Gesù è nato a Betlemme e dal lontano oriente tre sapienti
si sono messi in viaggio per venire a conoscere il re dei re.
Li guida una
stella, ma in realtà non sanno cosa troveranno.
Il linguaggio degli astri ha
detto loro che è nato un re: porterà la pace nel mondo, inizierà un regno che
non avrà mai fine e unirà il cielo con la terra, ma non ha detto loro dove
accadrà tutto questo e, soprattutto, come. Ecco allora che, seguendo la stella,
arrivano in Palestina.
Dove andreste a cercare il futuro re? Nella città più grande, nei palazzi dove
abitano i ricchi e i potenti, ed è proprio quello che fanno i tre magi a
Gerusalemme.
«Dov'è il re dei Giudei che è nato?», vanno chiedendo a
tutti, ma nessuno sa rispondere loro.
«Abbiamo visto sorgere la sua stella e siamo venuti ad adorarlo» affermano con sicurezza i tre forestieri, e all'udire queste parole tutti, ma proprio tutti, si stupiscono, perché a un re normalmente si fa omaggio, ma non adorazione; per questo tutti comprendono bene che i Magi cercano un grande re, non uno dei tanti che regnano sulla terra.
Il loro abbigliamento, le loro domande insistenti non passano inosservate e vengono riferite a chi ha il potere in quel paese, e cioè al re Erode, ma anche ai soldati romani che da anni hanno conquistato la Palestina e sono di fatto i veri padroni del territorio.
Il comandante del presidio di Gerusalemme invia loro un soldato con la scusa di proteggerli, ma in realtà per sapere cosa c'è di vero nelle loro affermazioni.
Erode raduna i suoi consiglieri più fidati, gli studiosi della bibbia di quel tempo per conoscere dove avrebbe dovuto nascere il più grande di tutti i re, cioè il Messia d'Israele. La risposta, come potete leggere nel Vangelo di S. Matteo, è Betlemme, allora il re fa' chiamare segretamente i Magi perché ha in mente un piano. Invia i magi a Betlemme e chiede loro di tornare quando l'avranno trovato, così potrà andare anche lui ad ad «adorarlo». Di fatto pensa solo ad individuare il suo rivale per eliminarlo.
«Abbiamo visto sorgere la sua stella e siamo venuti ad adorarlo» affermano con sicurezza i tre forestieri, e all'udire queste parole tutti, ma proprio tutti, si stupiscono, perché a un re normalmente si fa omaggio, ma non adorazione; per questo tutti comprendono bene che i Magi cercano un grande re, non uno dei tanti che regnano sulla terra.
Il loro abbigliamento, le loro domande insistenti non passano inosservate e vengono riferite a chi ha il potere in quel paese, e cioè al re Erode, ma anche ai soldati romani che da anni hanno conquistato la Palestina e sono di fatto i veri padroni del territorio.
Il comandante del presidio di Gerusalemme invia loro un soldato con la scusa di proteggerli, ma in realtà per sapere cosa c'è di vero nelle loro affermazioni.
Erode raduna i suoi consiglieri più fidati, gli studiosi della bibbia di quel tempo per conoscere dove avrebbe dovuto nascere il più grande di tutti i re, cioè il Messia d'Israele. La risposta, come potete leggere nel Vangelo di S. Matteo, è Betlemme, allora il re fa' chiamare segretamente i Magi perché ha in mente un piano. Invia i magi a Betlemme e chiede loro di tornare quando l'avranno trovato, così potrà andare anche lui ad ad «adorarlo». Di fatto pensa solo ad individuare il suo rivale per eliminarlo.
Ecco allora che i tre Magi riprendono il cammino assieme
al soldato romano che li scorta sul suo cavallo, armato di lancia e di spada.
I
tre personaggi parlano tra di loro, sono emozionati perché sperano di arrivare
presto alla fine del loro viaggio.
Il soldato, che si chiama Longino, ascolta
tutto con grande attenzione, così impara quali sono le caratteristiche di
questo re nato da poco che i tre sapienti stanno cercando con impazienza.
Sarà un re più grande di ogni altro re; il suo regno si estenderà su tutti i popoli (e questo preoccupa molto il romano se pensa che l'impero della sua Roma possa essere in pericolo), ma nonostante tutto questo sarà un regno di pace, un regno buono, come non ce ne sono stati altri.
Alla sera, quando si accendono le prime stelle, i tre saggi scrutano con visibile apprensione il cielo e d'improvviso scoppiano in esclamazioni di gioia: la stella, ecco di nuovo la stella!
«Quale stella?» chiede Longino ai sapienti che lo guardano con occhi pieni di felicità.
«Guarda, quella è la stella che ci ha guidati», dice Melchiorre indicando un punto luminoso nel cielo.
«E' la stella del più grande dei re, come dicono tutti i libri che insegnano il linguaggio delle stelle», continua Gasparre.
«L'abbiamo vista per la prima volta nei territori d'oriente, da dove veniamo, alcuni mesi fa», aggiunge Baldassarre.
«Per settimane ci ha guidato, poi è sparita, così abbiamo proseguito il cammino solo sulla fiducia», riprende Melchiorre.
«Ma ora i nostri occhi la vedono di nuovo e la nostra gioia è talmente grande che tu non puoi nemmeno immaginare», conclude Gasparre.
«Voi saggi stranieri non lo sapete - dice Longino - ma la stella è proprio nella direzione di Betlemme, che dista da qui meno di un'ora di cammino».
I tre Magi sono eccitati come bambini.
«Cosa aspettiamo? Presto, prepariamo i doni. Partiamo subito», si dicono l'un l'altro.
Longino vorrebbe trattenerli, ma i tre sapienti insistono tanto che alla fine il romano è costretto a far loro da guida.
Sarà un re più grande di ogni altro re; il suo regno si estenderà su tutti i popoli (e questo preoccupa molto il romano se pensa che l'impero della sua Roma possa essere in pericolo), ma nonostante tutto questo sarà un regno di pace, un regno buono, come non ce ne sono stati altri.
Alla sera, quando si accendono le prime stelle, i tre saggi scrutano con visibile apprensione il cielo e d'improvviso scoppiano in esclamazioni di gioia: la stella, ecco di nuovo la stella!
«Quale stella?» chiede Longino ai sapienti che lo guardano con occhi pieni di felicità.
«Guarda, quella è la stella che ci ha guidati», dice Melchiorre indicando un punto luminoso nel cielo.
«E' la stella del più grande dei re, come dicono tutti i libri che insegnano il linguaggio delle stelle», continua Gasparre.
«L'abbiamo vista per la prima volta nei territori d'oriente, da dove veniamo, alcuni mesi fa», aggiunge Baldassarre.
«Per settimane ci ha guidato, poi è sparita, così abbiamo proseguito il cammino solo sulla fiducia», riprende Melchiorre.
«Ma ora i nostri occhi la vedono di nuovo e la nostra gioia è talmente grande che tu non puoi nemmeno immaginare», conclude Gasparre.
«Voi saggi stranieri non lo sapete - dice Longino - ma la stella è proprio nella direzione di Betlemme, che dista da qui meno di un'ora di cammino».
I tre Magi sono eccitati come bambini.
«Cosa aspettiamo? Presto, prepariamo i doni. Partiamo subito», si dicono l'un l'altro.
Longino vorrebbe trattenerli, ma i tre sapienti insistono tanto che alla fine il romano è costretto a far loro da guida.
Il viaggio diventa sempre più disagiato, perché ormai il
buio è totale e si intravede solo la via al bagliore delle stelle.
L'aspettativa dell'evento ha contagiato anche il soldato, cosicché la comitiva
procede in silenzio. Ognuno pensa a ciò che tra poco troverà: un sapiente, un
re, un inviato dal cielo, un pericoloso concorrente. Dopo più di un'ora di viaggio difficoltoso i quattro finalmente giungono in vista delle luci di Betlemme. A quel tempo non c'erano le strade illuminate come adesso. Solo chi era sveglio aveva un lume acceso che filtrava appena dalle finestre già chiuse. Nel buio totale della campagna bastava una luce o due per segnalare la presenza di un villaggio.
Eccolo il paesino tanto a lungo cercato. Una decina di case costruite sulla roccia, qualche muro che circonda cortili e piccoli orti, una luce accesa fuori di una porta dalla quale esce luce e un brusìo continuo.
I quattro entrano e si
trovano in una locanda.
Tre soldati romani ad un tavolo, qualche altro cliente
agli altri tavoli, ben lontani dai soldati. Longino si avvicina ai commilitoni,
scambia qualche parola in latino, poi va dall'oste, parla animatamente per
qualche minuto, poi torna dai Magi che aspettano in piedi vicino alla porta.
«Nessuno sa nulla, nessun personaggio importante è passato di qui ultimamente. Tanti ebrei sono passati di qui in occasione dell'ultimo censimento, ma si trattava quasi esclusivamente di povera gente, se non proprio di straccioni. In qualche momento c'è stata tanta gente che qualcuno ha dovuto alloggiare nelle grotte dei pastori che si trovano intorno al villaggio.»
I quattro escono delusi dalla locanda e si ritrovano in una specie di piazza, nello spazio lasciato libero da alcune casette tutt'intorno. I magi guardano il cielo e interrogano muti la stella che li ha guidati fin qui. Tutte le stelle brillano con qualche tremore della luce, ma questa brilla in un modo strano anche se non fa più luce delle altre.
«Nessuno sa nulla, nessun personaggio importante è passato di qui ultimamente. Tanti ebrei sono passati di qui in occasione dell'ultimo censimento, ma si trattava quasi esclusivamente di povera gente, se non proprio di straccioni. In qualche momento c'è stata tanta gente che qualcuno ha dovuto alloggiare nelle grotte dei pastori che si trovano intorno al villaggio.»
I quattro escono delusi dalla locanda e si ritrovano in una specie di piazza, nello spazio lasciato libero da alcune casette tutt'intorno. I magi guardano il cielo e interrogano muti la stella che li ha guidati fin qui. Tutte le stelle brillano con qualche tremore della luce, ma questa brilla in un modo strano anche se non fa più luce delle altre.
«E' qui vicino, guardate la stella, sembra che danzi», dice Gasparre come in
trance.
«Sembra che stia cantando e che ci chiami», risponde Melchiorre come in estasi.
«Andiamo», dice Gasparre come in sogno.
Longino non capisce bene, ma anche lui è affascinato da questa strana atmosfera
che si è creata e senza parlare segue i tre sapienti che si sono incamminati
per un sentiero che esce dal paese, nella stessa direzione della stella.
A meno di cinque minuti di cammino c'è una grotta, dentro
una piccola luce.
I piedi camminano da soli, i quattro procedono come automi e
si fermano sulla soglia della grotta. Quello che vedono è molto diverso da quel
che si aspettavano. Un giovane uomo che gioca con un bimbo in braccio mentre la
moglie, giovanissima, sta cucinando in un angolo della grotta.
Di fianco a loro
un bue ed un asinello legati vicino ad una greppia. Il giovane uomo si accorge
della presenza dei nuovi arrivati e senza nessuna esitazione li invita ad
entrare.
«La notte è umida, lì fuori: entrate e dividete con noi la nostra cena.» Poi,
rivolto alla moglie: «Maria, il Signore benedice la nostra dimora con quattro
ospiti.»
«Siate i benvenuti, riposatevi qualche istante mentre io impasterò e cuocerò
per voi delle focacce», risponde lei.
I quattro entrano, si siedono su alcune logore stuoie per terra ed osservano
questa piccola famiglia cercando con gli occhi conferme ai loro pensieri più
profondi. Si aspettavano tutto tranne la straordinaria normalità di ciò che
vedono: una semplice famiglia che vive l'ancor più semplice felicità di tutti i
giorni che è stata loro concessa dalla nascita di un figlio.
La sicurezza che
accompagnava i tre saggi durante la loro ricerca è svanita. Più che delusi sono
sorpresi.
Qui niente ha l'apparenza dell'abitazione di un re, nemmeno le
persone che stanno davanti a loro hanno un comportamento di chi aspira a
comandare, le parole che sentono non son quelle di chi ha studiato tanto sui
libri o di chi ha grandi sogni ed ambizioni.
Eppure tutt'intorno a quel bambino
c'è una tale atmosfera d'amore che i tre saggi, ma anche il soldato, ne sono
conquistati. Non sono sicuri di essere davvero arrivati perché qui non
corrisponde nulla alle loro aspettative, per questo debbono cambiare
completamente prospettiva per poter vedere con altri occhi ciò che sta loro
innanzi.
Più tardi, mentre mangiano tutti insieme, decidono di fidarsi della loro
intuizione e raccontano del loro viaggio, del messaggio delle stelle, dei
presagi sul futuro di quel bimbo che ora dorme nella mangiatoia degli animali.
Maria e Giuseppe, suo sposo, ascoltano stupiti il racconto dei Magi. Capiscono
che possono fidarsi di loro e raccontano dei pastori che, la notte della
nascita di Gesù, loro figlio, erano accorsi raccontando di visioni di angeli
nel cielo.
Longino ascolta anche queste notizie senza ben capire se deve considerarle
verità o frutto d'immaginazione. L'unica cosa che percepisce chiaramente è
un'atmosfera di serenità che lo circonda.
Per i Magi invece questo racconto è
la conferma che cancella tutti i loro dubbi. Sicuramente quel bimbo che dorme
tranquillamente nella paglia profumata sarà il grande re annunciato dalle
stelle, ma sarà anche molto diverso da tutti gli altri. Il loro cuore e non
solo la mente finalmente si è aperto, è ora di aprire anche le bisacce e
offrire i doni che hanno portato dal loro paese per il Re dei re. A turno
depongono ai piedi del bambino Gesù l'oro, segno di ricchezza della regalità,
l'incenso, profumo che sale al cielo segno di unione Dio, e mirra, profumo raro
e prezioso, segno di nobiltà e di pulizia terrena, ma anche di profonda
umanità, visto che viene usato anche nei riti di sepoltura.
Longino è confuso da questa atmosfera che si è creata: percepisce che quel
bambino avrà un futuro misterioso e decide di donare anche lui qualcosa, ma non
ha nulla. Allora prende la lancia e la depone ai piedi di Gesù: un re deve
avere potere anche se sarà un re di pace: se non vorrà fare guerre almeno potrà
difendersi, e la lancia è l'arma più adatta a tener lontani i nemici. Giuseppe
e Maria osservano tutto con grande attenzione mista a sorpresa: anche questi
doni sono davvero inaspettati. Poi Giuseppe prende la lancia e la restituisce
al soldato.
«Amico soldato, non ti offendere se non accetto il tuo dono. Capisco la tua
buona intenzione e te ne sono profondamente grato. Non so cosa diventerà da
grande mio figlio, ma prego il Signore che non tocchi mai un'arma e che il suo
potere sia solo di amore.»
Longino si guarda intorno ma non vede ombra di rimprovero o di commiserazione,
ma solo sguardi di comprensione e di stima, allora riprende la lancia e torna a
sedersi sulla sua stuoia silenzioso.
C'è qualcosa che gli sfugge, che non
riesce a capire, che non riesce ad accettare. È tardi, per tutti c'è bisogno di
dormire. Il sonno dei Magi è ricco di emozioni, di presagi, di calcoli
astronomici. Quello di Longino è un sonno pesante, un po' disilluso, ma anche
affascinato dalla serenità di un incontro inaspettato.
È Gesù che sveglia tutti poco prima dell'alba perché ha
fame.
Maria lo allatta cantando sottovoce per non disturbare gli ospiti, ma
questi sono già svegli. I tre saggi discutono tra si loro sommessamente, mentre
Longino accompagna Giuseppe a prendere del latte dai pastori che stanno in una grotta
poco lontano.
Il cielo è ormai chiaro, è l'ora di salutarsi, ma prima che Gesù
si riaddormenti i tre sapienti lo prendono a turno in braccio e lo cullano
guardandolo con grande affetto. Sembra che se lo mangino con gli occhi, che
vogliano fissare per sempre nella mente l'immagine di quel fanciullo che per
loro è così importante. Prima di riconsegnarlo alla madre lo sollevano e
tenendolo più alto delle loro teste chinano il capo in segno di omaggio, di
sottomissione e di adorazione. Anche il romano saluta con gentilezza e
accarezza delicatamente il piccino.
I quattro s'incamminano silenziosamente verso Betlemme, ma dopo poco
Baldassarre chiede a Longino: «Cambiamo strada, non torniamo a Gerusalemme,
andiamo direttamente ad oriente, torniamo a casa.»
«Ma Erode vi aspetta.»
«E lascia che aspetti: secondo me considera il bambino come un rivale che
intralcia i suoi progetti», risponde Gasparre.
«E poi non potrà certamente capire quali possano essere i piani di questo
fanciullo: non sono chiari nemmeno per noi!», conclude Melchiorre.
Dopo qualche giorno i Magi salutano il soldato romano e lo rimandano alla sua
guarnigione.
«Vai, riferisci al tuo comandante ciò che hai visto: Roma non deve aver paura
di un bimbo che parlerà di pace e non di guerra. Il cielo ti benedica buon
Longino.»
Passano più di trent'anni, Gesù è stato crocifisso da
pochi giorni e a Gerusalemme si è sparsa la voce che è risorto.
Alcuni
discepoli dicono perfino di averlo visto, di aver mangiato con lui.
Nel
Cenacolo sono riuniti i suoi apostoli, hanno paura perché c'è chi li ha già
minacciati di morte. Il sommo sacerdote e i capi religiosi vogliono chiudere
per sempre l'avventura di un maestro, di un profeta troppo scomodo che ha avuto
l'ardire di chiamarsi Figlio di Dio: chiunque osa affermare che Gesù è risorto
viene imprigionato.
Alla porta del Cenacolo qualcuno bussa: è un soldato
romano, e subito il terrore si dipinge sul volto degli apostoli. Ma è un volto
noto, è il vecchio Longino, il più anziano tra i soldati della guarnigione,
rispettato da tutti perché non ha mai abusato del proprio potere.
Appena entrato depone la spada e la lancia per terra e chiede di parlare con
Pietro. È qui a titolo personale, spiga subito, non in veste ufficiale. Vuole
sapere se è vero quel che dicono di Gesù.
Pietro si fida di lui e racconta di
averlo visto più volte e di aver assistito alla sua ascensione al cielo in
Galilea. Allora Longino si mette a piangere, sommessamente, ma incapace di
smettere.
Tutti gli apostoli gli sono intorno stupiti cercando di fargli
coraggio, poi, finalmente, il vecchio soldato riesce a trattenersi. Viene fatto
sedere e comincia il suo racconto.
«Sono io che sul Golgota ho trafitto il costato di Gesù con quella lancia»,
dice con fatica.
«Ti ho visto, c'ero anch'io - conferma Giovanni - ma non sei stato tu ad
ucciderlo, non devi avere rimorsi».
«Lo so, ma non avevo ancora capito nulla, ero deluso per la seconda volta.»
«Non capisco per cosa tu sia rimasto deluso, e soprattutto perché la seconda
volta», dice Pietro.
«E' una storia lunga», esordisce il vecchio soldato, quindi racconta il primo
incontro con Gesù nella grotta di Betlemme. «Cercavo un re, il più grande dei
re, ma ho trovato un bambino, una famiglia meravigliosamente normale, troppo
normale per far crescere un re speciale.
Ho provato nonostante la mia delusione
ad offrirgli tutto ciò che avevo, cioè la mia lancia, ma mi è stata rifiutata,
allora ho pensato, a differenza dei tre sapienti, di aver fallito la mia
ricerca.
È passato tanto tempo da quel giorno. Sono tornato a Roma e dopo
parecchi anni son tornato qui e ho sentito parlare di Gesù. L'ho cercato, una
volta l'ho persino ascoltato e ne sono rimasto turbato. Forse, pensavo,
nonostante tutto poteva essere lui quello che doveva venire, anche se era così
diverso da come l'aspettavo. Ma la mia speranza è morta con lui sul Golgota.
Non sono io che l'ho ucciso, ma la mia incredulità lo ha trafitto, proprio con
quella lancia che più di trent'anni fa lui mi aveva rifiutato. Ma adesso è
risorto. Tanti lo dicevano e io non volevo crederci. Eppure questa notizia
sconvolgente si è aggrappata al mio cuore e non ha più voluto staccarsi: ho
cercato inutilmente di cancellarla, di pensare che era impossibile, che era una
solo una voce messa in giro per confondere i più deboli e creduloni. Alla fine
mi son deciso a venire da voi, i suoi amici per avere una parola definitiva, ed
ora voi mi testimoniate che è vero: è risorto. Solo adesso, finalmente, i miei
occhi cominciano a vedere, il mio cuore crede quel che la mia mente ha sempre
rifiutato. Comincio adesso a capire che nulla è successo per caso, che tutto,
proprio tutto è servito perché il suo disegno si compisse.
Quando a Betlemme ho
voluto donargli la mia lancia, Gesù non l'ha rifiutata, l'ha accettata ma me
l'ha lasciata in custodia fin quando non è servita, sul Golgota.
Sì, ha preso
anche la mia lancia non per conquistare o comandare, ma solo per donarci il suo
sangue fino all'ultima goccia.»
Maria, presente in mezzo al gruppo degli apostoli, non ha perso una sola parola
del romano: il suo stupore e la sua commozione sono evidenti. Non apre bocca,
come pure nessuno dei dodici, come se volesse ben imprimersi nella memoria
quella testimonianza.
Dopo qualche istante di silenzio, Pietro propone di pregare tutti assieme e di
ringraziare Dio per il dono di Gesù. Longino si ritira in un angolo della
stanza per rispetto delle usanze degli Ebrei. È una preghiera semplice
«Benedetto sei tu, Signore, che ci hai donato Gesù, tuo figlio, il quale ha
versato il suo sangue per la nostra salvezza ed è risorto dai morti per
confermare la nostra fede.»
Nel silenzio che segue alla preghiera si sente un fragore come di un vento che
scuote le porte, le finestre si spalancano con frastuono e una luce, come una
palla di fuoco entra nel cenacolo e si divide in tante piccole fiamme che
scendono sulla testa degli apostoli e sulla Madonna.
Ancora una volta Longino è
testimone di un evento straordinario ed assiste alla prima predicazione
pubblica fatta dagli apostoli per bocca di Pietro dopo la discesa dello Spirito
Santo. Nei giorni successivi frequenta assiduamente i dodici, poi dà le
dimissioni da soldato e si fa battezzare.
Il soldato romano che trafigge Gesù con la lancia compare
anche nei Vangeli Apocrifi: è da queste fonti che abbiamo il suo nome.
La
tradizione vuole anche che la sua conversione sia stata talmente esemplare da
farlo diventare uno dei primi vescovi della Cappadocia, e poi santo martire.
- Gulli Morini -
Buona giornata a tutti. :-)
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