impariamo a camminare sulle ali della gioia. 
Questa fretta non nasce dalla precipitazione, bensì dalla scomparsa della precipitazione, nasce dalla leggerezza del cuore. Chesterton ha detto molto argutamente che gli angeli possono volare perché non si prendono troppo sul serio...

card. Joseph Ratzinger - dalla "Omelia per il Natale 1980" -



"Essere stati amati tanto profondamente ci protegge per sempre,
anche quando la persona che ci ha amato non c'è più.
È una cosa che ci resta dentro, nella pelle."

- Joanne Kathleen Rowling -



Il cuore dell'uomo vive 
finché ha qualcosa,
qualcuno da amare. 

Così come il fuoco arde,
finché ha qualcosa da bruciare.






Buona giornata a tutti. :-)

www.leggoerifletto.it


venerdì 27 dicembre 2024

Dov'è finita la cometa? - don Bruno Ferrero

Quando i Re Magi lasciarono Betlemme, salutarono cortesemente Giuseppe e Maria, baciarono il piccolo Gesù, fecero una carezza al bue e all'asino. 
Poi, con un sospiro, salirono sulle loro magnifiche cavalcature e ripartirono. «La nostra missione è compiuta!», disse Melchiorre, facendo tintinnare i finimenti del suo cammello. «Torniamo a casa!», esclamò Gaspare, tirando le briglie del suo cavallo bianco. 
«Guardate! La stella continua a guidarci», annunciò Baldassarre. La stella cometa dal cielo sembrò ammiccare e si avviò verso Oriente. La corte dei Magi si avviò serpeggiando attraverso il deserto di Giudea. 
La stella li guidava e i Magi procedevano tranquilli e sicuri. 
Era una stella così grande e luminosa che anche di giorno era perfettamente visibile. 
Così, in pochi giorni, i Magi giunsero in vista del Monte delle Vittorie, dove si erano trovati e dove le loro strade si dividevano. 
Ma proprio quella notte cercarono invano la stella in cielo. Era scomparsa. «La nostra stella non c'è più», si lamentò Melchiorre. «Non l'abbiamo nemmeno salutata». C'era una sfumatura di pianto nella sua voce. 
«Pazienza!», ribatte Gaspare, che aveva uno spirito pratico. «Adesso possiamo cavarcela da soli. 
Chiederemo indicazioni ai pastori e ai carovanieri di passaggio». 
Baldassarre scrutava il cielo ansiosamente; sperava di rivedere la sua stella. 
Il profondo e immenso cielo di velluto blu era un trionfo di stelle grandi e piccole, ma la cometa dalla inconfondibile luce dorata non c'era proprio più. «Dove sarà andata?», domandò, deluso. 
Nessuno rispose. 
In silenzio, ripresero al marcia verso Oriente. 
La silenziosa carovana si trovò presto ad un incrocio di piste. Qual era quella giusta? 
Videro un gregge sparso sul fianco della collina e cercarono il pastore. Era un giovane con gli occhi gentili nel volto coperto dalla barba nera. 
Il giovane pastore si avvicinò e senza esitare indicò ai Magi la pista da seguire, poi con semplicità offrì a tutti latte e formaggio. In quel momento, sulla sua fronte apparve una piccola inconfondibile luce dorata. 
I Magi ripartirono pensierosi. Dopo un po', incontrarono un villaggio. 
Sulla soglia di una piccola casa una donna cullava teneramente il suo bambino. Baldassarre vide sulla sua fronte, sotto il velo, una luce dorata e sorrise. Cominciava a capire. 
Più avanti, ai margini della strada, si imbatterono in un carovaniere che si affannava intorno ad uno dei suoi dromedari che era caduto e aveva disperso il carico all'intorno. 
Un passante si era fermato e lo aiutava a rimettere in piedi la povera bestia. Baldassarre vide chiaramente una piccola luce dorata brillare sulla fronte del compassionevole passante. 
«Adesso so dov'è finita la nostra stella!», esclamò Baldassarre in tono acceso. «È esplosa e i frammenti si sono posati ovunque c'è un cuore buono e generoso!». Melchiorre approvò: «La nostra stella continua a segnare la strada di Betlemme e a portare il messaggio del Santo Bambino: ciò che conta è l'amore». 
«I gesti concreti dell'amore e della bontà insieme formano la nuova stella cometa», concluse Gaspare. 
E sorrise perché sulla fronte dei suoi compagni d'avventura era comparsa una piccola ma inconfondibile luce dorata.

Ci sono uomini e donne che conservano in sé un frammento di stella cometa. Si chiamano cristiani.


Una giovane coppia entrò nel più bel negozio di giocattoli della città.
L’uomo e la donna guardarono a lungo i colorati giocattoli allineati sugli scaffali, appesi al soffitto, in lieto disordine sui banconi.
C’erano bambole che piangevano e ridevano, giochi elettronici, cucine in miniatura che cuocevano torte e pizze.
Non riuscivano a prendere una decisione.
Si avvicinò a loro una graziosa commessa.
“Vede,” spiegò la donna, “noi abbiamo una bambina molto piccola, ma siamo fuori casa tutto il giorno e spesso anche di sera.”
“È una bambina che sorride poco.” continuò l’uomo.
“Vorremmo comprarle qualcosa che la renda felice,” riprese la donna, “anche quando noi non ci siamo…
Qualcosa che le dia gioia anche quando è sola.”
“Mi dispiace,” sorrise gentilmente la commessa “ma noi non vendiamo genitori!”

- don Bruno Ferrero - 

da: Un pezzo di legno 


Buona giornata a tutti :-)








mercoledì 25 dicembre 2024

... Casa: quanto la ami a Natale! - Alda Merini

... Casa: quanto la ami a Natale!

Ricordo quando, sempre bambina, persi la mia, abbattuta anche quella: allora c’erano le bombe, ci rifugiammo chi nelle risaie e chi nei paesi limitrofi, dove tutti eravamo un po’ degli stranieri. Nei granai la sera recitavamo il rosario su dei pagliericci di fortuna, poi di giorno si andava nelle cascine in cerca di pane, in breve… si mendicava dai contadini abbienti. Oggi, invece, che abbiamo una casa non abbiamo più quella cortesia e quell’amore dei contadini. Io dormivo con una vecchia che ogni notte pregava la morte che la venisse a prendere, e avevo paura.

Ma come bambina ho dovuto accontentarmi.

Adesso che sono un’anziana poetessa… continuo ad accontentarmi.

Ma ripenso con nostalgia a quei Natali solenni, quando la mamma faceva enormi presepi, metteva le figurine dei pastori e i laghetti di specchio.

Ci facevano trovare il carbone, alle volte, ma eravamo contenti lo stesso: poi, dietro il carbone, c’erano sempre tre caramelle. Però era arrivato Gesù, era questo che importava, vedere che sulla paglia del presepe qualcuno aveva deposto il bambino. E si pregava, si pregava insieme davanti a quella statuina, ignorando che il piede lieve della mamma era andato lì di notte per deporlo…

Allora ignoravamo tutto della vita, anche il mistero della nascita, un evento che per noi cadeva dal cielo.

La Madonna non appariva sorpresa, neanche San Giuseppe, e noi piccoli eravamo in un regno di favola bello che abbiamo perduto. Ci dimenticavamo dei doni e stavamo piuttosto a guardare quel bambino appena nato domandandoci se aveva freddo, ma la mamma ci diceva che aveva l’amore della Madre…

Ecco, forse anche in tarda età chi mi scalda ancora nelle notti di solitudine è “l’amore della mamma, che io amavo tanto e che credevo che, come Maria, non sarebbe mai morta.

Sì, si può morire d’amore per un uomo, ma quello che mi fece impazzire, forse, fu quella porta chiusa di mia madre dolcissima, che io credevo eterna, come tutti i figli.

E mi sono resa conto, a un tratto, che non avevo mai ascoltato i suoi lamenti tanto ero giovane.

Ma quanto si paga la giovinezza! Anch’io, come le mie figlie, quando andavo a casa sua le portavo via gli oggetti più preziosi perché… nella mia casa sarebbero stati bene, e una madre si fa sempre derubare.

A lungo andare morì, senza chiedere mai niente, ma era così felice della nostra gioia che forse non morì veramente mai. L’abbiamo derubata, ma soprattutto – e sembra un eufemismo – avremmo voluto (che Dio mi perdoni) portarle via quegli occhi, così verdi, così dolci, così innamorati di noi. Sono passati decenni da quei Natali e ancora cerco l’odore dei mandarini o del bollito, che si mangiava solo quel giorno. Erano i nostri doni.

Oggi invece si tende a saltare il Natale, si va direttamente all’arrivo dei Magi, ai doni, la nascita quasi non esiste più, forse perché le nostre donne non sanno essere madri.

E i bambini, tra televisione e futili regali, sono i più grandi emarginati del nostro tempo: abbiamo rubato loro l’infanzia e la religiosità della vita.

Mi si chiede cosa vorrei trovare questa notte sotto il presepe: la mia Barbara, la mia Flavia, le mie figlie che mi furono tolte quando una maestra, assistente sociale, trovando che la casa non era ordinata me le portò via.

Sono sempre stata una disordinata perenne, ma avevo quattro bambine felici alle quali suonavo le “nenie” di Natale.

Andando in solaio ho trovato le mie vecchie famose poesie tutte imbrattate delle loro figurine: giocavano con le mie grandi poesie!

Io non ho pianto su queste, ma su quelle figurine sì.

Loro non sapevano cosa vuol dire genio, conoscevano solo due parole: mamma e bambino. Il mio presepe privato".

- Alda Merini - 

Pubblicato su "Avvenire" il 21/12/2006 


La vita è fatta di attese. 
Attese che si fermano addosso e a volte non sappiamo se aspettare ancora oppure andare via. 
Attese che forse non arriveranno mai, ma noi non abbiamo il coraggio di lasciare andare. 
Attese che ci lasciano da soli al freddo di quella nostalgia, portandosi via la nostra allegria, lasciandoci dentro un rimpianto amaro di come sarebbe stato bello se veramente fossero arrivate. 
Le nostre attese ci stanno aspettando, oggi sono loro ad aspettare noi, domani saremo noi quella solitudine. 
Non lasciamoci distrarre da cose futili, accendiamo all’amore i nostri cuori ed andiamo a prendere chi con tanta pazienza oggi ci aspetta ancora. 
Buon Natale ai nostri cari anziani, svuotiamo gli ospizi, gli ospedali, le case di cure e portiamo a casa chi con tanto amore ha fatto della sua vita l’unica nostra compagnia. 
A Natale ci sono lussi che non costano niente.

- Antonio Cuomo - 

Questo Natale ce lo ricorderemo e daremo il giusto peso a ciò che conta davvero. E capiremo tutti, nessuno escluso, quanto abbiamo sbagliato a dare troppe cose per scontate, senza distinguere tra superfluo e necessario, tra presenza ed assenza. Perché il regalo più bello, a Natale, è quello dove a tavola ci si siede tutti insieme.

- Mary Rosa Amico - 


La bellissima atmosfera
di Natale,
viene da lontano,
accarezza profumati fiori
e conquista molti cuori…

L'augurio è per un sereno Natale, a voi tutti, carissimi amici ed amiche, che mi seguite da così tanti anni .... 
tanti tanti auguri !!

Il Signore che tutto vede e tutto ama vi benedica e vi custodisca. 

- Stefania -

martedì 24 dicembre 2024

da: Appunti per una sera della Vigilia "normale", nonostante la prigionia - Giovannino Guareschi

 Non mi manca niente. Di una sola cosa ti prego: che la sera della vigilia di Natale tu imbandisca la tavola nel modo più lieto possibile. Fai schiodare la cassa delle stoviglie e quella della cristalleria; scegli la tovaglia migliore, quella nuovissima piena di ricami; accendi tutte le lampade. E prepara un grosso albero di Natale con tante candeline, e prepara con cura il presepe vicino alla finestra, come l'anno scorso. Signora, io ho bisogno che tu faccia questo.

Il mio pensiero ogni notte varca il reticolato: lo so, ti riesce difficile figurarti il mio pensiero che varca il reticolato. Il pensiero è un soffio di niente e non ha volto: e allora figurati se io stesso, ogni notte, esca dal recinto. Figurati un Giovannino leggero come un sogno e trasparente come il vento delle serenissime e gelide notti invernali. Io, ogni notte, approfitto del sonno degli altri e mi affido all'aria e trasvolo rapido gli sconfinati silenzi di terre straniere e città sconosciute. Tutto è buio e triste sotto di me, e io affannosamente vado cercando luce e serenità. Rivedo la Madonnina del Duomo, ma le strade e le piazze non sono più quelle di un tempo, e stento a ritrovare il nostro quarto piano. Signora, non dire che sono il solito temerario se entro in casa dal tetto: anzi, loda la mia prudenza se non mi avventuro lungo le macerie della scala. E poi il tetto è scoperchiato e si fa più presto. Riconosco lo scheletro delle nostre stanze e ricerco i nostri ricordi nascosti sotto i rottami dei muri crollati. Tutto è buio, freddo e triste anche qui, e soltanto se la luna mi assiste riesco a scoprire sui brandelli delle tappezzerie che ancora pendono alle pareti, i riquadri chiari e la topografia dei nostri mobili. Per le strade deserte, cammina soltanto la paura vestita di luna. [...]

Signora, io cerco un po' di luce, un po' di tiepida serenità, e invece non trovo che buio e freddo, e non posso ravvisare nel buio il volto di mio figlio, e sui laghi e sulle spiagge tutto è spento e abbandonato, tutto è silenzio, e io rinavigo verso il recinto e torno al mio pagliericcio portando il gelo nelle ossa del numero 6865. Signora, bisogna che, almeno la notte di Natale, il mio pensiero, fuggendo dal recinto, possa trovare un angolo tiepido e luminoso in cui sostare. Voglio tanta luce: voglio rivedere il vostro volto, voglio rivedere il volto dell'antica serenità. Altrimenti che gusto c'è a fare il prigioniero?

Giovannino Guareschi, da Diario Clandestino 1943-1945

(Appunti per una sera della Vigilia "normale", nonostante la prigionia)


"Lloyd, come si può festeggiare il Natale mentre fuori accadono cose terribili?"
"Cercando di pensare a quello che di buono accade dentro di noi, sir"
"Dici che possa bastare il cuore a salvare questa festa?"
"Dico che nessun Natale è sprecato se dona la forza e la voglia di cambiare, sir"
"Che sia un Natale di rinascita per tutti, Lloyd"
"Che lo sia davvero... sir"

Simone Tempia ~ Vita con Lloyd

foto dal web

Il miracolo del 25 dicembre 1914: La tregua di Natale 

«Non dimenticherò quello strano e unico giorno di Natale per niente al mondo... Notai un ufficiale tedesco, una specie di tenente credo, ed essendo io un po' collezionista gli dissi che avevo perso la testa per alcuni dei suoi bottoni [della divisa]... Presi la mia tronchesina e, con pochi abili colpi, tagliai un paio dei suoi bottoni e me li misi in tasca. Poi gli diedi due dei miei bottoni in cambio... Da ultimo vidi uno dei miei mitraglieri, che nella vita civile era una sorta di barbiere amatoriale, intento a tagliare i capelli innaturalmente lunghi di un docile "Boche", che rimase pazientemente inginocchiato a terra mentre la macchinetta si insinuava dietro il suo collo»

«È stato il Natale più meraviglioso che io abbia mai passato. Eravamo in trincea la vigilia di Natale e verso le otto e mezzo di sera il fuoco era quasi cessato. Poi i tedeschi hanno cominciato a urlarci gli auguri di Buon Natale e a mettere sui parapetti delle trincee un sacco di alberi di Natale con centinaia di candele. Alcuni dei nostri si sono incontrati con loro a metà strada e gli ufficiali hanno concordato una tregua fino alla mezzanotte di Natale. Invece poi la tregua è andata avanti fino alla mezzanotte del 26, siamo tutti usciti dai ricoveri, ci siamo incontrati con i tedeschi nella terra di nessuno e ci siamo scambiati souvenir, bottoni, tabacco e sigarette. Parecchi di loro parlavano inglese. Grandi falò sono rimasti accesi tutta la notte e abbiamo cantato le carole. È stato un momento meraviglioso e il tempo era splendido, sia la vigilia che il giorno di Natale, freddo e con le notti brillanti per la luna e le stelle».

1914, il primo Natale della Grande Guerra, gli eserciti inglese e tedesco si preparano a passare la notte di Natale in trincea. Ma un soldato si mette a cantare Stille Nacht e tutti lo seguono. Spontaneamente i soldati decidono una tregua. Fu un’iniziativa presa dal basso, dai soldati in trincea, che il 25 dicembre uscirono spontaneamente allo scoperto in alcune zone del fronte occidentale per andare a salutare e a fare gli auguri ai «nemici» senza che ci fosse, da parte dei comandi, alcun via libera. Anzi, proprio il contrario. Quando la notizia si diffuse grazie alle lettere dei soldati alle famiglie, i vertici militari di entrambi i contendenti si affrettarono a proibire altre iniziative simili: il generale Horace Smith Dorrien, comandante del secondo corpo d’armata della Bef, la forza di spedizione britannica in Francia, arrivò a minacciare la corte marziale per chi si fosse reso colpevole di fraternizzazione. Il «miracolo» del Natale 1914, di due avversari che dimenticano l’odio per unirsi in un abbraccio fraterno, rimase un fatto quasi isolato (ci sono poi stati altri episodi di «vivi e lascia vivere» ma mai più così eclatanti) e ben presto trascolorò nel mito, tanto più quando il sentimento popolare degli europei nei confronti della Grande Guerra cambiò di segno: non più glorioso fatto d’arme ma massacro insensato, che aveva spazzato via una generazione. La tregua di Natale venne quindi vista come la dimostrazione che gli uomini sono fondamentalmente buoni e che erano stati spinti alla guerra da governi stupidi e irresponsabili, tanto che appena liberi di farlo avevano scelto la pace e la fratellanza.

 

Tedeschi e inglesi fotografati insieme durante la «tregua di Natale» del 1914 
                                                  dal web Getty image

Buona Vigilia di Natale a tutti :-)
Coraggio domani nascerà il Salvatore








lunedì 23 dicembre 2024

Buon Natale dal Cardinale Carlo Maria Martini

 Oggi il Natale ha quasi perduto il suo senso originario. 
Lo «celebrano» anche uomini di altre religioni. 
Perfino parecchi non credenti vivono in questo giorno una qualche forma di liturgia profana. Non v’è alcuno che rifiuti per Natale qualche dono o almeno una buona cena. 
Per questo non parlo volentieri del Natale. Da quando ho conosciuto un po’ meglio la Sacra Scrittura, è la Pasqua che mi attrae e mi pone dinnanzi a un preciso programma di vita. 
Benché il Natale sia una splendida manifestazione della gloria di Dio in Cristo e del suo amore per noi, i discorsi che si fanno a partire dal Natale sanno spesso di buonismo e di speranza a buon mercato. 
Essi sono un segno di poca lealtà con se stessi e con gli altri. Infatti diciamo delle cose che non sono vere e a cui nessuno crede. 
Ci auguriamo a vicenda lunga vita, felicità, successo, ci facciamo doni che vogliono dire l’affetto che ci portiamo, ma per lo più sappiamo che non è così. 
La prima lettera espone bene questo stato di cose. 
Il Natale fa emergere le storture della politica, la gravissima crisi  economica che stiamo attraversando, le violenze quotidiane fisiche e psicologiche. 
E si potrebbero aggiungere tante altre cose ancora. Molti uomini e donne attendono in questo giorno qualcosa, un evento o magari una persona che li tiri su, che restituisca loro l’ottimismo ingenuo che hanno irrevocabilmente perduto; qualcosa di nuovo e di grande, che potrebbe farli tornare indietro. 
Ma questa speranza è fallace, perché si basa solo sulle nostre forze e dimentica lo Spirito di Dio, il solo capace di aiutarci in maniera efficace. 
Dopo i giorni delle feste tutto ritorna più o meno come prima. 
È come un dirsi reciprocamente «ce la faremo», pur sapendo tutti che non è vero. 
Per vivere bene il Natale e ricavarne quel conforto che è giusto attendersi
da questa festa, è necessario sforzarsi di capire ciò che viene detto nei Vangeli. In essi, soprattutto nel Vangelo secondo Luca, emerge un progetto di uomo che vive il dono di Dio nella meraviglia, nella gratitudine e nel distacco. 
Questo uomo nuovo può essere o un semplice come i pastori o uno studioso
come i Magi. Tutti sono chiamati a partecipare all’esperienza dei pastori a cui fu detto: «Vi annunzio una grande gioia» (Lc 2,10). 
Chi partecipa di questa gioia, si difenderà da quel pericolo che è il Natale del consumismo, che ci impone di non sfigurare davanti ad amici e parenti con costosi regali. 
Pur avendo la coscienza che molte famiglie fanno fatica a far quadrare il bilancio del mese, si continua a spendere denaro pubblico e privato nella maniera più folle. 
Si tratta di una gioia semplice, intima, che può convivere anche con momenti di sofferenza e di strazio. 
Il bambino Gesù è l’immagine di questa fiducia e abbandono alla Provvidenza. Qui va ricordata la parola di Gesù: «chi non accoglie il regno di Dio come un bambino, non entrerà in esso» (Mc 10,15). 
Se noi riusciamo ad affidarci alla Provvidenza di Dio, accettiamo ogni cosa con fiducia, perché fa parte del disegno del Padre. 
Il Natale guarda alla Pasqua e il presepio contiene allusioni alla morte e risurrezione di Gesù. Esse erano presenti nella riflessione dei Padri. 
Così, ad esempio, il tema del legno della croce veniva ricordato dalla culla di legno in cui giace Gesù. Le pecore offerte dai pastori ricordano l’agnello immolato.
Anche la Madre che si curva sul Figlio ci richiama alla pietà di Maria che tiene tra le braccia il Figlio morto. 
La liturgia ambrosiana si esprime così:
«L’Altissimo viene tra i piccoli, si china sui poveri e salva». Dunque, il senso del Natale ci riporta al centro della nostra redenzione e ci procura una
gioia che non avrà mai fine. Un simile atteggiamento positivo può convivere anche con grandi dolori e penosi distacchi. So bene che questi sentimenti di
dolore sono i segni di grandi ferite, che si riaprono soprattutto in questi giorni. Quando si vede a tavola un posto vuoto, riemerge il mistero del Crocefisso con le sue piaghe. 
Ci sarebbe ancora da trattare di come il presepio può essere contemplato anche da non credenti e da atei. Io penso che questo fascino derivi dall’atmosfera profondamente umana che in esso si respira. 
Una umanità che sa guardare anche al lato invisibile della realtà e si compendia nella preghiera «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini che egli ama» . Buon Natale a tutti!

- Cardinale Carlo Maria Martini - 
da: “Corriere della Sera” del 23 dicembre 2010




Abbiamo bisogno di tempi, di silenzio, di calma, di preghiera, perché soltanto così possiamo affrontare le responsabilità che ci vengono date. Per questo vi ricorderete cosa ho detto in molte occasioni: lavorare meno e lavorare meglio e riposarsi un po' di più.  

- card. Carlo Maria Martini - 



Il Natale è assolutamente inadatto al mondo moderno.
Presuppone la possibilità che le famiglie siano unite,
o si riuniscano, e persino che gli uomini e le donne
che si sono scelti si parlino.
Il Natale continua a ergersi dritto, integro e spiazzante.
Il Natale giudica il mondo moderno, perciò vogliono che se ne vada.
  
- Gilbert Keith Chesterton -


Buona giornata a tutti. :-)