Visualizzazione post con etichetta Madre Cànopi Anna Maria. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Madre Cànopi Anna Maria. Mostra tutti i post

domenica 19 luglio 2015

Vogliamo venire dietro a te, Gesù - Madre Anna Maria Cànopi -

Noi vogliamo venire dietro a te, Gesù.
Vogliamo continuare a seguirti, 
passo, passo,
sulla via della Croce portando nel cuore 
ogni fratello come amico.
Noi vogliamo essere per te amici fedeli ma tu,
Signore Gesù,
non permettere che ci lasciamo afferrare 
dalla paura e dalla stanchezza.
Infondici l'ardore del tuo Spirito
per aderire a Te e con Te
dare la vita in forza di quell'amore più grande 
che abbraccia ogni creatura.
Amen.

- Madre Anna Maria Cànopi - 



"Il bene più grande che l'Eucarestia attua in chi la riceve è il dono dell'unità. Già i primi cristiani avevano espresso in modo suggestivo il rapporto fra i molti chicchi che formano un solo pane per indicare che i fedeli dispersi in tanti luoghi sono chiamati a divenire "uno" nutrendosi del Pane della vita: il corpo di Cristo. 
Non si tratta tuttavia soltanto di un'immagine. 
La nostra unione con Cristo è ancora più forte: ci rende veramente il suo stesso corpo; per questo ogni divisione, ogni dissidio fra cristiani è contrario al segno eucaristico, lo ferisce profondamente. 
Sostare in adorazione davanti al Santissimo Sacramento ci interroga sul nostro desiderio di unità. 
Non possiamo amare Cristo senza essere ricercatori appassionati di comunione con i fratelli. 
E' questo anche il desiderio più ardente di Gesù espresso nella sua preghiera: "Tutti siano una cosa sola. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola, perchè il mondo creda che tu mi hai mandato" (Giovanni 17: 20)". 

Madre Anna Maria Canopi
da: "L'adorazione eucaristica", Edizioni Paoline, Pagine 29 e 30



La luce che risplende nel cuore di coloro che cercano Dio è una lampada che illumina la Chiesa e gli uomini.

- Anna Maria Cànopi -
da: "Ogni giorno sorgerà il sole"



Sole senza tramonto

O Cristo, Pane vivo disceso dal cielo,
o grande Sole che mai tramonta all'orizzonte
della Chiesa e del mondo, rendici capaci di rimanere con te
in silenzio di amore e di adorazione.

Esposti ai tuoi raggi divini
saremo pienamente trasformati in te finché
tutto il creato divenga eucaristia
e l'inno cosmico di rendimento
di grazie al Padre, Amore che ti ha
donato, diventi pura lode nel silenzio.

Amen.

 - Madre Anna Maria Cànopi -




Buona giornata a tutti. :-)

venerdì 3 aprile 2015

Le sette parole di Gesù in Croce – Madre Anna Maria Cànopi -

«Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno»

Dopo aver detto, con lacrime e sudore di sangue, il suo sì filiale al Padre, Gesù acquista forza ed è pronto ad affrontare la Passione tacendo davanti alla menzogna e all’umiliazione, deciso a portare a compimento la sua missione salvifica. 
Condannato a morte senza un regolare processo, si avvia, portando la croce, verso il Calvario. 
Durante la faticosa salita, egli è il buon Pastore che porta sulle sue spalle non tanto una croce di legno quanto l’umanità, ossia la pecorella smarrita che è venuto a cercare per riportarla nell’ovile del Padre sulle proprie spalle. Siamo dunque noi la sua vera croce. 
Il Calvario, luogo della più ingiusta esecuzione capitale, in forza di questo «più grande» amore, spinto fino all’estremo dono di sé, si trasforma nel monte del sacrificio redentore, nel monte dell’intercessione e del perdono. 
Colui che durante il processo «non aprì la sua bocca» e, spogliato delle sue vesti, si rivestì di sacro silenzio – «Jesus autem tacebat», dice l’evangelista Matteo usando qui l’imperfetto a sottolinearne la profondità e la durata – ora che è reso del tutto impotente ed è là sospeso tra cielo e terra, inchiodato e senza alcuna difesa, in una disfatta che sembra totale, ora egli parla. 
E la prima parola che udiamo da lui sulla croce è perdono, vale a dire «per-dono», dono al superlativo, dono di quell’amore che l’ha spinto lì: «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno». 
Commenta l’abate Elredo di Rievaulx: «'Padre', dice, 'perdonali'. Che cosa si poteva aggiungere di dolcezza, di carità a una siffatta preghiera? Tuttavia egli aggiunse qualcosa. Gli sembrò poco pregare, volle anche scusare. 'Padre, disse, perdona loro perché non sanno quello che fanno'. E invero sono grandi peccatori, ma poveri conoscitori. Perciò: 'Padre, perdonali'.
Crocifiggono, ma non sanno chi crocifiggono, perché 'se l’avessero conosciuto, giammai avrebbero crocifisso il Signore della gloria' (cfr.1Cor 2,8); perciò: 'Padre, perdonali'. 
Lo ritengono un trasgressore della legge, un presuntuoso che si fa Dio, lo stimano un seduttore del popolo. 'Ma io ho nascosto loro il mio volto, non riconobbero la mia maestà'. Perciò: 'Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno'» 
( Specchio della carità III,5).


«Oggi sarai con me nel Paradiso» 

Sull’alto monte del Calvario, quasi alberi nudi contro il cielo primaverile, si stagliano tre croci.
La tradizione artistica, con giusta intuizione, ha sempre voluto che quella posta al centro fosse più alta; su di essa si impone all’attenzione una scritta: «Costui è il re dei Giudei». Gesù è là, inchiodato alla croce tra due malfattori, provocato e deriso dai capi e dai soldati, abbandonato dai discepoli, guardato da lontano dalla folla che prima l’aveva seguito, ascoltato e osannato per le sue parole e i suoi miracoli: ecco ora il più inconcepibile scandalo dell’impotenza.

Un «re da burla» che non si difende e che non è difeso da nessuno, nemmeno con una parola… 
È una condizione estremamente umiliante, ma è la vera via regale scelta da Cristo per sé e da lui proposta ai suoi discepoli: «Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore» ( Gv 12,26). E ancora: «Imparate da me, che sono mite e umile di cuore» ( Mt 11,29).
Soltanto la fede ci fa intuire che in tale stato di povertà e di umiliazione, di spogliazione e di morte è nascosto un grande mistero di grazia, una realtà bella e desiderabile. 
Fu questa la fede del «buon ladrone» che, solo, riconobbe nel suo compagno di sventura un vero re, un re paziente, che pativa ingiustamente misconoscimento e ingratitudine da parte di coloro – noi tutti – che egli non si vergognava di chiamare fratelli. 
E per quella sua fede il ladro ebbe il coraggio, in mezzo alle bestemmie e alle parole irrisorie, di chiamarlo per nome, di riconoscerlo «salvatore» e di rivolgergli un’umile preghiera di supplica: «Gesù, ricòrdati di me quando entrerai nel tuo regno», rubando così all’ultimo istante il passaporto per entrare nel più bello di tutti i regni e ricevere in eredità una ricchezza incalcolabile. 
Ebbe, infatti, la grazia di sentirsi dire: «Oggi con me sarai nel paradiso» ( Lc 23,43). Il ladrone entra con il Re nel regno della gloria! Così il Cristo esercita la sua regale autorità. Nell’umiltà del suo amore egli arriva all’estremo sacrificio per dare all’uomo la libertà, la salvezza, la vita nel suo regno glorioso.
Un inno della Liturgia delle Ore così ci fa cantare: «Egli non con stragi, con violenza e terrore ha soggiogato i regni: sollevato sull’alto della croce, tutto ha tratto a sé con forza d’amore».


«Donna, ecco tuo figlio!... Ecco tua madre!»

Tutto il tumulto della più tragica giornata della storia sembra ora placarsi. Sulla vetta del Golgota verso sera spiccano soltanto tre persone, tre esili figure: Gesù agonizzante, la Madre e Giovanni, il discepolo dal cuore vergine, capace di amare con totalità di dedizione, senza paura di morirne. 
Come Maria. 
E si distinguono ormai soltanto alcune brevi parole: brevi ma intense, essenziali, cariche di potenza creatrice, perché cariche d’amore: «Donna, ecco tuo figlio!… Ecco tua madre!». La consegna della Madre al discepolo è il supremo testamento d’amore lasciatoci da Gesù. 
Nelle tenebre del Venerdì Santo una luce rifulge; in un raccapricciante scenario di morte avviene un mirabile atto creativo. Maria rappresenta qui la nuova Eva dalla quale nasce una prole nuova: la stirpe dei figli di Dio. 
Donna, ecco tuo figlio!
Mentre sta presso la croce e consuma nel cuore l’immenso dolore della Passione del Figlio, dal Figlio stesso Maria è investita di una maternità spirituale e universale che la rende davvero grande più di ogni altra creatura. Diventa madre di tutta l’umanità, perché – come dice sant’Agostino – Gesù, in forza del suo amore, essendo unico presso il Padre non ha voluto rimanere solo (cfr. Discorsi, 194,3). 
Ecco tua madre! Quale pegno e quale responsabilità! 
Giovanni la prende con sé per riceverne le cure quale figlio, ma anche per averne cura come di una madre cui è dovuto immenso amore, profonda riverenza e devozione. Da questo momento Maria è la Madre della Chiesa; è la nostra Madre nella misura in cui noi instauriamo con Gesù una relazione vitale, prendendo parte al suo mistero di redenzione come membra del suo stesso corpo. La nostra vita ha quindi le sue radici nella croce di Gesù, nella stabilità di Maria, nella fedeltà di Giovanni. Siamo nati là, in quell’ora, dal cuore trafitto di Cristo e siamo stati affidati da lui al cuore della Madre. 
Così siamo nati quali figli di Dio e siamo nati anche come Chiesa; perciò siamo nati anche come madri, perché Maria è Madre e Figlia della Chiesa, com’è Madre e Figlia del suo Figlio.
Affidati a lei, riceviamo a nostra volta in lei e da lei la santa Chiesa; la riceviamo come Madre da amare, da onorare; la riceviamo per darle ascolto, per obbedire ai suoi suggerimenti, per camminare con la sua guida nella via della luce quali veri figli di Dio.


«Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?»

Dopo aver pronunziato il suo «testamento spirituale» e aver consegnato la Madre al discepolo amato, Gesù è ora totalmente spoglio di ogni divina e umana ricchezza; il Figlio di Dio, ridotto all’estrema povertà, grida tutta la sua desolazione e l’angoscia di uomo che sperimenta la dolorosa assenza di ogni sostegno vissuta come assenza di Dio stesso, come stato di abbandono totale: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». 
Il grido lacerante dell’Uomo-Dio attraversa le nostre tenebre; è l’ora culminante dell’agonia in cui il Cristo assume veramente tutta la desolazione, l’angoscia, la paura, il terrore della morte che abitano nel cuore dell’uomo. Con forti grida e lacrime – dice la Lettera agli Ebrei (cfr. 5,7) – Gesù pregò colui che poteva liberarlo da morte. 
Il pianto di tutto il dolore delle generazioni umane passa attraverso il cuore di Cristo, sale dalla terra, penetra nei cieli e ferisce il cuore del Padre: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». «Dio non può averlo abbandonato – spiega sant’Agostino – perché lui stesso è Dio». Eppure il Cristo prova questo abbandono, vive questa estrema desolazione, cade in questo abisso dove le tenebre sono assolute. 
È un mistero. Al grido straziante del Figlio, dell’uomo, Dio non si fa sentire, non interviene. E tuttavia non è un Dio assente; è un Padre che, per folle amore, immola il Figlio della sua compiacenza per i « figli dell’ira»; nel Figlio del suo amore egli immola il proprio cuore, che, tutto donato, diventa puro silenzio. Ma in quel silenzio c’è la più alta risposta, la più sofferta «com-passione». È un’ora buia; è l’ora più buia della storia, ma è anche il grembo del nuovo giorno, per la nascita di un mondo nuovo, per il sorgere di una nuova luce. 
Il lamento di Cristo, infatti, è l’inizio del Salmo 22, che, apertosi con tale lancinante grido di angoscia, si conclude poi – come la stessa Passione – con una consegna fiduciosa, con una parola piena di speranza: «E io vivrò per lui (per Dio), lo servirà la mia discendenza» (vv. 30-31). 
Proprio quest’Uomo che muore avrà una lunga discendenza. L’ora in cui Colui che è la Vita si consegna alla morte è dunque l’ora della massima fecondità: generazione a prezzo della morte. 
Da mezzogiorno alle tre del pomeriggio si fece buio sulla terra… 
Questo è uno spazio di tempo nella giornata, in ogni giornata, che noi dovremmo sempre trascorrere sotto la croce, poiché quell’ora non si è chiusa, ma perdura e abbraccia tutta la nostra esistenza. 
Noi siamo ancora contemporanei all’agonia di Gesù, sempre presenti all’ora della sua suprema offerta. 



«Ho sete» 

Dopo il grido di dolore rivolto al Padre e dopo aver affidato la Madre al discepolo Giovanni, Gesù esprime con un soffio di voce un’umile domanda da mendicante, una domanda che tante volte affiora sulle labbra riarse dei morenti: «Ho sete». 
Il gesto di chi, imbevuta una spugna di aceto, gliela porge è, in mezzo a tante atrocità, un segno di umana compassione, compiuto per alleviare le sofferenze dell’agonizzante. Ma la sete di Gesù non può trovare sollievo soltanto in questo, perché è una sete soprattutto spirituale che lo ha accompagnato lungo tutta la sua esistenza terrena. 
È sete di amore. Già all’inizio della sua missione pubblica, sedutosi, affaticato, presso il pozzo di Sicar, aveva chiesto alla donna samaritana: «Dammi da bere!»; e l’aveva poi lui stesso dissetata rivelandosi come Colui che doveva venire a salvarci. 
Di che cosa, infatti, ha sete Gesù se non di noi, della nostra salvezza, della nostra fede, del nostro amore? La beata Teresa di Calcutta commentava queste ultime parole di Gesù, dicendo: «Ho sete: queste parole di Gesù non riguardano solo il passato, ma sono vive qui e ora, dette a noi... Finché non comprendiamo nel profondo del nostro essere che Gesù ha sete di noi, non potremo cominciare a conoscere quello che egli vuole essere per noi, e ciò che egli vuole che noi siamo per lui». 
La sete di Gesù è dunque una sete divina; ma è pure un bisogno della sua umanità che si mette nella nostra situazione di desolata povertà, di estrema debolezza per condividerla. Scopriamo questa «sete» di Gesù anche prima, nell’orto del Getsemani, quando, quasi come bambino impaurito, egli si rivolge ai tre discepoli prescelti con parole di toccante umanità: «La mia anima è triste fino alla morte. Restate qui e vegliate» ( Mc 14,34); sente il bisogno di non essere lasciato solo. Ed è sempre nel Getsemani che, rivolgendosi al Padre, dice ancora: «Padre mio, se è possibile, passi via da me questo calice! Però non come voglio io, ma come vuoi tu!» ( Mt 26,39). 
La sete di Gesù è sete di compiere la volontà del Padre, è desiderio della nostra salvezza… Egli ci ama e ha sete dell’amore di ognuno di noi, perché ciascuno di noi conta per lui più di tutto il mondo. 
Perciò, se noi non ricambiamo il suo amore, egli rimane assetato e continua a cercarci. Ma come possiamo ricambiare l’amore se, a causa del peccato, siamo incapaci di amare? 
Gesù stesso, morendo riarso dalla sete, diventa la sorgente inesauribile dell’acqua viva, poiché dal suo cuore trafitto sgorgano sangue e acqua. Da questa sorgente possiamo attingere l’amore e la sovrabbondanza della Vita. 
L’ora della crocifissione e della morte di Cristo è quindi l’ora del trionfo dell’Amore e della sua massima fecondità. 
Nella misura in cui beviamo a questa sorgente, veniamo dissetati e anche dal nostro cuore zampilla una sorgente d’acqua viva offerta a tutti gli assetati di Dio, del Dio che è inesauribile Amore.


«Tutto è compiuto!» 

Le braccia distese sul legno, le mani inchiodate, Gesù è fisicamente del tutto impotente, agli occhi di tutti appare uno sconfitto. Ma le vie di Dio non sono le nostre vie, i suoi pensieri non sono i nostri pensieri… 
In realtà, questa è proprio l’ora che egli ha ardentemente desiderato, e alla quale si è preparato come all’ora culmine, all’ora della pienezza, in cui – superate tutte le tentazioni e le insidie – poter dire al Padre: «Consummatum est, tutto è compiuto, la missione affidatami è stata portata a compimento secondo il tuo volere». 
La preghiera di Gesù per noi ha raggiunto il suo culmine nell’offerta che egli ha fatto di se stesso al Padre nell’ora della croce, nel grido: «Tutto è compiuto» ( Gv 19,30). «Tutte le angosce dell’umanità di ogni tempo, schiava del peccato e della morte, tutte le implorazioni e le intercessioni della storia della salvezza confluiscono in questo grido del Verbo incarnato.
Ed ecco che il Padre le accoglie e, al di là di ogni speranza, le esaudisce risuscitando il Figlio suo.
Così si compie e si consuma l’evento della preghiera nell’Economia della creazione e della salvezza...» 
(Catechismo della Chiesa cattolica, n. 26069
Tutto è compiuto. Tutto è avvenuto secondo le profezie, tutto è avvenuto secondo il disegno del Padre. L’ora dell’offerta iniziata con la nascita di Gesù a Betlemme si compie sul Calvario: là era nato nella estrema povertà, qui muore nell’estrema spogliazione e umiliazione. 
È la scelta di Dio, è la scelta dell’Amore che, volendo ricuperare i miseri, si fa Misericordia, si abbassa, si svuota di se stesso per riversarsi in noi come sorgente di vita. 
Tutto è compiuto: è questo «l’istante immobile»; il tempo si ferma, l’ora batte sul cuore di Gesù e si riparte da zero. 
È l’ora zero della storia, l’ora in cui comincia il Giorno nuovo, il tempo nuovo, tempo della salvezza e della grazia. Tutto il dolore della Passione sembra ora acquietarsi, come la terra che, dopo aver accolto il seme nel solco, attende nella pace che esso germogli. È l’ora del «grande silenzio». 
È l’ora in cui, come discepoli di Cristo, più nulla possiamo fare, nulla dire, ma solo «rimanere nel suo amore», rimanere in preghiera presso di lui, inchiodati alla croce insieme con Maria, la Madre, formando un’unica grande supplica che, passando attraverso il cuore trafitto del Cristo, si versa nel seno del «Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione» ( 2Cor 1,3). 
A quest’ora della Passione di Gesù si può riferire quanto diceva il poeta Claudel: il dolore è come una mandorla amara che si getta sul ciglio della strada; ripassando per la medesima via, vi troviamo un mandorlo in fiore.


«Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito»

Quando tutto è compiuto, quando il sacrificio di amore è pienamente consumato, quando non c’è più un «oltre» nell’offerta e nel dolore, ecco l’ultimissima parola di Gesù: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito». Grido di fiducia erompente dal cuore di un Povero che, percosso, disprezzato, senza via di salvezza umana, si rifugia in Dio, getta in lui ogni suo affanno. 
E in questa totale consegna di sé trova la pienezza della pace, si ritrova figlio. La Passione di Gesù non si conclude con un «perché» rivolto a un Dio sentito lontano, assente, ma con un atto di abbandono filiale: «Nelle tue mani consegno il mio spirito». 
Gesù spira riconsegnandosi alle mani del Padre, a cui aveva sempre obbedito, la cui volontà era stata tutto il suo desiderio, la sua unica gioia. 
Per questo la sua agonia è come una notte che sfocia nell’alba della risurrezione. 
Dalla cattedra della Croce, il Giusto, che si è caricato di tutte le nostre sofferenze perché ha preso su di sé tutte le nostre colpe, ci insegna a sperare contro ogni speranza, a sentire che le mani di Dio sono più forti di qualsiasi mano potente degli uomini, più forti di ogni tentazione che possa sopraggiungere e abbattersi su di noi. 
Perciò anche quando la prova è dura, terribile e angosciosa, noi dobbiamo gridare: nelle tue mani, Signore, sono al sicuro. Tuttavia, il grido di Gesù esprime pure lo sgomento di un figlio che sa di dover ancora compiere un viaggio nell’oscurità per poter ritornare a casa. 
Dopo la sua consegna, infatti, il Verbo della vita, Colui che il Padre ha mandato a parlare direttamente all’umanità per rivelarle il suo amore, si immerge nel silenzio della morte. E con il calar della sera, dopo gli ultimi atti compiuti dall’umana pietà, un profondo silenzio avvolge anche il monte delle croci e penetra nei cuori. 
Noi, che siamo entrati con Gesù in quest’ora, crediamo davvero che solo apparentemente le tenebre stanno prevalendo, poiché in esse già si fa strada la luce? 
Noi, che conosciamo la morsa dell’angoscia, crediamo che nel grido di Gesù morente si fa strada la speranza della Vita? 
Noi, che pure facciamo l’esperienza del turbamento per tanti sconvolgimenti che avvengono nel mondo, ne sappiamo trarre motivo di pentimento per convertirci a una più grande fede e soprattutto a un più grande amore? 
Mentre il velo del tempio dell’antica Legge si squarcia, che cosa avviene in noi? Se viviamo davvero il mistero della Croce, si può finalmente squarciare il nostro vecchio mondo, il nostro vecchio uomo, il velo della nostra sufficienza; si può spaccare la roccia del nostro cuore per lasciar scaturire da essa una sorgente d’acqua viva. Presi da santo timore, allora gridiamo con il centurione: «Costui è veramente il Figlio di Dio!»; poi, insieme con le pie donne, continuiamo a sostare presso la croce e presso il sepolcro, sicuri che Gesù, caduto nel silenzio della morte, non è perduto per noi, perché l’Amore è il più forte e ha vinto.

- Madre Anna Maria Cànopi -
da: "Le sette parole di Gesù in croce. Meditazione e preghiera" ed. Paoline

un po di biografia: http://leggoerifletto.blogspot.it/2010/08/madre-anna-maria-canopi-biografia.html






Buona giornata a tutti. :-)




lunedì 21 luglio 2014

Beati gli occhi che vedono ciò che voi vedete - Madre Anna Maria Cànopi -

Che io sappia
di essere piccolo come Zaccheo,
Signore Gesù,
- piccolo di statura morale -
ma dammi un po' di fantasia
per trovare il modo
di alzarmi un poco da terra
spinto dal desiderio di vederti passare,
di conoscerti e di sapere chi sei tu per me.

Signore Gesù,
fa' che io mi riconosca
nel primo dei pubblicani, dei peccatori,
quanto al disonesto accumulare
tante cose di mio gusto,
tante false sicurezze;
fa' che io mi riconosca fra i pubblicani,
ma mettimi in cuore una sana inquietudine,
almeno un po' di curiosità
per cercare te!

Signore Gesù,
so che devi passare dalle mie parti,
dove sono io,
tu devi passare di qui: sei venuto apposta!
Ti prego, fammi trovare un albero,
fammi trovare qualcuno
che io ritenga più alto,
migliore di me,
per valermi della sua statura
e cercare di vedere te,
soprattutto per farmi vedere da te,
e sentirmi da te chiamare per nome.

Che stupore!
Come mi conosci? Chi ti ha parlato di me?
Signore Gesù, ti prego, dimmi che oggi
ti vuoi fermare da me in casa mia,
come ospite, come amico che non parte più.

Vieni, Signore Gesù,
a riempire di gioia la mia vita
liberandomi dal peso ingombrante
di ciò che sono
e di ciò che possiedo da solo.
Sì, soprattutto liberandomi
dal peso ingombrante
di ciò che sono - o che ritengo di essere -
e di ciò che egoisticamente possiedo.

Vieni a darmi l'entusiasmo di essere povero
nel cuore e ricco soltanto di te.
Io sono sicuro che mi ascolti,
perché sei già venuto a cercarmi,
e mi hai trovato come tesoro che era perduto;
mi hai riacquistato a prezzo di te stesso...
Tu per me hai fatto questo,
per me che nemmeno ti conoscevo.
Sono piccolo, meschino.

Signore Gesù, pastore grande, pastore buono,
sollevami sulle tue spalle per farmi vedere
anche il volto del Padre.
Che io sappia innalzarmi
soltanto facendomi sollevare da te
che per questo sei venuto:
per i piccoli che ti desiderano
e che ti protendono le braccia
per farsi sollevare da te
fino al cuore dell'eterno Padre
da cui sei venuto a rivelare l'infinito amore.

Allora ogni giorno vivrò con gioia
Il mio incontro con te
- la mia Pasqua - e sarò un continuo grazie,
un "amen-alleluia" senza fine.

(Madre Anna Maria Cànopi)
da: Oggi vengo a casa tua, Sergio Stevan, Milano, Paoline, 2000, pagg.8-10



























La cinta esterna del Cristianesimo è un rigido presidio di abnegazioni etiche e di preti professionali; ma dentro questo presidio inumano troverete la vecchia vita umana che danza come i fanciulli e beve vino come gli uomini. Nella filosofia moderna avviene il contrario: la cinta esterna è innegabilmente artistica ed emancipata: la sua disperazione sta dentro.


- Gilbert Keith Chesterton -








La carità pastorale, essendo tesa al vero bene degli uomini, è lotta senza tregua contro ogni forma di errore, di perversione, di ingiustizia, di opposizione al progetto del Padre.

- Cardinale Giacomo Biffi - 



Santa Maria Mediatrice 

O Maria, nostra Mediatrice,
in te il genere umano
ripone tutta la sua gioia.
Da te attende protezione.
In te solo trova il suo rifugio.

Ed ecco, anch’io
vengo a te con tutto il mio fervore,
perchè non ho coraggio
di avvicinarmi a tuo Figlio:
pertanto imploro la tua intercessione
per ottenere salvezza.

O tu che sei compassionevole,
o tu che sei la Madre
del Dio di misericordia,
abbi pietà di me.

- S. Efrem Siro, IV sec. - 




Buona giornata a tutti. :-)

www.leggoerifletto.it





venerdì 24 febbraio 2012

Ti prego, Maria – Madre Anna Maria Canopi -

 Ti prego, Maria, per tutti i ragazzi
che stasera hanno voglia di piangere
perché non hanno affetto,
perché non hanno nessuno
che dia loro la buona notte
e li inviti a dormire tranquilli.

Ti prego, Maria, per tutti gli orfani,
per tutti i ragazzi abbandonati dai genitori,
per quelli che, per qualsiasi motivo,
vivono lontani dalla famiglia.

Ti prego, Maria, per i ragazzi che oggi sono stati malati.
Per quelli che sono stati sfruttati.
Per quelli che, invece di giocare e studiare
sono costretti a lavorare.

Ti prego, Maria, per i ragazzi disabili
e per coloro ai quali anche oggi
il giorno è sembrato lungo e noioso.

Ti prego, Maria.
Amen.
 

(Madre Anna Maria Canopi)
un pò di biografia: http://leggoerifletto.blogspot.com/2010/08/madre-anna-maria-canopi-biografia.html

Il "Gruppo Quadrifoglio"
della parrocchia San Pio V e Santa Maria di Calvairate di Milano
in visita al Museo del Novecento a Milano.

www.leggoerifletto.it


venerdì 6 gennaio 2012

Gloria a te o Padre - Madre Anna Maria Cànopi -

Gloria a te, o Padre,
che manifesti la tua grandezza
in un piccolo Bambino
e inviti gli umili e i poveri
a vedere e udire le cose meravigliose
che tu compi nel silenzio della notte,
lontano dal tumulto dei superbi
e dalle loro opere.

Gloria a te, o Padre,
che per nutrire di vera manna
gli affamati
poni il Figlio tuo, l'Unigenito,
come fieno in una mangiatoia
e lo doni quale cibo di vita eterna:
Sacramento di salvezza e di pace. Amen.




- Madre Anna Maria Cànopi -



  L’Adorazione dei Magi (1475)
Sandro Botticelli
Galleria degli Uffizi, Florence, Italy



Buona giornata a tutti. :-)



lunedì 19 dicembre 2011

Altro Natale – Madre Anna Maria Cànopi -

 Altro Natale:
culle insanguinate
senza lacrime di madri,
pianti sconsolati di fame
senza latte, senza pace,
senza ninne nanne.

Altro Natale
non con il piccolo presepe
tra gente semplice, fedele,
ma su strade d'asfalto,
tra l'urlo dei motori
nel brivido della morte violenta.

Altro Natale
senza compassione
dove Tu, Dio,
vuoi nascere ancora
per amare con cuore d'uomo.
Vieni, non mancare,
perché c'è sempre Lei ad aspettarti
in mezzo a noi:
la Povera,
la Vergine,
la Madre.


 (Madre Anna Maria Cànopi)

Campo profughi in Darfur, l'emergenza dimenticata

Darfur parola oscura, lontana. Difficile da collocare su una mappa. Eppure nei villaggi in fiamme di questa regione del Sudan sono morte 300mila persone negli ultimi sei anni e più di due milioni di persone sono state costrette a fuggire verso il Ciad e altri Stati.

Buona giornata a tutti. :-)

www.leggoerifletto.it

www.leggoerifletto.com


lunedì 21 novembre 2011

Meraviglioso è il tuo Nome: vieni! – Madre Anna Maria Cànopi -

O divina Sapienza,
che scaturisci dalla bocca di Dio,
alla sorgente dell'eterno Amore
e inondi di luce l'universo,
o eterna Sapienza,
che vieni ad abitare in mezzo a noi
come Bambino inerme,
un senso di sacro timore ci invade
davanti al mistero di tanta umiltà.
Prendici alla tua scuola,
insegnaci l'alfabeto della santità,
il canto del vero amore,
per correre con cuore dilatato
fino alla meta del nostro cammino.
Amen.

O Adonai,
Signore del cielo e della terra,
Signore del tempo e della storia,
attento al grido del tuo popolo
oppresso sotto il giogo del peccato,
tu ancora ci parli da quel roveto ardente
che è il tuo Cuore bruciante d'amore
per noi, tue pecorelle smarrite          
tra scoscesi dirupi e in valli desolate.
O Adonai, tu sei anche l'altissimo Monte
da cui è proclamata la legge della vita:
donaci volontà risoluta di osservarla,
stendi il tuo braccio invincibile
a nostra difesa e protezione
dagli assalti dell'astuto nemico,
e portaci alla piena libertà di figli
pronti a confessare la fede in te,
nostro Signore e Salvatore
che eri, che sei e che sempre vieni.
Amen.

O santa radice di Iesse,
germoglio del ceppo di David
spuntato da vergine terra,
tu vieni a ridare vigore e bellezza
all'inaridito albero umano.
Con mite patire
tu accogli la grande potatura
per mano del divino Vignaiolo.
Davanti a te tacciano le nostre parole,
si abbassino le alture
della nostra presunzione,
poiché senza di te
noi  non siamo che rovi spinosi.
Vieni, Signore!
Fa  scendere per noi dal cielo
la tua rugiada luminosa:
la nostra vita fiorisca
in nuova stagione di santità e di pace,
e innalzi nuovi canti di amore ed esultanza.  
Amen!

O Cristo, chiave di David,
Figlio del Dio vivente,
tu sei colui che doveva venire,
che sei venuto
e che sempre attendiamo:
il Messia di stirpe regale
rivestito di umana povertà.
Tu sei la chiave del grande mistero
che dischiude più vasti orizzonti
di speranza e di luce:
vieni ad aprire le porte del carcere
in cui noi stessi ci siamo rinchiusi;
vieni a ricolmarci della tua grazia
per farci rinascere creature nuove,
liete di camminare sulle tue vie
portando  con noi la chiave del tuo «sì»,
che sola ci può aprire le porte del Regno.
Amen.

Gesù, Astro divino
 che brilli nei cieli eterni,
a te sempre si volge il nostro sguardo.
Le false luci non ci abbaglino
e non ci portino lontano dal retto cammino
verso sentieri di oscurità e di morte!
O luce gioiosa, sorgente di vita,
raccolta nel grembo immacolato di Maria,
vieni a illuminare le nostre notti,
affinché, anche nel dolore e nell'angoscia,
sempre vivida arda la fiamma della fede!
Amen.

Signore Gesù, Re delle genti,
tu che guidi le sorti degli uomini
verso un futuro di unità e di pace,
vieni a disarmare i popoli
disarmando tutti i cuori
e ricolmandoli di bontà e di amore.
In silente preghiera
ti adoriamo, piccolo Re di gloria,
tra le braccia della Vergine Madre,
tuo primo umile trono.
Fa’ che sappiamo seguirti come lei
fino  all'estremo sacrificio,
a salvezza del mondo.
Amen.

O Emmanuele, Dio-con-noi,
tu  sei la nostra speranza.
Dall'alba al tramonto,
nel cuore della notte,
come nel pieno meriggio,
sei sempre con noi:
con noi nella gioia e nel dolore,
nella fatica e nel riposo,
nella povertà e nell'abbondanza.
Sei con noi lungo il cammino,
silenzioso compagno di viaggio,
e tu stesso sei la meta beata
del nostro pellegrinare
verso la casa del Padre:
vieni e resta con noi per sempre,
o Emmanuele, Gesù Salvatore!
Amen.
(Madre Anna Maria Cànopi)
Fonte: "Il respiro dell'anima" di Anna Maria Cànopi

Decollazione di San Giovanni Battista, 1634 ca.
Massimo Stanzione
Museo del Prado, Madrid (Spagna)