“A te, o Dio, nel raccoglimento sale la
lode in Sion” (Salmo 65,2)
Molti cercano la comunione per paura della
solitudine. Siccome non sanno più rimanere soli, sono spinti in mezzo agli
uomini.
Anche cristiani, che non riescono a risolvere i loro problemi, sperano
di trovare aiuto dalla comunione con altri. Di solito, poi, sono delusi e
rimproverano alla comunità ciò che è colpa loro.
La comunità cristiana non è
una casa di cura per lo spirito; chi, per sfuggire a se stesso, entra nella
comunità, ne abusa per chiacchiere e distrazione, per quanto spirituale possa
sembrare il carattere di queste chiacchiere e di questa distrazione.
In realtà
egli non cerca affatto comunione, ma l’ebbrezza che possa fargli dimenticare
per un momento la sua solitudine, e proprio così crea la solitudine mortale
dell’uomo.
- Dietrich Bonhoeffer -
Chi non sa rimanere solo tema la comunità.
Infatti egli arrecherà solo danno a sé e alla
comunità. Solo ti sei trovato di fronte a Dio quando ti ha chiamato, solo ha
dovuto seguire la sua chiamata, solo hai dovuto prendere su di te la tua croce,
lottare e pregare solo, e solo morrai e renderai conto a Dio.
Non puoi sfuggire
a te stesso; infatti è Dio che ti ha scelto.
Se non vuoi restare solo, respingi
la vocazione rivolta a te da Cristo e non partecipare alla comunione degli
eletti.
Ma vale pure il contrario.
Chi non sa vivere nella comunità si guardi
dal restare solo.
Tu sei stato chiamato alla comunità, la
vocazione non è stata rivolta a te solo; nella comunità degli eletti porti la
tua croce, lotti e preghi con loro.
Non sei solo nemmeno nella morte, e al
giudizio universale sarai solamente un membro della grande comunità di Gesù
Cristo. Se sdegni la comunione con i fratelli rifiuti la chiamata di Gesù
Cristo e la tua solitudine non può che portarti male.
Ambedue le cose vanno insieme.
Solo nella
comunità impariamo a vivere come si deve, e solo essendo soli impariamo a
inserirci bene nella comunità. Una cosa non precede l’altra: ambedue
incominciano insieme, cioè con la chiamata di Gesù Cristo. Ognuna delle due
presa a sé ci mette di fronte a profondi abissi e gravi pericoli.
Chi desidera
comunione senza solitudine, precipita nella vanità delle parole e dei
sentimenti; che cerca la solitudine senza la comunità, perisce nell’abisso
della vanità, dell’infatuazione di se stesso, della disperazione.
Chi non sa restare solo tema la comunità.
Chi
non è inserito nella comunità tema la solitudine.
La giornata comune del gruppo comunitario è
accompagnata dalla giornata solitaria di ogni membro.
Deve essere così. La
giornata in comune senza la giornata solitaria è improduttiva tanto per la
comunità quanto per il singolo membro.
Il senso dell’apertura richiesta a ogni
comunità, pur nella sua peculiarità di storia, composizione e finalità, si
rende più nitido se si considerano le sue funzioni principali nella vita
umana.
La prima funzione da ricordare è relativa al percorso di individuazione
del singolo.
Nel trovare se stesso, l’essere umano ha bisogno di sperimentare
l’appartenenza a una comunità di vita e ravvisa in essa – per adesione
naturale, per contrasto o distacco, per nuova scelta – lo specchio della sua
identità. Da qui trae il sistema di regole, di ruoli, di significati necessario
al suo orientamento quotidiano e all’apertura verso il futuro. In tal modo la
comunità ... media tra l’individualità in via di elaborazione e l’universalità
della società, ma può fare questo in modo adeguato solo se, anziché produrre
nei singoli un adattamento spersonalizzante, ne promuove l’originalità
personale.
Si pone allora la questione del limite della comunità, nel senso del
suo confine interno, ossia del rispetto dell’intimità, dell’originalità e della
libertà della persona. E del suo diritto alla solitudine, che certo non va
intesa come isolamento coattivo, il quale è sempre sofferenza e negazione per
chi vi è imprigionato.
L’identità personale si forgia nell’imparare a trovare
di volta in volta il punto può armonico della tensione tra prossimità e
distanza, appartenenza e separazione, comunità e solitudine, libertà di
somigliare e libertà di differire rispetto a chi, di volta in volta, rappresenta
un riferimento autorevole.
Lungo questo confine mobile ogni persona è chiamata
a incarnare il dono originale ricevuto elaborandolo creativamente e
ricomunicandolo liberamente ad altri ... Nell’accogliere la solitudine intima,
che tende come un arco la nostra libertà, giungiamo a noi stessi e abbiamo la
facoltà grazie a cui il nostro essere diviene interamente bene per gli altri.
Per questo la solitudine non è il contrario della comunità; semmai entrambe
hanno i loro contrari nell’isolamento, nell’egocentrismo narcisistico, nel
vivere senza ricerca, nella violenza. Pertanto, se una comunità nega alla
persona il suo diritto alla solitudine, commette uno stupro spirituale,
desertifica una fonte fondamentale di senso, di identità, di libertà, di amore.
- Roberto Mancini -
da: L’uomo e la comunità, Qiqajon, Bose 2004, pp.
127-128 -131
"In questo momento il mio animo si
allarga per abbracciare tutta la Chiesa sparsa nel mondo. Sono veramente
commosso e vedo la Chiesa viva e penso che dobbiamo dire grazie anche perchè il
tempo oggi è bello."
- Papa Benedetto XVI -
27 febbraio 2013
Buona giornata a tutti. :-)