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martedì 10 aprile 2018

Ode alle donne imperfette e altro - Ada Luz Márquez

Le donne imperfette con orgoglio onorano le rughe e le cicatrici, perché con esse ricordano che sono state, sono e saranno più forti del dolore. 
Le donne imperfette hanno il coraggio di sognare ad alta voce, muovendosi in sincronia da vari mondi, creando una nuova tela in cui sono necessari tutti i colori e l'accettazione dei loro errori come apprendimento prezioso. 
Le donne imperfette rispettano tutta la vita e chiedono rispetto e giustizia per loro. 
Le donne portano radici imperfette ai piedi, ancorate alla Madre Terra. Hanno nei loro passi le antenate, sorelle, figlie e nipoti. 
Danzano attorno ai falò per mantenere viva la fiamma di tutte le donne che sono stati bruciate nel loro essere più imperfette.
Le donne imperfette celebrano l'immenso dono che la vita ha dato loro essere donne, godono della loro sessualità e difendono il diritto fondamentale di possedere i loro corpi e le loro vite. 
Le donne imperfette onorano l'altro, si tengono per mano e si sostengono celebrando i successi delle altre e piangendo insieme per i propri dolori. 
Le donne imperfette scelgono gli uomini imperfetti, sensibili, che camminano sul loro stesso sentiero. 
Le donne imperfette imparano che le loro mestruazioni sono un dono, una potente apertura in altri mondi. Esse comprendono che il dolore è segno di connessione con tutte le donne che le hanno precedute e comporta la riconciliazione con il proprio grembo e il grembo di Madre Terra. 
Le donne imperfette iniziano a ricordano che il sangue non è spazzatura, il proprio sangue è sacro e porta all'alchimia della vita.
Le donne imperfette chiedono giustizia in silenzio per i propri diritti e per la propria femminilità, perchè il silenzio contiene il grido di tutte le donne e il grido di ogni donna ha l'eco di tutte le canzoni, il cielo e tutti i voli, il seme di tutti i fiori. 
Nelle loro pance portano una canzone antica e sono incinte di speranza. Partoriscono le stelle perchè hanno bisogno di Luce. 
Le donne imperfette dicono forte e chiaro che non hanno paura, camminano senza paura e senza amnesia in un mondo pieno di paura. 
Le donne non sono proprietà di chiunque perchè imperfette, loro sono proprietà di loro stesse, non sono la costola di nessuno o l'oggetto del desiderio, nè sono invisibili. 
Sono donne e vogliono essere chiamate Donne. 
Le donne sono incredibilmente perfette quando hanno il coraggio di essere imperfette, quando hanno il coraggio di essere, né più né meno, di essere. 
Le donne imperfette iniziano a sentire il desiderio di ristabilire il contatto con altre donne imperfette e ricordano a tutti che l'anima non dimentica. Ricordano che non sono sole, che non lo sono mai state,e non lo saranno mai. Perché essere imperfette le rende uniche, Uniche per il mondo, per loro stesse e per la loro Libertà". 

- Ada Luz Márquez - 
Ode alle donne imperfette


Paul Baudry, Le rêve


Le rughe dei miei occhi sono raggi di sole. 
Le rughe sulle mie guance sono onde del mare.
Le rughe della mia fronte sono onde di sabbia.
Il mio viso è una tela dove è impresso il paesaggio che ho vissuto, la grande opera infinita che è la vita. 
Il mio viso è la poesia di Madre Terra, scritta sulla mia pelle. 
Le mie risate e le mie lacrime, i miei canti ed i miei silenzi, la vita vissuta ad ogni respiro.
Amo le mie rughe e le mie cicatrici, perché mi ricordano che sono stata, che sono e che sarò sempre più grande di ogni possibile dolore.

- Ada Luz Márquez -



Allegoria della pittura, Artemisia Gentileschi


Disse la vecchia guaritrice dell'anima:
Non fa male la schiena, fa male il carico.
Non fanno male gli occhi, fa male l'ingiustizia.
Non fa male la testa, fanno male i pensieri.
Non fa male la gola, fa male quello che non si esprime o si esprime con rabbia.
Non fa male lo stomaco, fa male quello che l'anima non digerisce.
Non fa male il fegato, fa male la rabbia.
Non fa male il cuore, fa male l'amore.
Ed è proprio lui,
L' amore stesso,
Che contiene la più potente medicina.

- Ada Luz Marquez -



The Vestal Virgin Condemned to Death, 1803, Pietro Saja


Buona giornata a tutti. :-)







sabato 7 aprile 2018

Ecco i 10 comandamenti per scegliere l'uomo giusto

1) Evitate sempre l'uomo amico. Noi le amiche già le abbiamo e ci bastano. E se proprio vogliamo dirla tutta, sono sicuramente più simpatiche loro.
2) Se credete che sia troppo bello per essere vero, probabilmente lo è. Lasciate perdere.
3) Se è bello, ricco, sensibile e simpatico è gay.
4) Terreste mai a casa una lavatrice che non funziona? Se anche il vostro lui non funziona, mandatelo in garanzia. E se proprio volete un consiglio, lasciatecelo.
5) Se sui tacchi a spillo lo superate in altezza, next. Meglio un paio di Manolo nell’armadio che un uomo in giro per casa.
6) Se vi manda messaggi subliminali mentre è insieme alla sua ragazza, rispediteli al mittente. Oltre a non lasciare lei, non “la darà” mai a voi.
7) …Sceglietelo preferibilmente orfano!
8) Evitate gli uomini che guardandovi si specchiano nei vostri occhi: non amano voi, ma l’idea che qualcuno si innamori di loro.
9) Se è appiccicoso, evitatelo. E’ estate, e già appiccichiamo da sole.
10) Gli uomini sono limitanti, oltre che limitati. Ad ogni livello. 
Limitano la nostra intraprendenza, le nostre possibilità di carriera, il nostro tempo, e perfino l’altezza dei nostri tacchi. 
Quando c’è un uomo nei paraggi l’unica cosa a non avere limite sono i problemi!



"E’ bello fare le cose col cuore,
anche se le delusioni fanno male.
Anche se le ferite lasciano il segno.
Ma le persone sensibili
non smetteranno mai
di fare ciò che suggerisce il cuore. 
Per coltivare preziosi sentimenti, 
per cercare emozioni, per amare. 
Per rendere la vita degna di essere vissuta…"

- Agostino Degas - 



Io conosco
una piccola fata triste
che dimora in un oceano
e suona il suo cuore in un flauto di legno.
Dolcemente, dolcemente.
una piccola fata triste
che, al tramonto, di un bacio muore
e, all’alba, di un bacio rinasce.

- Forugh Farrokhzad - 


Felix Revello de Toro

Buona giornata a tutti. :-)




venerdì 6 aprile 2018

Le cose sparse - Piera Oppezzo

 Tutte queste cose sparse
che mi organizzano i gesti
i pensieri i battiti del cuore.
Io vado e vengo molto indaffarata
come se avessi una cappa casalinga
che mi sbatte sulla testa
e nessuna donna
potesse darmi una mano per tirarla via.
Sono cose sparse nella mente.
Le tratto come utensili da cucina
perché mia madre lottava con queste cose
che la sbattevano su e giù
e nella mente non trovava mai un angolo libero.
Io che avrei solo la mente da riempire
quando voglio fare ordine
seguo lo stesso principio ansioso,
mettendo una cosa su l'altra
perché niente resti indietro.
Come se non potessi proprio
concedermi il lusso di un po' di disordine.

- Piera Oppezzo - 




E tu che sei madre. Con la falce di luna alla caviglia,
e il corpo rasato di suora,
e gli occhi appannati e le guance assonnate.
Tu che ti fai mettere sugli altari dorati
e apri e chiudi la tua vita per quei figli
armoniosi che ti hanno dato da fasciare e baciare.
Tu che piangi di orgoglio per la tua castità
e il tuo onore di madre pidocchiosa e adamantina.
Tu credi di essere una donna e invece sei un vaso,
un sacco, una vagina vestita di nero, piena di rispetto
e di mistero. Tu sei il recipiente
Dell’uomo e in nome del tuo contenuto ti si chiede fedeltà,
rinuncia, sacrificio, amore eterno.
Tu credi di esistere, bardata di argenti,
la corona in  testa di regina madre,
i piedi chiusi dentro scarpe felpate,
il ventre fasciato dentro bende fatate.
E invece sei morta. La tua vita l’hai persa
nel momento che ti sei lasciata spaccare
la carne dalla testa molle e lucida del
primo figlio adorato che sa di paraffina.
La morte certo è dolce e pudica.
Se poi una morta fa anche le faccende di casa,
e lava e stira e cuce e risponde sì signore,
ecco trovata la soluzione degli enigmi familiari.
Uno morta si può anche venerare e baciare e
colmare di tenerezze e ambigue carezze filiali.
Ma se tu per un momento ti guardi allo specchio
e ti chiedi: c’è qualcosa di vivo in me?
Se tu fai l’atto di aprire la bocca per gridare,
se tu fai un segno rosso di vita sulla tua
immagine marmorea di morte, sei subito assalita.

Ti si dirà che sei noiosa e vecchia e
stupida ed egoista e vanitosa e inumana.
E tu, per gentilezza d’animo e candida bontà,
per un equivoco senso del dovere e per amore,
piegherai la testa e ti acconcerai a rimanere
quella cosa morta, graziosa e tenera che è
una madre serva che gira per la casa come un fantasma
indaffarato, silenzioso, ardente.
Popolana serissima, gentile, tu guardi con i tuoi occhi
spenti il mondo che ti opprime
e lo ringrazi per la sua oppressione, perchè
sei convinta nella tua testa aurea, che sei nata
per servire, per riverire, per faticare
e se i figli ti mantengono la giudichi
una grazia e ti tiri indietro e te ne stai
silenziosa, chinando la testa arresa
al grande favore che ti fanno lasciandoti vivere,
sfruttandoti teneramente, senza parere.
E’ così bello amare una madre-vittima,
una madre-agnello. Al figlio duole il cuore
nel petto vedendola invecchiare precocemente,
sempre pronta a pulire, lavare, stirare e
amorevolmente fare da mangiare ai figli
e ai figli dei suoi figli, senza mai protestare.


- Dacia Maraini - 

da: "Donna mia"



Donne diverse ....


Ci sono delle donne che si sentono diverse.. non credono nelle cose in cui credono tutti gli altri, non hanno gli stessi desideri...vorrebbero bisbigliare mentre gli altri urlano, vorrebbero cantare mentre gli altri discutono delle solite cose, vorrebbero disegnare mentre gli altri guardano la televisione, vorrebbero parlare dell'universo mentre gli altri discutono del tempo, vorrebbero sdraiarsi per terra mentre gli altri usano le sedie...non sono donne facili, sentono a pelle, annusano le situazioni per decidere, credono dove sembra esserci il vuoto...ma spesso sono proprio queste donne a fare la differenza...

- Simona Oberhammer -
da: "La Via Femminile"




Buona giornata a tutti. :-)




giovedì 8 marzo 2018

Bella e altre poesie- Jacques Prévert

Negazione di Dio negazione del diavolo
incapace di essere colpevole 
sei bella 
sei innegabile
Sei bella come il mare e la terra
prima della proliferazione umana
E tuttavia sei donna
Bella come il vento che non si vede
bella come la sera e come il mattino
Sei bella e non sei sola
Sei bella tra le belle ma nella collezione delle belle
non sei la stella
Sei una delle belle
la mia
e tuttavia non mi appartieni
Ma sei la sola isola deserta
dove potrei vivere con te.

- Jacques Prévert - 

Una ninfa del mare (1881), Edward Burne-Jones


Ci sono donne che si sentono profondamente diverse. 
Diverse perché i loro desideri non sono quelli di tutte le altre.

Diverse perché non si esprimono come tutte le altre.
Diverse perché vorrebbero andare in posti diversi da tutte le altre.
Diverse perché non pensano e non sentono come tutte le altre.

Queste donne si sentono così diverse da pensare di essere sbagliate. 
“Cos’ho che non va ?” si chiedono qualche volta con le lacrime agli occhi. “Perché sento queste cose?” si domandano sbigottite. 
Vorrebbero trasformarsi in quello che non sono. Ma non succede. 
Perché c’è una voce dentro di loro che parla e dice “Vai da un’altra parte”, “Segui un’altra strada”.

E’ la voce delle ali di farfalla. Sono ali che spesso le donne non sanno di avere. Perché non le vedono. Sono dietro di loro. Sono proprio quelle ali a renderle diverse: speciali. Sono quelle ali che le spingono a volare nessuno vola. A cercare dove nessuno cerca. A sperare dove nessuno spera. A cantare dove nessuno canta. Ad amare dove nessuno ama.
Sono ali grandi e maestose, dei colori della notte e del giorno. Sono cariche di promesse quelle ali. Basta muoversi verso la direzione in cui ti spingono, per iniziare a volare verso spazi misteriosi, ricchi di promesse tutte da scoprire…


- Simona Oberhammer - 
Fonte: da: La via femminile


Donna

Nessuno può immaginare
quel che dico quando me ne sto in silenzio
chi vedo quando chiudo gli occhi
come vengo sospinta quando vengo sospinta
cosa cerco quando lascio libere le mie mani.
Nessuno, nessuno sa
quando ho fame quando parto
quando cammino e quando mi perdo,
nessuno sa che per me andare è ritornare, 
e ritornare è indietreggiare,
che la mia debolezza è una maschera 
e la mia forza è una maschera,
e quel che seguirà è una tempesta.
Credono di sapere
e io glielo lascio credere
e creo.

Hanno costruito per me una gabbia 
affinché la mia libertà fosse una loro concessione
e ringraziassi e obbedissi.
Ma io sono libera prima e dopo di loro, con loro e senza di loro
sono libera nella vittoria e nella sconfitta.
La mia prigione è la mia volontà!
La chiave della  prigione è la loro lingua
ma la loro lingua si avvinghia intorno alle dita del mio desiderio
e al mio desiderio non impartiscono ordini.
Sono una donna.
Credono che la mia libertà sia di loro proprietà
ed io glielo lascio credere
e creo.

- Joumana Haddad - 

Libano, 1970

Albert Pierre René Maignan, La sirena




Buona giornata a tutte. :-)









mercoledì 7 marzo 2018

da: "Donna mia" - Dacia Maraini

E’ facile amare chi rinuncia alla sua vita
per noi, chi non ha sesso nè pensieri che non siano prevedibili,
terragni, virtuosi eppure, neanche questo basta. 

Una donna vecchia sa, 
da come viene guardata in tram o al mercato
quanto poco conta e quanto disgusto ispira agli altri.
La sua vecchiaia non fa pensare alla ricchezza,
alla saggezza, agli onori, all’esperienza.
La sua vecchiaia fa pensare solo alle rughe,
alla pancia ammuffita, all’alito cattivo,
agli occhi lagrimosi e per chi ha fantasia,
al suo bianco e rugoso sesso senza peli.
se ottiene rispetto e tenerezza è solo in
famiglia, dai figli e dai nipoti che la vedono
come una faccendiera disponibile e svagata.
Ma fuori, nella vita, è solo una vecchia,
una strega, una befana, un fagotto ridicolo
e fastidioso. Perchè non si decide a morire?
A meno che non abbia la fortuna di essere
la madre di un uomo famoso, di un gran politico.
Allora sarà riverita e servita, ma per lui
mai per sè, perchè ha avuto il grande privilegio
di essersi fatta mangiare le viscere da un genio
che è uscito da lei con grande dolore e sangue.
Una donna vecchia è una nullità, vale meno di
un soldo bucato. Una donna vecchia è solo un corpo
avvizzito che tarda a morire per egoismo e malignità.
Mentre l’uomo vecchio è carico della sua vita,
la donna vecchia è carica solo della sua morte.
Un uomo vecchio si ammette che abbia sete
di carni bambine e tocchi e sussulti e cerchi
di fare sue due gambe morbide e affusolate.
Una donna vecchia che abbia fame di carne
da baciare è considerata un’arpia,
una pervertita che va subito rinchiusa in un manicomio.
La sua esperienza, il suo passato, la sua sapienza,
i suoi pensieri contano quanto quelli di un cane.
La si butta in un angolo e buonanotte.
Ma se voi, donne vecchie, madri astute,
cominciate a pensare che anche voi avete un sesso,
e una testa che macina pensieri ardenti
e due occhi accesi e due mani capaci e
un cuore affamato, se voi penserete che
siete quello che siete per sopraffazione e
gloria dei peggiori istinti dell’uomo,
forse non avrete vergogna a dichiarare che
un bel ragazzo vi piace e potrete anche
carezzarlo senza sentirvi bruciare la mano di terrore.
Potrete baciarlo chiudendogli
gli occhi con due dita. Poichè l’estrema gioventù
e la vecchiaia sono portate all’amicizia.
E ai ragazzi piace essere amati dalle madri,
di un amore carnale lucidissimo e tenebroso.
Se penserete che la vecchiaia non è una colpa
di cui vergognarsi, se penserete che quello
che fa viva una donna non è soltanto la freschezza
della pelle e di un paio di labbra tornite,
se penserete questo vi sbarazzerete dei vostri lugubri
vestiti da fantasmi che puzzano
di cipolla e di varechina, allungherete le vostre mani
tremanti sui corpi degli adolescenti che hanno
bisogno di essere amati come in un sogno,
di tutto cuore e con terribile indulgenza.
Se saprete questo non sarete più vecchie,
e inutili ma forti e utili. Se imparerete
a non confondere la casa con il mondo,
a non contaminare del vostro nero di seppia
le cose luminose e dolorose che vi circondano,
se imparerete a pensare con la vostra testa,
a ridere con la vostra gola, a giudicare
con il vostro cuore maturato dal tempo,
sarete amate di un amore meno stupido e
mordente, meno assillante e nero. Perderete
in morbosità ma guadagnerete in ricchezza
di anima e di cervello e autonomia di cuore.
Ma tutto questo non sarà finchè la donna
non scoprirà che è diventata diversa
dall’uomo per ragioni storiche e non naturali.

Una storia mimetica da colonizzate ci
ha fatto come siamo, deformi, candide,
accanite, incerte, passive. E’ da questa
storia che dobbiamo tirare fuori i nastri
che ora sono lacci che ci legano le mani
e domani saranno bandiere sbattute al sole.
Donne mie amate predilette e disgraziate,
donne feroci nell’odio di voi stesse e
piene di zelo poliziesco per amore della proprietà,
dell’onore, della conservazione,
dell’artificio, della gerarchia, della gloria,
vi siete identificate con l’uomo per sfiducia
in voi stesse, avete seguito il modello maschile
del forte virile sicuro
e con questo avete tradito le vostre compagne
le donne di tutti i tempi perchè voi pensate che
la donna è fatta di fango e avete coperto
questo fango con uno strato di porcellana lucente.
Ma il fango lo sentite come una colpa, lo odiate,
e per non farlo mai apparire in superficie,
passate giornate intere a riparare le crepe
e i fori nella vostra bella porcellana bianca.
Ma ora basta, spacchiamo questa copertura dura,
che ci tiene mansuete, segrete e fatate.
Prendiamo il coraggio di frugare dentro quel fango
e scopriremo che è un fango prezioso
nella sua umiltà, che si è fatto robusto e bello
pronto per costruire case e giardini.
No c’è da vergognarsi del fango della storia,
del fango della servitù, perchè è il nostro onore,
del fango dell’oppressione perchè quello che
ci fa oggi innocenti e forti e coraggiose,
incontaminate dal potere, colombe da cortile.
Usiamo quel fango per costruire nuove donne
meno belle forse e levigate, ma più salate
del sale dell’orgoglio e dell’amore.

- Dacia Maraini -
da:  "Donna mia"


«Voglio essere libera. 
Più della libertà esteriore, la libertà di viaggiare, di lasciare questa casa, voglio essere libera interiormente, scegliere la mia strada, seguirla, senza accodarmi allo sciame. 
Odio questo spirito di gruppo con cui ci riempiono le orecchie. 
Tedeschi, francesi, gollisti concordano tutti su una cosa sola: bisogna vivere, pensare, amare insieme agli altri, in funzione di uno stato, di un paese, di un partito. 
Dio mio! Io non voglio questo! 
Sono una povera donna senza importanza; non so niente ma voglio essere libera.»

- Irène Némirovsky - 
Suite francese, 2004



Dentro ogni donna c'è una forza. E' la forza di farsi rispettare e valere. E di credere in se stessa.
La donna è fiera quando la sua dignità viene prima di tutto, perché lei sa che farsi rispettare significa credere nel proprio valore.
La donna è fiera quando ama senza rinnegare se stessa, perché il vero amore non può nascere se ci si offre all'altro per farsi calpestare.
La donna è fiera quando crede nelle proprie idee e ha il coraggio di esprimerle, perché è convinta di possedere delle risorse.
La donna è fiera quando esprime il suo parere in pubblico senza pensare che sia irrilevante o poco intelligente.
La donna è fiera quando non si presta a farsi colpevolizzare dagli altri per ogni cosa ma reagisce esponendo le proprie ragioni.
La donna è fiera quando smette solo di dire "si si" a chiunque perché sa che dire anche di "no"significa dire "si" a se stesse.
La donna è fiera quando non pensa di valere solo in base ai giudizi altrui ma soprattutto in base alle proprie valutazioni.
La donna è fiera quando non punta tutto solo sull'aspetto esteriore ma riconosce che la forza che viene da dentro è un potente catalizzatore.
La donna è fiera quando non è disposta ad assecondare troppo gli altri perché è consapevole che ciò che più conta è assecondare il proprio sentire interiore.
La donna è fiera quando vive con la sua anima e sente la forza della sua unicità.


- Simona Oberhammer -


Buona giornata a tutti. :-)









sabato 16 settembre 2017

da: "Lettera a un bambino mai nato" - Oriana Fallaci

Stanotte ho saputo che c'eri: una goccia di vita scappata dal nulla. 
Me ne stavo con gli occhi spalancati nel buio e d'un tratto, in quel buio, s'è acceso un lampo di certezza: sì, c'eri. Esistevi. 
È stato come sentirsi colpire in petto da una fucilata. 
Mi si è fermato il cuore. E quando ha ripreso a battere con tonfi sordi, cannonate di sbalordimento, mi sono accorta di precipitare in un pozzo dove tutto era incerto e terrorizzante. 
Ora eccomi qui, chiusa a chiave dentro una paura che mi bagna il volto, i capelli, i pensieri. E in essa mi perdo. Cerca di capire: non è paura degli altri. Io non mi curo degli altri. Non è paura di Dio. Io non credo in Dio. Non è paura del dolore. Io non temo il dolore. 
È paura di te, del caso che ti ha strappato al nulla, per agganciarti al mio ventre. Non sono mai stata pronta ad accoglierti, anche se ti ho molto aspettato. Mi son sempre posta l'atroce domanda: e se nascere non ti piacesse? E se un giorno tu me lo rimproverassi gridando "Chi ti ha chiesto di mettermi al mondo, perché mi ci hai messo, perché?". 
La vita è una tale fatica, bambino. 
È una guerra che si ripete ogni giorno, e i suoi momenti di gioia sono parentesi brevi che si pagano un prezzo crudele. Come faccio a sapere che non sarebbe giusto buttarti via, come faccio a intuire che non vuoi essere restituito al silenzio? Non puoi mica parlarmi. La tua goccia di vita è soltanto un nodo di cellule appena iniziate. Forse non è nemmeno vita ma possibilità di vita. Eppure darei tanto perché tu potessi aiutarmi con un cenno, un indizio. 
La mia mamma sostiene che glielo detti, che per questo mi mise al mondo.
La mia mamma, vedi, non mi voleva. Ero incominciata per sbaglio, in un attimo di altrui distrazione. E perché non nascessi ogni sera scioglieva nell'acqua una medicina. Poi la beveva, piangendo. 
La bevve fino alla sera in cui mi mossi, dentro il suo ventre, e le tirai un calcio per dirle di non buttarmi via. Lei stava portando il bicchiere alle labbra. Subito lo allontanò e ne rovesciò il contenuto per terra. 
Qualche mese dopo mi rotolavo vittoriosa nel sole, e se ciò sia stato bene o male non so. 
Quando sono felice penso che sia stato bene, quando sono infelice penso che sia stato male. Però, anche quando sono infelice, penso che mi dispiacerebbe non essere nata perché nulla è peggiore del nulla. Io, te lo ripeto, non temo il dolore. Esso nasce con noi, cresce con noi, ad esso ci si abitua come al fatto d'avere due braccia e due gambe. Io, in fondo, non temo neanche di morire: perché se uno muore vuol dire che è nato, che è uscito dal niente. 
Io temo il niente, il non esserci, il dover dire di non esserci stato, sia pure per caso, sia pure per sbaglio, sia pure per l'altrui distrazione. Molte donne si chiedono: mettere al mondo un figlio, perché? Perché abbia fame, perché abbia freddo, perché venga tradito ed offeso, perché muoia ammazzato alla guerra o da una malattia? E negano la speranza che la sua fame sia saziata, che il suo freddo sia scaldato, che la fedeltà e il rispetto gli siano amici, che viva a lungo per tentar di cancellare le malattie e la guerra. Forse hanno ragione loro. Ma il niente è da preferirsi al soffrire? 
Io perfino nelle pause in cui piango sui miei fallimenti, le mie delusioni, i miei strazi, concludo che soffrire sia da preferirsi al niente. E se allargo questo alla vita, al dilemma nascere o non nascere, finisco con l'esclamare che nascere è meglio di non nascere. Tuttavia è lecito imporre tale ragionamento anche a te? Non è come metterti al mondo per me stessa e basta? 
Non mi interessa metterti al mondo per me stessa e basta. Tanto più che non ho affatto bisogno di te.

- Oriana Fallaci -
da: "Lettera a un bambino mai nato", Rizzoli editore, 1975




Molte donne si chiedono: metter al mondo un figlio, perché?
Perché abbia fame, perché abbia freddo, perché venga tradito ed offeso, perché muoia ammazzato alla guerra o da una malattia?
E negano la speranza che la sua fame sia saziata, che il suo freddo sia scaldato, che la fedeltà e il rispetto gli siano amici, che viva a lungo per tentar di cancellare le malattie e la guerra.

- Oriana Fallaci -
da: "Lettera a un bambino mai nato", Rizzoli editore, 1975





Sono nato perché Dio mi ha voluto

Dal momento che ha creato il mondo,
Dio mi ha voluto
e ha atteso tutto questo tempo
per darmi alla vita.

Mi ha voluto per amarmi,
mi ha voluto perché anch'io
conoscessi l'Amore 
e ne fossi attratto per l'eternità.

- Ernesto Olivero -
Troppo Forte, LDC