Ci sono due modi di “vedere” e di “conoscere”
Gesù: uno – quello della folla – più superficiale,
l’altro – quello dei discepoli – più penetrante e autentico.
Con la duplice
domanda: “Che cosa dice la gente – Che cosa dite voi di me?”, Gesù invita i
discepoli a prendere coscienza di questa diversa prospettiva.
La gente pensa
che Gesù sia un profeta. Questo non è falso, ma non basta; è inadeguato. Si
tratta, in effetti, di andare in profondità, di riconoscere la singolarità
della persona di Gesù di Nazaret, la sua novità.
Anche oggi è così: molti
accostano Gesù, per così dire, dall’esterno.
Grandi studiosi ne riconoscono la
statura spirituale e morale e l’influsso sulla storia dell’umanità,
paragonandolo a Buddha, Confucio, Socrate e ad altri sapienti e grandi
personaggi della storia.
Non giungono però a riconoscerlo nella sua unicità.
Viene in mente ciò che disse Gesù a Filippo durante l’Ultima Cena: “Da tanto
tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo?” (Gv 14,9).
Spesso Gesù
è considerato anche come uno dei grandi fondatori di religioni, da cui ognuno
può prendere qualcosa per formarsi una propria convinzione. Come allora,
dunque, anche oggi la “gente” ha opinioni diverse su Gesù.
E come allora, anche
a noi, discepoli di oggi, Gesù ripete la sua domanda: “E voi, chi dite che io
sia?”. Vogliamo fare nostra la risposta di Pietro. Secondo il Vangelo di Marco
Egli disse: “Tu sei il Cristo” (8,29); in Luca l’affermazione è: “Il Cristo di
Dio” (9,20); in Matteo suona: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”
(16,16); infine in Giovanni: “Tu sei il Santo di Dio” (6,69). Sono tutte
risposte giuste, valide anche per noi.
- papa Benedetto XVI -
Omelia, Basilica Vaticana, 29
giugno 2007
Credo negli uomini, nel loro pensiero, nel valore della loro sterminata fatica.
Credo nella vita come dono e come durata, come possibilità illimitata di elevazione, non prestito effimero dominato dalla morte.
Credo nella gioia: la gioia di ogni stagione, di ogni tappa, di ogni aurora, di ogni tramonto, di ogni volto, di ogni raggio di luce che parta dal cervello, dai sensi, dal cuore.
Credo nella famiglia del sangue e nella famiglia prescelta per il mio lavoro.
Credo nel dovere di servire il bene comune perché giustizia, libertà e pace siano a fondamento della vita sociale.
Credo nella possibilità di una grande famiglia umana e nell'unità dei cristiani quale Cristo la volle.
Credo nella gioia dell'amicizia, nella fedeltà e nella parola degli uomini.
Credo in me stesso, nella capacità che Dio mi ha conferito, perché possa sperimentare la più grande fra le gioie, che è quella del donare e del donarsi.
In questa fede voglio vivere, per questa fede voglio lottare e con questa fede voglio addormentarmi in attesa del grande, gioioso risveglio.
(Padre Giulio Bevilacqua)