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venerdì 14 giugno 2019

Farò della mia anima - Kahlil Gibran

Farò della mia anima uno scrigno
per la tua anima,
del mio cuore una dimora
per la tua bellezza,
del mio petto un sepolcro
per le tue pene.

Ti amerò come le praterie amano la primavera,
e vivrò in te la vita di un fiore
sotto i raggi del sole.

Canterò il tuo nome come la valle
canta l’eco delle campane;
ascolterò il linguaggio della tua anima
come la spiaggia ascolta
la storia delle onde.

- Kahlil Gibran -


Esiste qualcosa di più grande e più puro
rispetto a ciò che la bocca pronuncia.
Il silenzio illumina l'anima,
sussurra ai cuori e li unisce.
Il silenzio ci porta lontano da noi stessi,
ci fa veleggiare
nel firmamento dello spirito,
ci avvicina al cielo;
ci fa sentire che il corpo
è nulla più che una prigione,
e questo mondo è un luogo d'esilio.

- Kahlil Gibran -


«La si può trovare un giorno - ripetè Rudolphe - un giorno, all'improvviso, è come se una voce gridasse: "Eccola! E senti il bisogno di confidare a questa persona l'intera tua vita, di darle tutto, sacrificarle tutto! Non occorrono spiegazioni, ci si indovina. Ci si è intravisti nei sogni. 
(E la guardava). 
Eccolo finalmente il tesoro tanto cercato, è lì, davanti a te; risplende, scintilla. 
Eppure si dubita ancora, non si osa crederci; si rimane abbagliati, come quando dalle tenebre si esce alla luce».

- Gustave Flaubert - 
“Madame Bovary”



Buona giornata a tutti. :-)











mercoledì 29 maggio 2019

Signore, io credo: io voglio credere in te – Preghiera di san Paolo VI per conseguire la Fede


Alcune note
per il mio testamento



In nomine Patris et Filii et Spiritus Sancti. 
Amen.

1. Fisso lo sguardo verso il mistero della morte, e di ciò che la segue, nel lume di Cristo, che solo la rischiara; e perciò con umile e serena fiducia. Avverto la verità, che per me si è sempre riflessa sulla vita presente da questo mistero, e benedico il vincitore della morte per averne fugate le tenebre e svelata la luce.

Dinanzi perciò alla morte, al totale e definitivo distacco dalla vita presente, sento il dovere di celebrare il dono, la fortuna, la bellezza, il destino di questa stessa fugace esistenza: Signore, Ti ringrazio che mi hai chiamato alla vita, ed ancor più che, facendomi cristiano, mi hai rigenerato e destinato alla pienezza della vita.

Parimente sento il dovere di ringraziare e di benedire chi a me fu tramite dei doni della vita, da Te, o Signore, elargitimi: chi nella vita mi ha introdotto (oh! siano benedetti i miei degnissimi Genitori!), chi mi ha educato, benvoluto, beneficato, aiutato, circondato di buoni esempi, di cure, di affetto, di fiducia, di bontà, di cortesia, di amicizia, di fedeltà, di ossequio. Guardo con riconoscenza ai rapporti naturali e spirituali che hanno dato origine, assistenza, conforto, significato alla mia umile esistenza: quanti doni, quante cose belle ed alte, quanta speranza ho io ricevuto in questo mondo!

Ora che la giornata tramonta, e tutto finisce e si scioglie di questa stupenda e drammatica scena temporale e terrena, come ancora ringraziare Te, o Signore, dopo quello della vita naturale, del dono, anche superiore, della fede e della grazia, in cui alla fine unicamente si rifugia il mio essere superstite? Come celebrare degnamente la tua bontà, o Signore, per essere io stato inserito, appena entrato in questo mondo, nel mondo ineffabile della Chiesa cattolica? Come per essere stato chiamato ed iniziato al Sacerdozio di Cristo? Come per aver avuto il gaudio e la missione di servire le anime, i fratelli, i giovani, i poveri, il popolo di Dio, e d’aver avuto l’immeritato onore d’essere ministro della santa Chiesa, a Roma specialmente, accanto al Papa, poi a Milano, come arcivescovo, sulla cattedra, per me troppo alta, e venerabilissima dei santi Ambrogio e Carlo, e finalmente su questa suprema e formidabile e santissima di San Pietro? In aeternum Domini misericordias cantabo.

Siano salutati e benedetti tutti quelli che io ho incontrati nel mio pellegrinaggio terreno; coloro che mi furono collaboratori, consiglieri ed amici - e tanti furono, e così buoni e generosi e cari!

Benedetti coloro che accolsero il mio ministero, e che mi furono figli e fratelli in nostro Signore!

A voi, Lodovico e Francesco, fratelli di sangue e di spirito, e a voi tutti carissimi di casa mia, che nulla a me avete chiesto, né da me avuto di terreno favore, e che mi avete sempre dato esempio di virtù umane e cristiane, che mi avete capito, con tanta discrezione e cordialità, e che soprattutto mi avete aiutato a cercare nella vita presente la via verso quella futura, sia la mia pace e la mia benedizione.

Il pensiero si volge indietro e si allarga d’intorno; e ben so che non sarebbe felice questo commiato, se non avesse memoria del perdono da chiedere a quanti io avessi offeso, non servito, non abbastanza amato; e del perdono altresì che qualcuno desiderasse da me. Che la pace del Signore sia con noi.

E sento che la Chiesa mi circonda: o santa Chiesa, una e cattolica ed apostolica, ricevi col mio benedicente saluto il mio supremo atto d’amore.

A te, Roma, diocesi di San Pietro e del Vicario di Cristo, dilettissima a questo ultimo servo dei servi di Dio, la mia benedizione più paterna e più piena, affinché Tu Urbe dell’orbe, sia sempre memore della tua misteriosa vocazione, e con umana virtù e con fede cristiana sappia rispondere, per quanto sarà lunga la storia del mondo, alla tua spirituale e universale missione.

Ed a Voi tutti, venerati Fratelli nell’Episcopato, il mio cordiale e riverente saluto; sono con voi nell’unica fede, nella medesima carità, nel comune impegno apostolico, nel solidale servizio al Vangelo, per l’edificazione della Chiesa di Cristo e per la salvezza dell’intera umanità. Ai Sacerdoti tutti, ai Religiosi e alle Religiose, agli Alunni dei nostri Seminari, ai Cattolici fedeli e militanti, ai giovani, ai sofferenti, ai poveri, ai cercatori della verità e della giustizia, a tutti la benedizione del Papa, che muore.

E così, con particolare riverenza e riconoscenza ai Signori Cardinali ed a tutta la Curia romana: davanti a voi, che mi circondate più da vicino, professo solennemente la nostra Fede, dichiaro la nostra Speranza, celebro la Carità che non muore, accettando umilmente dalla divina volontà la morte che mi è destinata, invocando la grande misericordia del Signore, implorando la clemente intercessione di Maria santissima, degli Angeli e dei anti, e raccomandando l’anima mia al suffragio dei buoni.

2. Nomino la Santa Sede mio erede universale: mi obbligano a ciò dovere, gratitudine, amore. Salvo le disposizioni qui sotto indicate.

3. Sia esecutore testamentario il mio Segretario privato. Egli vorrà consigliarsi con la Segreteria di Stato e uniformarsi alle norme giuridiche vigenti e alle buone usanze ecclesiastiche.

4. Circa le cose di questo mondo: mi propongo di morire povero, e di semplificare così ogni questione al riguardo.

Per quanto riguarda cose mobili e immobili di mia personale proprietà, che ancora restassero di provenienza familiare, ne dispongano i miei Fratelli Lodovico e Francesco liberamente; li prego di qualche suffragio per l’anima mia e per quelle dei nostri Defunti. Vogliano erogare qualche elemosina a persone bisognose o ad opere buone. Tengano per sé, e diano a chi merita e desidera qualche ricordo dalle cose, o dagli oggetti religiosi, o dai libri di mia appartenenza. Distruggano note, quaderni, corrispondenza, scritti miei personali.

Delle altre cose che si possano dire mie proprie: disponga, come esecutore testamentario, il mio Segretario privato, tenendo qualche ricordo per sé, e dando alle persone più amiche qualche piccolo oggetto in memoria. Gradirei che fossero distrutti manoscritti e note di mia mano; e che della corrispondenza ricevuta, di carattere spirituale e riservato, fosse bruciato quanto non era destinato all’altrui conoscenza.

Nel caso che l’esecutore testamentario a ciò non possa provvedere, voglia assumerne incarico la Segreteria di Stato.

5. Raccomando vivamente di disporre per convenienti suffragi e per generose elemosine, per quanto è possibile.

Circa i funerali: siano pii e semplici (si tolga il catafalco ora in uso per le esequie pontificie, per sostituirvi apparato umile e decoroso).

La tomba: amerei che fosse nella vera terra, con umile segno, che indichi il luogo e inviti a cristiana pietà. Niente monumento per me.

6. E circa ciò che più conta, congedandomi dalla scena di questo mondo e andando incontro al giudizio e alla misericordia di Dio: dovrei dire tante cose, tante. Sullo stato della Chiesa; abbia essa ascolto a qualche nostra parola, che per lei pronunciammo con gravità e con amore. Sul Concilio: si veda di condurlo a buon termine, e si provveda ad eseguirne fedelmente le prescrizioni. Sull’ecumenismo : si prosegua l’opera di avvicinamento con i Fratelli separati, con molta comprensione, con molta pazienza, con grande amore; ma senza deflettere dalla vera dottrina cattolica. Sul mondo: non si creda di giovargli assumendone i pensieri, i costumi, i gusti, ma studiandolo, amandolo, servendolo.

Chiudo gli occhi su questa terra dolorosa, drammatica e magnifica, chiamando ancora una volta su di essa la divina Bontà. Ancora benedico tutti. Roma specialmente, Milano e Brescia. Alla Terra santa, la Terra di Gesù, dove fui pellegrino di fede e di pace, uno speciale benedicente saluto.

E alla Chiesa, alla dilettissima Chiesa cattolica, all’umanità intera, la mia apostolica benedizione.



Poi: in manus Tuas, Domine, commendo spiritum meum.

Ego: Paulus PP. VI.

Dato a Roma, presso S. Pietro, il 30 giugno 1965, anno III del nostro Pontificato.




Note complementari
al mio testamento



In manus tuas, Domine, commendo spiritum meum.
Magnificat anima mea Dominum. Maria!

Credo. Spero. Amo.

Ringrazio quanti mi hanno fatto del bene.

Chiedo perdono a quanti io avessi non fatto del bene. A tutti io do nel Signore la pace.

Saluto il carissimo Fratello Lodovico e tutti i miei familiari e parenti e amici, e quanti hanno accolto il mio ministero. A tutti i collaboratori, grazie. Alla Segreteria di Stato particolarmente.

Benedico con speciale carità Brescia, Milano, Roma, la Chiesa intera. Quam diletta tabernacula tua, Domine!

Ogni mia cosa sia della Santa Sede.

Provveda il mio Segretario particolare, il caro Don Pasquale Macchi, a disporre per qualche suffragio e qualche beneficenza, e ad assegnare qualche ricordo fra libri e oggetti a me appartenuti a sé e a persone care.

Non desidero alcuna tomba speciale.

Qualche preghiera affinché Dio mi usi misericordia.

In Te, Domine, speravi. Amen, alleluia.

A tutti la mia benedizione, in nomine Domini.


PAULUS PP. VI

Castel Gandolfo, 16 settembre 1972, ore 7,30.



Aggiunta
alle mie disposizioni testamentarie


Desidero che i miei funerali siano semplicissimi e non desidero né tomba speciale, né alcun monumento. Qualche suffragio (beneficenze e preghiere).


PAULUS PP. VI
14 luglio 1973

  



Signore, io credo; io voglio credere in Te.


O Signore, fa’ che la mia fede sia piena, senza riserve, e che essa penetri nel mio pensiero, nel mio modo di giudicare le cose divine e le cose umane;

O Signore, fa’ che la mia fede sia libera; cioè abbia il concorso personale della mia adesione, accetti le rinunce ed i doveri ch’essa comporta e che esprima l’apice decisivo della mia personalità: credo in Te, O Signore;

O Signore, fa’ che la mia fede sia certa; certa d’una esteriore congruenza di prove e d’un’interiore testimonianza dello Spirito Santo, certa d’una sua luce rassicurante, d’una sua conclusione pacificante, d’una sua assimilazione riposante;

O Signore, fa’ che la mia fede sia forte, non tema le contrarietà dei problemi, onde è piena l’esperienza della nostra vita avida di luce, non tema le avversità di chi la discute; la impugna, la rifiuta, la nega; ma si rinsaldi nell’intima prova della Tua verità, resista alla fatica della critica, si corrobori nella affermazione continua sormontante le difficoltà dialettiche e spirituali, in cui si svolge la nostra temporale esistenza;

O Signore, fa’ che la mia fede sia gioiosa e dia pace e letizia al mio spirito, e lo abiliti all’orazione, con Dio e alla conversazione con gli uomini, così che irradi nel colloquio sacro e profano l’interiore beatitudine del suo fortunato possesso;

O Signore, fa’ che la mia fede sia operosa e dia alla carità le ragioni della sua espansione morale, così che sia vera amicizia con Te e sia di Te nelle opere, nelle sofferenze, nell’attesa della rivelazione finale, una continua ricerca, una continua testimonianza, un alimento continuo di speranza;

O Signore, fa’ che la mia fede sia umile e non presuma fondarsi sull’esperienza del mio pensiero e del mio sentimento; ma si arrenda alla testimonianza dello Spirito Santo, e non abbia altra migliore garanzia che nella docilità alla Tradizione e all’autorità del magistero della santa Chiesa. 

Amen.

- Papa Paolo VI -
Udienza Generale, 30 ottobre 1968 
29 maggio memoria liturgica di san Paolo VI


Buona giornata a tutti. :-)


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mercoledì 22 maggio 2019

Il tuo cuore lo porto con me - Edward Estlin Cummings

Il tuo cuore lo porto con me
Lo porto nel mio
Non me ne divido mai.
Dove vado io, vieni anche tu, mia amata;
qualsiasi cosa sia fatta da me,
la fai anche tu, mia cara.
Non temo il fato
perché il mio fato sei tu, mia dolce.
Non voglio il mondo, perché il mio,
il più bello, il più vero sei tu.
tu sei quel che luna sempre fu
e quel che un sole sempre canterà sei tu
Questo è il nostro segreto profondo
radice di tutte le radici
germoglio di tutti i germogli
e cielo dei cieli
di un albero chiamato Vita,
che cresce più alto
di quanto l’anima spera,
e la mente nasconde.
Questa è la meraviglia che le stelle separa.
Il tuo cuore lo porto con me,
lo porto nel mio.

- Edward Estlin Cummings -




"Gli sposi ci tengono davvero che i loro figli nascano da genitori puri? 
Poniamo dentro di noi il senso che il corpo umano è chiamato alla resurrezione e che dovremmo preoccuparci di mantenere la sua dignità? 
Sapremo renderci conto che la sessualità umana è la prova di una fiducia, addirittura inaudibile, dimostrata da Dio all’uomo e alla donna e ci adoperiamo noi a non deludere questa fiducia? Abbiamo presente che ogni uomo è una persona e che non è lecito ridurre l’altro a un ruolo di oggetto, che si può guardare con concupiscenza, o che viene semplicemente usato? 
I fidanzati costruiscono la loro futura unione matrimoniale, nel modo in cui questo va fatto: cioè, iniziando a costruire l’unione di spirito? 

Lavorano gli sposi sull’approfondimento della loro unione matrimoniale - nonostante tutta la fatica, ed anche le oggettive difficoltà, che la vita porta con sé, nonostante le varie deficienze di cui tutti e due sono portatori? 
Ricordano essi che al momento del loro matrimonio davanti all'altare  il Cristo stesso si è impegnato ad essere sempre con loro, ad essere la loro luce e la loro forza? 
Ci tengono davvero gli sposi che questa presenza divina di Cristo colmi la loro vita matrimoniale e familiare? 
Davanti a Dio pongo queste domande a tutte le famiglie cattoliche, a tutti gli sposi, a tutti i genitori» 

- san Giovanni Paolo II -


L’amore porta alla luce 

le qualità elevate e nascoste di un amante, 

ciò che vi è in lui di raro ed eccezionale. 

Così trae in inganno su ciò che in lui 

rappresenta la norma.


- Friedrich Nietzsche - 






L’amore non muore mai di morte naturale. 
Muore per abbandono, per negligenza, per cecità, per averlo dato per scontato. 
Per non essere stato coltivato. 
Le omissioni sono più letali degli errori consumati.



- Anais Nin -







Quando saremo due non avremo metà
saremo un due che non si può dividere con niente.
Quando saremo due, nessuno sarà uno,
uno sarà l’uguale di nessuno
e l’unità consisterà nel due.
Quando saremo due
cambierà nome pure l’universo
diventerà diverso. 



Auguri alla mia splendida figlia Laura nel giorno del suo compleanno.


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venerdì 10 maggio 2019

Hanno gli occhi velati di malinconia - Agostino Degas

Hanno gli occhi velati di malinconia,
le donne che soffrono nell’anima.
Le riconosci subito, le senti,
anche quando per pudore 
si nascondono a se stesse.
Pochi le capiscono e molti le giudicano.
Sorridono senza convinzione
e piangono senza motivo,
le donne prigioniere del mal di vivere,
che toglie ogni energia,
che porta ad odiare la solitudine ma anche a cercarla.
Vivono con la nebbia nell’anima,
la speranza addormentata
e la vita che sfugge di mano.
Soffrono con dignità e non si lasciano mai andare,
perché non si dimenticano
della loro generosità,
delle troppe responsabilità verso gli altri.
Conoscono solo giorni bui
e albe che sembrano non arrivare più.
L’umore è un’onda marina
che si infrange contro gli scogli dell’anima
Le donne prigioniere di se stesse,
della loro emotività,
non hanno più energie per sognare.
Hanno un solo desiderio,
attraversare il loro tunnel per rivedere la luce.
Per tornare a vivere.

- Agostino Degas - 



Le donne sono tutto: mogli, mamme, amiche, amanti.
E spesso anche padri.
Lavorano dentro e fuori casa facendo più fatica dell'uomo,
per poi sentirsi dire che sono il “sesso debole”.

Pensano più alle soluzioni che ai problemi, le donne.
Per questo amano, educano, soffrono, cadono, si rialzano.
Fanno tutto con passione, con generosità, con rabbia, con sincerità.
E non perdono mai la dignità, le donne.
Solo loro sanno rinascere più forti di prima, dopo ogni delusione.
Sanno andare controcorrente, perché sono libere.
E percorrono strade difficili, piene di curve e in salita, le donne.
Ma non si arrendono mai ed arrivano sempre alla meta.
E si guardano indietro soddisfatte, orgogliose di loro.
Le donne sono fatte così.
Semplici, speciali, una vera forza della natura.
Hanno un solo difetto, le donne.
Non sanno quanto sono importanti.
Non sanno che sono insostituibili.
Il mondo non sarebbe nulla, senza di loro. Senza le donne.


- Agostino Degas - 



Buona giornata a tutti. :-)






sabato 27 aprile 2019

Svegliati, Alzati! (1908) e Mi hai fatto senza fine - Rabindranath Tagore

Svegliati, alzati!
All'alba la luce stessa di Dio viene a rompere il nostro sonno.
Il sonno profondo di tutta la notte si rompe in un momento.
Ma chi può spezzare le illusioni della sera?
Come potrò togliere dall'animo l'involucro magico che il lavoro e le preoccupazioni del lungo giorno hanno gettato su di esso e condurlo in mezzo alla pace pura e tranquilla?
Tutto il giorno, come un ragno, in diverse maniere, ci ha avvolto con reti molto vaste, una rete dopo l'altra.
L'Onnipotente, l'Eterno è stato messo da parte.
Tagliate tutte queste reti, come potrò risvegliare lo spirito in mezzo all'infinito?
Svegliati, alzati!

Il giorno con lavori vari, con preoccupazioni ed attrazioni innumerevoli cerca di legarci stretti da tutte le parti: cerca di alzare un muro tra la mia anima e l'universo. Così, se noi non risvegliamo la nostra attenzione, se non usiamo questa formula magica: Svegliati, alzati... Se non risuona ogni momento questa voce dentro l'anima, in mezzo a tutte le mille vicende della giornata, un nodo dopo l'altro, un laccio dopo l'altro esse ci legheranno e ci renderanno insensibili. Allora non ci sarà alcuna forza di volontà che possa distoglierci dalla nostra inerzia.
Pensiamo che quanto ci lega da tutte le parti sia la verità e non avremo più fede nelle verità pure e passate, non ci passerà neppure per la mente di sospettare della nostra situazione.
Perciò in mezzo al frastuono dei vari affari di ogni giorno si alzi dalle profondità del nostro animo, nello strumento che ha una sola corda, il richiamo: Svegliati, alzati!

- Rabindranath Tagore -
1 dicembre 1908
Fonte: “Santiniketon,Casa della Pace”, Tagore, Paoline Editoriale Libri, 1/1995




Mi hai fatto senza fine
questa è la tua volontà.

Questo fragile vaso
continuamente tu vuoti
continuamente lo riempi
di vita sempre nuova.

Questo piccolo flauto di canna
hai portato per valli e colline
attraverso esso hai soffiato
melodie eternamente nuove.

Quando mi sfiorano le tue mani immortali
questo piccolo cuore si perde
in una gioia senza confini
e canta melodie ineffabili.

Su queste piccole mani
scendono i tuoi doni infiniti.

Passano le età, e tu continui a versare,
e ancora c'è spazio da riempire.


 - Rabindranath Tagore -


Buona giornata a tutti. :-)

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