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venerdì 7 febbraio 2020

Un chiostro è il mio cuore – Padre Davide Maria Turoldo

Un chiostro è il mio cuore
ove tu scendi a sera
io e te soli
a prolungare il colloquio, ora
sopra una panchina
di pietra.

O per scoprire come
amore ancora ti spinge,
in silenzio ascolto
il fruscio
dei tuoi passi
e il suono della voce
che chiama…

E non fuggo per nascondere
dietro gli alberi
la mia nudità:

orgoglioso d’essere
questo nulla
da te amato.

- Padre Davide Maria Turoldo -


È scontato il fatto che la preghiera fa parte della vita
e che rappresenta il punto più alto dell'esistenza.
La preghiera è come il mare per il pesce: è la preghiera il mio mare.
Preghiera come valore che fonda la mia stessa umanità;
preghiera quale perla fra tutte le parole.
No, nessuno può vivere senza pregare, neppure l'ateo,
perché tutti hanno bisogno l'uno dell'altro. [...]
È vero, la preghiera è il momento decisivo dell'esistenza.

- Padre Davide Maria Turoldo -




Ogni persona avverte il desiderio di amare e di essere amata. Eppure quant'è difficile amare, quanti errori e fallimenti devono registrarsi nell'amore! 
C'è persino chi giunge a dubitare che l'amore sia possibile.

Ma se carenze affettive o delusioni sentimentali possono far pensare che amare sia un'utopia, un sogno irraggiungibile, bisogna forse rassegnarsi? No! L'amore è possibile e scopo di questo mio messaggio è di contribuire a ravvivare in ciascuno di voi, che siete il futuro e la speranza dell'umanità, la fiducia nell'amore vero, fedele e forte; un amore che genera pace e gioia: un amore che lega le persone, facendole sentire libere nel reciproco rispetto...

Papa Benedetto XVII dal "Messaggio per la Giornata Mondiale della Gioventù - 27 gennaio 2007


Buona giornata a tutti :-)






giovedì 6 febbraio 2020

Il foruncolo non era maturo, Signore, l'ho schiacciato troppo presto – Padre Michel Quoist

  “Non giudicate, per non essere giudicati”.
“Perché osservi la pagliuzza nell’occhio del tuo fratello,mentre non ti accorgi della trave che hai nel tuo occhio? O come potrai dire al tuo fratello: “Permetti che tolga la pagliuzza del tuo occhio”, mentre nell’occhio tuo c’è la trave? Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio e poi ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello!” (Matteo 7,1 e 3,4-5)

Gesù diceva:

“Il regno di Dio è come un uomo che getta il seme nella terra. Dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce; come, egli stesso non lo sa. Poiché la terra produca spontaneamente, prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga. Quando il frutto è pronto, subito si mette mano alla falce, perché è venuta la mietitura”. (Marco 4,26-29)

Signore, il foruncolo non era maturo,
l'ho schiacciato troppo presto.
Il malato ha sofferto,
le sue carni sono infiammate,
e gonfie del loro veleno.
Ho dovuto attendere,
e curarlo con dolcezza.
Attendere che il suo corpo fosse pronto,
e lui stesso abbastanza forte per respingere il male.

È così, Signore,
che di fronte all'altro e agli altri,
a coloro che soffrono nel loro cuore per qualcosa di marcio
dovrei essere molto paziente,
e pregare a lungo. 
Ma io,
tu lo sai,
sono impaziente,
orgoglioso.
Vorrei salvare i miei fratelli
prima che loro stessi lo vogliano
e si difendano da soli
contro il male che è in loro.
Peggio ancora,
sicuro del mio potere,
fiero della mia devozione,
mi credo capace di guarire, da solo, il male
che soltanto tu puoi guarire. 

In primo luogo, o Signore, dammi
il rispetto per l’altro,
per i suoi sentimenti nascosti,
nei suoi lunghi cammini.
Non permettere mai che io mi introduca in casa di un estraneo,
o anche di mio fratello,
se lui stesso, dal di dentro,
non aprirà la porta.

Dammi la forza di attendere,
di non gettare le mie parole
come raffiche
contro le finestre di un cuore
che appena appena si socchiude,
poiché allora troppo spesso le mie parole si infrangerebbero
contro i muri,
senza raggiungere il cuore.
A meno che alcune di esse,
le più forti, le più sferzanti,
non penetrino nelle piaghe
e feriscano con maggiore crudeltà. 

Insegnami Signore
il silenzio,
non un silenzio vuoto
troppo spesso popolato dalle mie fantasie,
ma il silenzio che attende le parole dell’altro,
prima di lasciare dolcemente posto alle mie.
Concedimi l’umiltà:
a me, che così spesso mi sento ricco,
nonostante le mie arie di modestia.
Certo della mia buona volontà,
della mia sapienza di “educatore”
della mia esperienza
della mia generosità
e anche della mia amicizia
e del mio amore onnipotenti.
Ricco di fronte all’altro,
che per me è un povero,
che debbo arricchire con generose elemosine.

Aiutami a riconoscermi peccatore come lui.
Di fronte a lui.
Io, che mi credo puro.
Io che sono soddisfatto di una vita
che ritengo perbene,
e così fiero delle mie piccole virtù,
magro capitale che ho ricevuto,
molto più di quanto abbia meritato.

Insegnami infine, o Signore,
a pregare di fronte all'altro
offrendolo alla luce del tuo Amore di Salvezza.
A pregarti “nell'altro”.
Tu che vuoi crescere in lui
e in lui desideri stabilire
per sempre la tua dimora.
Perché io, Signore,
non ho nulla da offrirgli,
se non il tuo Amore,
nel mio povero amore.
E la mia mano, semplicemente
posata con dolcezza sulla sua,
e il mio sguardo sereno
come colui che veglia silenzioso
al capezzale di un malato,
e alcune parole, forse
che nasceranno nel suo cuore,
se sei Tu che
le hai messe di notte sulle mie labbra. 

Perché non sono che il tuo servo, Signore,
e se devo iniziare la mia opera,
fedelmente,
umilmente,
coscienziosamente,
attento ogni giorno ai sofferenti nell'anima
che incontro sul mio cammino
sei Tu solo che puoi colpire il male,
in loro,
in me.

Un male sepolto così a fondo
Che nessun dito umano che lo tocchi
può farlo uscire.
Poiché Tu solo
puoi cacciare gli “spiriti maligni”,
guarire i cuori,
e qualche volta i corpi, sanando i cuori.
Poiché “ Tu solo sei il Salvatore”,
e sei venuto per questo.

- Padre Michel Quoist -
Fonte: "Cammino di preghiera" di Michel Quoist, Ed. SEI Torino,1988; pagg.19-24


La nostra buona volontà è spesso orgogliosa e indiscreta. 
Orgo­gliosa perché ci atteggiamo a ricchi che tutto sanno e tutto posseggono, di fronte a coloro che sono poveri.
Indiscreta perché l'altro è il primo responsabile della propria vita, e nessuna «pressione» esterna può essere giustificata. 
Dobbiamo prima di tutto credere negli altri, nella vita che ognuno ha dentro di sé. Bisogna fare l'impossibile perché riesca a darle un valore vero. 
Aiutarlo a svilupparla, piuttosto che perde­re tempo a correggere, scoprire il male e tentare di sradicarlo. 
L'erba buona che cresce, a poco a poco soffoca i rovi, dicono i contadini saggi. 
E soprattutto, noi cristiani, dobbiamo pensare e credere con tutte le nostre forze che il Signore ci precede negli altri. 
È a Lui, prima di tutto, che dobbiamo chiedere di agire. 
Perché Lui solo è il Salvatore che può distruggere il male «alla radice» e far nascere la vita, la sua Vita nella nostra vita. 

(padre Michel Quoist)


Buona giornata a tutti. :-)























sabato 1 febbraio 2020

Solo una bacca – don Bruno Ferrero

Il piccolo stagno sonnecchiava perfettamente immobile nella calura estiva.
Pigramente seduto su una foglia di ninfea, un ranocchio teneva d'occhio un insetto dalle lunghe zampe che stava spensieratamente pattinando sull'acqua. Presto sarebbe stato a tiro e il ranocchio ne avrebbe fatto un solo boccone, senza tanta fatica.
Poco più in là, un altro minuscolo insetto acquatico, un ditisco, guardava in modo struggente una graziosa ditisca. Non aveva il coraggio di dichiararle il suo amore e si accontentava di ammirarla da lontano.
Sulla riva a pochi millimetri dall'acqua un fiore piccolissimo, quasi invisibile, stava morendo di sete. Proprio non riusciva a raggiungere l'acqua, che pure era così vicina. Le sue radici si erano esaurite nello sforzo.

Un moscerino invece stava annegando; era finito in acqua per distrazione. Ora le sue piccole ali erano appesantite e non riusciva a risollevarsi, e l'acqua lo stava inghiottendo.
Un pruno selvatico allungava i suoi rami sullo stagno. Sulla estremità del ramo più lungo, che si spingeva quasi al centro dello stagno, una bacca scura e grinzosa, giunta a piena maturazione, si staccò e piombò nello stagno.
Si udì un "pluf!" sordo, quasi indistinto, nel gran ronzio degli insetti.
Ma dal punto in cui la bacca era caduta in acqua, solenne e imperioso, come un fiore che sboccia, si allargò il primo cerchio nell'acqua, lo seguì il secondo, il terzo, il quarto...
L'insetto dalle lunghe zampe fu carpito dalla piccola onda e messo fuori portata dalla lingua del ranocchio.
Il ditisco fu spinto verso la ditisca e la urtò: si chiesero scusa e si innamorarono.
Il primo cerchio sciabordò sulla riva e un fiotto d'acqua scura raggiunse il piccolo fiore che riprese a vivere.

Il secondo cerchio sollevò il moscerino e lo depositò su un filo d'erba della riva, dove le sue ali poterono asciugare. 

Quante vite cambiate per qualche insignificante cerchio nell'acqua.

- don Bruno Ferrero -
Fonte: Cerchi nell'acqua  di don Bruno Ferrero, Ed. ElleDiCi




«Una delle superstizioni più frequenti e diffuse è che ogni uomo abbia solo certe qualità definite, che ci sia l'uomo buono, cattivo, intelligente, stupido, energico, apatico, eccetera.
Ma gli uomini non sono così.
Possiamo dire di un uomo che è più spesso buono che cattivo, più spesso intelligente che stupido, più spesso energico che apatico, e viceversa: ma non sarebbe la verità se dicessimo di un uomo che è buono o intelligente, e di un altro che è cattivo, o stupido.
E invece è sempre così che distinguiamo le persone. Ed è sbagliato.
Gli uomini sono come i fiumi: l'acqua è in tutti uguale e ovunque la stessa, ma ogni fiume è ora stretto, ora rapido, ora ampio, ora tranquillo, ora limpido, ora freddo, ora torbido, ora tiepido. Così anche gli uomini.
Ogni uomo reca in sé, in germe, tutte le qualità umane, e talvolta ne manifesta alcune, talvolta altre, e spesso non è affatto simile a sé, pur restando sempre unico e sempre se stesso.»

- Lev Nikolaevič Tolstoj -



Buona giornata a tutti. :-)







martedì 21 gennaio 2020

Il Chiodo – don Bruno Ferrero

Un mercante aveva concluso ottimi affari alla fiera: aveva venduto tutta la merce e la sua borsa era gonfia di pezzi d’oro e d’argento.

Per prudenza voleva rientrare a casa prima del cadere della notte e decise perciò di mettersi sollecitamente in marcia. Assicurò saldamente la sua borsa alla sella del suo cavallo e poi lo spronò, partendo al galoppo.
Verso mezzogiorno fece tappa in una città. Il palafreniere che aveva accudito il suo cavallo, tendendogli le redini, gli fece notare un particolare:
“Signore, al cavallo manca un chiodo al ferro della zampa posteriore sinistra!”.
“Lascia perdere – sbottò il mercante – per le sei leghe soltanto che mi restano da fare, il ferro terrà benissimo. Ho fretta”.
A metà pomeriggio, il mercante sostò a una locanda e fece dare una razione d’avena alla sua cavalcatura. Il valletto che badava alla stalla venne a dirgli:
“Signore, manca un ferro alla zampa posteriore sinistra del vostro cavallo. Se volete, provvedo a ferrarlo”.
“Ma no – disse il mercante – ho molta fretta e la bestia sopporterà bene le due leghe che mi restano da fare”.
Risalì in sella e continuò la strada, ma poco dopo il cavallo cominciò a zoppicare. Non zoppicò a lungo prima di incominciare a vacillare. Non vacillò a lungo prima di cadere e spezzarsi una zampa. Così il mercante fu costretto ad abbandonarlo. Si caricò la borsa sulle spalle, fu sorpreso dalla notte quando la strada si inoltrava in un bosco pericoloso, due malandrini lo derubarono di tutto e arrivò a casa il mattino dopo, pesto e arrabbiato.
“E tutto per colpa di un maledetto chiodo!”, concluse.


Le catene non tengono unito un matrimonio.
Sono i fili, centinaia di piccoli fili, a cucire insieme i coniugi nel corso degli anni. 
Tanti piccoli fili “da niente”. 
Ma noi abbiamo sempre fretta e spesso ne spezziamo qualcuno.
Finché ci sorprende il disastro.
- don Bruno Ferrero -
Fonte: "Parole d'amore" a cura di Gianfranco Venturi e Marino Gobbin, Ed. Elledicì





Così possiamo stare davanti a qualsiasi circostanza, come ci ha testimoniato una nostra carissima amica davanti alla morte, in un dialogo che ha avuto con il marito quando ha saputo quello che stava per succedere:
«Mi ha detto: “Io sono tranquilla, non ho paura, perché c’è Gesù.
Ora nemmeno sono più angosciata per te e per i bimbi, perché so che siete nelle mani di un Altro”.
E io: “Ma non sei triste?”. 
“No, non sono triste. Sono certa di Gesù, anzi, sono curiosa di quello che mi capiterà, di quello che il Signore mi sta preparando.
Forse dovrei essere triste, ma non lo sono.
Mi dispiace solo che la tua prova sia più grande della mia”. “Ma va’”.
“Certo, sarebbe stato meglio il contrario”. 
E io, sorridendo perché già incredibilmente confortato dal miracolo appena visto, le dico: 
“È proprio vero, soprattutto per i bambini”. 
Questo è stato senza dubbio uno dei più bei momenti dei diciassette anni (dodici di matrimonio e cinque di fidanzamento) passati insieme.
Se non il più bello». 
Con una consistenza così si può guardare tutto, fino alla soglia del destino.

- Don Julián Carrón -


Buona giornata a tutti. :-)





sabato 18 gennaio 2020

Riconoscere Dio al centro della vita – Dietrich Bonhoeffer

Dio non si vergogna della bassezza dell'uomo, vi entra dentro (...) 
Dio è vicino alla bassezza, ama ciò che è perduto, ciò che non è considerato, l'insignificante, ciò che è emarginato, debole e affranto; dove gli uomini dicono "perduto", lì egli dice "salvato"; dove gli uomini dicono "no", lì egli dice "sì".
Dove gli uomini distolgono con indifferenza o altezzosamente il loro sguardo, lì egli posa il suo sguardo pieno di amore ardente e incomparabile. Dove gli uomini dicono "spregevole", lì Dio esclama "beato".
Dove nella nostra vita siamo finiti in una situazione in cui possiamo solo vergognarci davanti a noi stessi e davanti a Dio, dove pensiamo che anche Dio dovrebbe adesso vergognarsi di noi, dove ci sentiamo lontani da Dio come mai nella vita, proprio lì Dio ci è vicino come mai lo era stato prima.
Lì egli vuole irrompere nella nostra vita, lì ci fa sentire il suo approssimarsi, affinché comprendiamo il miracolo del suo amore, della sua vicinanza e della sua grazia.

- Dietrich Bonhoeffer -



Chi non conosce la necessità di lottare con le domande più profonde della sua vita e nell’attesa non tiene aperti gli occhi con desiderio finché la verità non gli si rivela, costui non può figurarsi nulla della magnificenza di questo momento in cui risplenderà la chiarezza; e chi vuole ambire all'amicizia e all’amore di altro, senza attendere che la sua anima si apra all’altro fino ad averne accesso, a costui rimarrà eternamente nascosta la profonda benedizione di una vita che si svolge tra due anime.
Nel mondo dobbiamo attendere le cose più grandi, più profonde, più delicate, e questo non avviene in modo tempestoso, ma secondo la legge divina della germinazione, della crescita e dello sviluppo.
... Attendere è un’arte che il nostro tempo impaziente ha dimenticato. Esso vuole staccare il frutto maturo non appena germoglia; ma gli occhi ingordi vengono soltanto illusi, perché un frutto apparentemente così prezioso è dentro ancora verde, e mani prive di rispetto gettano via senza gratitudine ciò che li ha delusi. Chi non conosce la beatitudine acerba dell’attendere, cioè il mancare di qualcosa nella speranza, non potrà mai gustare la benedizione intera dell’adempimento.

 - Dietrich Bonhoeffer -



...Là dove l'uomo non viene più considerato come un essere che sta sotto la protezione di Dio, né guardato come colui che reca in sé lo stesso soffio vitale divino, si comincia a teorizzare che se ne possa apprezzare il valore in termini esclusivamente funzionali e strumentali. 

Là fiorisce quella barbarie che ne distrugge irrimediabilmente la dignità...

Joseph Ratzinger - da "Creazione e peccato"




Buona giornata a tutti :-)