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mercoledì 1 giugno 2011

Grandezza di un falegname di nome Giuseppe – don Tonino Bello -

Dimmi, Giuseppe, quand'è che hai conosciuto Maria? 
Forse un mattino di primavera, mentre tornava dalla fontana del villaggio con l'anfora sul capo e con la mano sul fianco, snello come lo stelo di un fiordaliso? 
O forse un giorno di sabato, mentre con le fanciulle di Nazareth conversava in disparte sotto l'arco della sinagoga? 
O forse un meriggio d'estate, in un campo di grano, mentre, abbassando gli occhi splendidi per non rivelare il pudore della povertà, si adattava all' umiliante mestiere di spigolatrice? 
Quando ti ha ricambiato il sorriso e ti ha sfiorato il capo con la prima carezza, che forse era la sua prima benedizione e tu non lo sapevi; e poi tu la notte hai intriso il cuscino con lacrime di felicità? 
Ti scriveva lettere d'amore? Forse sì; e il sorriso, con cui accompagni il cenno degli occhi verso l'armadio delle tinte e delle vernici, mi fa capire che in uno di quei barattoli vuoti, che oramai non si aprono più, ne conservi ancora qualcuna. Poi una notte, hai preso il coraggio a due mani, sei andato sotto la sua finestra, profumata di basilico e di menta, e le hai cantato sommessamente le strofe del Cantico dei cantici: "Alzati, amica mia, mia bella e vieni! Perché, ecco, l'inverno è passato, è cessata la pioggia, e se n'è andata. I fiori sono apparsi nei campi, il tempo del canto è tornato e la voce della tortora ancora si fa sentire nella nostra campagna. Il fico ha messo fuori i primi frutti e le viti fiorite spandono fragranza. Alzati, amica mia, mia bella e vieni! O mia colomba, che stai nelle fenditure della roccia, nei nascondigli dei dirupi, mostrami il tuo viso, fammi sentire la tua voce, perché la tua voce è soave e il tuo viso è leggiadro".
E la tua amica, la tua bella, la tua colomba si è alzata davvero. 
È venuta sulla strada, facendoti trasalire. 
Ti ha preso la mano nella sua e, mentre il cuore ti scoppiava nel petto, ti ha confidato lì, sotto le stelle, un grande segreto. Solo tu, il sognatore, potevi capirla. Ti ha parlato di Jahvé. Di un angelo del Signore. Di un mistero nascosto nei secoli e ora nascosto nel suo grembo. Di un progetto più grande dell'universo e più alto del firmamento che vi sovrastava.
Poi ti ha chiesto di uscire dalla sua vita, di dirle addio, e di dimenticarla per sempre. Fu allora che la stringesti per la prima volta al cuore, e le dicesti tremando: "Per te, rinuncio volentieri ai miei piani. Voglio condividere i tuoi, Maria. Purché mi faccia stare con te". Lei ti rispose di sì, e tu le sfiorasti il grembo con una carezza: era la tua prima benedizione sulla Chiesa nascente. (...) E io penso che hai avuto più coraggio tu a condividere il progetto di Maria, di quanto ne abbia avuto lei a condividere il progetto del Signore. 
Lei ha puntato tutto sull'onnipotenza del Creatore.
Tu hai scommesso tutto sulla fragilità di una creatura.
Lei ha avuto più fede, ma tu hai avuto più speranza.
La carità ha fatto il resto, in te e in lei.

(don Tonino Bello)

San Giuseppe e il bambino Gesù
Guido Reni (Bologna, 4 novembre 1575-Bologna 18 agosto 1642)
San Pietroburgo - Hermitage


mercoledì 8 dicembre 2010

Maria, donna bellissima - don Tonino Bello -

È vero. Il Vangelo non ci dice nulla del volto di Maria.
Come, del resto, non ci dice nulla del volto di Gesù.
Forse è meglio.

Così a nessuno di noi viene tolta la speranza di sentirsi dire un giorno, magari da un arcangelo di passaggio: «Lo sai che a tua madre e a tuo fratello rassomigli tanto?».
Maria, comunque, doveva essere bellissima.

Non parlo solo della sua anima.
La quale, senza neppure 1'ombra del peccato,

era limpida a tal punto che Dio vi si specchiava dentro.
Come le montagne eterne che, lì sulle Alpi, si riflettono nella immobile trasparenza dei laghi.
Parlo, anche, del suo corpo di donna.
La teologia, quando arriva a questo punto, sembra sorvolare sulla bellezza fisica di lei.
La lascia celebrare ai poeti: «Vergine bella, che di sol vestita, coronata di stelle, al sommo Sole piacesti sì che in te sua luce ascose...».
La affida alle canzoni degli umili: «Mira il tuo popolo, o bella Signora...».
O agli appassionati ritornelli della gente: «Dell' aurora tu sorgi più bella... non vi è stella più bella di te».
O al rapido saluto di un' antifona: «Vale, o valde decora».

Ciao, bellissima!
O alle allusioni liturgiche del Tota pulchra.

Tutta bella sei, o Maria. Sei splendida, cioè, nell' anima e nel corpo!
Essa però, la teologia, non va oltre.

Non si sbilancia. Tace sulla bellezza umana di Maria.
Forse per pudore. Forse perché paga di aver speso tutto speculando sul fascino soprannaturale di lei.
Forse perché debitrice a diffidenze non ancora superate circa la funzione salvifica del corpo.
Forse perché preoccupata di ridurre l'incanto di lei a dimensioni naturalistiche, o timorosa di dover pagare il dazio ai miti dell' eterno femminile.
Eppure, non dovrebbe essere difficile trovare nel Vangelo la spia rivelatrice della bellezza corporea di Maria.

C'è una parola greca molto importante, carica di significati misteriosi che non sono stati ancora per intero esplicitati.
Questa parola, che fonda sostanzialmente tutta la serie dei privilegi soprannaturali della fanciulla di Nazaret, risuona nel saluto dell'angelo: «Kecharitomène». Viene tradotta con l'espressione «Piena di grazia».
Ma non potrebbe trovare il suo equivalente in "graziosissima", con allusioni evidenti anche all'incantevole splendore del volto umano di lei?
Credo proprio di sì. E senza forzature.

Così come senza forzature Paolo VI, in un celebre discorso del 1975, ha avuto l'ardire di parlare per la prima volta di Maria come «la donna vestita di sole, nella quale i raggi purissimi della bellezza umana si incontrano con quelli sovrumani, ma accessibili, della bellezza soprannaturale».
Santa Maria, donna bellissima, attraverso te vogliamo ringraziare il Signore per il mistero della bellezza.

Egli l'ha disseminata qua e là sulla terra, perché, lungo la strada, tenga deste, nel nostro cuore di viandanti, le nostalgie insopprimibili del cielo.
La fa risplendere nella maestà delle vette innevate,
nell'assorto silenzio dei boschi, nella forza furente del mare, nel brivido profumato dell' erba, nella pace della sera.
Ed è un dono che ci inebria di felicità perché, sia pure per un attimo appena, ci concede di mettere lo sguardo nelle feritoie fugaci che danno sull' eterno.
La fa rifulgere nelle lacrime di un bambino, nell' armonia del corpo di una donna, nell'incanto degli occhi suoi ridenti e fuggitivi, nel bianco tremore dei vegliardi, nella tacita apparizione di una canoa che scivola sul fiume, nel fremito delle magliette colorate dei corridori che passano veloci in un' alba di maggio. Ed è un dono che ci dispera perché, come ha detto qualcuno, questa ricchezza si gioca e si perde al tavolo verde del tempo.
Santa Maria, donna bellissima, splendida come un plenilunio di primavera, riconciliaci con la bellezza.
Santa Maria, donna bellissima, facci comprendere che sarà la bellezza a salvare il mondo.


(don Tonino Bello)

Filippo Lippi - Madonna col Bambino e angeli
Firenze - Galleria degli Uffizi


lunedì 6 dicembre 2010

Affidamento dei "piccoli" di Roma all'Immacolata – Papa Benedetto XVI -

«O Vergine Immacolata, in questo momento vorrei affidarti specialmente i "piccoli" di questa nostra città: i bambini, anzitutto, e soprattutto quelli gravemente malati, i ragazzi disagiati e quanti subiscono le conseguenze di pesanti situazioni familiari. Veglia su di loro e fa' che possano sentire, nell'affetto e nell'aiuto di chi sta loro accanto, il calore dell'amore di Dio!.

Ti affido, o Maria, gli anziani soli, gli ammalati, gli immigrati che fanno fatica ad ambientarsi, nuclei familiari che stentano a far quadrare il bilancio e le persone che non trovano occupazione, o hanno perso un lavoro indispensabile per andare avanti. Insegnaci, Maria ad essere solidali con chi è in difficoltà, a colmare le sempre più vaste disparità sociali; aiutaci a coltivare un più vivo senso del bene comune, del rispetto di ciò che è pubblico, spronaci a sentire la città - e più che mai questa nostra città di Roma - come patrimonio di tutti, ed a fare ciascuno, con coscienza ed impegno, la nostra parte per costruire una società più giusta e solidale.

O Madre Immacolata, che sei per tutti segno di sicura speranza e di consolazione, fa' che ci lasciamo attrarre dal tuo candore immacolato. La tua Bellezza, Tu la Tota Pulchra, ci assicura che è possibile la vittoria dell'amore; anzi, che è certa; ci assicura che la grazia è più forte del peccato, e dunque è possibile il riscatto da qualunque schiavitù. Sì, o Maria, tu ci aiuti a credere con più fiducia nel bene, a scommettere sulla gratuità, sul servizio, sulla non violenza, sulla forza della verità; ci incoraggi a rimanere svegli, a non cedere alla tentazione di facili evasioni, ad affrontare la realtà, coi suoi problemi, con coraggio e responsabilità. Così hai fatto tu, giovane donna, chiamata a rischiare tutto sulla Parola del Signore.

Sii madre amorevole per i nostri giovani, perché abbiano il coraggio di essere "sentinelle del mattino", e dona questa virtù a tutti i cristiani, perché siano anima del mondo in questa non facile stagione della storia.
Vergine Immacolata, Madre di Dio e Madre nostra, Salus Populi Romani, prega per noi!».

(Papa Benedetto XVI)



mercoledì 29 settembre 2010

Inno alla Vergine - Dante Alighieri -

Vergine Madre,
figlia del tuo figlio,
umile e alta più che creatura,
termine fisso d’eterno consiglio,

tu se’ colei che l’umana natura
nobilitasti sì, che ‘l suo Fattore
non disdegnò di farsi sua fattura.

Nel ventre tuo si raccese l’amore,
per lo cui caldo ne l’eterna pace
così è germinato questo fiore.

Qui se’ a noi meridiana face
di caritate; e giuso, intra i mortali,
se’ di speranza fontana vivace.

Donna, se’ tanto grande e tanto vali,
che qual vuol grazia e a te non ricorre,
sua disianza vuol volar sanz’ali.

La tua benignità non pur soccorre
a chi domanda, ma molte fiate
liberamente al dimandar precorre.

In te misericordia, in te pietate,
in te magnificenza, in te s’aduna
quantunque in creatura è di bontate.

Dante, Paradiso XXXIII, 1-21

Incoronazione della Vergine in Paradiso
Antonio Vivarini e Giovanni D’Alemagna
1444 - Venezia, Chiesa di san Pantalon
"Vergine e madre, figlia di Dio e madre di Dio, la più umile di tutte le creature (nella Bibbia Maria si era proclamata «ancilla Dei», "serva di Dio") e la più alta (la creatura umana più vicina alla divinità), oggetto di un decreto eterno di Dio, tu sei colei che nobilitasti tanto la natura umana che il suo Artefice non disdegnò di farsi propria creatura: nel tuo ventre si riaccese l'amore grazie al quale è fiorita questa rosa (la Candida Rosa ove siedono i beati); qui in Paradiso sei luminosa guida di carità, e in terra inesauribile fonte di speranza. Signora («donna», dal latino domina, "padrona") sei tanto grande e potente che chiunque voglia una grazia e non ricorra a te, desidera volare senza ali: la tua bontà non solo soccorre chi prega, ma molte volte spontaneamente previene la  richiesta; in te si concentra tutto ciò che di buono vi è nei mortali (misericordia, pietà, magnificenza e ogni virtù, introdotte dall'anafora «in te ...»).

Domenico da Michelino, Dante e Firenze, Duomo

 Buona giornata a tutti. :-)

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