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venerdì 25 maggio 2018

La storia della mia vocazione sacerdotale... - san Giovanni Paolo II, papa

La storia della mia vocazione sacerdotale? 
La conosce soprattutto Dio. Nel suo strato più profondo, ogni vocazione sacerdotale è un grande mistero, è un dono che supera infinitamente l'uomo. Ognuno di noi sacerdoti lo sperimenta chiaramente in tutta la sua vita. Di fronte alla grandezza di questo dono sentiamo quanto siamo ad esso inadeguati.
La vocazione è il mistero dell'elezione divina: «Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga» (Gv 15, 16). «E nessuno può attribuirsi questo onore, se non chi è chiamato da Dio, come Aronne» (Eb 5, 4). «Prima di formarti nel grembo materno, ti conoscevo; prima che tu uscissi alla luce ti avevo consacrato; ti ho stabilito profeta delle nazioni» (Ger 1, 5). 
Queste parole ispirate non possono non scuotere con un profondo tremore ogni anima sacerdotale.
Per questo, quando nelle più diverse circostanze — per esempio, in occasione dei Giubilei sacerdotali — parliamo del sacerdozio e ne diamo testimonianza, dobbiamo farlo con grande umiltà, consapevoli che Dio «ci ha chiamati con una vocazione santa, non già in base alle nostre opere, ma secondo il suo proposito e la sua grazia» (2 Tm 1, 9). 
Contemporaneamente ci rendiamo conto che le parole umane non sono in grado di reggere il peso del mistero che il sacerdozio porta in sé.

Questa premessa mi è sembrata indispensabile, perché si possa comprendere in modo giusto quello che dirò del mio cammino verso il sacerdozio. 

- San Giovanni Paolo II, papa -
da: Dono e Mistero, nel 50° del mio sacerdozio



...Eserciti la cura delle anime? Non trascurare per questo la cura di te stesso, e non darti agli altri fino al punto che non rimanga nulla a te stesso. 
Devi avere certo presente il ricordo delle anime di cui sei pastore, ma non dimenticarti di te stesso...

- San Carlo Borromeo Vescovo - 
dal discorso nell'ultimo Sinodo



"Cari sacerdoti, per il dono che avete ricevuto nell’Ordinazione, siete chiamati a servire come Pastori la comunità ecclesiale, che è “famiglia di famiglie”, e quindi ad amare ciascuno con cuore paterno, con autentico distacco da voi stessi, con dedizione piena, continua e fedele: voi siete segno vivo che rimanda a Cristo Gesù, l’unico Buon Pastore.
 
Conformatevi a Lui, al suo stile di vita, con quel servizio totale ed esclusivo di cui il celibato è espressione.
Anche il sacerdote ha una dimensione sponsale; è immedesimarsi con il cuore di Cristo sposo, che dà la vita per la Chiesa sua sposa (cfr Esort. ap. postsin. Sacramentum caritatis, 24). 
Coltivate una profonda familiarità con la Parola di Dio, luce nel vostro cammino.
La celebrazione quotidiana e fedele dell’Eucaristia sia il luogo dove attingere la forza per donare voi stessi ogni giorno nel ministero e vivere costantemente alla presenza di Dio: è Lui la vostra dimora e la vostra eredità" 

- Papa Benedetto XVI -


Buona giornata a tutti. :-)





mercoledì 28 febbraio 2018

San Vincenzo. Il segreto del patrono delle opere di carità? La genuflessione!


Impegnatevi a riunirvi più di frequente nell'azione di grazie e di gloria verso Dio.
Quando vi riunite spesso, le forze di Satana vengono abbattute e il suo flagello si dissolve nella concordia della fede.
Niente è più bello della pace nella quale si frustra ogni guerra di potenze celesti e terrestri.
Nulla di tutto questo vi sfuggirà, se avete perfettamente la fede e la carità in Gesù Cristo, che sono il principio e lo scopo della vita. Il principio è la fede, il fine la carità.
L'una e l'altra insieme riunite sono Dio, e tutto il resto segue la grande bontà.
Nessuno che professi la fede pecca, nessuno che abbia la carità odia. «L'albero si conosce dal suo frutto» (Mt 12,33). Così coloro che si professano di appartenere a Cristo saranno riconosciuti da quello che operano. 
Ora l'opera non è di professione di fede, ma che ognuno si trovi nella forza della fede sino all'ultimo.
È meglio tacere ed essere, che dire e non essere.
È bello insegnare se chi parla opera.
Uno solo è il maestro (Mt 23,8) e «ha detto e ha fatto» (Sal 32,9) e ciò che tacendo ha fatto è degno del Padre.
Chi possiede veramente la parola di Gesù può avvertire anche il suo silenzio per essere perfetto, per compiere le cose di cui parla o di essere conosciuto per le cose che tace.
Nulla sfugge al Signore, anche i nostri segreti gli sono vicino. Tutto facciamo considerando che abita in noi templi suoi ed egli il Dio che è in noi.

- San Vincenzo de' Paoli -  
1581-1660, sacerdote, fondatore di comunità religiose
fonte: Colloqui; avvisi a A. Durand, 1656



Vincenzo de' Paoli, (Pouy, 25 aprile 1581– Parigi 27 settembre 1660), sacerdote francese fondatore e ispiratore di numerose congregazioni religiose come i Lazzaristi, le Figlie della Carità, la Società San Vincenzo de’ Paoli.

Papa Benedetto XIII lo ha proclamato beato il 21 agosto 1729; ed è stato canonizzato il 16 giugno 1737 da papa Clemente XII. Fino al 1969, la memoria liturgica di San Vincenzo de’ Paoli era celebrata il 19 luglio, ma papa Paolo VI ne ha spostato la festa al 27 settembre.



“Avverto la compagnia in generale di una mancanza che parecchi commettono qui alla presenza di Nostro Signore nel Santissimo Sacramento dell’altare. 
Ho osservato che molti facendo la genuflessione davanti al Santissimo Sacramento, non la fanno fino a terra, o la fanno senza devozione. 
L’ avevo notato altre volte, e mi ero proposto di avvertirne la Compagnia …e affinché quelli che non fanno con devozione la genuflessione, come conviene alla gloria e alla maestà di Dio vivente, se ne correggano, mi sono creduto in dovere di non differire più oltre e di avvertire come faccio la Compagnia, perché vi faccia più attenzione. 
I motivi che ci inducono a fare questa prostrazione con la dovuta devozione esteriore ed interiore, ed è così che devono fare i veri cristiani sono: l’esempio del Figlio di Dio, e quello di altre comunità religiose. 
Il Figlio di Dio si prostrò (…) Io pure, in questo, non ho mai dato l’esempio che dovevo. Purtroppo la mia età e il mio mal di gambe me lo impediscono. 
Se, tuttavia, vedrò che la Compagnia non si corregge, mi sforzerò di far il meglio che mi sarà possibile, anche se per rialzarmi dovrò appoggiarmi con le mani contro terra, pur di dare l’esempio”.

- San Vincenzo De Paoli - 
Ripetizione dell’orazione 28 Luglio 1655, Conferenze ai Missionari



"La nostra vocazione è di andare ad infiammare il cuore degli uomini, a fare quello che fece il Figlio di Dio, Lui che venne a portare il fuoco nel mondo per infiammarlo dell’amor suo. Che possiamo noi desiderare, se non che arda e consumi tutto?
È dunque vero che sono inviato non solo ad amare Dio, ma a farlo amare.
Non mi basta amare Dio se anche il mio prossimo non lo ama. Devo amare il mio prossimo come immagine di Dio e oggetto dell’amor suo e far di tutto perché a loro volta gli uomini amino il loro Creatore che li riconosce e li considera come suoi fratelli, che li ha salvati; e procurare che, con mutua carità, si amino tra loro per amor di Dio, il quale li ha tanto amati da abbandonare per es­si il proprio Figlio alla morte. È dunque questo il mio dovere.
Orbene, se è vero che siamo chiamati a portare lontano e vicino l’amore di Dio, se dobbiamo infiammarne le nazioni, se la nostra vocazione è di andare a spargere questo fuoco divino in tutto il mondo, se così è, dico, se così è, fratelli, quanto devo ardere io stesso di questo fuoco divino!
Come daremo la carità agli altri, se non l’abbiamo tra noi? Osserviamo se vi è, non in generale, ma se ciascuno l’ha in sé, se vi è al grado dovuto; perché se non è accesa in noi, se non ci amiamo l’un l’altro come Gesù Cristo ci ha amati e non facciamo atti simili ai suoi, come potremo sperare di diffondere tale amore su tutta la terra? Non è possibile dare quello che non si ha.
L’esatto dovere della carità consiste nel fare ad ognuno quello che con ragione vorremmo fosse fatto a noi. Faccio veramente al mio prossimo quello che desidero da lui?
Osserviamo il Figlio di Dio. Non c’è che Nostro Signore che sia stato tanto rapito dall’amore per le creature da lasciare il trono del Padre suo per venire a prendere un corpo soggetto ad infermità.
E perché? Per stabilire fra noi, mediante la sua parola e il suo esempio, la carità del prossimo. È questo l’amore che l’ha crocifisso e ha compiuto l’opera mirabile della nostra redenzione.
Se avessimo un poco di questo amore, rimarremmo con le braccia conserte? Oh! no, la carità non può rimanere oziosa, essa ci spinge a procurare la salvezza e il sollievo altrui."

- San Vincenzo de’ Paoli - 
Dalle “Conferenze ai Preti della Missione” di san Vincenzo de’ Paoli (Conferenza 207)



 Buona giornata a tutti. :-)





domenica 18 giugno 2017

Preghiera del sacerdote la domenica sera - Padre Michel Quoist

Signore, stasera, sono solo.
A poco a poco, i rumori si sono spenti nella chiesa,
le persone se ne sono andate,
ed io sono rientrato in casa,
solo.
Ho incontrato la gente che tornava da passeggio.
Sono passato davanti al cinema che sfornava la sua porzione di folla.
Ho costeggiato le terrazze dei caffè, in cui i passanti,
stanchi, cercavano di prolungare la gioia di vivere una domenica di festa.
Ho urtato i bambini che giocavano sul marciapiede,
i bambini o Signore,
i bambini degli altri, che non saranno mai i miei.
Eccomi, Signore
solo.
Il silenzio mi incomoda,
la solitudine mi opprime.
Signore, ho 35 anni,
un corpo fatto come gli altri,
braccia nuove per il lavoro,
un cuore riservato all'amore,
ma ti ho donato tutto.
È vero, tu ne avevi bisogno.
Io ti ho dato tutto ma è duro, o Signore.
È duro dare il proprio corpo: vorrebbe darsi ad altri.
È duro amare tutti e non serbare alcuno.
È duro stringere una mano senza volerla trattenere.
È duro far nascere un'affetto, ma per donarlo a Te.
È duro non essere niente per sé per esser tutto per loro.
È duro essere come gli altri, fra gli altri, ed esser un'altra.
È duro dare sempre senza cercare di ricevere.
È duro andare incontro agli altri, senza che mai qualcuno ti venga incontro.
È duro soffrire per i peccati degli altri, senza poter rifiutare di accoglierli e portarli.
È duro ricevere i segreti, senza poterli condividere.
È duro sempre trascinare gli altri e non mai potere, anche solo un'istante, farsi trascinare.
È duro sostenere i deboli senza potersi appoggiare ad uno forte
È duro essere solo,
solo davanti a tutti,
Solo davanti al Mondo.
Solo davanti alla sofferenza,
alla morte,
al peccato.

Figlio, non sei solo,
io sono con te,
Sono te.
Perché avevo bisogno di un'umanità in più
per continuare la Mia Incarnazione e la Mia Redenzione.
Dall'eternità Io ti ho scelto,
ho bisogno di te.
Ho bisogno delle tue mani per continuare a benedire,
Ho bisogno delle tue labbra per continuare a parlare,
Ho bisogno del tuo corpo per continuare a soffrire,
Ho bisogno del tuo cuore per continuare ad amare,
Ho bisogno di te per continuare a salvare,
Resta con Me, Figlio mio.

Eccomi, Signore;
ecco il mio corpo,
ecco il mio cuore,
ecco la mia anima.
Concedimi d'essere tanto grande da raggiungere il Mondo,
tanto forte da poterlo portare,
tanto puro da abbracciarlo senza volerlo tenere.
Concedimi d'essere terreno d'incontro,
ma terreno di passaggio,
strada che non ferma a sé,
perché non vi è nulla di umano da cogliervi
che non conduca a te.
Signore, stasera, mentre tutto tace e nel mio cuore sento
duramente questo morso della solitudine,
mentre il mio corpo urla a lungo la sua fame di piacere,
mentre gli uomini mi divorano l'anima ed io mi sento incapace di saziarli,
mentre sulle mie spalle il mondo intero pesa con tutto il suo peso di miseria e di peccato,
io ti ripeto il mio sì, non in una risata, ma lentamente, lucidamente, umilmente.
Solo, o Signore davanti a te,
nella pace della sera.

I fedeli sono esigenti verso il loro prete. Hanno ragione. Ma devono sapere che è duro essere prete. Chi si è donato nella piena generosità della sua giovinezza rimane un uomo, ed ogni giorno in lui l'uomo cerca di riprendere quel che ha donato. È una lotta continua per restare totalmente disponibile al Cristo e agli altri.
Il prete non ha bisogno di complimenti o di regali imbarazzanti: ha bisogno che i cristiani, di cui ha in modo speciale la cura, amando sempre più i loro fratelli, gli provino che non ha dato invano la sua vita. E poiché rimane un uomo, può aver bisogno una volta d'un gesto delicato di amicizia disinteressata... una domenica sera in cui è solo.

Seguitemi ed io vi farò pescatori di uomini. (Mc 1,17)
Non voi avete scelto me, ma io ho sceto voi e vi ho destinati ada ndare a portare frutto, un frutto che rimanga. (Gv 15,16)
Dimentico del cammino percorso, mi protendo in avanti, corro verso la meta, per conseguire lassù il premio della vocazione di Dio nel Cristo Gesù. (Fil 3,13-14)

- padre Michel Quoist -
da: "Preghiere"



Il celibato del prete

La vita consacrata alla causa del Vangelo è testimonianza del primato assoluto dell'eterno, è messaggio - più eloquente di ogni parola - di come Dio solo basti e lui solo sia in grado di dare alla vita e alla storia significato e speranza. In un tempo di crollo di certezze e di palese fallimento delle presunzioni totalizzanti della ragione "moderna", un'esistenza totalmente abbandonata a Dio, perdutamente innamorata di lui, appare come un riferimento luminoso, annuncio di un'alternativa possibile. 
L'incarnazione non è solo il movimento dall'eternità al tempo, ma anche l'altrimenti impensabile possibilità del movimento opposto, quello capace di portare nel cuore di Dio il dolore e la morte degli uomini, le stagioni del tempo e le contraddizioni della storia.

Bruno Forte -



O mirabile dignità del sacerdote: nelle sue mani, come nel seno della Vergine Madre, il Figlio di Dio ogni giorno si incarna.

San Francesco d'Assisi -



Buona giornata a tutti. :-)





venerdì 9 giugno 2017

Per sacerdoti e laici che osano non inginocchiarsi davanti al tabernacolo - Padre Pio da Pietrelcina

Quest'altro episodio venne raccontato da Padre Pio a Padre Anastasio.
Una sera, mentre, solo, ero in coro a pregare, sentii il fruscio di un abito e vidi un giovane frate trafficare all'altare maggiore, come se spolverasse i candelabri e sistemasse i portafiori. Convinto che a riordinare l'altare fosse Frà Leone, poiché era l'ora del la cena, mi accosto alla balaustra e gli dico: "Frà Leone, vai a cenare, non è tempo di spolverare e aggiustare l'altare". Ma una voce, che non era quella di Frà Leone mi risponde ", "Non sono Frà Leone", "E chi sei?", chiedo io.
"Sono un vostro confratello che qui fece il noviziato. L'ubbidienza mi dette l'incarico di tenere pulito e ordinato l'altare maggiore durante l'anno di prova. Pur troppo più volte mancai di rispetto a Gesù sacramentato passando davanti all'altare senza riverire il Santissimo conservato nel Tabernacolo. Per questa grave mancanza, sono ancora in Purgatorio.
Ora il Signore, nella sua infinita bontà, mi manda da voi perché siate voi a stabilire fi no a quando dovrò soffrire in quel le fiamme di amore. Aiutatemi".
"Io credendo di essere generoso verso quell'anima sofferente, esclamai: Vi starai fino a domattina alla Messa.
Quell'anima urlò: Crudele! Poi gridò forte e sparì. Quel lamento mi causò una ferita al cuore che ho sentito e sentirò tutta la vita.

Io che per delega divina avrei potuto mandare quell'anima immediatamente in Paradiso, la condannai a restare un'altra notte nelle fiamme del Purgatorio".


L'anima di noi giovani è come un'anfora fragile, basta un colpo di una piccola pietra perché l'anfora si frantumi come un sogno interrotto. 
Ma è solo il passare del tempo e delle tempeste che dà consistenza all'anima. Dio fa sempre irruzione tra le macerie dei nostri castelli in rovina e ci fa assaporare la sua presenza, ci fa gustare e intravedere che per la nostra vita c'è un altro destino che coincide con il suo progetto e la sua chiamata di infinito amore e tenerezza.

Suor Veronica Monica Novizia, Voce di Padre Pio, n. 3, marzo 2006




Signore, donami la sapienza cui derivano i tuoi giudizi,
perché sappia ascoltare e soccorrere i tuoi fedeli nella giustizia e i tuoi poveri nella rettitudine.
Fa’ che io usi le chiavi del regno dei cieli
cosí che non apra mai le porte a chi dovrei chiuderle, 
e non le chiuda mai a chi dovrei aprirle.
Sia pura la mia intenzione, leale la mia premura,
paziente la mia magnanimità, ricca di frutti la mia fatica. 
Inteneriscimi senza cedimenti,
rendimi austero senza asprezze.
Aiutami a non disprezzare chi è fragile e a non adulare chi è forte. 
Concedimi tenerezza nell'accogliere i peccatori.
Fa’ che sia delicato, contenuto e semplice nell'interrogarli, 
efficace nel richiamare loro il tuo insegnamento.
Donami, ti supplico, il vigore di sradicarli dal male, 
la tensione a confermarli nel bene,
l’entusiasmo perché crescano nella vita di grazia:
donami saggezza nel rispondere, 
rettitudine nel consigliare, 
capacità di intuire il vero e il bene nelle situazioni oscure, 
discernimento nei casi complessi, 
forza nelle situazioni difficili. 
Non mi dilunghi e non mi disperda in colloqui inutili, 
non mi contamini con il discorrere di cose turpi. 
Salvi gli altri, non perda me stesso. Amen.




Buona giornata a tutti. :-)




sabato 22 aprile 2017

Pensieri del Santo curato d’Ars

Tutti gli esseri della creazione hanno bisogno di nutrirsi per vivere; per questo il buon Dio ha fatto crescere gli alberi e le piante; è una bella tavola ben servita dove tutti gli animali vengono a prendere ognuno il cibo che gli conviene. Ma anche l’anima deve nutrirsi...  Quando Dio volle dare un nutrimento alla nostra anima, per sostenerla nel pellegrinaggio della vita, Egli pose il suo sguardo sulla creazione e non trovò nulla che fosse degna di lei. Allora si ripiegò su se stesso e decise di dare se stesso… O anima mia, quanto sei grande, dal momento che soltanto Dio può appagarti!

- Santo curato d'Ars - 



Quando Nostro Signore viene ad abitare in un’anima, è contento e riempie l’anima di gioia e di felicità e le comunica quell’amore generoso di fare tutto e di soffrire tutto per piacergli. 

Non dite che non ne siete degni. 

È vero: non ne siete degni, ma ne avete bisogno. Se Nostro Signore avesse avuto in mente il nostro esser degni, non avrebbe mai istituito il suo sacramento d’amore, perché nessuno al mondo ne è degno, ma Egli pensava ai nostri bisogni e ne abbiamo tutti bisogno.


- Santo curato d'Ars - 



Gesù ha detto: «Tutto ciò che domanderete al Padre mio in mio nome, egli ve lo concederà». 
Mai avremmo pensato di chiedere a Dio il suo unico Figlio. 
Tuttavia ciò che l’uomo non avrebbe mai potuto immaginare, Dio l’ha fatto. Ciò che l’uomo non può né dire né concepire e che mai avrebbe osato desiderare, Dio, nel suo amore, l’ha detto, concepito e realizzato. 
Avremmo mai osato dire a Dio di far morire suo Figlio per noi, di darci la sua carne da mangiare e il suo sangue da bere? Senza la divina Eucaristia, non ci sarebbe felicità a questo mondo e la vita sarebbe insopportabile. 
Quando riceviamo la santa comunione, riceviamo la fonte della nostra gioia e felicità. - 

- Santo curato d'Ars - 





"Nostro Signore è là, 
nascosto,
in attesa che andiamo a trovarlo 
e gli rivolgiamo le nostre domande.
E' là, nel Sacramento del suo amore
che sospira ed intercede continuamente 
presso il Padre per i peccatori ...
Quanto gli è gradito anche solo un quarto d'ora 
rubato alle nostre occupazioni, 
alle sciocchezze di ogni giorno,
per andare a fargli visita, 
a rivolgergli una preghiera, 
a consolarlo di tutte le ingiurie che riceve ..
.


Dagli insegnamenti del Santo Curato d'Ars


Buona giornata a tutti. :-)





domenica 8 gennaio 2017

Maestro insegnaci a pregare – Padre Andrea Gasparino -

"Si potrebbe dire che nella preghiera comandano tre pulsanti. 
Impara a pregare chi è capace di maneggiare i tre pulsanti.
Il primo pulsante è l’umiltà, che vorrei descrivere così: far la verità in noi come primo atto della preghiera.
Mettersi davanti a Dio come si è, non come si vorrebbe essere: fare la verità, fare il punto della nostra situazione con molta concretezza, con molta sincerità anche rude, profonda, senza mezze misure, toglierci le maschere, presentandoci a Dio come siamo…
Non aver paura di perdere tempo in questa operazione di avviamento… non è avviamento è già vera preghiera, infatti è già amore.
Gli altri due pulsanti sono: aprirsi all’amore di Dio e amare.
..Accorgersi dell’amore di Dio per te.
Direi che è il pulsante decisivo: se è forte la convinzione che Dio ti ama personalmente, sinceramente, costantemente, fedelmente; se è forte la convinzione che Dio ti ama anche se tu non rispondi (ma bada dev’essere una convinzione profonda, non un’idea peregrina che ti passa in testa); se tu sei proprio persuaso dell’amore di Dio per te, allora la preghiera parte sola senza sforzi.
Dio mi ama!
Ecco il punto di fuoco della preghiera, ma deve essere un punto di fuoco che cambi in fuoco il tuo rapporto con lui.
Le persone con la preghiera fiacca o malata non hanno ancora capito che Dio le ama…
Dovete lottare con tutte le forze per costruire in voi questa convinzione.
Non bastano pochi sforzi.. Capire che Dio ci ama è come entrare nel profondo di Dio, nel cuore di Dio.. Ogni pagina della scrittura è una scuola dell’amore di Dio, ma chi non impara a leggere nell’amore rimane analfabeta dell’amore.
Chi non fa questo sforzo rimane solo un turista dell’amore…
Poi viene il terzo pulsante: amare! Come si ama nella preghiera? 
E’ difficile dirlo. Forse tutto sta in una cosa semplicissima, tutto sta nell’imparare a offrirci a Dio..
Il cammino della preghiera dovrebbe consistere in questi tre passaggi:

Parlare  (preghiera vocale)
Ascoltare (preghiera di ascolto)
Rispondere  (preghiera di amore)….

“La preghiera è un bene sommo,
è una comunione intima con Dio,
deve venire dal cuore,
deve fiorire continuamente,
giorno e notte.
E’ luce dell’anima,
vera conoscenza di Dio,
mediatrice tra Dio e l’uomo;
è un desiderare Dio,
è un amore ineffabile
prodotto dalla grazia divina” 
(San Giovanni Crisostomo)

- Padre Andrea Gasparino -
tratto da “Maestro insegnaci a pregare”, Andrea Gasparino. Ed. Elledicì





Noi dobbiamo tuttavia pregare che il fuoco del giudizio - cioè il fuoco dell'amore divino - consumi non i peccatori, ma la parte di male che è in ciascuno di essi. 
Così la divisione fra "capri" e "pecore" di cui parla la scena del giudizio universale non si farebbe tra due moltitudini di esseri umani, ma all'interno di ciascuno di loro.

- Olivier Clement -








Mio Dio,
mi hanno detto che Tu,
molte volte,
hai parlato ai Tuoi amici:
ad Abramo, a Mosè, a David,
al Tuo figlio Gesù
quando viveva tra noi,
a San Francesco....
Mio Dio,
mi hanno detto che Tu
parli sempre a chi vuole ascoltarti.
L'universo intero,
le creature della terra,
le opere dell'uomo,
i fatti e le persone,
le pagine della Bibbia
sono pieni di te.
Io mi siedo.
Tante voci mi piovono addosso,
ogni giorno, ogni istante.
I genitori, i professori e
gli amici, i cantanti e i campioni,
la televisione e i giornali...
tutti vogliono dirmi la loro.
Io mi siedo,
con la testa in silenzio,
con il cuore tranquillo,
con il corpo disteso.
Ecco,
tra mille emittenti,
voglio sintonizzarmi
con Te.
Sono pronto.
Mio Dio, parla.
Io ti ascolto.


- Tonino Lasconi -