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sabato 8 febbraio 2020

La solitudine della fine sarà tremenda - don Romano Guardini

Il patrimonio culturale della Chiesa non potrà sfuggire alla generale decadenza della tradizione e là dove esso ancora sussisterà sarà assalito da molti problemi. Ma per quanto concerne il dogma, è essenziale alla sua natura il sopravvivere ad ogni mutamento di tempi, poiché esso è fondato nel sovratemporale; si può tuttavia supporre che di esso si avvertirà in modo particolare il carattere di guida della vita. 
Quanto più il cristianesimo si affermerà di nuovo come cosa non spontanea ed automatica, e si distinguerà decisamente dalla dominante concezione non-cristiana della vita, tanto più emergerà nettamente nel dogma, accanto all’ elemento teoretico, quello pratico ed esistenziale. 
Non c’è certamente bisogno che io sottolinei che non intendo con ciò alcuna «modernizzazione»; nessuna attenuazione qualsiasi né di contenuto, né di valore. Al contrario il carattere di incondizionata assolutezza della sua espressione e del suo imperativo si accentueranno più fortemente. 
E in questa assolutezza si avvertiranno la definizione dell’esistenza e l’orientamento della condotta.
Così la fede sarà capace di resistere nel pericolo. 
Nel rapporto con Dio emergerà decisamente l’elemento dell’obbedienza. Obbedienza pura, la quale sa che si tratta delle cose supreme, che solo per l’ubbidienza possono realizzarsi. 
Non perché l’uomo sia «eteronomo», ma perché Dio è santità assoluta. 
Un atteggiamento assolutamente non-liberale dunque, orientato con assolutezza verso l’assoluto, ma nella libertà, e per questo distinto da tutte le violenze. 
Questa assolutezza non è una resa alla forza fisica o psichica del comando: ma l’uomo per essa accoglie nel suo atto la qualità del comando divino. 
E questo suppone la maturità del giudizio e la libertà dell’opzione.
Ed una fiducia che solo qui è possibile. Non fiducia in un ordine razionale del tutto, o in un principio ottimistico di benevolenza, ma in Dio, nella sua realtà e nella sua azione, in Dio, che è all’ opera ed agisce. 
Se non sbaglio, l’Antico Testamento va assumendo un significato particolare: esso mostra il Dio vivente, che spezza e irrompe sia attraverso l’incantesimo mitico del mondo sia attraverso le potenze politiche pagane della terra, e l’uomo credente che, accettando l’Alleanza, si ricollega a questa azione di Dio. 
E si comprenderà l’importanza di questo. 
Quanto più crescono le forze anonime, tanto più la «vittoria che vince il mondo» [1 Gv. 5,4], la fede, si attua in una conquista di libertà, nell’accordo della libertà donata all’uomo e della libertà creatrice di Dio. 
E nella fiducia in ciò che Dio fa non soltanto nel suo operare, ma nel suo agire. 
È singolare questo presentimento di possibilità divine, in mezzo alla crescente oppressione del mondo!
Questo incontro di assolutezza e di personalità, di incondizionatezza e di libertà, renderà il credente capace di resistere, senza luogo e senza rifugio, e di riconoscere la direzione. Lo renderà capace di accedere ad un rapporto diretto con Dio, attraverso tutte le situazioni della violenza e del pericolo; e di rimaner persona vivente nella crescente solitudine del mondo futuro, solitudine proprio in mezzo alle masse ed alle organizzazioni.
Se comprendiamo esattamente i testi escatologici della Sacra Scrittura, la fiducia ed il coraggio formeranno il carattere proprio della fine dei tempi. L’ambiente della cultura cristiana, l’appoggio della tradizione perderanno vigore. 
Questo sarà uno degli elementi di quello scandalo, del quale è detto che «se fosse possibile, anche gli eletti vi soccomberebbero» (Mt. 24, 24).
La solitudine nella fede sarà tremenda. 
L’amore scomparirà dalla condotta generale (Mt. 24, 12). 
Non sarà più compreso, e diverrà tanto più prezioso, nel suo passare da un solitario ad un altro solitario: forza del cuore che discende immediatamente dall’ amore di Dio, quale si è rivelato in Cristo. Forse si farà una esperienza tutta nuova in questa carità: della sua sovrana originalità, della sua indipendenza dal mondo, del mistero del suo supremo perché. 
Forse la carità acquisterà una profondità d’intimità mai prima esistita. Qualche cosa di ciò che si esprime in quelle parole che sono la chiave a comprendere il messaggio di Gesù sulla Provvidenza: che le cose si trasformano per l’uomo che ha come suo primo pensiero la volontà ed il Regno di Dio (Mt. 6, 33).
Questo carattere escatologico si rileverà, io penso, nel futuro atteggiamento religioso. 
Non intendiamo con ciò annunciare alcuna facile Apocalisse. 
Nessuno ha il diritto di dire che la fine si avvicina, quando Cristo stesso ha dichiarato che solo il Padre conosce le cose della fine (Mt. 24, 36). 
E se qui si parla di un avvicinarsi alla fine, lo si intende in senso essenziale, non temporale: la nostra esistenza giunge al traguardo della opzione assoluta e delle sue conseguenze: delle possibilità più alte e dei pericoli estremi.

- don Romano Guardini -
La fine dell’epoca moderna, Morcelliana, Brescia, 1984


“...L'uomo deve riconoscere la piena misura delle proprie responsabilità ed assumerla. Ma per poter far questo, deve riconquistare il giusto rapporto con la verità delle cose, con le esigenze del suo io più profondo, infine con Dio. Altrimenti soccomberà al suo proprio potere e quella "catastrofe globale", diverrà inevitabile..."

- don Romano Guardini -


"Si costituisce una forma di vita non cristiana, anzi per molti aspetti anti-cristiana, che si impone in modo così conseguente da apparire normale; e sembra un abuso l’esigenza della Chiesa che vuole che la vita sia determinata dalla rivelazione. 
Lo stesso credente accetta questa situazione quando pensa che le cose della religione costituiscano un settore a sé (…).

La conseguenza è che da un lato si afferma una esistenza profana, autonoma, staccata da influenze cristiane dirette, e dall’ altro nasce un cristianesimo che imita in uno strano modo questa autonomia".

- don Romano Guardini -

da: La fine dell’epoca moderna, Morcelliana, Brescia 1984





"Il mondo moderno, lo spirito moderno, laico, positivista e ateo, credono di essersi liberati di Dio e in realtà, per chi vuole oltrepassare le formule, mai l’uomo è stato tanto imbarazzato da Dio.
Quando l’uomo si trovava in presenza degli dei, poteva più nettamente rimanere uomo. 
Essendo Dio al proprio posto di Dio, il nostro uomo poteva rimanere al proprio posto di uomo. 
Con una ironia veramente amara, è proprio nell’ età in cui l’uomo crede di essersi sbarazzato di tutti gli dei che lui stesso non si mantiene più al suo posto di uomo, e che, al contrario, si trova ingombrato da tutti gli dei. 
Di fronte allo zero-Dio il vecchio orgoglio fa il suo lavoro, lo spirito umano ha perso il suo equilibrio, la bussola è impazzita"

- Charles Péguy -

da: "Zangwill"




...E per dire la verità, se cerco di immaginare un po' come sarà in Paradiso, mi sembra sempre il tempo della mia giovinezza, della mia infanzia. Così, in questo contesto di fiducia, di gioia e di amore eravamo felici e penso che in Paradiso dovrebbe essere simile a come era nella mia gioventù. In questo senso spero di andare "a casa", andando verso l'"altra parte del mondo".

papa Benedetto  XVI - dalla "Festa delle Testimonianze" Parco di Bresso Milano 02 giugno 2012

Buona giornata a tutti :-)



venerdì 24 gennaio 2020

Con questi quattro stracci - Eric Pearlam

Con questi quattro stracci addosso,
non devo abbassare il capo
di fronte a nessuno,
non devo battere i pugni
sul tavolo della vita
per ottenere l’attenzione del cielo,
non devo sentirmi a disagio
alla mensa del tempo
e al brindisi della pace.

Mi bastano questi quattro stracci,
per entrare a pieno titolo
nel mondo delle creature di Dio,
per sfilare sulla passerella
di quanti sono amati
fin dall’eternità.

Con questi quattro stracci addosso,
assaporo l’eleganza di un universo
che abbraccia il mio orizzonte
più di quanto io possa immaginare.

Con questi quattro stracci addosso,
io sono al tuo cospetto,
un re,
un angelo,
un figlio prediletto,
Padre mio.

- Eric Pearlam -




Dovevo fare una scelta e così mi affidai ad una moneta. Dentro di me sapevo quello che realmente volevo ma ero indeciso, avevo paura. Alla fine decisi ugualmente di lanciarla, mi preparai. Tremavo perché ciò che scaturiva doveva essere la mia scelta. 
La mano sudava, il cuore batteva. Per la strada non passava nessuno, ero io stesso il giudice, l'arbitro che doveva verificare la correttezza... sceglierò ciò che esce... ma all'improvviso, quando ero quasi pronto mi si avvicina un bambino malconcio, sporco, denutrito ma con un sorriso meraviglioso. Lui non mi chiese nulla mi guardava. 
Non aveva scelto, lo aveva fatto qualcuno al suo posto ed ora stava cosi a pagarne le conseguenze. 
Smisi di sudare, aprii la mia mano e diedi a lui quella moneta. 
O testa o croce, quella era la miglior scelta che potevo fare.


- Domenico Torelli -

dipinto di Agim Sulaj


Cari giovani……. Che cosa lascerete voi alla prossima generazione? 
State voi costruendo le vostre esistenze su fondamenta solide, state costruendo qualcosa che durerà? 
State vivendo le vostre vite in modo da fare spazio allo Spirito Santo in modo da fare spazio allo Spirito Santo in mezzo ad un mondo che vuole dimenticare Dio, o addirittura rigettarlo in nome di un falso concetto di libertà? 
Come state usando i doni che vi sono stati dati, la “forza” che lo Spirito Santo è anche ora pronto a effondere su di voi? 
Che eredità lascerete ai giovani che verranno? Quale differenza voi farete? 
La forza dello Spirito Santo non ci illumina soltanto né solo ci consola. 
Ci indirizza anche verso il futuro, verso l’avvento del Regno di Dio. 
Che magnifica visione di una umanità redenta e rinnovata noi scorgiamo nella nuova era promessa dal vangelo odierno!


- Papa Benedetto XVI GMG Sidney 20 luglio 2008 -


Buona giornata a tutti. :-)


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sabato 18 gennaio 2020

Riconoscere Dio al centro della vita – Dietrich Bonhoeffer

Dio non si vergogna della bassezza dell'uomo, vi entra dentro (...) 
Dio è vicino alla bassezza, ama ciò che è perduto, ciò che non è considerato, l'insignificante, ciò che è emarginato, debole e affranto; dove gli uomini dicono "perduto", lì egli dice "salvato"; dove gli uomini dicono "no", lì egli dice "sì".
Dove gli uomini distolgono con indifferenza o altezzosamente il loro sguardo, lì egli posa il suo sguardo pieno di amore ardente e incomparabile. Dove gli uomini dicono "spregevole", lì Dio esclama "beato".
Dove nella nostra vita siamo finiti in una situazione in cui possiamo solo vergognarci davanti a noi stessi e davanti a Dio, dove pensiamo che anche Dio dovrebbe adesso vergognarsi di noi, dove ci sentiamo lontani da Dio come mai nella vita, proprio lì Dio ci è vicino come mai lo era stato prima.
Lì egli vuole irrompere nella nostra vita, lì ci fa sentire il suo approssimarsi, affinché comprendiamo il miracolo del suo amore, della sua vicinanza e della sua grazia.

- Dietrich Bonhoeffer -



Chi non conosce la necessità di lottare con le domande più profonde della sua vita e nell’attesa non tiene aperti gli occhi con desiderio finché la verità non gli si rivela, costui non può figurarsi nulla della magnificenza di questo momento in cui risplenderà la chiarezza; e chi vuole ambire all'amicizia e all’amore di altro, senza attendere che la sua anima si apra all’altro fino ad averne accesso, a costui rimarrà eternamente nascosta la profonda benedizione di una vita che si svolge tra due anime.
Nel mondo dobbiamo attendere le cose più grandi, più profonde, più delicate, e questo non avviene in modo tempestoso, ma secondo la legge divina della germinazione, della crescita e dello sviluppo.
... Attendere è un’arte che il nostro tempo impaziente ha dimenticato. Esso vuole staccare il frutto maturo non appena germoglia; ma gli occhi ingordi vengono soltanto illusi, perché un frutto apparentemente così prezioso è dentro ancora verde, e mani prive di rispetto gettano via senza gratitudine ciò che li ha delusi. Chi non conosce la beatitudine acerba dell’attendere, cioè il mancare di qualcosa nella speranza, non potrà mai gustare la benedizione intera dell’adempimento.

 - Dietrich Bonhoeffer -



...Là dove l'uomo non viene più considerato come un essere che sta sotto la protezione di Dio, né guardato come colui che reca in sé lo stesso soffio vitale divino, si comincia a teorizzare che se ne possa apprezzare il valore in termini esclusivamente funzionali e strumentali. 

Là fiorisce quella barbarie che ne distrugge irrimediabilmente la dignità...

Joseph Ratzinger - da "Creazione e peccato"




Buona giornata a tutti :-)



lunedì 6 gennaio 2020

6 Gennaio 2020 - Epifania


Ma il Signore sa che il dare è proprio degli innamorati, ed Egli stesso ci indica che cosa desidera da noi. 

Non gli importano le ricchezze, i frutti o gli animali della terra, del mare o dell’aria, perché tutto è suo; vuole qualcosa di intimo che gli dobbiamo offrire con libertà: "Figlio mio, dammi il tuo cuore" (Prv 23, 26). 


Vedete? Non si accontenta di spartire: vuole tutto. 

Torno a ripetere che non cerca le nostre cose, cerca noi stessi. Solo da qui, da questo primo dono, acquistano senso tutti gli altri doni che possiamo offrire al Signore.


Diamogli pertanto dell’oro: l’oro puro dello spirito di distacco dal denaro e dai mezzi materiali, cose che pure sono buone, perché vengono da Dio. 

Ma il Signore ha disposto che le utilizzassimo senza lasciarvi il cuore, mettendole a frutto per il bene comune di tutti gli uomini (...).


Offriamogli poi l’incenso: è l’anelito, che sale fino al Signore, di condurre una vita nobile che diffonda intorno a sé il bonus odor Christi (2 Cor 2, 15), il profumo di Cristo. Quando le parole e le azioni sono impregnate del bonus odor, si semina comprensione, amicizia. La nostra vita deve accompagnare quella degli altri perché nessuno sia o si senta solo. La nostra carità deve essere anche affetto, calore umano [...].


Assieme ai Magi, offriamo infine la mirra, ossia il sacrificio, che non deve mai mancare nella vita cristiana. 
La mirra ci porta alla memoria la Passione del Signore: sulla Croce gli diedero da bere mirra mista a vino (cfr. Mc 15, 23), e con la mirra unsero il suo corpo per la sepoltura (cfr. Gv 19, 39). 
Ma non crediate che riflettere sulla necessità del sacrificio e della mortificazione sia come aggiungere una nota di tristezza [...]. 
Mortificazione non è pessimismo, non è grettezza d’animo. La mortificazione non vale niente senza la carità. 
Dobbiamo pertanto cercare sacrifici che, pur rendendoci capaci di padroneggiare le cose della terra, non mortifichino coloro che convivono con noi. 
Il cristiano non può essere né carnefice né meschino; è un uomo che sa amare con le opere, che saggia il suo amore con la pietra di paragone del dolore.

- San Josemaría Escrivá de Balaguer -
"È Gesù che passa", nn. 35-37



L'Epifania, che significa 'Dio si manifesta a noi e ci chiama', è considerata giustamente dalla Chiesa una grande Solennità. 
Dio è apparso tra noi in Gesù a Betlemme. 
Il Suo Natale, Nascita, è il segno della concreta e fedele volontà del Padre di invitare tutti gli uomini a tornare alla loro origine di figli amati senza limiti da Lui. 
Il Padre, dopo tanto tempo riapre il Cielo, la Comunione con Lui che si era interrotta per il peccato originale, e lo fa non con un'ispirazione, ma in modo concreto, inviando il Figlio Gesù tra noi, che si fa uno di noi, con la semplicità che è il vero e profondo modo con cui Dio ama.



«Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra (Mt 2, 11). 
Fermiamoci un po’ e cerchiamo di capire questo passo del Vangelo. 
Come è possibile che noi, che siamo nulla e nulla valiamo, possiamo fare delle offerte a Dio? [...]. 





«Forse qualcuno si meraviglia e si domanda: come hanno potuto, i Magi, conoscere la nascita del Salvatore, solo attraverso il segno di una stella?
In primo luogo, bisogna dire che si tratta di un dono concesso loro dal Signore. In secondo luogo, si legge nei libri di Mosè che già Balaam era stato una specie di profeta dei pagani. Infatti egli aveva profetizzato – nella misura in cui era capace di farlo – la venuta di Cristo e la sua incarnazione per mezzo di una vergine. Profetizzò [...] in questi termini:


Una stella spunta da Giacobbe e uno scettro sorge da Israele (Nm 24, 17). 

Per questa ragione sembra che i Magi provenissero dalla discendenza di Balaam [...]. Quando videro il segno della nuova stella, i Magi credettero immediatamente, perché capirono che erano stati chiamati a dare compimento alla profezia del loro antenato [...].


Il profeta Balaam vide in spirito quella stella che questi poterono vedere con gli occhi, e in questo modo arrivarono alla fede. Quello profetizzò la venuta di Cristo; questi, quando venne, lo guardarono con gli occhi della fede».


- San Cromazio di Aquileia -
Commento al Vangelo di San Matteo, IV


Andrea Mantegna, L'adorazione dei Magi.

Miserevolmente è caduto l’uomo, misericordiosamente è disceso Dio. Cadde l’uomo per suo orgoglio, Dio è disceso con la sua grazia – Sant' Agostino


Fratelli carissimi, Nostro Signore Gesù Cristo che è ab aeterno il Creatore di ogni cosa, è divenuto oggi nostro Salvatore nascendo da una madre.
Per amore è oggi per noi nato nel tempo per condurci all’eternità del Padre. Dio si è fatto uomo, per fare dell’uomo un dio, il Signore degli angeli oggi si è fatto uomo affinché l’uomo potesse mangiare il pane degli angeli.
Oggi si è compiuta la profezia che dice: “Stillate, o cieli, dall’alto, e le nubi facciano piovere la giustizia! Si apra la terra, fiorisca il Salvatore" (Is. 45,8). 
Il Creatore è divenuto creatura per ritrovare chi era perduto. Così infatti l’uomo confessa nei Salmi: “Prima di essere afflitto mi sviavo” (Ps. 118,67). L’uomo ha peccato e si è reso colpevole, Dio si è fatto uomo per redimere il colpevole. 
L’uomo è caduto ma Dio è disceso sulla terra; miserevolmente è caduto l’uomo, misericordiosamente è disceso Dio. E’ caduto l’uomo per il suo orgoglio, Dio è disceso con la sua grazia.
O miracolo! O prodigio! Fratelli miei, le leggi di natura sono cambiate per l’uomo! 
Un Dio nasce, una vergine diviene madre senza concorso d’uomo, ignara di uomo la parola di Dio la rende feconda. Essa è insieme madre e vergine, madre, conserva la verginità, vergine, genera un figlio, non conoscendo uomo, sempre integra ma non sterile. Ella mette al mondo Colui che solo è nato senza peccato e che senza concorso d’uomo ha concepito non nella concupiscenza della carne ma nell’ obbedienza dello spirito


(Vigilia Epifania del Signore)
Sant' Agostino
Sermo de tempore
Breviario Romano, Mattutino, Letture del II Notturno


"I Magi d’Oriente di cui parla il Vangelo di oggi, così come generalmente i Santi, sono diventati a poco a poco loro stessi costellazioni di Dio, che ci indicano la strada. In tutte queste persone il contatto con la Parola di Dio ha, per così dire, provocato un’esplosione di luce, mediante la quale lo splendore di Dio illumina questo nostro mondo e ci indica la strada. I Santi sono stelle di Dio, dalle quali ci lasciamo guidare verso Colui al quale anela il nostro essere. Cari amici, voi avete seguito la stella Gesù Cristo, quando avete detto il vostro “sì” al sacerdozio e al ministero episcopale. E certamente hanno brillato per voi anche stelle minori, aiutandovi a non perdere la strada. Nelle Litanie dei Santi invochiamo tutte queste stelle di Dio, affinché brillino sempre di nuovo per voi e vi indichino la strada."

- papa Benedetto XVI, 6 gennaio 2012 - 






Buona giornata a tutti :-)











martedì 24 dicembre 2019

Un'educazione davvero speciale - Ezio Risatti sdb

La famiglia di Nazareth rappresenta, per i cristiani, una realtà e un modello cui ispirarsi per dar vita a legami d'affetto, d'amore e di comprensione capaci di rafforzarsi e rinnovarsi di giorno in giorno.
Forse non tutti sanno che la domenica che separa il Natale dall'Epifania la Chiesa è solita festeggiare la famiglia che per ogni cristiano rappresenta il modello cui ispirarsi: quella di Nazareth, formata da Gesù, Maria e Giuseppe. Un nucleo famigliare in cui ciascun componente si dimostra all'altezza del proprio ruolo e in cui i legami d'affetto, d'amore e di comprensione sembrano rafforzarsi e rinnovarsi di giorno in giorno. 
Una famiglia senza dubbio speciale, investita di una missione unica e irripetibile per il destino dell'umanità, che pare mettere in pratica una serie di comportamenti virtuosi alla portata di tutte le famiglie ma non di rado sottovalutati.
La forza silenziosa dell'esempio
Persone semplici e concrete, Maria e Giuseppe sembrano consapevoli del fatto che la forza silenziosa dell'esempio sia infinitamente più potente e persuasiva della sovrabbondanza, non di rado vuota e ridondante, delle parole. 
È per questo che - secondo quanto riferisce la tradizione - per trasmettere al piccolo Gesù valori importanti quali svolgere con impegno il proprio dovere o dedicare tempo ed energie a chi ne ha bisogno non si dilungano in "prediche" ma li vivono concretamente ogni giorno. 
E non cominciano a farlo dal giorno in cui Gesù vede la luce nella grotta di Betlemme ma assai prima, come dimostrano la perizia e la cura che hanno reso Giuseppe uno dei falegnami o dei carpentieri più richiesti e apprezzati dai suoi concittadini (il termine greco "tektòn", usato da Matteo nel versetto cinquantacinque del tredicesimo capitolo del suo Vangelo, designa entrambe le professioni). 
O la decisione di Maria di allontanarsi dalla casa dei genitori per mettersi in viaggio e raggiungere la cugina Elisabetta, in dolce attesa, per aiutarla a svolgere le faccende domestiche, come testimonia il primo capitolo del Vangelo di Luca.
L'educazione alla concretezza ha senza dubbio "radici" divine, ed è quella che - come narra Matteo nel settimo capitolo del suo Vangelo - spinge Gesù a ripetere, con sfumature diverse, nel corso della sua predicazione: "Non chiunque mi dice: "Signore, Signore", entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli".
Declinare il linguaggio dell'amorevolezza
Un altro elemento che sembra emergere sfogliando le pagine dei Vangeli di Matteo e di Luca - i soli a raccontare, per sommi capi, l'infanzia e l'adolescenza di Gesù - è che nella famiglia di Nazareth non si urla, non si insulta e non si alzano le mani.
Come pedagoghi di razza, Maria e Giuseppe crescono Gesù servendosi di tre "ingredienti" irrinunciabili: la dolcezza, l'amorevolezza e l'autorevolezza. 
Per aiutare Gesù ad ambientarsi e a orientarsi nella realtà che lo circonda Maria e Giuseppe sono propositivi, non usano minacce o parole offensive e men che mai ricorrono a scatti d'ira o a gesti violenti. 
Sono consapevoli che la dolcezza, accompagnata dalla fermezza, è lo strumento più potente per educare e indicare in modo semplice e intuitivo la strada giusta da percorrere.
Dolcezza, amorevolezza e autorevolezza rappresentano - infatti - una costante di Gesù nell'approccio con gli uomini e con le donne che incrocia sul proprio cammino, come dimostra l'incontro con l'adultera narrato nell'ottavo capitolo del Vangelo di Giovanni. 
Rimasto solo con lei, dopo che gli scribi e i farisei si sono allontanati perché nessuno si è sentito di condannarla scagliando contro di lei la prima pietra, le dice: "Neanch'io ti condanno; va' e d'ora in poi non peccare più". 
Una frase che trabocca di dolcezza e di amorevolezza nel rifiuto di condannare ma che esorta, con autorevolezza, a inaugurare un modo di vivere nuovo e il più possibile lontano dal peccato.

- Ezio Risatti sdb -


Dio non è lontano da noi, sconosciuto, enigmatico, forse pericoloso. 
Dio è vicino a noi,  così vicino che si fa bambino, e noi possiamo dare del “tu” a questo Dio. 

- papa Benedetto XVI -

Questo Natale
    apra il nostro cuore e il nostro spirito
    al canto degli angeli di Betlemme:
    “Gloria a Dio nel più alto dei cieli”.
Questo Natale
    ci ricordi la nostra vocazione
    di testimoni e messaggeri di Gesù,
    Principe della pace.
Questo Natale
    ci impegni a render grazie a Dio
    per i suoi doni meravigliosi
    e a condividere ciò che
    noi riceviamo dalle sue mani.
Questo Natale
    ci insegni a perdonare senza stancarci
    e a vedere nei nostri nemici
    dei fratelli amati da Dio.
Questo Natale,
    ci faccia rassomigliare a Gesù,
    vincitore di ogni tentazione,
    forte dinanzi allo spirito del male.
Questo Natale
    ci renda raggianti di gioia,
    perché accogliamo fra noi
    il Figlio prediletto del Padre.

Nella notte di Betlemme si è levato un inno di gioia e di pace. Tu che ci ami così come siamo, guarda i nostri cuori e convertili alla comunione perché piccole o grandi cose non ostacolino la nostra ricerca di bene.


Oggi su noi tutti splende la luce:
è nato per noi il Signore,
Dio onnipotente è il suo nome,
principe della pace.
Il suo regno non avrà mai fine.
La gioia è dentro i nostri cuori
e illumina i nostri volti:
nel tuo volto, bambino Gesù,
vediamo il sorriso ed il volto di Dio
che viene a portarci la gioia e la pace.
L’amore è dentro i nostri cuori
e ci rende generosi:
nelle tue mani, bambino Gesù,
vediamo Dio che si protende verso di noi
e ci abbraccia con infinito amore.
La pace è dentro i nostri cuori
e ci rende pieni di gioia di vivere:
nella tua culla, bambino Gesù,
vediamo Dio che vuole abitare tra noi
per far crescere la pace nel mondo.



Carissimi amici ed amiche che mi seguite da così tanto tempo
un felice e soprattutto sereno Natale a tutti voi e alle vostre famiglie :-)