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mercoledì 13 dicembre 2017

Da: “Lucifero ha paura del Natale” - Marcello Lanza, esorcista

…..Quasi dialogando con l’autore – che è un sacerdote esorcista – vorrei innanzitutto ringraziarlo perché in queste sue pagine ha comunicato il suo convincimento circa la lotta che il Maligno – Lucifero era il suo nome proprio quale angelo di luce –, pur essendo un vinto, cerca ancora di intentare contro Dio per contrastane l’opera salvifica.
L’autore – ed è un altro merito di questo testo – non ci parla del Maligno attraverso fatti sensazionali, ma ci porta al cuore della lotta, là dove la ribellione di Lucifero è nata e dove, anche, il Maligno è stato vinto: nel mistero dell’incarnazione, morte e risurrezione del Signore Gesù Cristo.
Questa prospettiva è liberante, perché ci fa volgere lo sguardo a colui che è venuto sulla terra per essere il nostro salvatore: solo fissando lo sguardo su di lui e invocandone l’aiuto, si può vincere ogni tentazione e seduzione del Maligno.
Ecco perché è tanto importante celebrare con viva partecipazione i misteri di Cristo, che la liturgia ogni anno ci fa ripercorrere rendendoli efficacemente presenti.
La nascita di Gesù sulla terra da una Vergine immacolata, palesemente destabilizza il regno abusivo di Lucifero, che da angelo di luce è diventato spirito tenebroso sempre all’opera per trascinare l’umanità nella falsa luce del suo regno.
Come discernere la vera luce dalle false luci? 
L’autore non ha dubbi nell’indicare di fare ricorso a colei che mai fu intaccata dalla colpa dei progenitori: l’Immacolata Vergine Maria, madre di Cristo e della chiesa. Lucifero ha paura del Natale, perché da questa donna è nato il Cristo, colui che gli ha tolto il potere e che, come a un serpente insidioso, gli ha schiacciato la testa.
La sua piena sconfitta avviene sul Calvario, ma essa comincia già con il «sì» della Vergine – immacolata proprio grazie al sacrificio redentore del Figlio – con il concepimento e la nascita di Gesù. Sì, l’angelo che ha perduto la luce per la sua superbia, ha paura di quel bambino che nasce a Betlemme e che viene accolto come la Luce venuta a splendere nelle tenebre, come il Sole divino che mai tramonta. È un bambino divino che ha autorità regale e si presenta – al contrario di Lucifero! – nell’umiltà della carne umana proprio per redimerla dall’interno del suo essere. 
Maria, umile serva, è come il trono del Re dell’universo. 
L’umanità è attratta da questo «piccolo Re di gloria» e accorre ad adorarlo nella povertà di una capanna. Lucifero sa che questo è l’inizio della sconfitta.
Per questo, come si esprime il salmista: «Digrigna i denti e si consuma» (Sal 112,10); lo dimostra l’ostilità di Erode che tenta di sopprimere il bambino per timore di perdere il proprio trono. 
Ma un inno della solennità dell’Epifania canta: «Perché temi Erode? Non porta via i regni terreni, colui che è venuto a donarci il regno dei cieli». 
Il bambino, nato in una capanna nella campagna di Betlemme, regnerà sul trono della croce eretta su un colle che si chiamerà Calvario. 
Con la nascita di Gesù, si può dire, il trono di Lucifero – detto anche satana e diavolo – crolla come tutti i troni eretti nella storia dell’umanità da uomini che – sedotti da Lucifero – si illudono di essere onniscienti e onnipotenti, quindi di poter sfidare Dio e sopprimerlo nelle anime dei credenti con i loro sottili e falsi ragionamenti. Ma la stella di Betlemme brilla sempre e illumina la notte di chi, di fede in fede, avanza sulle vie di Dio.

- Madre Anna Maria Cànopi - 
abbadessa dell’Abbazia benedettina «Mater Ecclesiæ»
Isola San Giulio sul lago d’Orta (Novara)
19 marzo 2017 Solennità di San Giuseppe, sposo della Beata Vergine Maria
Da: “Lucifero ha paura del Natale” - Marcello Lanza, esorcista, edizioni Messaggero Padova





Il Dio bambino entra nel mondo per dissipare gli inganni di colui che si traveste da angelo di luce (cf. 2Cor 11,14) per abbagliare gli uomini con le sue attraenti seduzioni, tra cui l’occultismo che apre le porte alla sua azione straordinaria. 
Dio diventa uomo per riaprire le porte del paradiso, allora Lucifero teme che l’uomo, assumendo uno stile di vita natalizio, riscopra la strada, la vera luce, che conduce alla beatitudine eterna. 
Il Natale diventa, così, inizio di riflessione sul paradiso.

Da: “Lucifero ha paura del Natale” - Marcello Lanza, esorcista, edizioni Messaggero Padova




«Per questo si manifestò il Figlio di Dio: per distruggere le opere del diavolo» (1Gv 3,8b). In seguito al peccato originale l’uomo doveva riscattarsi dal potere delle tenebre al quale liberamente si è sottoposto, ma solo Dio poteva distruggere le opere del diavolo, che tutte sfociano in un’unica prospettiva: l’abisso della perdizione. Questa lotta inizia proprio col Natale del Signore Gesù: «Il Figlio dell’eterno Padre dovette scendere dalla gloria del cielo, per- ché il mistero dell’iniquità aveva avvolto la terra».
Dio diventa uomo per salvare il suo popolo dai peccati e distruggere le catene di Lucifero con il dono della divina misericordia. Tale opera ha inizio proprio nella santa grotta di Betlemme ed è ben espressa nei rituali di esorcismo in vigore.

Da: “Lucifero ha paura del Natale” - Marcello Lanza, esorcista, edizioni Messaggero Padova



Buona giornata a tutti. :-)




lunedì 11 dicembre 2017

La morte della Parrocchia - don Bruno Ferrero

Sui muri e sul giornale della città comparve uno strano annuncio funebre: «Con profondo dolore annunciamo la morte della parrocchia di Santa Eufrosia. I funerali avranno luogo domenica alle ore 11».
La domenica, naturalmente, la chiesa di Santa Eufrosia era affollata come non mai. Non c’era più un solo posto libero, neanche in piedi. 

Davanti all’altare c’era il catafalco con una bara di legno scuro.
Il parroco pronunciò un semplice discorso: «Non credo che la nostra parrocchia possa rianimarsi e risorgere, ma dal momento che siamo quasi tutti qui voglio fare un estremo tentativo. Vorrei che passaste tutti quanti davanti alla bara, a dare un’ultima occhiata alla defunta. Sfilerete in fila indiana, uno alla volta e dopo aver guardato il cadavere uscirete dalla porta della sacrestia. Dopo, chi vorrà potrà rientrare dal portone per la Messa».
Il parroco aprì la cassa. Tutti si chiedevano: «Chi ci sarà mai dentro? Chi è veramente il morto?».
Cominciarono a sfilare lentamente. Ognuno si affacciava alla bara e guardava dentro, poi usciva dalla chiesa.  Uscivano silenziosi, un po’ confusi.

Perché tutti coloro che volevano vedere il cadavere della parrocchia di Santa Eufrosia e guardavano nella bara, vedevano, in uno specchio appoggiato sul fondo della cassa, il proprio volto.
«Anche voi, come pietre vive, formate il tempio dello Spirito Santo, siete sacerdoti consacrati a Dio e offrite sacrifici spirituali che Dio accoglie volentieri, per mezzo di Gesù Cristo» (1 Pietro 2,5).

Se c’è polvere nelle sale della tua parrocchia, c’è polvere sulla tua anima.

- don Bruno Ferrero - 




"...Dovremmo avere invece paura di non avere più il coraggio di cercare qualcosa per paura di soffrire, per paura di questa angoscia che a volte ti toglie l'aria. 
Il vangelo appunta tutto quello che molto spesso accade a noi. 
Esso non è un libro di ideali e di proclami, ma una strada tracciata da vite concrete, da storie concrete, che partono da quel poco che siamo e conducono dritti alla meta, al Senso ultimo della storia.  
E allo stesso tempo non dobbiamo avere paura di non capire tutto subito, di non comprendere fino in fondo il significato di ciò che viviamo. 
La nostra perseveranza e fedeltà alla realtà e non semplicemente a quello che vorremmo fosse la nostra realtà, ci salva. 
Stare davanti alle cose che oggettivamente esistono nella nostra vita (quel tale padre, quella tale madre, quell'amico, quel corpo che abbiamo, quelle attitudini, quella malattia, quell'amore, quei limiti, quella gioia) ci portano a quella salvezza che è un fatto vero e non una proiezione dei nostri sogni. Molto spesso ci rifugiamo nei nostri sogni per non affrontare la realtà, ecco perchè il cristianesimo non è un sogno ma  una realtà che và vissuta ad occhi aperti. Per credere bisogna essere svegli e con gli occhi aperti, altrimenti si rischia di confondere la fede con una suggestione soporifera creata appunto per evitare la vita e non per salvarla. Meravigliose, a questo proposito, le parole del Papa... "

- don Luigi Maria Epicoco
da "Tracce di Parola di Dio" 2.7.2011



 "La differenza tra uno che sogna e uno che sta sveglio consiste innanzitutto nel fatto che colui che sogna si trova in un mondo particolare. 
Con il suo io egli è rinchiuso in questo mondo del sogno che, appunto, è soltanto suo e non lo collega con gli altri. 
Svegliarsi significa uscire da tale mondo particolare dell’io ed entrare nella realtà comune, nella verità che, sola, ci unisce tutti. 
Il conflitto nel mondo, l’inconciliabilità reciproca, derivano dal fatto che siamo rinchiusi nei nostri propri interessi e nelle opinioni personali, nel nostro proprio minuscolo mondo privato. 
L’egoismo, quello del gruppo come quello del singolo, ci tiene prigionieri dei nostri interessi e desideri, che contrastano con la verità e ci dividono gli uni dagli altri. Svegliatevi, ci dice il Vangelo. 
Venite fuori per entrare nella grande verità comune, nella comunione dell’unico Dio. 
Svegliarsi significa così sviluppare la sensibilità per Dio; per i segnali silenziosi con cui Egli vuole guidarci; per i molteplici indizi della sua presenza. 
Ci sono persone che dicono di essere “religiosamente prive di orecchio musicale”. 
La capacità percettiva per Dio sembra quasi una dote che ad alcuni è rifiutata. E in effetti – la nostra maniera di pensare ed agire, la mentalità del mondo odierno, la gamma delle nostre varie esperienze sono adatte a ridurre la sensibilità per Dio, a renderci “privi di orecchio musicale” per Lui. 
E tuttavia in ogni anima è presente, in modo nascosto o aperto, l’attesa di Dio, la capacità di incontrarlo. 
Per ottenere questa vigilanza, questo svegliarsi all’essenziale, vogliamo pregare, per noi stessi e per gli altri, per quelli che sembrano essere “privi di questo orecchio musicale” e nei quali, tuttavia, è vivo il desiderio che Dio si manifesti." 

- papa Benedetto XVI - 
Omelia, Basilica Vaticana, 24 dicembre 2009


Buona giornata a tutti. :-)







domenica 10 dicembre 2017

Ballata della speranza – Padre David Maria Turoldo

Tempo del primo avvento
tempo del secondo avvento
sempre tempo d'avvento:
esistenza, condizione
d'esilio e di rimpianto.
Anche il grano attende
anche l'albero attende
attendono anche le pietre
tutta la creazione attende.

Tempo del concepimento
di un Dio che ha sempre da nascere.
(Quando per la donna è giunta la sua ora
è in grande pressura
ma poi tutta la sua tristezza
si muterà in gaudio
perché è nato al mondo un uomo.)


Questo è il vero lungo inverno del mondo: 
Avvento, tempo del desiderio
tempo di nostalgia e ricordi
(paradiso lontano e impossibile!)
Avvento, tempo di solitudine
e tenerezza e speranza.


Oh, se sperassimo tutti insieme
tutti la stessa speranza
e intensamente
ferocemente sperassimo
sperassimo con le pietre
e gli alberi e il grano sotto la neve
e gridassimo con la carne e il sangue
con gli occhi e le mani e il sangue;
sperassimo con tutte le viscere
con tutta la mente e il cuore
Lui solo sperassimo;
oh se sperassimo tutti insieme
con tutte le cose
sperassimo Lui solamente
desiderio dell'intera creazione;
e sperassimo con tutti i disperati
con tutti i carcerati
come i minatori quando escono
dalle viscere della terra,
sperassimo con la forza cieca
del morente che non vuol morire,
come l'innocente dopo il processo
in attesa della sentenza,
oppure con il condannato
avanti il plotone d'esecuzione
sicuro che i fucili non spareranno;
se sperassimo come l'amante
che ha l'amore lontano
e tutti insieme sperassimo,
a un punto solo
tutta la terra uomini
e ogni essere vivente
sperasse con noi
e foreste e fiumi e oceani,
la terra fosse un solo
oceano di speranza
e la speranza avesse una voce sola
un boato come quello del mare,
e tutti i fanciulli e quanti
non hanno favella
per prodigio
a un punto convenuto
tutti insieme
affamati malati disperati,
e quanti non hanno fede
ma ugualmente abbiano speranza
e con noi gridassero
astri e pietre,
purché di nuovo un silenzio altissimo
- il silenzio delle origini -
prima fasci la terra intera
e la notte sia al suo vertice;
quando ormai ogni motore riposi
e sia ucciso ogni rumore
ogni parola uccisa
- finito questo vaniloquio! -
e un silenzio mai prima udito
(anche il vento faccia silenzio
anche il mare abbia un attimo di silenzio,
un attimo che sarà la sospensione del mondo),
quando si farà questo
disperato silenzio
e stringerà il cuore della terra
e noi finalmente in quell'attimo dicessimo
quest'unica parola
perché delusi di ogni altra attesa
disperati di ogni altra speranza,
quando appunto così disperati
sperassimo e urlassimo
(ma tutti insieme
e a quel punto convenuti)
certi che non vale chiedere più nulla
ma solo quella cosa
allora appunto urlassimo
in nome di tutto il creato
(ma tutti insieme e a quel punto)
VIENI VIENI VIENI, Signore
vieni da qualunque parte del cielo
o degli abissi della terra
o dalle profondità di noi stessi
(ciò non importa) ma vieni,
urlassimo solo: VIENI!

Allora come il lampo guizza dall'oriente
fino all'occidente così sarà la sua venuta
e cavalcherà sulle nubi;
e il mare uscirà dai suoi confini
e il sole più non darà la sua luce
né la luna il suo chiarore
e le stelle cadranno fulminate
saranno scosse le potenze dei cieli.

E lo Spirito e la sposa dicano: Vieni!
e chi ascolta dica: vieni!
e chi ha sete venga
chi vuole attinga acqua di vita
per bagnarsi le labbra
e continuare a gridare: vieni!

Allora Egli non avrà neppure da dire
eccomi, vengo - perché già viene.

E così! Vieni Signore Gesù,
vieni nella nostra notte,
questa altissima notte
la lunga invincibile notte,
e questo silenzio del mondo
dove solo questa parola sia udita;
e neppure un fratello
conosce il volto del fratello
tanta è fitta la tenebra;
ma solo questa voce
quest'unica voce
questa sola voce si oda:

VIENI VIENI VIENI, Signore!
- Allora tutto si riaccenderà
alla sua luce
e il cielo di prima
e la terra di prima
son sono più
e non ci sarà più né lutto
né grido di dolore
perché le cose di prima passarono
e sarà tersa ogni lacrima dai nostri occhi
perché anche la morte non sarà più.
E una nuova città scenderà dal cielo
bella come una sposa
per la notte d'amore
(non più questi termitai
non più catene dolomitiche
di grattacieli
non più urli di sirene
non più guardie
a presiedere le porte
non più selve di ciminiere).

- Allora il nostro stesso desiderio
avrà bruciato tutte le cose di prima
e la terra arderà dentro un unico incendio
e anche i cieli bruceranno
in quest'unico incendio
e anche noi, gli uomini,
saremo in quest'unico incendio
e invece di incenerire usciremo
nuovi come zaffiri
e avremo occhi di topazio:

quando appunto Egli dirà
"ecco, già nuove sono fatte tutte le cose"

allora canteremo
allora ameremo
allora allora...

MARANATHA', VIENI SIGNORE GESU'!

- Padre David Maria Turoldo -
Fonte:  Il sesto angelo, Mondadori, 1976 


[…] Questo Avvento, nel quale l’uomo, spinto dalla grazia, si inserisce, imitando gli atteggiamenti interiori di quanti attesero, cercarono, credettero ed amarono Gesù, viene vivificato mediante la costante meditazione ed assimilazione della Parola di Dio, che per il cristiano rimane il primo e fondamentale punto di riferimento per la sua vita spirituale; viene fecondato ed animato dalla preghiera di adorazione e di lode a Dio, di cui i cantici del “Benedictus” di Zaccaria, il “Nunc dimittis” di Simeone, ma specialmente il Magnificat di Maria santissima, sono modelli impareggiabili. 
Questo Avvento interiore viene rafforzato dalla pratica costante del Sacramenti, in particolare quello della Riconciliazione e dell’Eucaristia che, purificandoci ed arricchendoci della grazia di Cristo, ci fanno “uomini nuovi”, in sintonia con l’invito pressante di Gesù: “Convertitevi” (cf. Mt 3, 2; 4, 17; Lc 5, 32; Mc 1, 15). 


Buona giornata a tutti. :-)











sabato 9 dicembre 2017

Litanie delle paure, della speranza, dell'impegno - + don Tonino Bello, Vescovo

litanie delle paure

[…] Paura del proprio simile. 
Paura del vicino di casa. 
Paura di chi mette in discussione i nostri consolidati sistemi di tranquillità, se non di egemonia. 
Paura dello zingaro. 
Paura dei terzomondiali. […] 
Paura di uscire di casa. 
Paura della violenza. 
Paura della guerra. […] 
Paura di non farcela. 
Paura di non essere accettati. 
Paura di non essere più capaci di uscire da certi pantani nei quali ci siamo infognati. 
Paura che sia inutile impegnarsi. 
Paura che, tanto, il mondo non possiamo cambiarlo noi. 
Paura che ormai i giochi sian fatti… Quante paure!




litanie delle speranze e dell’impegno

Ebbene di fronte a questo quadro così allucinante di paure umane, che cosa ci dice oggi il Signore? […] Rivolge a ciascuno di noi la stessa esortazione che l’angelo rivolse alla Vergine dell’Avvento e dell’Attesa. «Non temere, Maria». 
Non aver paura, Chiesa. 
Vedete: paura ha la stessa radice di pavimento. 
Viene dal latino «pavére». «Pavere» significa battere il terreno per livellarlo. Anche terrore ha la stessa radice di terra. 
Paura, quindi, è la conseguenza dell’essere battuto, appiattito, livellato, calpestato. 
Ora, che cosa mi dice il Signore di fronte a queste paure: rimani lì steso sul pavimento? Rimani appiattito atterrato? No! Mi dice la stessa cosa che ha detto a Maria: «non temere». 
E adopera due verbi bellissimi: alzatevi e levate il capo. 
Sono i due verbi dell’Avvento. Sono le due luci che ci devono accompagnare nel cammino che porta al Natale. 
Alzarsi significa credere che il Signore è venuto sulla terra duemila anni fa, proprio per aiutarci a vincere la rassegnazione. 
Alzarsi significa riconoscere che se le nostre braccia si sono fatte troppo corte per abbracciare tutta intera la speranza del mondo, il Signore ci presta le sue. 
Alzarsi significa abbandonare il pavimento della cattiveria, della violenza, dell’ambiguità, perché il peccato invecchia la terra. 
Alzarsi significa, insomma, allargare lo spessore della propria fede. 
Ma alzarsi significa anche  allargare lo spessore della speranza, puntando lo sguardo verso il futuro, da dove Egli un giorno verrà nella gloria per portare a compimento la sua opera di salvezza. 
E allora non ci sarà più pianto, né lutto, e tutte le lacrime saranno asciugate sul volto degli uomini. 
levare il capo che cosa significa? 
Fare un colpo di testa. Reagire. Muoversi. 
Essere convinti che il Signore viene ogni giorno, ogni momento nel qui e nell’ora della storia, [e] viene come ospite velato. E, quindi, saperlo riconoscere nei poveri, negli ultimi, nei sofferenti. 
Significa in definitiva: allargare lo spessore della carità. 
Ecco il senso di questo Avvento di solidarietà, ben espresso dall’augurio fortissimo che S. Paolo ci ha formulato nella seconda lettura «il Signore vi faccia crescere nell’amore vicendevole e verso tutti».

Verso tutti. Senza esclusione di nessuno.

[…] accanto ai poveri, agli ultimi, ai sofferenti, ai malati cronici, agli handicappati, agli anziani, ai malati terminali, ai dimessi dal carcere e dai manicomi… per condividerne tempo, gioie e speranze. […] accanto agli immigrati, ai migranti, ai terzomondiali, non soltanto dando loro un letto e la buona notte, ma incalzando soprattutto le pubbliche istituzioni perché i provvedimenti di legge siano meno disumani delle norme vigenti. […]

Vissuto così, l’Avvento non sarà il contenitore delle nostre paure, ma l’ostensorio delle nostre speranze.

+ don Tonino Bello, Vescovo 
[Antologia degli Scritti, Vol. 2, pagg. 177-183]



[…] Ogni momento il Signore compare come ospite velato. Avete ascoltato – dice Elia – il Signore è venuto ma non lo hanno riconosciuto. Il problema è del «riconoscimento». 
Per noi conoscere Gesù non è poi tanto difficile: lo conosciamo nella Liturgia, nella Bibbia, negli studi di Teologia, nelle nostre meditazioni, nel Tabernacolo; conosciamo il suo pensiero, la sua parola, la sua opera. 
Il problema è «riconoscere» che è molto più difficile di conoscere, perché bisogna sempre togliere il muro d’ombra, dice Ungaretti nella sua poesia «la Madre». 
Il nostro corpo è come il muro d’ombra, quando il cuore si fermerà, cadrà il muro d’ombra e davanti al Signore comparirà l’essere profondo della nostra persona.[…]

Sarebbe un guaio se non riconoscessimo il Signore che viene.

Se saremo sul passo degli ultimi, se cadenzeremo il nostro passo con gli ultimi, ci sarà più facile attardarci con gli ultimi; mentre si cammina insieme, aiutando coloro che viaggiano con noi, si ha anche la possibilità di dire: «Sei tu Signore che compari sotto la specie dell’uomo, sacramento di Te, sotto le specie consacrate che sono costituite dal corpo e dal sangue del nostro fratello».

Ed è una chiamata che erompe oggi dal cuore della storia… 

+ don Tonino Bello, Vescovo 
[Antologia degli Scritti, Vol. 2, pagg. 177-183]




in principio è la paura

[…] La catastrofe non è soltanto l’evento ultimo e conclusivo, è un processo. Va letta come un processo che investe le cose e le distrugge come una alluvione segreta che porta morte. E’ un fatto che va constatato, non sfuggendo all’evidenza creandoci piccole isole di sicurezza, come durante una alluvione, mentre l’acqua sale, si sta tutti addossati nell’ultimo isolotto rimasto indenne dall’acqua. L’acqua arriva anche lì. Tutto sommergerà se noi ci affidiamo alla falsa solidità delle cose acquisite. Il «principio di morte» – direbbero gli psicanalisti – entra e prevale.

Allora, una volta che noi ci troviamo – come dice il Signore – a dover vivere con vigilanza, cosa dobbiamo fare? Io credo che il nostro primo dovere sia di non fingere falsa sicurezza, ma di farci invadere dalla paura per ciò che essa ha di giusto e di razionale: sentirla dentro di noi. E c’è un modo, che appartiene all’antica pedagogica cristiana, anzi, oso dire, umanistica, ma che è stato un po’ abbandonato. Cioè: noi abbiamo tutti, nel nostro essere personale, il modo di verifica della catastrofe: ed è la nostra morte. La morte non è solo un evento biologico di cui naturalmente abbiamo paura, ma è un evento cosmico, perché il mondo acquista senso, per ciascuno di noi, nel suo angolo di vita personale; e per quanto accettiamo le spiegazioni oggettive e collettive, guai a noi se stacchiamo l’ancora dalla profondità del nostro essere: allora ci alieniamo, passiamo tutta la vita a parlare con categorie universali e rimaniamo lontani da noi stessi. Ma la paura verrà all’improvviso.

Questo è ciò che dice il Signore quando parla del «cuore appesantito dalle dissipazioni» C’è una dissipazione di tipo intellettuale, anche. Ed è la dissipazione di tipo intellettuale quella che ci porta sempre a mettere tra parentesi «la catastrofe» che ci riguarda. […]

La fede ci dà la possibilità di un altro discorso. Il Signore allude a questa posizione là dove dice: «Alzatevi e levate il capo, perché la vostra liberazione è vicina» […] di là di quei processi catastrofici non c’è il vuoto, la cifra senza spiegazione: per noi c’è l’alleanza. C’è l’impegno dall’altra parte. Il nostro è il Dio della Promessa. […] E allora, se c’è questa promessa che si è attuata nel figlio dell’uomo, il mio atteggiamento non è più di paura invincibile, perché per quanto passino il cielo e la terra, c’è qualcosa che non passa: appunto la Parola che la fede schiude dentro come un fiore sempre vivo.

C’è un modo – per così dire – di vivere dentro la tragedia della fine e insieme di scontarla in noi. Viverla senza finzione e insieme superarla in attesa di cose nuove che devono venire. Se la nostra consuetudine con la Parola di Dio non è occasionale ma strutturale, è una specie di ritmo interno che si intreccia col battito del cuore, queste cose noi le vediamo nascere.

E allora la nostra scelta di fede sarà non quella di piangere sulle catastrofi ma quella di allearci con le cose nuove in cui traluce l’adempimento della Promessa di Dio. […] perché Egli è Colui che viene. Il giorno del Signore viene, non appartiene al nostro calendario passato, è una dimensione del futuro che irrompe, appunto è un adventus, è qualcosa che viene verso di noi. Allora la fede consiste nel discernimento di questo processo antitetico al successo della catastrofe che è processo di vita. Consiste nell’allearsi ai nuovi segni di vita.

Prima di essere una morale, la fede è discernimento, è un saper cogliere la realtà che nasce, è un passo verso ciò che nasce e cresce. Questo è il modo di incontrare Dio. […] E quando la nostra vita si è legata, con questo nesso indissolubile, al processo del Dio che viene, allora siamo liberi dalla paura.

Infatti, che cosa può avvenire poi? Cosa può avvenire che spezzi questa certezza? Niente può avvenire! 
All’interno di una vera comunità cristiana non c’è la paura di esser incompresi, perseguitati, vittime della storia. […] 
Non staremo a piangere sul mondo che ci perseguita: staremo qui ad allevare il germoglio che è nato; ad esser pronti – in qualunque parte del pianeta  – a scommettere che per la promessa di Dio, adempiuta in Cristo, la morte sarà vinta. 
E questa certezza va pagata quotidianamente, non spesa nelle orazioni domenicali: va scontata giorno per giorno nelle scelte.

padre Ernesto Balducci 
[Il mandorlo e il fuoco, Avvento, 1a domenica] 


Buona giornata a tutti. :-)







domenica 3 dicembre 2017

Prima domenica di Avvento 2017

Ogni esistenza personale è chiamata a misurarsi con Lui.
Dio ci chiama alla comunione con sé, che si realizzerà pienamente al ritorno di Cristo, e Lui stesso si impegna a far sì che giungiamo preparati a questo incontro finale e decisivo. 
Il futuro è, per così dire, contenuto nel presente o, meglio, nella presenza di Dio stesso, del suo amore indefettibile, che non ci lascia mai soli, non ci abbandona nemmeno un istante, come un padre e una madre non smettono mai di seguire i propri figli nel cammino di crescita. 
Di fronte a Cristo che viene, l'uomo si sente interpellato con tutto il suo essere...ogni esistenza personale è chiamata a misurarsi con lui - in modo misterioso e multiforme - durante il pellegrinaggio terreno, per essere trovata "in lui" al momento del suo ritorno.

- papa Benedetto XVI - 
dalla "Omelia nei Primi Vespri della I Domenica di Avvento" - 26 novembre 2005





Andare incontro al Natale: quattro settimane diverse dal solito. 
Dare forma a uno spazio di calma e di silenzio. 
Vivere con consapevolezza un tempo che si lascia contagiare da ciò attendiamo nel Natale. 
Se per ogni giorno di Avvento ci lasciamo condurre un passo più vicini al mistero della nostra vita, possiamo giungere davvero all’interno del nostro cuore. E toccare l’amore di Dio per noi.

- Anselm Grün - 



AUGURI DI BUON AVVENTO!

«Noi guardiamo l'Avvento un po' troppo dalla parte dell'uomo. 
Forse bisognerebbe guardarlo di più dalla parte di Dio. 
Sì, perché anche in cielo oggi comincia l'Avvento. 
Il periodo dell'attesa. 
Qui sulla terra è l'uomo che attende il ritorno del Signore. 
Lassù, nel cielo, è il Signore che attende il ritorno dell'uomo».

- Don Tonino Bello -

E ogni cosa deve essere irrorata da Cristo.
"In mano tua non è nulla. Noi nasciamo dal niente, noi siamo niente. L'inizio tuo è nulla. L'inizio è l'accettazione dell'intervento dell'Altro; una accettazione che non è tale se non è domanda. Si può domandare la misericordia nell'atto stesso del male. Vuol dire che ami qualche cosa più del male che fai. E questo lo si impara con chi si vive o non lo si impara"

- don Luigi Giussani - 
da: Dal temperamento un metodo


Misericordia, pietà, clemenza del mio Dio!
Come in questo fatto manifesti la tua tenerezza!
Come una madre amorosa, la quale,
vedendo cadere vicino a sé il bambino,
corre ad arrestarlo sull'orlo del precipizio,
così Gesù, vedendo il suo discepolo sul punto
di consumare la sua riprovazione e piombare nell'inferno,
adoperò verso di lui, 
tutti i tratti della sua carità per riconquistarlo 
alla salute, alla grazia, alla vita!

- San Bernardo - 








Buona giornata a tutti. :-)




martedì 3 gennaio 2017

Chi è Gesù per me? - Madre Teresa di Calcutta

Il Verbo fatto carne.
Il Pane di vita per il mio nutrimento.
La Vittima offerta per i miei peccati.
L’Amore che deve essere amato.
La Pace che deve essere data.
La Gioia che deve essere condivisa.
La Parola che deve essere pronunciata.
La Via che deve essere percorsa.
La Luce che deve essere accesa.
Il Povero che deve essere accolto.
L’Affamato che deve essere nutrito.
L’Ammalato che deve essere servito.
L’Anziano che deve essere rispettato.
Il Bambino che deve essere protetto.

- Madre Teresa di Calcutta - 



Voglio fare un regalo alla Befana

La Befana, cara vecchietta,
va all'antica, senza fretta.
Non prende mica l'aeroplano
per volare dal monte al piano,
si fida soltanto, la cara vecchina,
della sua scopa di saggina:
è così che poi succede
che la Befana... non si vede!
Ha fatto tardi fra i nuvoloni,
e molti restano senza doni!
Io quasi, nel mio buon cuore,
vorrei regalarle un micromotore,
perché arrivi dappertutto
col tempo bello o col tempo brutto...
Un po' di progresso e di velocità
per dare a tutti la felicità!

- Gianni Rodari -




I Re Magi

Una luce vermiglia
risplende nella pia
notte e si spande via
per miglia e miglia e miglia.
O nova meraviglia!
O fiore di Maria!
Passa la melodia
e la terra s'ingiglia.
Cantano tra il fischiare
del vento per le forre,
i biondi angeli in coro;
ed ecco Baldassarre
Gaspare e Melchiorre,
con mirra, incenso e oro.


- Gabriele D'Annunzio -




Ogni volta nel mio cuore nasce l'amore a Dio e ai fratelli, è oro che offro.
Quando lascio tutto e perdo tempo in tua compagnia è incenso che sale.
Se vivo nella tua grazia e la vita si fa dono a chi soffre è mirra che profuma.
Permettimi, Signore di inginocchiarmi per adorarti presente nel mio prossimo.
E nasce la lode!



«Il cielo è pieno di stelle ma i Re Magi ne hanno vista una speciale, una Stella che li muoveva a lasciare tante cose e a incominciare un cammino che non sapevano dove li portasse. Quando nella nostra vita non troviamo qualche stella speciale che ci chiama a fare qualcosa di buono, a intraprendere un cammino, anche a prendere una decisione...qualcosa non va! E dobbiamo chiedere la grazia di scoprire la Stella che Dio oggi vuol farmi vedere, perchè quella Stella mi condurrà a Gesù.» 

- Papa Francesco -


Buona giornata a tutti. :-)