venerdì 18 novembre 2011

Della morte (1946) – Nazim Hikmet

Entrate, amici miei, accomodatevi
siate i benvenuti
mi date molta gioia.
Lo so, siete entrati per la finestra della mia cella
mentre dormivo.
Non avete rovesciato la brocca
né la scatola rossa delle medicine.
I visi nella luce delle stelle
state mano in mano al mio capezzale.
Com'è strano
vi credevo morti
e siccome non credo né in Dio né all'aldilà
mi rammaricavo di non aver potuto
offrirvi ancora un pizzico di tabacco.
Com'è strano
vi credevo morti
e voi siete venuti per la finestra della mia cella
entrate, amici miei, sedetevi
siate i benvenuti
mi date molta gioia.
Hascìm, figlio di Osmàn,
perché mi guardi a quel modo?
Hascìm figlio di Osmàn
è strano
non eri morto, fratello,
a Istanbul, nel porto
caricando il carbone su una nave straniera?
Eri caduto col secchio in fondo alla stiva
la gru ti ha tirato su
e prima di andare a riposare
definitivamente
il tuo sangue rosso aveva lavato
la tua testa nera.
Chi sa quanto avevi sofferto.
Non restate in piedi, sedetevi.
Vi credevo morti.
Siete entrati per la finestra della mia cella
i visi nella luce delle stelle
siate i benvenuti
mi date molta gioia.
Yakùp, del villaggio di Kayalar
salve, caro compagno,
non eri morto anche tu?
Non eri andato nel cimitero senz'alberi
lasciando ai tuoi bambini la malaria e la fame?
Faceva terribilmente caldo, quel giorno
e allora, non eri morto?
E tu, Ahmet Gemìl, lo scrittore?
Ho visto coi miei occhi
la tua bara scendere nella fossa.
Credo anche di ricordarmi
che la tua bara fosse un po' corta per la tua statura.
Lascia stare, Gemìl
vedo che ce l'hai sempre, la vecchia abitudine
ma è una bottiglia di medicina, non di rakì.
Ne bevevi tanto
per poter guadagnare cinquanta piastre al giorno
e dimenticare il mondo nella tua solitudine.
Vi credevo morti, amici miei
state al mio capezzale la mano in mano
sedete, amici miei, accomodatevi.
Benvenuti, mi date molta gioia.
La morte è giusta, dice un poeta persiano,
ha la stessa maestà colpendo il povero e lo scià.
Hascìm, perché ti stupisci?
Non hai mai sentito parlare di uno scià
morto in una stiva con un secchio di carbone?
La morte è giusta, dice un poeta persiano.
Yakùp
mi piaci quando ridi, caro compagno
non ti ho mai visto ridere così
quando eri vivo...
Ma lasciatemi finire
la morte è giusta dice un poeta persiano...
Lascia quella bottiglia, Ahmer Gemìl,
non t'arrabbiare, so quel che vuol dire
affinché la morte sia giusta
bisogna che la vita sia giusta.
Il poeta persiano...
Amici miei, perché mi lasciate solo?
Dove andate?
(Nazim Hikmet)
http://leggoerifletto.blogspot.com/2010/09/nazim-hikmet-biografia.html


Tra il 1929 e il 1936 pubblica nove libri che rivoluzioneranno il modo di scrivere turco. Libera la poesia dalle convenzioni letterarie ottomane ed introduce versi liberi ed uno stile colloquiale.
Nel 1938 viene condannato a 28 anni di carcere per la sua opposizione al regime di Kemal  Ataturk. Le sue poesie, i suoi articoli, i suoi libri sono considerati un incitamento alla rivolta. Sotto accusa, in particolare, “L’epopea di Sherik Bedrettin”dove Hikmet racconta la ribellione contadina del 1500 contro l’impero ottomano.
Questo è l’ultimo libro divulgato in Turchia mentre Nazim Hikmet è in vita.
E’ Pablo Neruda a raccontare come l’amico Hikmet viene trattato durante la sua  prigionia
 “…accusato di aver tentato di incitare l’esercito turco alla ribellione, Nazim è stato condannato alle punizioni più terribili. Mi ha detto che è stato costretto a camminare sul ponte di una nave fino a non sentirsi troppo debole per rimanere in piedi, quindi lo hanno legato in una latrina dove gli escrementi arrivavano a mezzo metro sopra il pavimento…Il mio fratello poeta ha sentito le sue forze mancare : i miei aguzzini vogliono vedermi soffrire. Resiste con orgoglio. Comincia a cantare,all’inizio la sua voce è bassa, poi sempre più alta fino ad urlare. Ha cantato tutte le canzoni, tutti i poemi d’amore che riesce a ricordare, i suoi stessi versi, le ballate d’amore dei contadini, gli inni di battaglia della gente comune. Ha cantato qualsiasi cosa che la sua mente ricordasse. E così ha vinto i suoi torturatori.”
Nel 1949, a Parigi, una commissione internazionale della quale fanno parte, tra gli altri, Pablo Picasso, Paul Robeson, Jean Paul Sartre, si batte per la liberazione di Hikmet.
Nello stesso anno si forma il primo governo turco eletto democraticamente e Hikmet
viene nuovamente liberato in seguito ad una amnistia generale. Simone de Beavoir ricorda gli eventi di quei giorni “Mi raccontò come nell’anno successivo alla sua liberazione subì due attentati, con le macchine, nelle vie di Istanbul. In seguito provarono a costringerlo a fare il servizio militare nella frontiera russa: aveva quasi cinquant’anni.
Il dottore, un maggiore, gli disse: “Mezz’ora in piedi sotto il sole e sei un uomo morto. Ma io ti darò un certificato di buona salute”. Così riuscì a scappare, di notte, attraverso il Bosforo, con un motoscafo.

giovedì 17 novembre 2011

E' un vero pacifista chi... - Padre Karl Rahner

È un vero pacifista chi è capace di cambiare opinione, perché solo così si può sperare di poter riappacificare avversari che sostenevano pareri diversi.
È pacifista solo chi è capace di rimetterci, dando ragione al suo cosiddetto avversario e terminando una discussione diverso da come è entrato.
È pacifista chi riesce a lodare almeno una volta il sostenitore di opinioni e di decisioni contro le quali egli è convinto in coscienza del proprio dovere di resistenza e opposizione.
È pacifista chi tratta con pazienza e cortesia anche chi gli dà sui nervi.
Siamo pacifisti solo quando non disprezziamo gli atteggiamenti e gli sforzi degli altri con grossolani e declassanti giudizi facili da evitare; quando abbandoniamo il nostro modo di pensare fatto di luoghi comuni; quando cerchiamo di scoprire, dietro le parole, il concetto sul quale siamo forse dello stesso parere. Siamo pacifisti solo se confrontiamo noi stessi con gli ideali degli altri, secondo le possibilità reali; quando non difendiamo il nostro prestigio sociale e combattiamo in modo leale e corretto, anche se questa correttezza dovesse diminuire le possibilità della nostra vittoria.
Serviamo la pace solo se abbiamo davvero capito che possiamo assumerci delle responsabilità anche esitando o tacendo, se stimiamo i politici solo quando si dimostrano veri uomini in tutte le situazioni e non banali rappresentanti del nostro egoismo e quando sospettiamo dei politici che ci danno troppo ragione, confermando la nostra opinione.

Avremo la beatitudine promessa dal Vangelo agli operatori di pace, quando combatteremo per la libertà nostra e per quella degli altri, e impareremo, piano piano, a sentire nostra l'ingiustizia commessa non solo verso noi stessi, ma anche verso gli altri.
Ci sono anche piccole virtù quotidiane del pacifista.

È cortese verso chi gli è subordinato e non è servile davanti a quelli più potenti di lui.
Mette di fronte al suo errore chi ha mancato, ma sa tacere di fronte agli altri. Non si considera troppo importante ed insostituibile; sa che in tutti noi l'autodifesa tende a prendere il sopravvento sull'autocritica; sa anche di poter delegare la responsabilità e non crede sempre di fare tutto meglio degli altri.
Sa che a volte è meglio che l'altro faccia bene qualcosa che lui stesso avrebbe fatto meglio, perché la libertà dell'altro, che è veramente la cosa più importante, può svilupparsi solo quando gli si permette di fare bene ciò che sa fare.
Il pacifista non si fa costringere ad accettare alternative primitive; tenta di formulare gli argomenti del suo avversario nel modo migliore e più convincente di quanto lui stesso non sia riuscito a fare, perché il pacifista non cerca la misera vittoria su un avversario che ha già ridotto ad un fantoccio.
Cerca, invece, di superare i propri pregiudizi là dove riconosce che si tratta di parzialità emotiva, perché sa che siamo ancora fin troppo ottusi dove crediamo di essere aperti. Il pacifista cerca di convincersi sempre che l'altro non è sciocco o cattivo solo per il fatto che sostiene un'altra opinione; si rende conto, infatti, che le possibilità di essere sciocchi o cattivi, e quindi egoisti, sono regolarmente presenti in tutti gli uomini.

(Padre Karl Rahner)
Fonte: tratto da" La pace come impegno" di Karl Rahner, 1968
Karl Rahner (1904-1984) gesuita , fra  i protagonisti del rinnovamento della Chiesa che portò al Concilio Vaticano II. Come perito conciliare del cardinale Franz König il gesuita tedesco svolse, dietro le quinte, un ruolo cruciale nel Vaticano II, fino a essere definito dall’allora decano della Gregoriana, Juan Alfaro, “il massimo ispiratore del Concilio”. Di certo ha dominato il postconcilio come conferenziere di grido e scrittore dalla alluvionale produzione, pronto a intervenire disinvoltamente su tutti i problemi del momento: i suoi titoli sono oltre quattromila, le sue opere, tradotte e diffuse in tutto il mondo, continuano a esercitare una larga influenza sul mondo cattolico contemporaneo. Sembra giunta però l’ora di “uscire da Rahner”, come implicitamente auspicato da Benedetto XVI nell’ormai storico discorso alla Curia Romana del 22 dicembre 2005, sulle “ermeneutiche” del Concilio Vaticano II.

mercoledì 16 novembre 2011

Maria, donna di parte – don Tonino Bello -

AVE o MARIA - Santa Maria, donna di parte, come siamo distanti dalla tua logica! Tu ti sei fidata di Dio e, come Lui, hai scommesso tutto sui poveri, affiancandoti a loro e facendo della povertà l'indicatore più chiaro del tuo abbandono totale in Lui il quale "ha scelto ciò che nel mondo è stolto per confondere i sapienti; ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti, ha scelto ciò che nel mondo è ignobi1e e disprezzato e ciò che è nulla per ridurre a nulla le cose che sono".
Noi, invece, andiamo più sul sicuro.
Non ce la sentiamo di rischiare.
Ci vogliamo garantire dagli imprevisti.
Sarà pure giusto lo stile aleatorio del Signore, ma intanto preferiamo la praticità terra terra dei nostri programmi.
Sicché, pur declamando con la bocca i paradossi di Dio, continuiamo a fare assegnamento sulla forza e sul prestigio, sul denaro e  sull'astuzia, sul successo e sul potere. Quando ci decideremo, sul tuo esempio, a fare scelte umanamente perdenti, nella convinzione che solo passando dalla tua sponda potremo redimerci e redimere?

AVE O MARIA - Santa Maria, donna di parte, tienici lontani dalla tentazione di servire a due padroni.
Obbligaci a uscire allo scoperto.
Non farci essere così incauti da voler sperimentare impossibili conciliazioni degli opposti.
Preservaci dal sacrilegio di legittimare, per un malinteso senso dell' universalità cristiana, le violenze consumate a danno degli oppressi. Quando, per non dispiacere ai potenti o per paura di alienarcene i favori, pratichiamo sconti sul prezzo della verità, coprici il volto di rossore.
Liberaci dall'indifferenza di fronte alle ingiustizie e a chi le compie.
Ma donaci la tolleranza. Che è un'attitudine sperimentabile solo se si sta dalla parte dove ti sei messa tu. Perché, in fondo, anche noi siamo di parte. Ma i recinti che ci racchiudono trasudano scomuniche, sanno di setta, sono privi di attese, e non hanno profumi di liberazioni imminenti.

AVE O MARIA - Santa Maria, donna di parte, noi ti preghiamo per la Chiesa di Dio, che, a differenza di te, fa ancora tanta fatica ad allinearsi coraggiosamente con i poveri.
In teoria essa dichiara "l'opzione preferenziale" in loro favore. Ma in pratica rimane spesso sedotta dalle manovre accaparratrici dei potenti.
Nelle formulazioni dei suoi progetti pastorali decide di "partire dagli ultimi".
Ma nei percorsi concreti dei suoi itinerari si mantiene prudenzialmente al coperto, andando a braccetto coi primi. Aiutala a uscire dalla sua pavida neutralità.
Dalle la fierezza di riscoprirsi coscienza critica delle strutture di peccato che schiacciano gli indifesi e respingono a quote subumane i due terzi del mondo. Ispirale accenti di fiducia. E mettile sulle labbra le cadenze eversive del Magnificat, di cui, talvolta, sembra che abbia smarrito gli accordi. Solo così potrà dare testimonianza viva di verità e di libertà, di giustizia e di pace. E gli uomini si apriranno ancora una volta alla speranza di un mondo nuovo. Come avvenne quel giorno di duemila anni fa sui monti di Giuda.
AVE O MARIA.

(Don Tonino Bello)


Presentazione di Gesù al Tempio
Mantova, Archivio Storico Diocesano,
[Miniatura Messale di Barbara di Brandeburgo, c. 264].

Quando venne il tempo della purificazione secondo la Legge di Mosè – narra l’evangelista Luca – i genitori di Gesù portarono il bambino a Gerusalemme per offrirlo al Signore, come è scritto nella Legge del Signore. [Lc 2, 22].

Buona giornata a tutti. :-)

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martedì 15 novembre 2011

... governa me che ti fui affidato dalla Pietà Celeste.- Abate Zaverio Peyron

In noi abbiamo un cuore che facilmente si affeziona e desidera quello che non è bene.
Abbiamo cinque sensi che, se non governati e mortificati, facilmente rovinano quella grazia di Dio che Gesù Cristo ci acquistò con tanta fatica e dolori.
Che cosa fa l’angelo custode?
Egli è destinato a governare questo nostro cuore, perché ami solo quello che è veramente amabile, governa i nostri sensi perché non abbiano a ricevere danni da tanti scandali che sono nel mondo.
Può accadere che le sue buone ispirazioni non siano ascoltate e allora ci governa con la correzione, come capitò a S. Francesca Romana che ricevette uno schiaffo dal suo angelo per non essersi mortificata, a tempo debito, su certi pensieri e discorsi.
Certi contrattempi, per noi anche gravi, non sono che causati dall’angelo custode per non lasciarci inoltrare su una via che sarebbe stata nociva per noi.
(fine)
(Abate Zaverio Peyron)
1) http://leggoerifletto.blogspot.com/2011/10/angelo-di-dio-abate-zaverio-peyron.html
2)http://leggoerifletto.blogspot.com/2011/10/che-sei-il-mio-custode-abate-zaverio.html
3) http://leggoerifletto.blogspot.com/2011/10/illumina-abate-zaverio-peyron.html
4) http://leggoerifletto.blogspot.com/2011/11/custodisci-reggi-abate-zaverio-peyron.html


Prima domenica di ottobre, la Chiesa celebra gli angeli custodi e il Papa ai fedeli radunati in piazza San Pietro spiega che esistono gli angeli, e che un angelo custode accompagna ogni uomo dalla nascita alla morte, perché Dio ama ogni persona nella sua unicità e la protegge incessantemente. "Cari amici - dice - il Signore è sempre vicino e operante nella storia dell'umanità, e ci accompagna anche con la singolare presenza dei suoi Angeli, che oggi la Chiesa venera quali "Custodi", cioè ministri della divina premura per ogni uomo. Dall'inizio fino all'ora della morte - aggiunge - la vita umana è circondata dalla loro incessante protezione. E gli Angeli fanno corona alla Madonna, alleata dell'umanità nella lotta affinché sia sconfitto il male e si riveli, in pienezza, la bontà di Dio".
La Bibbia ne parla poco ma Gesù li cita spesso, e gli angeli sono invocati dai cristiani già dai primi tempi del cristianesimo. Il concetto di angelo custode è sorto nel cristianesimo attorno al V secolo, ma l'idea di uno spirito inviato dalla divinità a sorvegliare su ogni singolo essere umano era presente già nella filosofia greca.
Giovanni Paolo II, che nel suo libro «Alzatevi, andiamo» raccontava come fin da bambino si sia affidato all'angelo custode, recitando la preghiera tradizionale con fiducia e certo della protezione del suo angelo custode, nel 1986 dedicò alcune udienze generali a spiegare ai fedeli chi siano gli angeli.
Benedetto XVI, quando durante le vacanze in Val d'Aosta del 2009 cadde fratturandosi un polso, commentò: "Purtroppo il mio angelo custode non ha impedito il mio infortunio, certamente per ordine superiore; forse il Signore voleva insegnarmi più pazienza e più umiltà per darmi più tempo per la preghiera e la meditazione".
Padre Alessio un giorno si avvicinò a Padre Pio con delle lettere in mano per chiedergli delle cose e il Padre gli disse brusco: "Uagliò, non vedi che ho da fare? Lasciami in pace". Rimase male. Si ritirò in disparte mortificato. Padre Pio se ne accorse e dopo un pò lo chiamo e gli disse: "Non hai visto tutti quegli Angeli che erano qui intorno? Erano Angeli Custodi dei miei figli spirituali che venivano a portarmi i loro messaggi. Dovevo dare loro le risposte da riferire".

"Gli angeli sono, per così dire, i pensieri di Dio rivolti a noi, che, in quanto pensieri divini, non sono solo idee, ma realtà, persone. L'angelo incarna e concretizza la sollecitudine di Dio per ogni uomo. Il mio angelo custode non è nient'altro che espressione del fatto ch'io sono conosciuto, amato e seguito in maniera del tutto personale da Dio, è il pensiero d'amore che Dio nutre per me, che mi circonda e mi guida in ogni istante." (da Famiglia Cristiana, anni 1970; citato in Renata Maderna, Quando Ratzinger scriveva per il nostro giornale, Famiglia Cristiana, n. 18, 1° maggio 2005).

lunedì 14 novembre 2011

Donna completa – Pablo Neruda -

Donna completa, mela carnale, luna calda,
denso aroma d'alghe, fango e luce pestati,
quale oscura chiarità s'apre tra le tue colonne?

Quale antica notte tocca l'uomo con i suoi sensi?


Ahi, amare è un viaggio con acqua e con stelle,
con aria soffocata e brusche tempeste di farina:
amare è un combattimento di lampi
e due corpi da un solo miele sconfitti.

Bacio a bacio percorro il tuo piccolo infinito,
i tuoi margini, i tuoi fiumi, i tuoi villaggi minuscoli,
e il fuoco genitale trasformato in delizia
corre per i sottili cammini del sangue
fino a precipitarsi come un garofano notturno,
fino a essere e non essere che un lampo nell'ombra.

 

(Pablo Neruda)
fonte: "Cento sonetti d'amore, XII" di P.Neruda, Ed. Passigli 2000





Jean-Auguste-Dominique-Ingres
La grande Odalisca
Commissionato da Carolina Murat nel 1813. La tela non venne mai consegnata alla committente a causa della sopraggiunta caduta del regno di Napoli, ma venne acquistata nel 1819 dal conte di Portuales-Gorgier, ciambellano del re di Prussia.
Giunse al Louvre nel 1899.



Buona giornata a tutti. :-)

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domenica 13 novembre 2011

Eucaristia e sacramento della Riconciliazione – Papa Benedetto XVI -

Loro nesso intrinseco

Giustamente, i Padri sinodali hanno affermato che l'amore all'Eucaristia porta ad apprezzare sempre più anche il sacramento della Riconciliazione.
A causa del legame tra questi sacramenti, un'autentica catechesi riguardo al senso dell'Eucaristia non può essere disgiunta dalla proposta di un cammino penitenziale (cfr 1 Cor 11,27-29).

Certo, constatiamo come nel nostro tempo i fedeli si trovino immersi in una cultura che tende a cancellare il senso del peccato, favorendo un atteggiamento superficiale, che porta a dimenticare la necessità di essere in grazia di Dio per accostarsi degnamente alla comunione sacramentale .

In realtà, perdere la coscienza del peccato comporta sempre anche una certa superficialità nell'intendere l'amore stesso di Dio. Giova molto ai fedeli richiamare quegli elementi che, all'interno del rito della santa Messa, esplicitano la coscienza del proprio peccato e, contemporaneamente, della misericordia di Dio.

Inoltre, la relazione tra Eucaristia e Riconciliazione ci ricorda che il peccato non è mai una realtà esclusivamente individuale; esso comporta sempre anche una ferita all'interno della comunione ecclesiale, nella quale siamo inseriti grazie al Battesimo. Per questo la Riconciliazione, come dicevano i Padri della Chiesa, è laboriosus quidam baptismus, sottolineando in tal modo che l'esito del cammino di conversione è anche il ristabilimento della piena comunione ecclesiale, che si esprime nel riaccostarsi all'Eucaristia.

Alcune attenzioni pastorali

Il Sinodo ha ricordato che è compito pastorale del Vescovo promuovere nella propria Diocesi un deciso recupero della pedagogia della conversione che nasce dalla Eucaristia e favorire tra i fedeli la confessione frequente. Tutti i sacerdoti si dedichino con generosità, impegno e competenza all' amministrazione del sacramento della Riconciliazione.

 A questo proposito si deve fare attenzione a che i confessionali nelle nostre chiese siano ben visibili ed espressivi del significato di questo Sacramento. Chiedo ai Pastori di vigilare attentamente sulla celebrazione del sacramento della Riconciliazione, limitando la prassi dell'assoluzione generale esclusivamente ai casi previsti, essendo solo quella personale la forma ordinaria. Di fronte alla necessità di riscoprire il perdono sacramentale, in tutte le Diocesi vi sia sempre il Penitenziere.

Infine, alla nuova presa di coscienza della relazione tra Eucaristia e Riconciliazione può essere di valido aiuto una equilibrata ed approfondita prassi dell'indulgenza, lucrata per sé o per i defunti. Con essa si ottiene « la remissione davanti a Dio della pena temporale per i peccati, già rimessi quanto alla colpa ».

L'uso delle indulgenze ci aiuta a comprendere che con le nostre sole forze non saremmo capaci di riparare al male compiuto e che i peccati di ciascuno recano danno a tutta la comunità; inoltre, la pratica dell'indulgenza, implicando oltre alla dottrina degli infiniti meriti di Cristo anche quella della comunione dei santi, ci dice « quanto intimamente siamo uniti in Cristo gli uni con gli altri e quanto la vita soprannaturale di ciascuno possa giovare agli altri ».Poiché la sua stessa forma prevede, tra le condizioni, l'accostarsi alla confessione e alla comunione sacramentale, la sua pratica può sostenere efficacemente i fedeli nel cammino di conversione e nella scoperta della centralità dell'Eucaristia nella vita cristiana.

BENEDICTUS PP. XVI

Dato a Roma, presso San Pietro, il 22 febbraio 2007, festa della Cattedra di San Pietro Apostolo, secondo del mio Pontificato.


Papa Benedetto XVI a Santiago di Campostela, 6-7 novembre 2010.
"Nel Sacramento dell'altare, il Signore viene incontro all'uomo, creato ad immagine e somiglianza di Dio (cfr Gn 1,27), facendosi suo compagno di viaggio. In questo Sacramento, infatti, il Signore si fa cibo per l'uomo affamato di verità e di libertà".
 (Papa Bendetto  XVI)


Buona giornata a tutti :-)

sabato 12 novembre 2011

Dimmi se tutto è vero – Rabinandrath Tagore -

Dimmi se tutto questo è vero, amore mio,
dimmi se questo è vero.

Quando i miei occhi lampeggiano,
le oscure nuvole, nel tuo petto,
danno risposte tempestose.

È vero che le mie labbra sono dolci
come l'inizio del primo amore?

Che i ricordi di svaniti
mesi di maggio
indugiano nelle mie membra?

Che la terra, come un'arpa,
vibra di canzoni
al tocco dei miei piedi?

È poi vero che al mio apparire
la rugiada
cade dagli occhi della notte
e la luce del giorno
è felice quando avvolge con gioia
il mio corpo?

È vero, proprio vero
che il tuo amore vagò solitario
attraverso epoche e mondi
in cerca di me?

E che quando finalmente
mi hai trovato
il tuo vecchio desiderio
trovò una pace perfetta
nel mio parlare gentile,
nei miei occhi, nelle mie labbra
e nei miei capelli fluenti?

È vero, dunque, che il mistero
dell'infinito
è scritto sulla mia piccola fronte?

Dimmi, amore mio, se tutto questo è vero.

(Rabindranath Tagore)
Fonte : da "Il Giardiniere"




  Il bacio
  Gustav Klimt, 1907-1908
  L’opera è esposta al Osterreichische Galerie Belvedere di Vienna.
 
Quando una religione ha la pretesa di imporre la sua dottrina all'umanità intera, si degrada a tirannia e diventa una forma d'imperialismo.(Tagore)

Buona giornata a tutti. :-)







venerdì 11 novembre 2011

Preghiera alla SS. Trinità - Sant'Agostino

Signore nostro Dio, crediamo in te, Padre e Figlio e Spirito Santo.
Perché la Verità non avrebbe detto:
Andate, battezzate tutte le genti nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, se Tu non fossi Trinità.
Né avresti ordinato, Signore Dio, che fossimo battezzati nel nome di chi non fosse Signore Dio.
E una voce divina non avrebbe detto: Ascolta Israele:
Il Signore Dio tuo è un Dio unico, se Tu non fossi Trinità in tal modo da essere un solo Signore e Dio. E se Tu fossi Dio Padre e fossi pure il Figlio tuo Verbo, Gesù Cristo, e il Vostro Dono lo Spirito Santo, non leggeremmo nelle Sacre Scritture: Dio ha mandato il Figlio suo, né Tu, o Unigenito, diresti dello Spirito Santo: Colui che il Padre manderà in mio nome e: Colui che io manderò da presso il Padre.
Dirigendo la mia attenzione verso questa regola di fede,
per quanto ho potuto, per quanto tu mi hai concesso di potere, ti ho cercato ed ho desiderato di vedere con l'intelligenza ciò che ho creduto,
ed ho molto disputato e molto faticato.
Signore mio Dio, mia unica speranza, esaudiscimi e fa sì che non cessi di cercarti per stanchezza, ma cerchi sempre la tua faccia con ardore.
Dammi Tu la forza di cercare, Tu che hai fatto sì di essere trovato e mi hai dato la speranza di trovarti con una conoscenza sempre più perfetta.
Davanti a Te sta la mia forza e la mia debolezza: conserva quella,
guarisci questa. Davanti a Te sta la mia scienza e la mia ignoranza;
dove mi hai aperto ricevimi quando entro; dove mi hai chiuso,
aprimi quando busso.
Fa' che mi ricordi di te, che comprenda te, che ami te.
Aumenta in me questi doni, fino a quando Tu mi abbia riformato interamente.
So che sta scritto: Quando si parla molto, non manca il peccato,
ma potessi parlare soltanto per predicare la tua parola e dire le tue lodi!
Non soltanto eviterei allora il peccato, ma acquisterei meriti preziosi,
pur parlando molto.
Perché quell'uomo di cui Tu fosti la felicità non avrebbe comandato di peccare al suo vero figlio nella fede, quando gli scrisse:
Predica la parola, insisti a tempo e fuori tempo.
Non si dovrà dire che ha molto parlato colui che non taceva la tua parola, Signore, non solo a tempo, ma anche fuori tempo?
Ma non c'erano molte parole, perché c'era solo il necessario.
Liberami, o mio Dio, dalla moltitudine di parole di cui soffro nell'interno della mia anima misera alla tua presenza e che si rifugia nella tua misericordia.
Infatti non tace il pensiero, anche quando tace la mia bocca.
Se almeno non pensassi se non ciò che ti è grato, certamente non ti pregherei di liberarmi dalla moltitudine di parole.
Ma molti sono i miei pensieri, tali quali Tu sai che sono i pensieri degli uomini, cioè vani.
Concedimi di non consentirvi e, anche quando vi trovo qualche diletto, di condannarli almeno e di non abbandonarmi ad essi come in una specie di sonno. Né essi prendano su di me tanta forza da influire in qualche modo sulla mia attività, ma almeno siano al sicuro dal loro influsso i miei giudizi, sia al sicuro la mia coscienza, con la tua protezione.
Parlando di Te un sapiente nel suo libro, che si chiama Ecclesiastico, ha detto: Molto potremmo dire senza giungere alla meta, la somma di tutte le parole è: Lui è tutto.
Quando dunque arriveremo alla tua presenza, cesseranno queste molte parole che diciamo senza giungere a Te; Tu resterai, solo, tutto in tutti, e senza fine diremo una sola parola, lodandoti in un solo slancio e divenuti anche noi una sola cosa in Te.
Signore, unico Dio, Dio-Trinità, sappiano essere riconoscenti anche i tuoi per tutto ciò che è tuo di quanto ho scritto in questi libri.
Se in essi c'è del mio, siimi indulgente Tu e lo siano i tuoi.
Amen.

(Sant’Agostino)
  La disputa del Sacramento (1509)
  Raffaello Sanzio
 Stanza della Segnatura, Vaticano
  Durante il Sacco di Roma del 1527, i Lanzichenecchi penetrarono fin dentro i Palazzi Papali, e in segno di spregio verso il Papa, lasciarono numerose scritte e graffiti vandalici: alcuni di questi sono ancora visibili, in controluce, nella parte inferiore della Disputa.


Nella parte inferiore  dell’affresco è raffigurata  la Chiesa militante, in quella superiore e la Chiesa trionfante. Il dipinto è dedicato quindi alla teologia, disciplina attraverso la quale l'anima può arrivare alla verità nel campo della fede. Nella Chiesa trionfante è rappresentata la Trinità con Gesù al centro di una grande aureola luminosa con serafini e cherubini, al suo fianco Maria e Giovanni Battista. Sotto di lui quattro angioletti mostrano le Sacre Scritture (uno per evangelista, con brani di ciascuno, da sinistra Matteo, Marco, Luca e Giovanni) vicini alla colomba dello Spirito Santo e al centro l’ostensorio con l’ostia consacrata. Attorno a Gesù corrono gli scranni dei santi e dei profeti, mentre in alto una cupola di raggi dorati, in rilievo eseguiti con lo stucco, in cui si intravede uno sciame di testine angeliche a monocromo, circonda l'apparizione di Dio con aureola quadrata, che con una mano benedice e ha il globo nell’altra. La composizione si incentra nell'ostia consacrata, chesi eleva al cielo nell'ostensorio raffigurato al centro dell'opera (per effetti prospettici visto dal basso) al centro dell'altare.