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sabato 3 giugno 2023

Il monaco, l'allievo e l'asinello

Tanto tempo fa un santo monaco aveva con sé un allievo, un ragazzo molto attento e ubbidiente.

Un giorno lo chiama e gli dice: «Vai a prendere l’asino e andiamo in città». Il giovane prende l’asino, aiuta l’anziano monaco a salirvi e si avviano verso la città, il monaco in groppa all’asino e il ragazzo a piedi.
Alla prima svolta incontrano un gruppo di persone. Qualcuno, naturalmente, ha qualcosa da ridire: «Ma guarda quanto è infingardo quel vecchio monaco: lui a cavallo, e quel povero ragazzo così gracile e delicato lasciato a piedi!»
Il vecchio monaco, appena udite queste parole, scende dall’asino, vi fa salire il ragazzo e tutti e tre si rimettono in cammino. Poco più avanti incontrano altre persone: «Oh, guarda cosa si deve vedere. Un giovane sano e robusto a cavallo e un povero vecchio a piedi. Non c’è più rispetto, non c’è più carità».
A queste parole il ragazzo salta giù dall’asino, aiuta l’anziano monaco a salirvi di nuovo, risale anche lui e proseguono verso la città.
Strada facendo, altra gente, altri commenti: «Guarda quella povera bestia! Fra poco morirà stremata, sotto il peso di quei due fannulloni! Ci vorrebbe almeno un po’ di pietà». Il santo monaco e il ragazzo, allora, scendono in silenzio e proseguono il cammino a piedi.
Ma qualcuno non è ancora soddisfatto: «Guardate, guardate… S’è vista mai una cosa più sciocca? Quei due hanno l’asino, e vanno a piedi!». A questo punto l’anziano monaco dice al ragazzo: «Torniamo a casa».

Strada facendo gli spiega: «Hai capito la lezione, figliolo? Per quanto ti sforzerai di assecondare gli altri, ci sarà sempre qualcuno che avrà qualcosa da ridire. E allora tu impara a tirar diritto per la tua strada e a non prestare ascolto alle chiacchiere della gente»

 

Il sale della vita

Un giorno, un saggio maestro indù stanco di sentire le lamentele del suo allievo decise di dargli una lezione. Lo inviò a cercare una manciata di sale. Al suo ritorno, gli chiese di prendere un poco del sale, metterlo in un bicchiere d’acqua e bere.

– Che sapore ha? – Chiese quindi il maestro.

– È salata e amara! – Rispose l’allievo.

Allora il maestro, sorridendo, gli chiese di accompagnarlo sulla riva di un lago. Gli chiese di lanciare la stessa quantità di sale nell’acqua del lago e poi di berne un poco. Così fece il giovane.

– Che sapore ha l’acqua? – Chiese di nuovo.

– È molto fresca.

– È salata?

– Niente affatto.

Allora il maestro gli disse: “Il dolore nella vita è come il sale. La quantità di dolore è sempre la stessa, ma il grado di amarezza che percepiamo dipende dal recipiente nel quale versiamo la pena. Pertanto, quando provi dolore, tutto quello che devi fare è espandere la tua prospettiva delle cose. Smetti di essere un bicchiere d’acqua e trasformati in un lago”.


Buona giornata a tutti :-)



giovedì 1 giugno 2023

Il contadino - Eirik Duke

C’era un contadino che coltivava mais di ottima qualità

Ogni anno vinceva il premio per il miglior mais coltivato.

Un anno un giornalista lo intervistò e imparò qualcosa di interessante su come lo coltivava.
Il giornalista scoprì che il contadino condivideva i semi del suo mais con i suoi vicini.

“Come puoi permetterti di condividere i tuoi semi di mais migliori con i tuoi vicini, quando ogni anno entrano in competizione con il tuo mais?”_ chiese il giornalista.

“Perché, signore”_ disse il contadino _”non lo sa? Il vento raccoglie il polline dal mais in maturazione e lo fa roteare da un campo all’altro. Se i miei vicini coltivano mais inferiore, l’impollinazione incrociata degraderà costantemente la qualità del mio mais. Se voglio coltivare del buon mais, devo aiutare i miei vicini a coltivare del buon mais.”

Così è con le nostre vite.
Chi vuole vivere bene e in modo significativo deve contribuire ad arricchire la vita degli altri, perché il valore di una vita si misura in base alle vite che tocca.
E chi sceglie di essere felice deve aiutare gli altri a trovare la felicità, perché il benessere di ciascuno è legato al benessere di tutti.

Chiamatelo potere della collettività. Chiamatelo principio di successo. Chiamatelo legge della vita.
Il fatto è che nessuno di noi vince veramente, finché non vinciamo tutti!

- Eirik Duke - 


A volte abbiamo bisogno di sapere che il Signore è un Dio di giustizia: 

quando i giganti dormienti del­l’ ingiustizia si levano sulla terra, abbiamo bisogno di sapere che vi è un Dio di potenza che può falciarli come l’erba e come l’erba verde lasciarli appassire. 

Quando i nostri più instancabili sforzi non riescono ad arrestare l’insorgente attacco dell’oppressione, abbiamo bisogno di sapere che in questo universo vi è un Dio la cui invincibile forza è un’adeguata antitesi della vile debolezza dell’uomo. 

Ma si danno casi in cui abbiamo bisogno di sapere che il nostro è un Dio di amore e di misericordia. 

Quando siamo sbattuti dai gelidi venti dell’avversità e percossi dalle furiose tempeste della delusione, e quando nella nostra follia e nel nostro peccato ci sviamo in qualche lontana terra di perdizione e siamo frustrati a causa di uno strano sentimento di nostalgia, allora abbiamo bisogno di sape­re che vi è Qualcuno che ci ama, che ha cura di noi, che ci comprende e ci darà un’altra possibilità. 

Quando i giorni si fanno bui e le notti tetre, noi possiamo essere riconoscenti perché il nostro Dio riunisce nella sua natura una sintesi creativa di amore e giustizia che ci condurrà, attraverso l’oscura valle della vita, fino ai luminosi sentieri della speranza e dell’ adempi­mento.

(Martin Luther King)


Buona giornata a tutti :-)





domenica 30 aprile 2023

I Bruchi - don Bruno Ferrero

C’era una volta un gelso centenario, pieno di rughe e di saggezza, che ospitava una colonia di piccoli bruchi. Uno di questi bruchi si chiamava Giovanni e chiacchierava spesso con il gelso: “Sei fortunato, vecchio mio.

Sai che dopo l’estate verrà l’autunno, poi l’inverno e poi tutto ricomincerà. Per noi, invece, la vita è così breve…”.

Il gelso, dopo avergli sentito dire più volte queste parole, gli disse: “Ti ho già spiegato che non morirai. Diventerai una stupenda creatura, invidiata e ammirata da tutti”. Ma Giovanni non gli credeva, si confidava con i suoi compagni che la pensavano come lui e quindi non era affatto rincuorato.

Ben presto i tiepidi raggi del sole cominciarono a illuminare tanti piccoli bozzoli bianchi, sparsi qua e là sulle foglie del vecchio gelso.

Un mattino anche Giovanni si svegliò tutto intorpidito e si rivolse al gelso: “Ti devo salutare; è la fine. Devo costruirmi anch’io la mia tomba… sono rimasto l’ultimo”.

Il gelso sorrise e gli disse: “Arrivederci, Giovanni!”. “E’ un addio amico, è un addio!”, rispose il bruco. Ma l’albero sussurrò: “vedrai, vedrai…”.

In primavera una farfalla stupenda, dalle ali rosse e nere, volava leggera intorno al gelso. “Hai visto, Giovanni, che avevo ragione io? Hai già dimenticato com’eri poco tempo fa!”.

- Don Bruno Ferrero - 

Come i bruchi della storia, anche gli uomini credono innanzitutto in ciò che vedono e toccano. 

Non tutti credono che come Gesù anche noi risorgeremo a Vita Eterna. Cristo è risuscitato dai morti, primizia di coloro che sono morti … e come tutti muoiono in Adamo, così tutti riceveranno la vita in Cristo. (1Cor 15, 20-22) 

Cristo è risuscitato dai morti, primizia di coloro che sono morti … e come tutti muoiono in Adamo, così tutti riceveranno la vita in Cristo. (1Cor 15, 20-22)


- Buongiorno signora.
- Buongiorno.
- Va tutto bene? E’ freddo oggi, Cosa fa lì ferma?
- Sto aspettando mio figlio. E' andato a comprare qualcosa un po' di tempo fa, ma sembra che sia in ritardo.
Rispose l’anziana signora guardando il suo orologio.
- Allora, mentre aspetta, potrei farle compagnia io, se non la disturbo…
- Grazie, non si preoccupi. Sono sicura che un bel giovanotto come lei ha cose migliori da fare che far compagnia ad una vecchia come me.
- Non è un disturbo signora, glielo assicuro.
L’ uomo si sedette su quella panchina a fianco della signora.
E cosi Michele, come ogni mattina, stava seduto accanto alla sua vecchia madre, che aspettava un figlio che non le era mai stato più vicino di così...

- autore sconosciuto - 


Buona giornata a tutti :-)








 

martedì 18 aprile 2023

La lezione del contadino - Eirik Duke

Un contadino che coltivava mais di ottima qualità.

Ogni anno vinceva il premio per il miglior mais coltivato.

Un anno un giornalista lo intervistò e imparò qualcosa di interessante su come lo coltivava.

Il giornalista scoprì che il contadino condivideva i semi del suo mais con i suoi vicini.

- "Come puoi permetterti di condividere i tuoi semi di mais migliori con i tuoi vicini, quando ogni anno entrano in competizione con il tuo mais?"_ chiese il giornalista.

- "Perché, signore"_ disse il contadino _"non lo sa? Il vento raccoglie il polline dal mais in maturazione e lo fa roteare da un campo all'altro. Se i miei vicini coltivano mais inferiore, l'impollinazione incrociata degraderà costantemente la qualità del mio mais. Se voglio coltivare del buon mais, devo aiutare i miei vicini a coltivare del buon mais."

Così è con le nostre vite.

Chi vuole vivere bene e in modo significativo deve contribuire ad arricchire la vita degli altri, perché il valore di una vita si misura in base alle vite che tocca.

E chi sceglie di essere felice deve aiutare gli altri a trovare la felicità, perché il benessere di ciascuno è legato al benessere di tutti.

Chiamatelo potere della collettività. Chiamatelo principio di successo. Chiamatelo legge della vita.

Il fatto è che nessuno di noi vince veramente, finché non vinciamo tutti!

- Eirik Duke - 


“Non tutte le tempeste arrivano per distruggerti la vita, alcune arrivano per pulire il tuo cammino.”

Seneca 

Tu hai in mano il timone della tua vita attraverso i tuoi pensieri. Quelli negativi non devono spaventarti, hai bisogno invece di capirli (mai avere paura di un proprio pensiero!) e imparare a scegliere.

Guardiamo tutti gli stessi programmi televisivi. Alla radio ascoltiamo tutti le stesse cose, parliamo tutti delle stesse cose. Non c’è rimasta più nessuna sorpresa. Tutto uguale sempre di più. Solo ripetizioni. Siamo cresciuti tutti con gli stessi show televisivi. È come se avessimo tutti lo stesso impianto di memoria artificiale. (…) Abbiamo tutti gli stessi traguardi. Tutti le stesse paure. Il futuro non è radioso. Molto presto, avremo tutti gli stessi pensieri allo stesso momento. Andremo perfettamente all’unisono. Sincronizzati. Connessi. Uguali. Gli stessi. Come formiche. Insetti. Pecore.

(Chuck Palahniuk)


Buona giornata a tutti :-)




martedì 14 marzo 2023

L’arancia dell’orfano - don Bruno Ferrero

Un anziano e ricco signore inglese racconta: «Avevo perso i miei genitori da ragazzo e all’età di nove anni ero stato mandato in un orfanotrofio vicino a Londra.

Sembrava una prigione. Dovevamo lavorare 14 ore al giorno, in giardino, in cucina, nelle stalle, nei campi.

Così tutti i giorni. C’era un solo giorno di festa: il giorno di Natale. L’unico giorno in cui ogni ragazzo riceveva un regalo: un’arancia. Niente dolci. Niente giocattoli. Per di più l’arancia veniva data solo a chi non aveva fatto nulla di male durante l’anno ed era sempre stato obbediente. Questa arancia a Natale rappresentava il desiderio dell’anno intero.

Ricordo il mio primo Natale all’orfanotrofio. Ero tristissimo. Mentre gli altri ragazzi passavano accanto al direttore dell’orfanotrofio e tutti ricevevano la loro arancia, io dovevo stare in un angolo del dormitorio. Questa era la mia punizione per aver voluto scappare dall’orfanotrofio, un giorno d’estate.

Finita la distribuzione dei regali, gli altri ragazzi andarono a giocare in cortile.

Io dovevo stare in dormitorio tutto il giorno. Piangevo e mi vergognavo. Mi ero messo una coperta fin sulla testa e stavo rannicchiato là sotto.

Dopo un po’ sentii dei passi nella stanza. Una mano tirò via la coperta. Guardai. Un ragazzino di nome William stava in piedi davanti al mio letto, aveva un’arancia nella mano destra e me la tendeva sorridendo. Non capivo. Le arance erano contate, da dove poteva essere arrivata un’arancia in più? Guardai William e il frutto e improvvisamente mi resi conto che l’arancia era già stata sbucciata e, guardando più da vicino, tutto mi divenne chiaro.

Sapevo che dovevo stringere bene quell’arancia perché non si aprisse. Che cosa era successo? Dieci ragazzi si erano riuniti in cortile e avevano deciso che anch’io dovevo avere la mia arancia per Natale. Ognuno di essi aveva tolto uno spicchio dalla sua arancia e i dieci spicchi erano stati accuratamente messi insieme per creare una nuova, rotonda e delicata arancia.

Quell’arancia è stato il più bel regalo di Natale della mia vita.

Mi ha insegnato quanto può essere confortante la vera amicizia»

 - don Bruno Ferrero –

 


Quando vi consiglio "di non scendere, ma di rimanere in alto” è necessario comprendermi. .

Qualcuno dirà:

«Ma sì, io rimango molto in alto: non tendo mai la mano a nessuno, non aiuto nessuno, mantengo il mio prestigio e la mia dignità».

No, non è così: per me, “rimanere in alto” significa non smettere mai di essere nobili, giusti e generosi.

È questa l'altezza di cui parlo: la nobiltà e la luce che sono in voi.

Sul piano fisico si è sempre costretti a salire e a scendere.

Sul piano interiore, invece, si può sempre evitare di scendere, ossia lasciarsi andare a tendenze inferiori, partecipare a imprese illecite o ignobili. Dunque, non prendete mai come modello le persone altezzose, inaccessibili e dure che non vogliono abbassarsi a tendere la mano.

Prendete piuttosto l'esempio del sole: esso scende fino a noi, ci riscalda, ci illumina, ci invia i suoi messaggi, la sua anima e il suo amore, e ci dà la sua vita, ma rimane eternamente in alto.

 ~Omraam Mikhaël Aïvanhov ~


Buona giornata a tutti :-)





martedì 31 gennaio 2023

Le mele del Principe - don Bruno Ferrero

Era il 27 aprile 1865. L’Oratorio di don Bosco era in festa. Era venuto in visita il principe Amedeo di Savoia, duca d’Aosta, figlio del Re. Un giovane recitò il “benvenuto” che cominciava così: Caro e diletto Principe, schiatta di santi eroi, quale pensier benefico ti mena qui fra noi?

Tutti i giovani erano schierati nello spiazzo accanto alla Basilica che stava sorgendo. Il Principe volle passarli in rivista: per due volte egli passò lentamente in mezzo a quelle schiere plaudenti, e si fermò innanzi alla banda musicale, compiacendosi nel vedere fra i suonatori alcuni giovani usciti dall’Oratorio, con la divisa del suo stesso reggimento. Il principe, commosso per le cordiali accoglienze ricevute dagli alunni dell’Oratorio, offrì una bella somma per concorrere all’innalzamento della grande chiesa, dimostrando così la sua devozione alla Madonna. Nello stesso tempo avendo conosciuto come gli alunni di don Bosco si esercitassero con piacere in giuochi di ginnastica, dispose che fosse loro recata in dono parte degli attrezzi della propria palestra.

Don Bosco lo contraccambiò di cuore con un dono singolare. Vicino al luogo della nuova chiesa, in un angolo del cortile, era cresciuto un alberello di mele, carico di fiori in primavera. Don Bosco avvertì i giovani che non toccassero quell’albero e lasciassero maturare quelle mele, perché le voleva mandare al principe Amedeo.

I giovani correvano, saltavano e nessuno toccò quell’albero, sicché le mele vennero a perfetta maturità e di una grossezza mirabile. Un giorno una mela cadde a terra. Un giovane prese una foglia, vi mise sopra il frutto, ed accompagnato da tutti gli altri, lo portò a don Bosco in refettorio. Don Bosco fece allora raccogliere le altre mele e le mandò al Principe. Il giovane Duca ringraziò don Bosco del regalo inviandogli un’altra offerta, perché comperasse altra frutta per i suoi giovani, in compenso delle saporitissime mele che essi gli avevano mandato.

Per tal modo nel corso del 1865 l’edifizio fu condotto fino al tetto e coperto; e ne fu compiuta anche la volta, ad eccezione del tratto che doveva essere occupato dalla periferia della cupola.

Mentre si andavano compiendo tali costruzioni accadde un fatto, che fece meravigliare gli operai.

Un povero rivenditore di frutta era venuto ne’ primi giorni d’estate per vendere i suoi prodotti al mercato. Avendo saputo che la chiesa di Maria Ausiliatrice si stava costruendo con il privato concorso dei fedeli, volle anch’egli prendervi parte. Con generoso sacrificio per un povero uomo chiamò il direttore dei lavori e gli consegnò tutta la sua frutta, perché la dividesse fra i muratori. Volendo poi compiere, secondo la sua espressione, l’opera incominciata, si fece aiutare a mettere sulle spalle una grossa pietra e s’incamminò su pei ponti. Tremava tutto il buon vecchio sotto il grave peso, ma salì fino alla cima. Giunto lassù depose il sasso, e tutto allegro esclamò: «Ora muoio contento, poiché spero di potere, in qualche modo, partecipare a tutto il bene che si farà in questa chiesa!»  

Da: https://bollettinosalesiano.it/rubriche/le-mele-del-principe/

Il Bollettino Salesiano al tempo di Don Bosco

Il Bollettino Salesiano è una creazione originale di Don Bosco che lo ha fondato nell’agosto del 1877. Lui stesso ha preparato il primo numero. E anche quando lo ha affidato ad altri, lo ha sempre seguito personalmente quanto a impostazione e contenuti. Dopo tanti anni, conserva una stupefacente vitalità. Il merito è tutto del suo inventore, che aveva una visione del futuro strabiliante e acuta. Don Bosco fu un comunicatore nato. Di razza, incontenibile. Nella comunicazione modificava se stesso, diventato più moderno delle sue idee, inventava pedagogie. Mostrava d’aver capito bene la civiltà industriale, di cui per principio era nemico. E come tutti i grandi comunicatori, attraeva e faceva paura. Per studiare il rapporto tra Don Bosco e i mass media bisogna partire da qui: l’ecclesiastico apparentemente moderato, e poi il saltimbanco e il prestigiatore, il prete che organizza i giovani facendoli «schiamazzare a piacimento», che fonda scuole e pubblicazioni, organizza spettacoli. E infine il suo capolavoro di comunicazione: la reinvenzione, a misura della città industriale, dell’Oratorio. Che è un sistema integrato di scuola e lavoro, tempo libero e religione: «Una macchina perfetta in cui ogni canale di comunicazione, dal gioco alla musica, al teatro alla stampa, è gestito in proprio su basi minime, e riutilizzato e discusso quando la comunicazione arriva da fuori» (Umberto Eco). La parola bollettino, secondo il dizionario, significa «pubblicazione ufficiale di comunicazioni a carattere pubblico». Aveva un’origine nobile. Deriva da “bolla” Impronta del sigillo con cui si contrassegnavano le pubbliche scritture e i documenti solenni. Le bolle papali, per intenderci. Ed è usato ancora oggi per fini molto pratici: Bollettino medico, Bollettino di guerra. Si addice ad uno stile pratico, senza fronzoli, manageriale. Per questo piacque a Don Bosco.

- Don Bruno Ferrero -


Buona giornata a tutti :-)


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martedì 8 novembre 2022

Il re saggio - Kahlil Gibran

Regnava un tempo nella lontana città di Wirani un re potente e, al tempo stesso, saggio. C'era in quella città un pozzo la cui acqua fresca e cristallina attingevano tutti gli abitanti, compreso il re e i suoi cortigiani, poiché non vi erano altri pozzi. 
Una notte, mentre tutti dormivano, nella città penetrò una strega e versò nel pozzo sette gocce di un liquido strano, dicendo: «Da questo istante, chi beve di quest'acqua diverrà folle».
Il mattino seguente tutti gli abitanti della città, escluso il re e il gran ciambellano, attinsero dal pozzo e divennero folli, come la strega aveva predetto.
E per tutto il giorno la folla, nei vicoli angusti e nelle piazze della città, non fece altro che bisbigliarsi: «Il re è pazzo. Il nostro re e il gran ciambellano hanno smarrito la ragione. Non possiamo certo servire un re folle».
Quella sera il re ordinò che si colmasse un calice d'oro con acqua del pozzo. 
E quando glielo portarono, ne bevve sorsi profondi, e ne offrì al gran ciambellano. E ci fu gran gioia in quella lontana città di Wirani, perché il re e il gran ciambellano avevano riacquistato la ragione.

- Kahlil Gibran -
Da: "Le parole non dette", Ed. Paoline, 1991
                                                                      

“Solamente chi è puro di cuore perdona
la sete che conduce alle acque morte.
E soltanto chi si regge ben saldo sulle proprie gambe
sa porgere la mano a chi inciampa."

- Khalil Gibran -




Le cose che il bambino ama
rimangono nel regno del cuore
fino alla vecchiaia.
La cosa più bella della vita
è che la nostra anima
rimanga ad aleggiare
nei luoghi dove una volta
giocavamo.

– Kahlil Gibran – 
(Ritornar bambini)




Buona giornata a tutti. :-)

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domenica 30 ottobre 2022

Il giovane ramo

C'era una volta un giovane ramo di un grande albero.
Era nato in primavera, tra il tepore dell'aria e il canto degli uccelli.
In mezzo all'aria, alle lunghe giornate estive, al sole caldo, alle notti frizzanti, trascorse i suoi primi mesi di vita.
Era felice: aveva foglie bellissime, e, poi, erano sopraggiunti fiori colorati ad adornare e, dopo ancora, grandi frutti succosi di cui tutti gli uccelli del cielo potevano nutrirsi.
Ma un giorno cominciò a sentirsi stanco: era settembre...

I frutti si staccarono, le foglie cominciarono a cambiare colore divenivano sempre più pallide...
Addirittura, di tanto in tanto il vento se ne portava via qualcuna.
Venne la pioggia e poi l'aria fredda, e il ramo si sentiva sempre peggio: non capiva cosa stesse succedendo.
In pochi giorni e in poche notti si trovò spoglio, infreddolito, completamente solo.
Rimase così qualche tempo fin quando non capì che non poteva far altro che mettersi a cercare i suoi fiori, le sue foglie, i suoi frutti per poter di nuovo stare insieme a loro.
"Devo darmi da fare" disse risoluto tra sé e sé.
Cominciò allora, a chiedere aiuto a tutti i suoi amici.

Si rivolse dapprima al Mattino: "Sono solo e infreddolito, ho perso tutte le mie foglie, sai dove le posso trovare?".
Il Mattino rispose "Ci sono alberi che ne hanno tante, prova a chiedere a loro".
Si rivolse a quegli alberi: "Sono solo e infreddolito, ho perso tutte le mie foglie, sapete dirmi dove le posso trovare?".
Gli alberi risposero: "Noi le abbiamo sempre avute, prova a chiedere agli alberi uguali a te".
Si rivolse ai rami spogli come lui.
"Abbiamo tanto freddo anche noi, non sappiamo cosa dirti...", gli risposero.
Queste parole lo fecero sentire meno solo.
Si disse che, se avesse ritrovato le foglie, sarebbe subito corso dai suoi simili a rivelare il luogo in cui si trovavano.

Continuò la sua ricerca e chiese al Vento.
"Io le foglie le porto solo via è la pioggia che le fa crescere", disse il Vento a gran voce.

Si rivolse alla Pioggia.
"Le farò crescere a suo tempo", gli disse la pioggia tintinnando.

Si rivolse allora al Tempo.
"Io so tante cose", gli disse con voce profonda.
"Il Tempo aggiusta tutto, non ti preoccupare occorrono tanti giorni e tante notti".

Si rivolse alla Notte, ma la Notte tacque e lo invitò a riposare.
Si sentiva infatti molto stanco.
Mentre stava per addormentarsi uno gnomo passò di là.
Al vedere quel ramo così spoglio e infreddolito, dal freddo e dalle intemperie si fermò e un po' preoccupato, gli chiese cosa stesse succedendo. Il ramo gli raccontò tutta la sua storia.
Lo gnomo stette con lui, si fermò nel suo silenzio, lo ascoltò, sentì il suo dolore.
Allora il ramo parlò ancora e disse :"Mi è sembrato di chiudere gli occhi e dopo averli riaperti non ho più trovato le mie foglie, non sono stato più capace di vederle".

Lo gnomo pensò a lungo, poi capì: si tolse gli occhiali e li posò sul naso del ramo, spiegandogli che erano occhiali magici che servivano per guardare dentro di sè.
Il ramo, allora, apri bene gli occhi e... meraviglia...
Vide che dentro di sé qualcosa si muoveva, sentiva un rumore, vedeva qualcosa circolare provò ad ascoltare, guardò a fondo: era linfa, linfa viva che si muoveva in lui.
Incredulo disse allo gnomo ciò che vedeva.
Lo gnomo gli spiegò che le foglie, i fiori, e i frutti, nascono grazie alla linfa oltre che al caldo sole, all'aria di primavera e alla pioggia.
"Se hai linfa dentro di te hai tutto", gli disse, "Non occorre chiedere più nulla a nessuno ma insieme all'acqua, alla luce, all'aria, agli altri rami, le foglie rinasceranno: le hai già dentro".

Il ramo, immediatamente si sentì più forte, rinvigorì: aveva la linfa in sé, non doveva più chiedere consigli, gli bastava lasciar vivere la linfa che circolava in lui.

- anonimo, dal web - 



Ma dove ve ne andate,
povere foglie gialle,
come tante farfalle 
spensierate? 
Venite da lontano
o da vicino? 
Da un bosco 
o da un giardino?
E non sentite la malinconia
del vento stesso 
che vi porta via?

- Trilussa -

Buona giornata a tutti :-)

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martedì 18 ottobre 2022

La principessa - don Bruno Ferrero

 C'era una volta un re che aveva una figlia di grande bellezza e straordinaria intelligenza.
La principessa soffriva però di una misteriosa malattia. Man mano che cresceva, si indebolivano le sue braccia e le sue gambe, mentre vista e udito si affievolivano. Molti medici avevano invano tentato di curarla.
Un giorno arrivò a corte un vecchio, del quale si diceva che conoscesse il segreto della vita. Tutti i cortigiani si affrettarono a chiedergli di aiutare la principessa malata. Il vecchio diede alla fanciulla un cestino di vimini, con un coperchio chiuso, e disse: «Prendilo e abbine cura. Ti guarirà».
Piena di gioia e attesa, la principessa aprì il coperchio, ma quello che vide la sbalordì dolorosamente. Nel cestino giaceva infatti un bambino, devastato dalla malattia, ancor più miserabile e sofferente di lei.
La principessa lasciò crescere nel suo cuore la compassione. Nonostante i dolori prese in braccio il bambino e cominciò a curarlo. Passarono i mesi: la principessa non aveva occhi che per il bambino. Lo nutriva, lo accarezzava, gli sorrideva. Lo vegliava di notte, gli parlava teneramente. Anche se tutto questo le costava una fatica intensa e dolorosa.
Quasi sette anni dopo, accadde qualcosa di incredibile. Un mattino, il bambino cominciò a sorridere e a camminare. La principessa lo prese in braccio e cominciò a danzare, ridendo e cantando. Leggera e bellissima come non era più da gran tempo. Senza accorgersene era guarita anche lei.


Signore, quando ho fame mandami qualcuno che ha bisogno di cibo;
quando ho sete, mandami qualcuno che ha bisogno di acqua;
quando ho freddo, mandami qualcuno da riscaldare;
quando sono nella sofferenza, mandami qualcuno da consolare;
quando la mia croce diviene pesante, dammi la croce di un altro da condividere;
quando sono povero, portami qualcuno che è nel bisogno;
quando non ho tempo, dammi qualcuno da aiutare per un momento;
quando mi sento scoraggiato, mandami qualcuno da incoraggiare;
quando sento il bisogno di essere compreso, dammi qualcuno che ha bisogno della mia comprensione;
quando vorrei che qualcuno si prendesse cura di me, mandami qualcuno di cui prendermi cura;
quando penso a me stesso, rivolgi i miei pensieri ad altri.

- don Bruno Ferrero -
da: "365 storie per l'anima" - Elledici Editore


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lunedì 10 ottobre 2022

Tre monaci e il diavolo

Il demonio apparve a tre monaci e disse loro: “Se ti venisse dato il potere di cambiare qualcosa del passato, cosa cambiereste?”
Il primo di loro, con grande fervore, rispose: "Ti impedirei di far cadere nel peccato Adamo ed Eva affinché l'umanità non possa allontanarsi da Dio".
Il secondo, un uomo pieno di misericordia, risponde: "Ti impedirei di ribellarti a Dio e così non faresti del male alle anime".
Il terzo di loro era il più semplice e, invece di rispondere al tentatore, si inginocchiò, si fece il segno della croce e pregò dicendo: "Signore, liberami dalla tentazione di ciò che poteva essere e non è stato".
Il diavolo, emettendo un grido rauco e rabbrividendo di dolore, svanì.
Gli altri due, sorpresi, gli dissero: "Fratello, perché hai risposto in quel modo? E perché la tua risposta ha disturbato e allontanato il diavolo?"
Rispose: "Primo: accettando di rispondere all’ipotesi del diavolo, vi siete lasciati coinvolgere dal suo modo di pensare. 
Invece, non dobbiamo mai dialogare con il nemico. 
Secondo: Nessuno al mondo ha il potere di cambiare il passato. Perdersi dietro inutili questioni del genere spinge a fantasticare invece che ad accogliere la realtà, bella o brutta che sia. Infatti, L'interesse di Satana non era quello di dimostrare la nostra virtù, ma di intrappolarci nel passato, in modo da trascurare il presente, cioè il tempo in cui Dio ci dà la sua grazia e noi possiamo collaborare con essa per adempiere la sua volontà".
Di tutti i demoni, quello che cattura di più gli uomini e impedisce loro di essere felici è quello di "Cosa avrebbe potuto essere e cosa non è stato".

Il passato è lasciato alla misericordia di Dio. Il futuro alla sua Provvidenza.
Solo il presente è nelle nostre mani.
Viviamo l'oggi!

«[...] non c'e nulla di più ammaliante per l'uomo che la libertà del proprio giudizio, ma non c'è nulla di più tormentoso. Onde verrà presto il momento in cui, tutti insieme, deporranno la propria libertà ai piedi di qualcuno che ne li libererà e questi saranno gli Inquisitori: ecco i veri liberatori dell'umanità, coloro che la libereranno dall'oppressione della libertà cioè tra quella tensione tra il desiderio e la realizzazione, da quella irrequietezza e da quello spirito di rivolta che è il germe dell'infelicità umana».
- F.Dostoevskij  -
tratto da "Il Grande Inquisitore" ne "I fratelli Karamazov"

 

È una malattia. La gente ha smesso di pensare, di provare emozioni, di interessarsi alle cose; nessuno che si appassioni o creda in qualcosa che non sia la sua piccola, dannata, comoda mediocrità.

- Richard Yates -


Buona giornata a tutti :-)


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