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martedì 10 gennaio 2023

Lo sguardo - Padre Michel Quoist

 Adesso Signore, sto per chiudere le mie palpebre,
perché i miei occhi questa sera hanno finito il loro lavoro,
e il mio sguardo sta per rientrare nella mia anima
dopo aver girato una giornata nel giardino degli uomini.
Grazie, Signore, per i miei occhi, finestre aperte sullo spazio.
Grazie per lo sguardo che trasporta la mia anima
come il raggio generoso conduce la luce e il calore del tuo sole.
Io ti prego nella notte, affinché domani, Signore,
quando aprirò i miei occhi al chiarore del mattino,
essi siano pronti a servire la mia anima e il suo Dio.
Fa' che i miei occhi siano chiari, Signore,
e che il mio sguardo limpido dia fame di purezza.
Fa' che non sia sguardo deluso, disilluso, disperato.
Ma che sappia ammirare, estasiarsi, contemplare.
Concedi ai miei occhi di sapersi chiudere per ritrovarti meglio,
ma senza che si distolgano mai dal mondo perché essi ne hanno paura.
Concedi al mio sguardo di essere profondo
per riconoscere nel mondo la tua presenza.
E fa' che mai i miei occhi si chiudano sulla miseria degli uomini.
Che il mio sguardo, Signore, sia pulito e saldo,
ma sappia intenerirsi e che i miei occhi siano capaci di piangere.
Fa' che il mio sguardo non sporchi colui che tocca.
Che non disturbi ma plachi.
Che non rattristi ma comunichi Gioia.
Che non seduca per tener prigioniero,
ma sia invitante e aiuti a superare se stessi.
Fa' che disturbi il peccatore affinché vi riconosca la tua luce,
ma che sia solo un rimprovero per incoraggiare.
Fa' che il mio sguardo sconvolga, perché è un incontro, l'incontro con Dio.
Che sia l'appello, lo squillo di tromba
che mobilita tutto il mondo sulla soglia di casa,
non a causa mia, Signore, ma perché Tu stai per passare.
Affinché il mio sguardo sia tutto questo, Signore,
una volta di più, questa sera, io ti offro la mia anima.
Ti offro il mio corpo.
Ti offro i miei occhi così che guardando gli uomini, miei fratelli,
sia tu a guardarli,
e che attraverso me Tu faccia loro un richiamo.

- Padre Michel Quoist -





Prudenti, sì; diffidenti, no. Date a tutti la fiducia più totale, con tutti siate nobili. 

- Josemaría Escrivá de Balaguer - 


Arroganza

Caro Dio,
liberami dal falso orgoglio;
liberami dall'arroganza
che accompagna un'immagine di sé gonfiata.
Preservami dall'alterigia,
da un ego sovraccarico
derivante da un io vuoto.
Fa' che impari a essere soddisfatto di me stesso;
che non senta mai il bisogno
di sminuire qualcuno
per acquisire valore e importanza,
per sentirmi
stimato e degno.

Rabbi Nachman di Brazlav - 


Buona giornata a tutti. :-)


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giovedì 22 agosto 2019

Il cinghiale e la formica

Le grida si sentivano sino al limitare della foresta. 
C'era pure una musica assordante che infastidiva parecchio. Martina la formica decise che ne aveva abbastanza e chiese il permesso di smettere di lavorare per andare a vedere che cosa stava succedendo.
Non fu difficile per lei capire da dove proveniva tutto quel rumore e anche indovinare chi poteva esserne il responsabile.
Grugno, il cinghiale nero più arrogante del Bosco, stava festeggiando il suo compleanno con altri animali di cui, stando a quanto riferiva la Talpa Cesira - nota ai più per essere sempre la prima a sapere tutte le novità - era meglio diffidare.
Spiedini, avanzi di cibo e bottiglie di bibite erano rovesciati ovunque.
"Ma come ti permetti di fare tutto questo baccano!" urlò la piccola formica con tutto il fiato che aveva in gola.
Grugno, infastidito da quella brusca interruzione, alzò un sopracciglio con fare superiore e ringhiò: "Piccolo, insignificante animale che non sei altro! Come osi interrompere la MIA festa! Non vedi che ho ospiti? Io non ho bisogno del permesso di nessuno per divertirmi", e così dicendo scagliò con una zampa una lattina vuota verso Martina.
La formichina la scansò per un pelo e rispose: "Tu non hai rispetto per niente e nessuno ma ricorda che un po' di umiltà sta bene anche in casa degli animali più grossi!" e così dicendo se ne andò imprecando a bassa voce.
Passò il tempo, Martina continuò a lavorare incessantemente con le sue colleghe per garantirsi un inverno abbondante di cibo.
Un giorno venne a sapere (sempre dalla solita Cesira la Talpa) che Grugno, durante una delle sue scorribande, si era rotto una zampa.
Il cinghiale si diceva fosse a letto, solo e impossibilitato a procurarsi il cibo, e data la scarsa simpatia che nutriva tra gli animali del Bosco, non c'era da meravigliarsi che nessuno fosse andato a trovarlo.
Martina pensò e ripensò, e infine decise di preparare una bella teglia di maccheroni e di portarla  a Grugno.
Lo trovò mesto, dimesso e nei suoi occhi tutta la superbia era sparita. Non appena si accorse della formichina una lacrima scese silenziosa sulle sue ispide guance: "Io - cominciò - non sono cattivo. Volevo dimostrare a tutti di essere il più forte e il più importante fra gli animali del Bosco.
Ho mancato di rispetto a te, Martina, e a tutti gli altri e ti chiedo scusa".
"Non solo ci hai deriso e trattato male - replicò la formica - ma durante tutte quelle feste che hai fatto hai sprecato un sacco di cibo che ti sarebbe potuto tornare utile in questo momento. Ora mangia, rimettiti in forma e spero che questa lezione ti sia servita a qualcosa".
E così dicendo pensò di averlo redarguito abbastanza e con un mezzo sorriso gli porse la teglia, certa che a volte la vita insegna più di mille discorsi.


 Arroganza

Caro Dio,
liberami dal falso orgoglio;
liberami dall'arroganza
che accompagna un'immagine di sé gonfiata.
Preservami dall'alterigia,
da un ego sovraccarico
derivante da un io vuoto.
Fa' che impari a essere soddisfatto di me stesso;
che non senta mai il bisogno
di sminuire qualcuno
per acquisire valore e importanza,
per sentirmi
stimato e degno.

- Rabbi Nachman di Brazlav -


Buona giornata a tutti. :-)




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lunedì 1 ottobre 2018

Guarda dove vai! - don Bruno Ferrero

Nei tempi remoti, in Giappone, si usavano lanterne di carta e di bambù con le candele dentro.
Una notte, a un cieco che era andato a trovarlo, un tale offrì una lanterna da portarsi a casa.

«A me non serve una lanterna», disse il cieco. «Buio o luce per me sono la stessa cosa».
«Lo so che per trovare la strada a te non serve una lanterna», rispose l’altro,
«ma se non l’hai, qualcuno può venirti addosso. Perciò devi prenderla».
Il cieco se ne andò con la lanterna, ma non era ancora andato molto lontano quando si sentì urtare con violenza.
«Guarda dove vai!», esclamò il cieco allo sconosciuto. «Non vedi questa lanterna?».
«La tua candela si è spenta, fratello», rispose lo sconosciuto.

Chi non conosce quelle persone arroganti che fendono il mondo in modo presuntuoso, senza accorgersi di essere ciechi che portano in mano una lampada spenta?

Eppure molti di loro si fanno chiamare «maestro» o «dottore» o «onorevole».
(o «signor parroco», o «eccellenza», o «superiore»... ma non era questo il pensiero e non è questo lo stile di Gesù..

- don Bruno Ferrero - 

da: “40 Storie nel deserto”, editrice Elledici



Non mi sento responsabile d'essere migliore degli altri. Ciò che non sopporto è di provare piacere nel dimostrarlo. 

Fabrizio De André -




Profumo, pellicce, biancheria fine, gioielli: lussuosa arroganza di un mondo dove non c'è posto per la morte; ma essa restava in agguato dietro quella facciata, nel segreto grigiastro delle cliniche, degli ospedali, delle camere chiuse. 

Simone de Beauvoir -


Buona giornata a tutti. :-)

sabato 28 luglio 2018

L'arroganza dell'invidia e Allontanando i fantasmi - Paulo Coelho



Nel deserto della Siria, Satana diceva ai suoi discepoli: “l’essere umano è sempre più preoccupato di augurare il male agli altri che non di fare il bene a sé stesso”.
E per dimostrare quello che diceva, decise di mettere alla prova due uomini che riposavano lì vicino.
“Sono venuto a realizzare i tuoi desideri”, disse a uno di loro. “Puoi chiedere ciò che vuoi, e ti sarà dato. Il tuo amico riceverà la stessa cosa, ma in misura doppia”.
L’uomo rimase in silenzio per lungo tempo. Infine, disse:
“Il mio amico è contento, perché avrà sempre il doppio, qualunque sia il mio desiderio. Ma sono riuscito a preparargli una trappola: la mia richiesta è che tu mi renda cieco di un occhio”.


- Paulo Coelho -




Per anni Hitoshi tentò – inutilmente – di risvegliare l’amore di colei che credeva fosse la donna della sua vita. 
Ma il destino è alquanto ironico: proprio il giorno in cui lei lo accettò come futuro marito, scoprì che la donna aveva una malattia incurabile e che quindi non sarebbe vissuta per molto tempo. Sei mesi dopo, ormai sull’orlo della morte, lei gli disse: "Tu devi promettermi una cosa: che non t’innamorerai mai di nuovo. Se lo farai, io tornerò tutte le notti a spaventarti." 
E chiuse gli occhi per sempre.
Per molti mesi, Hitoshi evitò di avvicinarsi ad altre donne, ma il destino si rivelò ancora una volta ironico ed egli incontrò un nuovo amore. 
Mentre si preparava al matrimonio, il fantasma dell’antica amata compì quanto aveva promesso, e comparve a Hitoshi. "Mi stai tradendo", disse.
"Per anni ti ho dedicato il mio cuore, ma tu non mi ricambiavi", le rispose Hitoshi. "Non pensi che io meriti una seconda possibilità di essere felice?". 
Ma il fantasma dell’antica innamorata non volle saperne e, tutte le notti, tornava a spaventarlo. Gli raccontava nei minimi particolari ciò che era accaduto durante il giorno, quali parole d’amore lui aveva rivolto alla fidanzata, quanti baci e abbracci si erano scambiati. 
Hitoshi non riusciva più a dormire, per questo andò a trovare il maestro zen Bashô.

"È un fantasma molto furbo," disse Bashô.
"Lei conosce tutto, nei minimi particolari! E in questo modo sta distruggendo il mio fidanzamento, perché non riesco a dormire e nei momenti d’intimità con la mia amata mi sento vessato." "Allontaneremo questo fantasma", lo rassicurò Bashô.
Quella notte, quando il fantasma fece ritorno, Hitoshi lo interruppe prim’ancora che pronunciasse la prima frase. "Tu sei un fantasma talmente saggio che possiamo fare un accordo. Visto che mi sorvegli sempre, ti domanderò qualcosa che ho fatto oggi: se indovinerai, io lascerò la mia fidanzata e non avrò mai più nessuna moglie. Se sbaglierai, tu prometterai di non ricomparire più, altrimenti sarai condannata dagli dèi a vagare per sempre nell’oscurità." "D’accordo", rispose il fantasma, fiducioso.
"Oggi pomeriggio mi trovavo nella drogheria e, a un certo punto, ho preso un pugno di grano da un sacco."
"L’ho visto", disse il fantasma.
"La domanda è questa: quanti chicchi di grano ho tenuto in mano?".
Il fantasma comprese all’istante che non sarebbe mai riuscito a rispondere alla domanda. 
Così, per evitare di essere perseguitato dagli dèi nell’oscurità eterna, decise di scomparire per sempre.
Due giorni dopo, Hitoshi si recò a casa del maestro zen: "Sono venuto a ringraziarvi".


"Approfittane per apprendere le lezioni che fanno parte di questa tua esperienza", rispose Bashô:

"In primo luogo, quello spirito tornava sempre perché tu avevi paura. Se vuoi allontanare una maledizione, non darle alcuna importanza.


Secondo: il fantasma traeva profitto dal tuo senso di colpa. Quando ci sentiamo colpevoli, desideriamo sempre – inconsapevolmente – il castigo.

E infine: nessuno che ti ami veramente ti obbligherebbe a fare questo tipo di promessa.
Se vuoi comprendere l’amore, impara la libertà".

- Paulo Coelho -




Buona giornata a tutti. :-)





giovedì 22 marzo 2018

Cedri e Palme - Cardinale Gianfranco Ravasi


Ci sono maestri-cedro e maestri-palma. 
I primi levano verso il cielo i loro rami irraggiungibili, carichi di frutti. 
I secondi, invece, hanno i datteri già nei loro rami bassi e anche chi è piccolo può afferrarli e gustarli. 
È interessante notare che la Bibbia ha scelto spesso simboli vegetali per raffigurare la sapienza; anzi, un saggio come il Siracide arriva al punto di compararla a un parco o a un giardino botanico con una quindicina di alberi odorosi o fruttiferi (24, 13-17) e in bocca alla sapienza personificata mette questo invito: «Avvicinatevi a me e saziatevi dei miei frutti» (24,19). 

A questo punto acquista tutto il suo significato l'aforisma orientale che sopra ho evocato. 
Nella vita, infatti, abbiamo incontrato certamente persone colte ma arroganti, capaci di far cadere dall'alto la loro conoscenza così che qualche frammento potesse essere raccolto anche dai semplici che esse guardavano con distacco dal trono della loro intelligenza. 
Sono appunto i maestri-cedro, monumentali e sontuosi come quelle piante, pronti a ripetere la frase sprezzante dei farisei del Vangelo di Giovanni: «Questa gente, che non conosce la Legge, è maledetta» (7,49). 
Ma per fortuna ci sono i maestri-palma: io per primo confesso di averne avuti tanti, dal liceo all'università. 
Le cose principali che so - nonostante il molto studio che poi ho fatto personalmente - le devo a loro. 
Ed è per questo che noi siamo capaci di vedere più lontano, perché siamo nani sulle spalle di giganti, come si diceva nel Medio Evo. 
Si è maestri-palma perché non si insegna solo quello che si sa, ma anche quello che si è. È proprio qui la differenza tra l'intelligente e il vero sapiente e maestro.

- Cardinale Gianfranco Ravasi - 
da: "Le Parole del mattino" ed. Mondadori



L'ambizione ha occhi di bronzo che mai il sentimento riesce a inumidire.
I corpi dei bronzi di Riace sono perfetti, ma quel loro sguardo metallico sembra vuoto e cieco.

Non per nulla definiamo «faccia di bronzo» la persona impudente e arrogante
che ci oppone un volto ipocrita, senza nessuna contrazione facciale di pudore o vergogna.
Ha, perciò, ragione Schiller quando, nella sua tragedia "genovese" Fiesco, dipinge l'ambizione come una faccia dagli occhi di bronzo, mai rigati da lacrime.
Per la carriera e il successo a tutti i costi non ci si può attardare nel lusso dei sentimenti.
Si procede inesorabili calpestando gli altri più deboli, ignorando le remore morali, gelando le emozioni e la compassione.
«L'ambizione – scriveva Tolstoj – non può permettersi di accordarsi con la bontà; essa si accorda solo con l'orgoglio, l'astuzia, la crudeltà».

- Cardinale Gianfranco Ravasi - 






Buona giornata a tutti. :-)





sabato 13 gennaio 2018

Storie sull'arroganza - Paulo Coelho

L’arroganza del potere

Maestro e discepolo chiacchieravano in un angolo quando una vecchia li avvicinò: “Allontanatevi dalla mia vetrina!”, urlò la vecchia. 
“State ostacolando i clienti”.
Il maestro chiese scusa e cambiò marciapiede.
Continuarono a chiacchierare, quando si avvicinò un ufficiale. 
“Abbiamo bisogno che lei si allontani da questo marciapiede”, disse l’ufficiale. “Fra poco passerà il conte”.
“Che il conte usi l’altro lato della strada”, rispose il maestro, senza muoversi. Poi si rivolse al suo discepolo:
“Non dimenticare: non essere mai arrogante con gli umili. E non essere mai umile con gli arroganti.” 

- Paulo Coelho -



L’arroganza della santità

Il monaco zen passò dieci anni meditando nella sua caverna, cercando di scoprire il cammino della Verità .
Un pomeriggio, mentre pregava, si avvicinò una scimmia.
Il monaco tentò di concentrarsi. Ma la scimmia si avvicinò pian pianino e afferrò il sandalo del monaco.
– Dannata scimmia! – disse l’eremita. – Perché sei venuto a turbare le mie preghiere?
– Ho fame – disse la scimmia.
– Vattene via! Stai ostacolando la mia comunicazione con Dio!
– Come desideri parlare con Dio, se non riesci a comunicare con i più umili, come me? – disse la scimmia.
E il monaco, vergognandosi, chiese scusa.

- Paulo Coelho - 


L’arroganza della forza

Il villaggio era minacciato da una tribù di barbari. A poco a poco gli abitanti abbandonarono le loro case e fuggirono in un luogo più sicuro. Nel giro di un anno, erano andati via tutti, tranne un gruppo di gesuiti.
L’esercito barbaro entrò nel villaggio senza trovare resistenza e fece una grande festa per celebrare la vittoria. A metà della cena, si presentò un prete.
“Voi siete entrati qui e avete allontanato la pace da questo posto. Vi prego di partire senza indugio.”
“Perché tu non sei ancora fuggito?”, urlò il capo barbaro. “Non vedi che posso trafiggerti con la mia spada, senza battere ciglio?”
Il prete rispose tranquillamente:
“Non vedi che posso essere trafitto da una spada, senza battere ciglio?”.

Sorpreso dalla serenità davanti alla morte, il capo barbaro e la sua tribù abbandonarono il posto il giorno seguente.

- Paulo Coelho - 




Buona giornata a tutti. :-)






giovedì 6 luglio 2017

Lo sguardo - Padre Michel Quoist -

Adesso Signore, sto per chiudere le mie palpebre,
perché i miei occhi questa sera hanno finito il loro lavoro,
e il mio sguardo sta per rientrare nella mia anima
dopo aver girato una giornata nel giardino degli uomini.
Grazie, Signore, per i miei occhi, finestre aperte sullo spazio.
Grazie per lo sguardo che trasporta la mia anima
come il raggio generoso conduce la luce e il calore del tuo sole.
Io ti prego nella notte, affinché domani, Signore,
quando aprirò i miei occhi al chiarore del mattino,
essi siano pronti a servire la mia anima e il suo Dio.
Fa' che i miei occhi siano chiari, Signore,
e che il mio sguardo limpido dia fame di purezza.
Fa' che non sia sguardo deluso, disilluso, disperato.
Ma che sappia ammirare, estasiarsi, contemplare.
Concedi ai miei occhi di sapersi chiudere per ritrovarti meglio,
ma senza che si distolgano mai dal mondo perché essi ne hanno paura.
Concedi al mio sguardo di essere profondo
per riconoscere nel mondo la tua presenza.
E fa' che mai i miei occhi si chiudano sulla miseria degli uomini.
Che il mio sguardo, Signore, sia pulito e saldo,
ma sappia intenerirsi e che i miei occhi siano capaci di piangere.
Fa' che il mio sguardo non sporchi colui che tocca.
Che non disturbi ma plachi.
Che non rattristi ma comunichi Gioia.
Che non seduca per tener prigioniero,
ma sia invitante e aiuti a superare se stessi.
Fa' che disturbi il peccatore affinché vi riconosca la tua luce,
ma che sia solo un rimprovero per incoraggiare.
Fa' che il mio sguardo sconvolga, perché è un incontro, l'incontro con Dio.
Che sia l'appello, lo squillo di tromba
che mobilita tutto il mondo sulla soglia di casa,
non a causa mia, Signore, ma perché Tu stai per passare.
Affinché il mio sguardo sia tutto questo, Signore,
una volta di più, questa sera, io ti offro la mia anima.
Ti offro il mio corpo.
Ti offro i miei occhi così che guardando gli uomini, miei fratelli,
sia tu a guardarli,
e che attraverso me Tu faccia loro un richiamo.

- Padre Michel Quoist -





Prudenti, sì; diffidenti, no. Date a tutti la fiducia più totale, con tutti siate nobili. 

- Josemaría Escrivá de Balaguer - 


Arroganza

Caro Dio,
liberami dal falso orgoglio;
liberami dall'arroganza
che accompagna un'immagine di sé gonfiata.
Preservami dall'alterigia,
da un ego sovraccarico
derivante da un io vuoto.
Fa' che impari a essere soddisfatto di me stesso;
che non senta mai il bisogno
di sminuire qualcuno
per acquisire valore e importanza,
per sentirmi
stimato e degno.

Rabbi Nachman di Brazlav - 


Buona giornata a tutti. :-)


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martedì 25 aprile 2017

Decalogo per trattare con un arrogante - Mons. Domenico Sigalini

1. Non ti sentire mai offeso, nessuno può entrare nel sacrario della tua coscienza.
2. Non perdere tempo a rendere pan per focaccia: peggiori tu e spingi l'altro a perseverare.
3. Non compatirlo, ma creagli attorno un contesto disarmante di amicizia.
4. Spesso è maleducazione incosciente la sua: aiutalo a scoprire i sentimenti tenui della vita.
5. Sappi che ogni uomo ha bisogno degli altri per essere felice, ma deve allargare il cuore per far loro spazio.
6. Si è fatto lui centro del mondo: aiutalo a scoprire il vero centro che è Dio.
7. Per valutarsi nella verità di se stesso, ha bisogno di lasciare il suo loculo, nel quale si sente papa, re e profeta.
8. Se comincia a chiedere scusa, anche tra i denti, non lo scoraggiare: è su una buona strada.
9. La buona educazione non è il politicamente corretto, ma il lasciarsi conquistare da un ideale.
10. Conquisti più arroganti con una goccia di miele che con un barile di aceto.

- Mons. Domenico Sigalini -
dal Messagero di Sant'Antonio, marzo 2009



Il maestro disse: Il prodigo è arrogante e l'avaro è meschino. 
È preferibile la meschinità all'arroganza. 

- Confucio - 



Arroganza

Caro Dio,
liberami dal falso orgoglio;
liberami dall'arroganza
che accompagna un'immagine di sé gonfiata.
Preservami dall'alterigia,
da un ego sovraccarico
derivante da un io vuoto.
Fa' che impari a essere soddisfatto di me stesso;
che non senta mai il bisogno
di sminuire qualcuno
per acquisire valore e importanza,
per sentirmi
stimato e degno.

Rabbi Nachman di Brazlav - 


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