La famiglia di Nazareth rappresenta,
per i cristiani, una realtà e un modello cui ispirarsi per dar vita a legami
d'affetto, d'amore e di comprensione capaci di rafforzarsi e rinnovarsi di giorno
in giorno.
Forse non tutti sanno che la domenica
che separa il Natale dall'Epifania la Chiesa è solita festeggiare la famiglia
che per ogni cristiano rappresenta il modello cui ispirarsi: quella di
Nazareth, formata da Gesù, Maria e Giuseppe. Un nucleo famigliare in cui
ciascun componente si dimostra all'altezza del proprio ruolo e in cui i legami
d'affetto, d'amore e di comprensione sembrano rafforzarsi e rinnovarsi di
giorno in giorno.
Una famiglia senza dubbio speciale, investita di una missione
unica e irripetibile per il destino dell'umanità, che pare mettere in pratica
una serie di comportamenti virtuosi alla portata di tutte le famiglie ma non di
rado sottovalutati.
La forza silenziosa dell'esempio
Persone semplici e concrete, Maria e
Giuseppe sembrano consapevoli del fatto che la forza silenziosa dell'esempio
sia infinitamente più potente e persuasiva della sovrabbondanza, non di rado
vuota e ridondante, delle parole.
È per questo che - secondo quanto riferisce
la tradizione - per trasmettere al piccolo Gesù valori importanti quali
svolgere con impegno il proprio dovere o dedicare tempo ed energie a chi ne ha
bisogno non si dilungano in "prediche" ma li vivono concretamente
ogni giorno.
E non cominciano a farlo dal giorno in cui Gesù vede la luce nella
grotta di Betlemme ma assai prima, come dimostrano la perizia e la cura che
hanno reso Giuseppe uno dei falegnami o dei carpentieri più richiesti e
apprezzati dai suoi concittadini (il termine greco "tektòn", usato da
Matteo nel versetto cinquantacinque del tredicesimo capitolo del suo Vangelo,
designa entrambe le professioni).
O la decisione di Maria di allontanarsi dalla
casa dei genitori per mettersi in viaggio e raggiungere la cugina Elisabetta,
in dolce attesa, per aiutarla a svolgere le faccende domestiche, come
testimonia il primo capitolo del Vangelo di Luca.
L'educazione alla concretezza ha senza dubbio "radici" divine, ed è quella che - come narra Matteo nel settimo capitolo del suo Vangelo - spinge Gesù a ripetere, con sfumature diverse, nel corso della sua predicazione: "Non chiunque mi dice: "Signore, Signore", entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli".
L'educazione alla concretezza ha senza dubbio "radici" divine, ed è quella che - come narra Matteo nel settimo capitolo del suo Vangelo - spinge Gesù a ripetere, con sfumature diverse, nel corso della sua predicazione: "Non chiunque mi dice: "Signore, Signore", entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli".
Declinare il linguaggio
dell'amorevolezza
Un altro elemento che sembra emergere
sfogliando le pagine dei Vangeli di Matteo e di Luca - i soli a raccontare, per
sommi capi, l'infanzia e l'adolescenza di Gesù - è che nella famiglia di
Nazareth non si urla, non si insulta e non si alzano le mani.
Come pedagoghi di razza, Maria e Giuseppe crescono Gesù servendosi di tre "ingredienti" irrinunciabili: la dolcezza, l'amorevolezza e l'autorevolezza.
Come pedagoghi di razza, Maria e Giuseppe crescono Gesù servendosi di tre "ingredienti" irrinunciabili: la dolcezza, l'amorevolezza e l'autorevolezza.
Per aiutare Gesù ad ambientarsi e a orientarsi nella realtà
che lo circonda Maria e Giuseppe sono propositivi, non usano minacce o parole
offensive e men che mai ricorrono a scatti d'ira o a gesti violenti.
Sono
consapevoli che la dolcezza, accompagnata dalla fermezza, è lo strumento più
potente per educare e indicare in modo semplice e intuitivo la strada giusta da
percorrere.
Dolcezza, amorevolezza e autorevolezza rappresentano - infatti - una costante di Gesù nell'approccio con gli uomini e con le donne che incrocia sul proprio cammino, come dimostra l'incontro con l'adultera narrato nell'ottavo capitolo del Vangelo di Giovanni.
Dolcezza, amorevolezza e autorevolezza rappresentano - infatti - una costante di Gesù nell'approccio con gli uomini e con le donne che incrocia sul proprio cammino, come dimostra l'incontro con l'adultera narrato nell'ottavo capitolo del Vangelo di Giovanni.
Rimasto solo con lei, dopo che gli scribi e i farisei
si sono allontanati perché nessuno si è sentito di condannarla scagliando
contro di lei la prima pietra, le dice: "Neanch'io ti condanno; va' e
d'ora in poi non peccare più".
Una frase che trabocca di dolcezza e di
amorevolezza nel rifiuto di condannare ma che esorta, con autorevolezza, a
inaugurare un modo di vivere nuovo e il più possibile lontano dal peccato.
- Ezio Risatti sdb -
Dio non è lontano da
noi, sconosciuto, enigmatico, forse pericoloso.
Dio è vicino a noi, così
vicino che si fa bambino, e noi possiamo dare del “tu” a questo Dio.
- papa Benedetto XVI -
Questo Natale
apra il nostro cuore e il nostro spirito
al canto degli angeli di Betlemme:
“Gloria a Dio nel più alto dei cieli”.
apra il nostro cuore e il nostro spirito
al canto degli angeli di Betlemme:
“Gloria a Dio nel più alto dei cieli”.
Questo Natale
ci ricordi la nostra vocazione
di testimoni e messaggeri di Gesù,
Principe della pace.
ci ricordi la nostra vocazione
di testimoni e messaggeri di Gesù,
Principe della pace.
Questo Natale
ci impegni a render grazie a Dio
per i suoi doni meravigliosi
e a condividere ciò che
noi riceviamo dalle sue mani.
ci impegni a render grazie a Dio
per i suoi doni meravigliosi
e a condividere ciò che
noi riceviamo dalle sue mani.
Questo Natale
ci insegni a perdonare senza stancarci
e a vedere nei nostri nemici
dei fratelli amati da Dio.
ci insegni a perdonare senza stancarci
e a vedere nei nostri nemici
dei fratelli amati da Dio.
Questo Natale,
ci faccia rassomigliare a Gesù,
vincitore di ogni tentazione,
forte dinanzi allo spirito del male.
ci faccia rassomigliare a Gesù,
vincitore di ogni tentazione,
forte dinanzi allo spirito del male.
Questo Natale
ci renda raggianti di gioia,
perché accogliamo fra noi
il Figlio prediletto del Padre.
ci renda raggianti di gioia,
perché accogliamo fra noi
il Figlio prediletto del Padre.
Nella notte di
Betlemme si è levato un inno di gioia e di pace. Tu che ci ami così come siamo,
guarda i nostri cuori e convertili alla comunione perché piccole o grandi cose
non ostacolino la nostra ricerca di bene.
Oggi su noi tutti
splende la luce:
è nato per noi il Signore,
Dio onnipotente è il suo nome,
principe della pace.
Il suo regno non avrà mai fine.
La gioia è dentro i nostri cuori
e illumina i nostri volti:
nel tuo volto, bambino Gesù,
vediamo il sorriso ed il volto di Dio
che viene a portarci la gioia e la pace.
L’amore è dentro i nostri cuori
e ci rende generosi:
nelle tue mani, bambino Gesù,
vediamo Dio che si protende verso di noi
e ci abbraccia con infinito amore.
La pace è dentro i nostri cuori
e ci rende pieni di gioia di vivere:
nella tua culla, bambino Gesù,
vediamo Dio che vuole abitare tra noi
per far crescere la pace nel mondo.
è nato per noi il Signore,
Dio onnipotente è il suo nome,
principe della pace.
Il suo regno non avrà mai fine.
La gioia è dentro i nostri cuori
e illumina i nostri volti:
nel tuo volto, bambino Gesù,
vediamo il sorriso ed il volto di Dio
che viene a portarci la gioia e la pace.
L’amore è dentro i nostri cuori
e ci rende generosi:
nelle tue mani, bambino Gesù,
vediamo Dio che si protende verso di noi
e ci abbraccia con infinito amore.
La pace è dentro i nostri cuori
e ci rende pieni di gioia di vivere:
nella tua culla, bambino Gesù,
vediamo Dio che vuole abitare tra noi
per far crescere la pace nel mondo.
Carissimi
amici ed amiche che mi seguite da così tanto tempo
un
felice e soprattutto sereno Natale a tutti voi e alle vostre famiglie :-)