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giovedì 21 dicembre 2023

Eliogabalo e Matusalemme - don Bruno Ferrero

 Il piccolo e zoppo Matusalemme ed Eliogabalo (detto Gabalo) erano due ragazzi poveri della città. 
Avevano sempre vissuto, dalla nascita, nel collegio dei ragazzi poveri. “Sai che domani è Natale?” chiese Gabalo, un giorno che tutti e due stavano spalando la neve dall’ingresso dell’istituto. “Ah, davvero?” rispose Matusalemme. “Spero proprio che la signora Pynchum non se ne accorga. Diventa particolarmente antipatica nei giorni di festa!”. 
L’antipatica signora Pynchum era la direttrice dell’Istituto dei poveri, ed era temuta da tutti. Matusalemme proseguì: “Gabalo, tu credi che Babbo Natale ci sia davvero?”. “Certo che c’e".  “E allora perché non viene mai qui alla Casa dei Poveri?”. “Beh”, rispose Gabalo, “noi stiamo in una strada tutta curve, lo sai no? 
Forse Babbo Natale non riesce di trovarla”. 
Gabalo cercava sempre di mostrare a Matusalemme il lato bello delle cose, anche quando non c’era! 
Proprio in quel momento un’automobile investì un povero cane che cadde riverso sulla neve. 
Gabalo corse subito in suo aiuto e vide che aveva una zampa rotta. Fece una stecca e fasciò strettamente la zampa del cane. 
Gabalo lesse sul collare che il cane apparteneva al dottor Carruthers, un medico famoso nella città. Lo prese in braccio e si avviò verso la casa del dottore. 
Il dottore aveva una gran barba bianca, lo accolse con un sorriso e gli chiese chi aveva immobilizzato e steccato cosi bene la zampa del cane. “Perbacco, io, signore”, rispose Gabalo e gli raccontò di tutti gli altri animali ammalati che aveva guarito. “Sei un ragazzo davvero in gamba!” gli disse alla fine il dottor Carruthers guardandolo negli occhi. 
“Ti piacerebbe venire a viver da me e studiare per diventare dottore?”. Gabalo rimase senza parole. 
Andare lontano dalla signora Pynchum e non essere più uno “della Casa dei Poveri”, diventare un dottore! “Oh, oh s—s—sì, signore! Oh... Improvvisamente la gioia svanì dai suoi occhi. 
Se Gabalo se ne andava, chi si sarebbe preso cura del piccolo e zoppo Matusalemme? “Io... io vi ringrazio, signore” disse. “Ma non posso venire, signore!”. E prima che il dottore scorgesse le sue lacrime corse fuori dalla casa.. 
Quella sera, il dottor Carruthers si presentò all’istituto con le braccia cariche di pacchetti. Quando Matusalemme lo vide cominciò a gridare: “E’ arrivato Babbo Natale!”. Il dottore scoppiò a ridere e, mentre consegnava al ragazzo un pacchetto dai vivaci colori, notò che zoppicava e gli fece alcune domande. Dopo un attimo, il dottor Carruthers disse: “Conosco un ospedale in città dove potrebbero guarirti. Hai parenti o amici?”. “Oh, sì”, rispose subito Matusalemme, “ho Gabalo!”. 
Il dottore lanciò uno sguardo penetrante a Gabalo. “E’ per lui che non hai voluto venire a stare da me, figliolo?”. 
“Beh, io... io sono tutto quello che lui possiede”, rispose Gabalo. Il dottore, profondamente commosso, disse: “E se prendessi anche Matusalemme con noi?”. Questa volta a Gabalo non importò che tutti vedessero le sue lacrime, e Matusalemme si mise a battere le mani dalla gioia. Naturalmente non sapeva che sarebbe guarito e che un giorno Gabalo sarebbe diventato un chirurgo famoso. 
Tutto quello che sapeva era che Babbo Natale aveva trovato la strada dei poveri e che lo portava via con Gabalo.

- don Bruno Ferrero -
da: "365 storie per l'anima", ed. Elledicì



“Siamo sposi, quando nello Spirito Santo l’anima fedele si congiunge al Nostro Signore Gesù Cristo. Siamo suoi fratelli, quando facciamo la volontà del Padre che è nei cieli. Siamo madri, quando lo portiamo nel cuore e nel corpo nostro per mezzo del divino amore e della pura e sincera coscienza, e lo diamo alla luce per mezzo della santa operazione che deve risplendere agli altri in esempio.
Oh, come è glorioso, santo e grande avere in Cielo un Padre!
Oh, come è santo, fonte di consolazione, bello e ammirabile avere un tale Sposo! 
Oh, come è santo e come è caro, piacevole umile, pacifico, dolce, amabile e desiderabile sopra ogni cosa avere un tale Fratello e un tale Figlio, il Signore nostro Gesù Cristo”.
- san Francesco d'Assisi - 



...Siamo troppo orgogliosi per vedere Dio. 
Ci succede come a Erode e ai suoi teologi specialisti: a questo livello non si ode più alcun angelo cantare. 
A questo livello ci si sente solo minacciati o annoiati da Dio. 
A questo livello non si vuole più essere la "sua gente", proprietà di Dio, bensì si vuole appartenere solo a se stessi. Di conseguenza non possiamo più accogliere colui che viene nella sua proprietà; per questo dovremmo infatti cambiare noi stessi e riconoscerlo come il proprietario.
Egli è venuto come bambino per spezzare la nostra superbia. 
Forse davanti alla potenza, davanti alla sapienza avremmo capitolato. 
Egli però non vuole la nostra capitolazione, ma vuole il nostro amore. 
Ci vuole liberare dal nostro orgoglio e renderci così veramente liberi. Lasciamo perciò che la gioia di questo giorno entri tranquillamente nella nostra anima. Essa non è un'illusione. 
E' la verità. La verità - quella ultima, quella reale - è bella, è buona, e l'incontro con essa rende l'uomo buono...

- Card.Joseph Ratzinger  - 
da "La benedizione del Natale" 




















Buona giornata a tutti. :-)



giovedì 19 marzo 2020

san Giuseppe - don Luigi Giussani

San Giuseppe è la più bella figura d'uomo concepibile e che il cristianesimo ha realizzato. 
San Giuseppe era un uomo come tutti gli altri, aveva il peccato originale come me. 
Pensate che razza di distanza profonda viveva nella vicinanza assoluta che aveva con Maria: è quando si dice che la vocazione alla verginità è un possesso con un distacco dentro, con un dolore dentro, dove la forza del rapporto amoroso è tutta concentrata e resa visibile nel dolore che c'è dentro, dove ciò che veramente è l'amore si sente, incomincia già: è come un'alba. 
Non un buco o una separazione: è dolore, perché il rapporto, lì, diventa più drammatico. 
San Giuseppe ha vissuto come tutti: non c'è una parola sua, non c'è niente, niente: più povera di così una figura non può essere. 
Perciò, dite sempre un Gloria a san Giuseppe per la vocazione vostra, di quelli della vostra casa...

- don Luigi Giussani - 
da: L'attrattiva Gesù 



Tra i molti aspetti che pone in luce, un accento particolare dedica al silenzio di san Giuseppe. 
Il suo è un silenzio permeato di contemplazione del mistero di Dio, in atteggiamento di totale disponibilità ai voleri divini. 
In altre parole, il silenzio di san Giuseppe non manifesta un vuoto interiore, ma, al contrario, la pienezza di fede che egli porta nel cuore, e che guida ogni suo pensiero ed ogni sua azione. 
Un silenzio grazie al quale Giuseppe, all'unisono con Maria, custodisce la Parola di Dio, conosciuta attraverso le Sacre Scritture, confrontandola continuamente con gli avvenimenti della vita di Gesù; un silenzio intessuto di preghiera costante, preghiera di benedizione del Signore, di adorazione della sua santa volontà e di affidamento senza riserve alla sua provvidenza. 
Non si esagera se si pensa che proprio dal "padre" Giuseppe Gesù abbia appreso - sul piano umano - quella robusta interiorità che è presupposto dell'autentica giustizia, la "giustizia superiore", che Egli un giorno insegnerà ai suoi discepoli (cfr Mt 5, 20).
Lasciamoci "contagiare" dal silenzio di san Giuseppe! 
Ne abbiamo tanto bisogno, in un mondo spesso troppo rumoroso, che non favorisce il raccoglimento e l'ascolto della voce di Dio. 
In questo tempo di preparazione al Natale coltiviamo il raccoglimento interiore, per accogliere e custodire Gesù nella nostra vita...

- Papa Benedetto XVI - 
dal "Angelus del 18 dicembre 2005" 



A te, o beato Giuseppe,
stretti dalla tribolazione ricorriamo e fiduciosi invochiamo il tuo patrocinio, insieme con quello della tua santissima Sposa.
Deh! Per quel sacro vincolo di carità, che ti strinse all’Immacolata Vergine Madre di Dio, e per l’amore paterno che portasti al fanciullo Gesù, riguarda, te ne preghiamo, con occhio benigno, la cara eredità che Gesù Cristo acquistò col suo sangue, e col tuo potere ed aiuto soccorri ai nostri bisogni.
Proteggi, o provvido Custode della divina Famiglia, l’eletta prole di Gesù Cristo; allontana da noi, o Padre amantissimo, la peste di errori e di vizi che ammorba il mondo;
assistici propizio dal cielo in questa lotta contro il potere delle tenebre, o nostro fortissimo protettore; e come un tempo salvasti dalla morte la minacciata vita del bambino Gesù, così ora difendi la santa Chiesa di Dio dalle ostili insidie e da ogni avversità;
e stendi ognora sopra ciascuno di noi il tuo patrocinio, affinché a tuo esempio e mediante il tuo soccorso possiamo virtuosamente vivere, piamente morire, e conseguire l’eterna beatitudine in cielo. Amen.


Preghiera scritta da Papa Leone XIII e apposta in calce all’enciclica Quamquam pluries del 15 agosto 1889. 
Leone XIII, mise fin dall’inizio il suo pontificato «sotto la potentissima protezione di san Giuseppe, celeste patrono della Chiesa» (allocuzione ai cardinali del 28 marzo 1878)

Georges de La Tour - San Giuseppe falegname (1640)
Museo des Beaux-Arts et d'Archeologie, Besancon, France


A te, o beato Giuseppe, stretti dalla tribolazione ricorriamo, e fiduciosi invochiamo il tuo patrocinio dopo quello della tua Santissima Sposa.

Deh! per quel sacro vincolo di carità che ti strinse all’Immacolata Vergine Madre di Dio, e per l’amore paterno che portasti al fanciullo Gesù, guarda, te ne preghiamo, con occhio benigno la cara eredità che Gesù Cristo acquistò col suo sangue, e col tuo potere ed aiuto sovvieni ai nostri bisogni.

Proteggi, o provvido Custode della divina Famiglia, l’eletta prole di Gesù Cristo; allontana da noi, o Padre amantissimo, la peste di errori e di vizi che ammorba il mondo; assistici propizio dal cielo in questa lotta contro il potere delle tenebre, o nostro fortissimo protettore; e come un tempo salvasti dalla morte la minacciata vita del pargoletto Gesù, così ora difendi la santa Chiesa di Dio dalle ostili insidie e da ogni avversità: e stendi ognora sopra ciascuno di noi il tuo patrocinio, affinché sul tuo esempio, e mercé il tuo soccorso, possiamo vivere virtuosamente, piamente morire, e conseguire l’eterna beatitudine in cielo. Così sia.


 Buona giornata a tutti. :-)





sabato 6 ottobre 2018

In onore del Santo Rosario

"L’efficacia e la potenza del Rosario furono poi mirabilmente sperimentate anche nel secolo XVI, allorché le imponenti forze dei Turchi minacciavano di imporre a quasi tutta l’Europa il giogo della superstizione e della barbarie. 
In quella circostanza il Pontefice San Pio V, dopo aver esortato i Principi cristiani alla difesa di una causa che era la causa di tutti, rivolse innanzi tutto ogni suo zelo ad ottenere che la potentissima Madre di Dio, invocata con le preghiere del Rosario, venisse in aiuto del popolo cristiano. 
E la risposta fu il meraviglioso spettacolo, allora offerto al cielo e alla terra, spettacolo che incatenò le menti e i cuori di tutti. 
Da una parte, infatti, i fedeli pronti a dare la vita e a versare il sangue per la salvezza della religione e della patria, aspettavano intrepidi il nemico non lontano dal golfo di Corinto; dall’altra, uomini inermi in pia e supplichevole schiera invocavano Maria, e con la formula del Rosario ripetutamente salutavano Maria, affinché assistesse i combattenti fino alla vittoria. 
E la Madonna, mossa da quelle preghiere, li assistette. 
Infatti,avendo la flotta dei cristiani attaccato battaglia presso le isole Curzolari, senza gravi perdite sbaragliò ed uccise i nemici [a Lepanto] e riportò una splendida vittoria. 
Per questo motivo il santissimo Pontefice, ad eternare il ricordo della grazia ottenuta, decretò che il giorno anniversario di quella grande battaglia fosse considerato festivo in onore di Maria Vincitrice, e tale festa Gregorio XIII consacrò poi col titolo del Rosario. 
Parimenti sono note le vittorie riportate sulle forze dei Turchi, durante il secolo scorso, una volta presso Timisoara in Romania, e l’altra presso l’isola di Corfù, in due giorni dedicati alla grande Vergine e dopo molte preghiere a Lei offerte secondo il pio rito del Rosario. 
Questa fu la ragione che mosse il Nostro Predecessore Clemente XI a stabilire che, in attestato di riconoscenza, tutta la Chiesa celebrasse ogni anno la solennità del Rosario". 

- papa Leone XIII - 
Supremi Apostolatus, 1 settembre 1883
1571 - 7 ottobre - 2018



"Non virtus, non arma, non duces, sed Maria Rosarii, victores nos fecit"

Il rosario è il dramma della Redenzione visto dalle pupille di Maria, la vergine e la Madre: le gioie di Nazareth, le luci di Betlemme, le vicende di Giuseppe, e poi la tragedia della croce e infine le glorie celesti son fatte patrimonio di famiglia, cose nostre. La nostra storia, la vita nostra.

- Igino Giordani -

da: Una stella accesa nella notte, Città nuova, 2004, pag. 81


Alla sera quando andate a dormire prendete la corona e addormentatevi recitandola. Farete come quei bambini che si addormentano chiamando: mamma! Mamma!

- Santa Bernadette - 





Buona giornata a tutti. :-)





venerdì 2 marzo 2018

papa Leone XIII e la preghiera a San Michele Arcangelo - Padre Gabriele Amorth

“In principio era il Verbo, ed il Verbo era presso Dio, ed il Verbo era Dio. 
Egli era in principio con Dio. Tutto si fece per mezzo di lui; e senza di Lui nulla fu fatto di quanto si fece. In Lui era la vita e la vita era la luce degli uomini. E la luce splende fra le tenebre, ma le tenebre non l’accolsero. 
Ci fu un uomo mandato da Dio, il cui nome era Giovanni. Questi venne per rendere testimonianza alla luce, affinché tutti credessero per mezzo di Lui. Egli non era la luce, ma venne per rendere testimonianza alla luce. 
Il Verbo era la luce vera che illumina ogni uomo che viene in questo mondo. Egli era nel mondo, ed il mondo per mezzo di Lui fu fatto, ma il mondo non Lo riconobbe. Venne tra i suoi, ma i suoi non Lo accolsero. 
Ma a quanti Lo accolsero, diede il potere di diventare figli di Dio: i quali non da sangue, nè da volere di carne, nè da volere di uomo, ma da Dio sono nati (Ci si inginocchia). Ed il verbo si fece carne (ci si alza) ed abitò fra noi. E noi abbiamo contemplato la Sua gloria: gloria che viene dal Padre al suo Unigenito pieno di grazia e di verita’.” 

Vangelo di S.Giovanni.



Molti di noi ricordano come, prima della rifor­ma liturgica dovuta al Concilio Vaticano II, il cele­brante e i fedeli si mettevano in ginocchio alla fine di ogni messa, per recitare una preghiera alla Madonna ed una a S. Michele Arcangelo. Riportiamo il testo di quest'ultima, perché è una preghiera bella, che può essere recitata da tutti con frutto:

«San Michele Arcangelo,
difendici nella battaglia;
contro le malvagità e le insidie del diavolo sii nostro aiuto.
Ti preghiamo supplici: che il Signore lo comandi!
E tu, principe delle milizie celesti,
con la potenza che ti viene da Dio,
ricaccia nell'inferno Satana e gli altri spinti maligni,
che si aggirano per il mondo a perdizio­ne delle anime».




Questa preghiera, composta dal Papa stesso, per mettere il demonio in fuga, può preservare da grandi mali se stesso, la famiglia e la società. Può essere recitata anche tutti i giorni dai semplici fedeli; uomini, donne e ragazzi. 
Può ripetersi in Chiesa, nelle case e anche nelle strade, privatamente, o meglio riuniti in due o tre persone.



Come è nata questa preghiera? Trascrivo quanto pubblicò la rivista Ephemerides Liturgicae, nel 1955, pagg. 58-59.

P. Domenico Pechenino scrive: «Non ricordo l'anno preciso. Un mattino il grande Pontefice Leone XIII aveva celebrato la S. Messa e stava assistendone un'altra, di ringraziamento, come al solito. Ad un tratto lo si vide drizzare energica­mente il capo, poi fissare qualche cosa al di sopra del capo del celebrante. Guardava fisso, senza batter palpebra, ma con un senso di terrore e di meraviglia, cambiando colore e lineamenti. Qual­cosa di strano, di grande avveniva in lui.

Finalmente, come rivenendo in sé, dando un leggero ma energico tocco di mano, si alza. Lo si vede avviarsi verso il suo studio privato. I familiari lo seguono con premura e ansiosi. Gli dicono sommessamente: Santo Padre, non si sente bene? Ha bisogno di qualcosa? Risponde: Niente, niente. Dopo una mezz'ora fa chiamare il Segretario della Con­gregazione dei Riti e, porgendogli un foglio, gli ingiunge di farlo stampare e di farlo pervenire a tutti gli Ordinari del mondo. Che cosa contene­va? La preghiera che recitiamo al termine della Messa insieme al popolo, con la supplica a Maria e l'infocata invocazione al Principe delle milizie celesti, implorando Dio che ricacci Satana nel­l'inferno».

In quello scritto si ordinava anche di recitare tali preghiere in ginocchio. Quanto sopra, che era stato pubblicato anche nel giornale "La setti­mana del clero", il 30 marzo 1947, non cita le fonti da cui è stata attinta la notizia.
Risulta però il modo insolito con cui fu ordinato di recitare quella preghiera, che venne spedita agli Ordinari nel 1886. A conferma di quanto scrive P. Pechenino abbiamo l'autorevole testimonianza del card. Nasalli Rocca che, nella sua Lettera Pastorale per la quaresima, emanata a Bologna nel 1946, scrive:

«Leone XIII scrisse egli stesso quella preghie­ra. La frase (i demoni) che si aggirano nel mondo a perdizione delle anime ha una spiegazione storica, a noi più volte riferita dal suo segretario particola­re, mons. Rinaldo Angeli. Leone XIII ebbe vera­mente la visione degli spiriti infernali che si addensavano sulla città eterna (Roma); e da quel­la esperienza venne la preghiera che volle far recitare in tutta la Chiesa. Tale preghiera egli la recitava con voce vibrata e potente: la udimmo tante volte nella Basilica Vaticana.
Non solo, ma scrisse di sua mano uno speciale esorcismo conte­nuto nel Rituale Romano (edizione 1954, tit. XII, c. III, pag. 863 e segg.).
Questi esorcismi egli rac­comandava ai vescovi e ai sacerdoti di recitarli spesso nelle loro diocesi e parrocchie. Egli lo recitava spessissimo lungo il giorno».

È anche interessante tener conto di un altro fatto, che arricchisce ancor più il valore di quelle preghiere che si recitavano dopo ogni messa. Pio XI volle che, nel recitare queste preghiere, vi si ponesse una particolare intenzione per la Russia (allocuzione del 30 giugno 1930). In tale allocu­zione, dopo aver ricordato le preghiere per la Russia a cui aveva sollecitato anche tutti i fedeli nella ricorrenza del patriarca S. Giuseppe (19 marzo 1930), e dopo aver ricordato la persecu­zione religiosa in Russia, così conclude:

«E affinché tutti possano senza fatica ed inco­modo continuare in questa santa crociata, stabi­liamo che quelle preci che il nostro antecessore di felice memoria, Leone XIII, comandò che si recitassero dopo la messa dai sacerdoti e dai fede­li, siano dette a questa particolare intenzione, e cioè per la Russia. Di ciò i Vescovi e il clero seco­lare e regolare abbiano cura di rendere informati il loro popolo e quanti sono presenti al S. Sacrifi­cio, né manchino di richiamare spesso quanto sopra alla loro memoria» (Civiltà Cattolica, 1930, vol. III).

Come si vede la tremenda presenza di Satana è stata tenuta presente con molta chiarezza dai Pontefici; e l'intenzione aggiunta da Pio XI toc­cava il centro delle false dottrine seminate nel nostro secolo e che tuttora avvelenano la vita non solo dei popoli, ma degli stessi teologi.



Se poi le disposizioni di Pio XI non sono state osservate, è colpa di coloro a cui erano state affidate; certa­mente si integravano bene con gli avvenimenti carismatici che il Signore aveva dato all'umanità attraverso le apparizioni di Fatima, pur essendo indipendenti da esse: Fatima allora era ancora sconosciuta nel mondo.

                                        - Padre Gabriele Amorth -









venerdì 29 settembre 2017

Orazione originale all'Arcangelo San Michele di Papa Leone XIII, 1930

"O glorioso Arcangelo San Michele, principe dell'armata Celeste, sia tu la nostra difesa nella terribile guerra che noi conduciamo contro i principati e le podestà, contro i regnanti di questo mondo di tenebre, di spiriti e di male. Giunga tu in aiuto dell'uomo, il quale Iddio creò immortale, fatto nella Sua medesima immagine e somiglianza, e redense a sì gran prezzo dalla tirannia del Diavolo.
Che tu combatta in questo giorno la battaglia del Signore, assieme agli angeli santi, come già tu combattesti la guida degli angeli superbi, Lucifero, e la sua armata apostatica, i quali furono impotenti onde poterti resistere, né fuvvi più per loro posto nel Cielo.
Quel crudele, quell'antico serpente, il quale è appellato Diavolo o Satana, il quale seduce il mondo intero, fu spedito negli abissi con i suoi angeli. 

Ecco, questo primevo nemico ed uccisore degli uomini ha acquisito coraggio.
Trasformato in un angelo di luce egli vagabonda in giro assieme alla moltitudine di spiriti malvagi, invadendo la Terra di modo da offuscare il nome di Dio e del Suo Cristo, di modo da sequestrare, uccidere e spedire alla perdizione eterna le anime destinate alla corona della gloria eterna. 
Questo malvagio dragone rovescia, come il più impuro dei diluvi, il veleno della sua malizia sugli uomini di mente depravata e di cuore corrotto, lo spirito della menzogna, dell'empietà, della blasfemia ed il pestilenziale alito dell'impurità e di ogni vizio ed iniquità.
Questi sì astuti nemici hanno riempito ed inebriato con impudenza ed amarezza la Chiesa, la Sposa dell'immacolato Agnello, ed hanno posto empie mani sui suoi più sacri possedimenti. 
Nel luogo santo medesimo, nel quale è stata stabilita la Sede del beatissimo Pietro e la sedia della Verità per la luce del mondo, essi hanno innalzato il trono della loro abominevole empietà, con l'iniquo piano per il quale allorché il Pastore viene colpito le pecore siano disperse.
Che tu salga, dunque, o invincibile principe, che tu voglia recare aiuto contro gli attacchi degli spiriti perduti al popolo di Dio e dona loro la vittoria. 
Essi venerano te come il loro protettore e patrono; in te la Santa Chiesa gloria la sua difesa contro il malizioso potere dell'Inferno; a te ha Iddio affidato le anime degli uomini da stabilirsi nella Celeste beatitudine. 
Deh, che tu voglia pregare al Dio della pace acciocché Egli ponga Satana sotto i nostri piedi, talmente conquistato che egli non tenga più gli uomini in cattività e non nuoccia più la Chiesa. 
Che tu offra le nostre orazioni dinnanzi all'Altissimo, cosicché esse siano velocemente conciliate con le pietà del Signore, e sconfiggendo il dragone, l'antico serpente, il quale è il Diavolo e Satana, che tu lo renda ancora cattivo negli abissi, talché egli non seduca più le nazioni. Amen.

Ecco la Croce del Signore; siate disperse voi ostili potenze. 
Il Leone della tribù di Giuda ha conquistato, la radice di Davide. 
Voglia Tu lasciare che le Tue pietà siano su di noi, o Signore. 
In quanto noi abbiamo sperato in Te. O Signore, oda Tu la mia preghiera. Voglia Tu lasciare che il mio grido giunga a Te.

Orazione originale all'Arcangelo San Michele di Papa Leone XIII, 1930, Fratelli Benzinger [Benzinger Brothers], pagine 314-315



Sancte Michael Archangele, defende nos in proelio;
contra nequitiam et insidias diaboli esto praesidium.
Imperet illi Deus, supplices deprecamur:
tuque, Princeps militiae caelestis, 
Satanam aliosque spiritus malignos,
qui ad perditionem animarum pervagantur in mundo,
divina virtute in infernum detrude.
Amen.






O Iddio,
il Padre di nostro Signore Gesù Cristo, 
noi invochiamo il Tuo santo nome 
e come supplicanti noi imploriamo la Tua clemenza, 
affinché mediante le intercessioni di Maria, 
sempre Vergine immacolata e nostra Madre, 
e del glorioso Arcangelo San Michele, 
Tu ci degni del Tuo aiuto contro Satana 
e tutti gli altri spiriti immondi, 
i quali girovagano nel mondo 
per l'ingiuria della razza umana 
e la rovina delle anime. Amen.


lunedì 21 dicembre 2015

Eliogabalo e Matusalemme - don Bruno Ferrero -

Il piccolo e zoppo Matusalemme ed Eliogabalo (detto Gabalo) erano due ragazzi poveri della città. 
Avevano sempre vissuto, dalla nascita, nel collegio dei ragazzi poveri. “Sai che domani è Natale?” chiese Gabalo, un giorno che tutti e due stavano spalando la neve dall’ingresso dell’istituto. “Ah, davvero?” rispose Matusalemme. “Spero proprio che la signora Pynchum non se ne accorga. Diventa particolarmente antipatica nei giorni di festa!”. 
L’antipatica signora Pynchum era la direttrice dell’Istituto dei poveri, ed era temuta da tutti. Matusalemme proseguì: “Gabalo, tu credi che Babbo Natale ci sia davvero?”. “Certo che c’e".  “E allora perché non viene mai qui alla Casa dei Poveri?”. “Beh”, rispose Gabalo, “noi stiamo in una strada tutta curve, lo sai no? 
Forse Babbo Natale non riesce di trovarla”. 
Gabalo cercava sempre di mostrare a Matusalemme il lato bello delle cose, anche quando non c’era! 
Proprio in quel momento un’automobile investì un povero cane che cadde riverso sulla neve. 
Gabalo corse subito in suo aiuto e vide che aveva una zampa rotta. Fece una stecca e fasciò strettamente la zampa del cane. 
Gabalo lesse sul collare che il cane apparteneva al dottor Carruthers, un medico famoso nella città. Lo prese in braccio e si avviò verso la casa del dottore. 
Il dottore aveva una gran barba bianca, lo accolse con un sorriso e gli chiese chi aveva immobilizzato e steccato cosi bene la zampa del cane. “Perbacco, io, signore”, rispose Gabalo e gli raccontò di tutti gli altri animali ammalati che aveva guarito. “Sei un ragazzo davvero in gamba!” gli disse alla fine il dottor Carruthers guardandolo negli occhi. 
“Ti piacerebbe venire a viver da me e studiare per diventare dottore?”. Gabalo rimase senza parole. 
Andare lontano dalla signora Pynchum e non essere più uno “della Casa dei Poveri”, diventare un dottore! “Oh, oh s—s—sì, signore! Oh... Improvvisamente la gioia svanì dai suoi occhi. 
Se Gabalo se ne andava, chi si sarebbe preso cura del piccolo e zoppo Matusalemme? “Io... io vi ringrazio, signore” disse. “Ma non posso venire, signore!”. E prima che il dottore scorgesse le sue lacrime corse fuori dalla casa.. 
Quella sera, il dottor Carruthers si presentò all’istituto con le braccia cariche di pacchetti. Quando Matusalemme lo vide cominciò a gridare: “E’ arrivato Babbo Natale!”. Il dottore scoppiò a ridere e, mentre consegnava al ragazzo un pacchetto dai vivaci colori, notò che zoppicava e gli fece alcune domande. Dopo un attimo, il dottor Carruthers disse: “Conosco un ospedale in città dove potrebbero guarirti. Hai parenti o amici?”. “Oh, sì”, rispose subito Matusalemme, “ho Gabalo!”. 
Il dottore lanciò uno sguardo penetrante a Gabalo. “E’ per lui che non hai voluto venire a stare da me, figliolo?”. 
“Beh, io... io sono tutto quello che lui possiede”, rispose Gabalo. Il dottore, profondamente commosso, disse: “E se prendessi anche Matusalemme con noi?”. Questa volta a Gabalo non importò che tutti vedessero le sue lacrime, e Matusalemme si mise a battere le mani dalla gioia. Naturalmente non sapeva che sarebbe guarito e che un giorno Gabalo sarebbe diventato un chirurgo famoso. 
Tutto quello che sapeva era che Babbo Natale aveva trovato la strada dei poveri e che lo portava via con Gabalo.

- don Bruno Ferrero -
da: "365 storie per l'anima", ed. Elledicì



“Siamo sposi, quando nello Spirito Santo l’anima fedele si congiunge al Nostro Signore Gesù Cristo. Siamo suoi fratelli, quando facciamo la volontà del Padre che è nei cieli. Siamo madri, quando lo portiamo nel cuore e nel corpo nostro per mezzo del divino amore e della pura e sincera coscienza, e lo diamo alla luce per mezzo della santa operazione che deve risplendere agli altri in esempio.
Oh, come è glorioso, santo e grande avere in Cielo un Padre!
Oh, come è santo, fonte di consolazione, bello e ammirabile avere un tale Sposo! 
Oh, come è santo e come è caro, piacevole umile, pacifico, dolce, amabile e desiderabile sopra ogni cosa avere un tale Fratello e un tale Figlio, il Signore nostro Gesù Cristo”.
- san Francesco d'Assisi - 




...Siamo troppo orgogliosi per vedere Dio. Ci succede come a Erode e ai suoi teologi specialisti: a questo livello non si ode più alcun angelo cantare. 
A questo livello ci si sente solo minacciati o annoiati da Dio. 
A questo livello non si vuole più essere la "sua gente", proprietà di Dio, bensì si vuole appartenere solo a se stessi. Di conseguenza non possiamo più accogliere colui che viene nella sua proprietà; per questo dovremmo infatti cambiare noi stessi e riconoscerlo come il proprietario.
Egli è venuto come bambino per spezzare la nostra superbia. 
Forse davanti alla potenza, davanti alla sapienza avremmo capitolato. 
Egli però non vuole la nostra capitolazione, ma vuole il nostro amore. 
Ci vuole liberare dal nostro orgoglio e renderci così veramente liberi. Lasciamo perciò che la gioia di questo giorno entri tranquillamente nella nostra anima. Essa non è un'illusione. 
E' la verità. La verità - quella ultima, quella reale - è bella, è buona, e l'incontro con essa rende l'uomo buono...

- Card.Joseph Ratzinger  - 
da "La benedizione del Natale" 




















Buona giornata a tutti. :-)