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giovedì 29 giugno 2023

Le uniche armi: sciopero e voto - don Lorenzo Milani

"Non discuterò qui l’idea di Patria in sé, non mi piacciono queste divisioni. Se voi però avete il diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri allora vi dirò che, nel vostro senso io non ho Patria e reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato, privilegiati ed oppressori dall’ altro. 
Gli uni son la mia Patria, gli altri i miei stranieri. E se voi avete il diritto, senza essere richiamati dalla Curia, di insegnare che italiani e stranieri possono lecitamente anzi eroicamente squartarsi a vicenda, allora io reclamo il diritto di dire che anche i poveri possono e debbono combattere i ricchi, e almeno nella scelta dei mezzi sono migliore di voi: le armi che voi approvate sono orribili macchine per uccidere, mutilare, distruggere, far orfani e vedove. Le uniche armi che approvo io sono nobili e incruente: lo sciopero e il voto".

(don Lorenzo Milani)


 

"In quanto alla loro vita di giovani sovrani domani, non posso dire ai miei ragazzi che l’unico modo d’amare la legge è d’obbedirla. 
Posso solo dir loro che essi dovranno tenere in tale onore le leggi degli uomini da osservarle quando sono giuste (cioè quando sono la forza del debole). 
Quando invece vedranno che non sono giuste (cioè quando sanzionano il sopruso del forte) essi dovranno battersi perchè siano cambiate". 

(don Lorenzo Milani)


" Si può fare politica al di fuori della libertà o al di fuori del concetto di libertà o al di fuori della ricerca della libertà?"

" Sì, in effetti ho un concetto di politica elevato. O se preferite, molto ingenuo, che Dio benedica gli ingenui. 

L'uomo che ho amato, l'uomo sul quale scrissi questo libro, "Un uomo", Alekos Panagulis, soleva ripetere che la politica è un dovere del cittadino. 

Un dovere, prima di essere un diritto. 

E tra l'altro, lo stesso diceva della libertà: "La libertà è un dovere, prima di essere un diritto."

Bè, io concordo pienamente: si può fare politica al di fuori della libertà o al di fuori del concetto di libertà o o al di fuori della ricerca di libertà? Ma, soprattutto, concordo con la scelta del termine "dovere". 

Se una persona non sente questo dovere, vi dico che non è un cittadino. 

Non è neppure un uomo, non è neppure una donna, ma un vegetale che vegeta in attesa di morire, per essere divorato come un soufflè di spinaci o un'insalata dagli impostori, dai tiranni, dai signori della guerra. E dovremmo starcene come vegetali ad assistere ai loro dannati omicidi, in attesa di essere uccisi nelle loro dannate guerre (diciamo dalla Terza guerra mondiale), senza protestare, senza intervenire, senza fare politica o essere politici?" 

 - Oriana Fallaci, dalla conferenza tenuta il 27 gennaio 1983 al Annemberg Center for Health Sciences, Rancho Mirage , California in Oriana Fallaci " Il mio cuore è più stanco della mia voce" 



Buona giornata a tutti :-)










sabato 28 maggio 2022

Come sacerdote - don Lorenzo Milani

Fin qui ho parlato come un cittadino e un maestro che crede con la sua scuola e la sua lettera di aver reso un servizio alla società civile, non di aver compiuto un reato.
Ma poniamo di nuovo che voi lo consideriate reato.
Quest'accusa se fatta a me solo e non anche a tutti i miei confratelli mette in dubbio la mia ortodossia di cattolico e di sacerdote. 
Sembrerà infatti che condanniate le idee personali di un prete strano. Ma io son parte viva della Chiesa anzi suo ministro. 
Se avessi detto cose estranee al suo insegnamento essa mi avrebbe condannato. Non l'ha fatto perché la mia lettera dice cose elementari di dottrina cristiana che tutti i preti insegnano da 2000 anni. 
Se ho commesso reato perseguiteci tutti.
Ho evitato apposta di parlare da non-violento. Personalmente lo sono. 
Ho tentato di educare i miei ragazzi così. Li ho indirizzati per quanto ho potuto verso i sindacati (le uniche organizzazioni che applichino su larga scala le tecniche non-violente). Ma la non-violenza non è ancora la dottrina ufficiale di tutta la Chiesa. Mentre la dottrina del primato della coscienza sulla legge dello Stato lo è certamente.
Mi sarà facile dimostrarvi che nella mia lettera ho parlato da cattolico integrale, anzi spesso da cattolico conservatore.

Cominciamo dalla storia.
La storia d'Italia fino al 1929 nella mia lettera è identica a come la raccontavano i preti in seminario prima di quella data. Il mio vecchio parroco mi diceva che La Squilla, il giornale cattolico di Firenze, aveva in vetta e in fondo uno striscione nero. Portava il lutto del Risorgimento!
In quanto alla storia più recente cioè al giudizio sulle guerre fasciste, può anche darsi che qualche mio confratello sia intimamente un nostalgico, ma è notorio che la gran maggioranza dei preti sostiene un partito democratico che fu il principale autore della Costituzione (dunque anche della parola ripudia).

Veniamo alla dottrina.
La dottrina del primato della legge di Dio sulla legge degli uomini è condivisa, anzi glorificata, da tutta la Chiesa.
Non andrò a cercare teologi moderni e difficili per dimostrarlo. Si può domandarlo a un bambino che si prepara alla Prima Comunione: «Se il padre o la madre comanda una cosa cattiva bisogna obbedirlo? I martiri disobbedirono alle leggi dello Stato. Fecero bene o male?».
C'è chi cita a sproposito il detto di S. Pietro: «Obbedite ai vostri superiori anche se son cattivi». Infatti. Non ha nessuna importanza se chi comanda è personalmente buono o cattivo. Delle sue azioni risponderà lui davanti a Dio.
Ha però importanza se ci comanda cose buone o cattive perché delle nostre azioni risponderemo noi davanti a Dio.
Tant'è vero che Pietro scriveva quelle sagge raccomandazioni all'obbedienza dal carcere dove era chiuso per aver solennemente disobbedito.
Il Concilio di Trento è esplicito su questo punto (Catechismo III parte, IV precetto, 16°paragrafo): «Se le autorità politiche comanderanno qualcosa di iniquo non sono assolutamente da ascoltare. Nello spiegare questa cosa al popolo il parroco faccia notare che premio grande e proporzionato è riservato in cielo a coloro che obbediscono a questo precetto divino» cioè di disobbedire allo Stato!
Certi cattolici di estrema destra (forse gli stessi che mi hanno denunciato) ammirano la Mostra della Chiesa del Silenzio. Quella mostra è l'esaltazione di cittadini che per motivo di coscienza si ribellano allo Stato. Allora anche i miei superficialissimi accusatori la pensan come me. 
Hanno il solo difetto di ricordarsi di quella legge eterna quando lo Stato è comunista e le vittime son cattoliche e di dimenticarla nei casi (come in Spagna) dove lo Stato si dichiara cattolico e le vittime sono comuniste.
Son cose penose, ma le ho ricordate per mostrarvi che su questo punto l'arco dei cattolici che la pensano come me è completo.
Tutti sanno che la Chiesa onora i suoi martiri. Poco lontano dal vostro Tribunale essa ha eretto una basilica per onorare l'umile pescatore che ha pagato con la vita il contrasto fra la sua coscienza e l'ordinamento vigente. S. Pietro era un «cattivo cittadino». I vostri predecessori del Tribunale di Roma non ebbero tutti i torti a condannarlo.
Eppure essi non erano intolleranti verso le religioni. Avevano costruito a Roma i templi di tutti gli dei e avevano cura di offrir sacrifici ad ogni altare.
In una sola religione il loro profondo senso del diritto ravvisò un pericolo mortale per le loro istituzioni. Quella il cui primo comandamento dice: «Io sono un Dio geloso. Non avere altro Dio fuori che me».
A quei tempi pareva dunque inevitabile che i buoni ebrei e i buoni cristiani paressero cattivi cittadini.
Poi le leggi dello Stato progredirono. Lasciatemi dire, con buona pace dei laicisti, che esse vennero man mano avvicinandosi alla legge di Dio. 
Così va diventando ogni giorno più facile per noi esser riconosciuti buoni cittadini. Ma è per coincidenza e non per sua natura che questo avviene. 
Non meravigliatevi dunque se ancora non possiamo obbedire tutte le leggi degli uomini. Miglioriamole ancora e un giorno le obbediremo tutte. 
Vi ho detto che come maestro civile sto dando una mano anch'io a migliorarle.
Perché io ho fiducia nelle leggi degli uomini. Nel breve corso della mia vita mi pare che abbiano progredito a vista d'occhio.
Condannano oggi tante cose cattive che ieri sancivano. Oggi condannano la pena di morte, l'assolutismo, la monarchia, la censura, le colonie, il razzismo, l'inferiorità della donna, la prostituzione, il lavoro dei ragazzi. Onorano lo sciopero, i sindacati, i partiti.
Tutto questo è un irreversibile avvicinarsi alla legge di Dio. Già oggi la coincidenza è così grande che normalmente un buon cristiano può passare anche l'intera vita senza mai essere costretto dalla coscienza a violare una legge dello Stato.
Io per esempio fino a questo momento sono incensurato. E spero di esserlo anche alla fine di questo processo. È un augurio che faccio ai patrioti. Chissà come patirebbero se potessero leggere le tante lettere che ricevo dall'estero. 
Da paesi che non hanno il servizio di leva o riconoscono l'obiezione. 
Quelli che le scrivono sono convinti di scrivere a un paese di selvaggi. Qualcuno mi domanda quanto dovrà ancora stare in prigione il povero padre Balducci.
Dicevamo dunque che oggi le nostre due leggi quasi coincidono. Ci sono però dei casi eccezionali nei quali vige l'antica divergenza e l'antico comandamento della Chiesa di obbedire a Dio piuttosto che agli uomini.
Ho elencato nella lettera incriminata alcuni di questi casi. Posso aggiungere altre considerazioni.


Cominciamo dall'obiezione di coscienza in senso stretto.
Proprio in questi giorni ho avuto conforto dalla Chiesa anche su questo punto specifico. Il Concilio invita i legislatori a avere rispetto (respicere) per coloro i quali «o per testimoniare della mitezza cristiana, o per reverenza alla vita, o per orrore di esercitare qualsiasi violenza, ricusano per motivo di coscienza o il servizio militare o alcuni singoli atti di immane crudeltà cui conduce la guerra».
(Schema 13 paragrafo 101. Questo è il testo proposto dalla apposita Commissione la quale rispecchia tutte le correnti del Concilio. Ha quindi tutte le probabilità d'essere quello definitivo).
Quei 20 militari di Firenze han detto che l'obiettore è un vile. Io ho detto soltanto che forse è un profeta. Mi pare che i Vescovi stiano dicendo molto più di me.
Ricorderò altri tre fatti sintomatici.
Nel '18 i seminaristi reduci di guerra, se vollero diventare preti, dovettero chiedere alla Santa Sede una sanatoria per le irregolarità canoniche in cui potevano essere incorsi nell'obbedire ai loro ufficiali.
Nel '29 la Chiesa chiedeva allo Stato di dispensare i seminaristi, i preti, i vescovi dal servizio militare.
Il canone 141 proibisce ai chierici di andare volontari a meno che lo facciano per sortirne prima (ut citius liberi evadant)! 
Chi disobbedisce è automaticamente ridotto allo stato laicale.
La Chiesa considera dunque a dir poco indecorosa per un sacerdote l'attività militare presa nel suo complesso. Con le sue ombre e le sue luci. Quella che lo Stato onora con medaglie e monumenti.



E infine affrontiamo il problema più cocente delle ultime guerre e di quelle future: l'uccisione dei civili.
La Chiesa non ha mai ammesso che in guerra fosse lecito uccidere civili, a meno che la cosa avvenisse incidentalmente cioè nel tentare di colpire un obiettivo militare. Ora abbiamo letto a scuola su segnalazione del Giorno un articolo del premio Nobel Max Born (Bullettin of the Atomic Scientists, aprile 1964).
Dice che nella prima guerra mondiale i morti furono 5% civili 95% militari (si poteva ancora sostenere che i civili erano morti «incidentalmente»).
Nella seconda 48% civili 52% militari (non si poteva più sostenere che i civili fossero morti «incidentalmente»).
In quella di Corea 84% civili 16% militari (si può ormai sostenere che i militari muoiono «incidentalmente»).
Sappiamo tutti che i generali studiano la strategia d'oggi con l'unità di misura del megadeath (un milione di morti) cioè che le armi attuali mirano direttamente ai civili e che si salveranno forse solo i militari.
Che io sappia nessun teologo ammette che un soldato possa mirare direttamente (si può ormai dire esclusivamente) ai civili. Dunque in casi del genere il cristiano deve obiettare anche a costo della vita. Io aggiungerei che mi pare coerente dire che a una guerra simile il cristiano non potrà partecipare nemmeno come cuciniere. Gandhi l'aveva già capito quando ancora non si parlava di armi atomiche.
«Io non traccio alcuna distinzione tra coloro che portano le armi di distruzione e coloro che prestano servizio di Croce Rossa. Entrambi partecipano alla guerra e ne promuovono la causa. Entrambi sono colpevoli del crimine della guerra» (Non-violence in peace and war. Ahmedabad 14 vol. 1).
A questo punto mi domando se non sia accademia seguitare a discutere di guerra con termini che servivano già male per la seconda guerra mondiale.
Eppure mi tocca parlare anche della guerra futura perché accusandomi di apologia di reato ci si riferisce appunto a quel che dovranno fare o non fare i nostri ragazzi domani.
Ma nella guerra futura l'inadeguatezza dei termini della nostra teologia e della vostra legislazione è ancora più evidente.
È noto che l'unica «difesa» possibile in una guerra di missili atomici sarà di sparare circa 20 minuti prima dell'«aggressore». Ma in lingua italiana lo sparare prima si chiama aggressione e non difesa.
Oppure immaginiamo uno Stato onestissimo che per sua «difesa» spari 20 minuti dopo. Cioè che sparino i suoi sommergibili unici superstiti d'un paese ormai cancellato dalla geografia. Ma in lingua italiana questo si chiama vendetta non difesa.
Mi dispiace se il discorso prende un tono di fantascienza, ma Kennedy e Krusciov (i due artefici della distensione!) si sono lanciati l'un l'altro pubblicamente minacce del genere.
«Siamo pienamente consapevoli del fatto che questa guerra, se viene scatenata, diventerà sin dalla primissima ora una guerra termonucleare e una guerra mondiale. Ciò per noi è perfettamente ovvio» (lettera di Krusciov a B. Russell, 23-10-1962).
Siamo dunque tragicamente nel reale.
Allora la guerra difensiva non esiste più. Allora non esiste più una «guerra giusta» né per la Chiesa né per la Costituzione.
A più riprese gli scienziati ci hanno avvertiti che è in gioco la sopravvivenza della specie umana.
(Per esempio Linus Pauling premio Nobel per la chimica e per la pace).
E noi stiamo qui a questionare se al soldato sia lecito o no distruggere la specie umana?
Spero di tutto cuore che mi assolverete, non mi diverte l'idea di andare a fare l'eroe in prigione, ma non posso fare a meno di dichiararvi esplicitamente che seguiterò a insegnare ai miei ragazzi quel che ho insegnato fino a ora. Cioè che se un ufficiale darà loro ordini da paranoico hanno solo il dovere di legarlo ben stretto e portarlo in una casa di cura.
Spero che in tutto il mondo i miei colleghi preti e maestri d'ogni religione e d'ogni scuola insegneranno come me.
Poi forse qualche generale troverà ugualmente il meschino che obbedisce e così non riusciremo a salvare l'umanità.

Non è un motivo per non fare fino in fondo il nostro dovere di maestri. Se non potremo salvare l'umanità ci salveremo almeno l'anima.

(don Lorenzo Milani)


Buona giornata a tutti :-)





giovedì 12 maggio 2022

"Se avessi fatto anch'io il mio dovere di uomo ..... "

 A Norimberga son stati condannati uomini che avevano obbedito. L'umanità intera consente che essi non dovevano obbedire, perché c'è una legge che gli uomini considerano superiore. Una parte dell'umanità la chiama legge di Dio, l'altra parte la chiama legge della Coscienza. Quelli che non credono né nell'una né nell'altra non sono che un'infima minoranza malata. Sono i cultori dell'obbedienza cieca.
E invece bisogna dir loro che Claude Eatherly, il pilota di Hiroshima, che vede ogni notte donne e bambini che bruciano e si fondono come candele, rifiuta di prender tranquillanti, non vuol dimenticare quello che ha fatto quand'era «un bravo ragazzo, un soldato disciplinato» (secondo la definizione dei suoi superiori) «un povero imbecille irresponsabile» (secondo la definizione che dà lui di sé ora).[...] 
Un delitto come quello di Hiroshima ha richiesto qualche migliaio di corresponsabili diretti: politici, scienziati, tecnici, operai, aviatori. Ognuno di essi ha tacitato la propria coscienza. A dar retta ai teorici dell'obbedienza e a certi tribunali tedeschi, dell'assassinio di sei milioni di ebrei risponderà solo Hitler. Ma Hitler era irresponsabile perché pazzo. C'è un modo solo per uscire da questo macabro gioco di parole. Avere il coraggio di dire ai giovani che essi sono tutti sovrani, per cui l'obbedienza non è ormai più una virtù, ma la più subdola delle tentazioni, che non credano di potersene far scudo né davanti agli uomini né davanti a Dio, che bisogna che si sentano ognuno l'unico responsabile di tutto.

Lorenzo Milani, Lettera ai giudici, 1965

 


"Ciò che avviene, non avviene tanto perché alcuni vogliono che avvenga, quanto perché la massa degli uomini abdica alla sua volontà, lascia fare, lascia promulgare le leggi che poi solo la rivolta farà abrogare, lascia salire al potere gli uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare.

Dei fatti maturano nell’ombra, perché mani non sorvegliate da nessun controllo tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora. E quando i fatti che hanno maturato vengono a sfociare, e avvengono grandi sventure storiche, si crede che siano fatalità come i terremoti. Pochi si domandano allora: «se avessi anch’io fatto il mio dovere di uomo, se avessi cercato di far valere la mia voce, il mio parere, la mia volontà, sarebbe successo ciò che è successo?»"

Antonio Gramsci, Quaderni dal carcere.

Ales, 22 gennaio 1891 - Roma, 27 aprile 1937

 

è stato solo un sogno .....

Purtroppo, oggi, sul palcoscenico del mondo noi occidentali siamo i soli protagonisti e i soli spettatori, e così, attraverso le nostre televisioni e i nostri giornali, non ascoltiamo che le nostre ragioni, non proviamo che il nostro dolore. Il mondo degli altri non viene mai rappresentato. [...]

L'Europa non può seguire, senza una pausa di riflessione, l'America su questa strada. L’Europa deve rifarsi alla propria storia, alla propria esperienza di diversità al fine di trovare la forza per un dialogo e non per uno scontro di civiltà. [...]

Mi pare che i fatti sono solo un'apparenza e che la verità dentro di loro è al massimo come una bambola russa: appena la si apre se ne trova una più piccola e ancora una più piccola, e ancora una più piccola fino a che si resta solo con un minuscolo seme. [...]

Vogliamo eliminare le armi? Bene: non perdiamoci a discutere sul fatto che chiudere le fabbriche di fucili, di munizioni, di mine anti-uomo o di bombe atomiche creerà dei disoccupati. Prima risolviamo la questione morale. Quella economica l'affronteremo dopo. O vogliamo, prima ancora di provare, arrenderci al fatto che l'economia determina tutto, che ci interessa solo quel che ci è utile?

Con quel che sta succedendo nel mondo la nostra vita non può, non deve, essere normale. Di questa normalità dovremmo avere vergogna.

- Tiziano Terzani - 
"Lettere contro la guerra", TEA ediz., Milano, 2004. (pp. 42 >78)


Buona giornata a tutti :-)


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giovedì 5 novembre 2020

Come sacerdote (terza parte della Lettera ai Giudici) - don Lorenzo Milani

 Come sacerdote

Fin qui ho parlato come un cittadino e un maestro che crede con la sua scuola e la sua lettera di aver reso un servizio alla società civile, non di aver compiuto un reato.
Ma poniamo di nuovo che voi lo consideriate reato.
Quest'accusa se fatta a me solo e non anche a tutti i miei confratelli mette in dubbio la mia ortodossia di cattolico e di sacerdote. Sembrerà infatti che condanniate le idee personali di un prete strano. Ma io son parte viva della Chiesa anzi suo ministro. Se avessi detto cose estranee al suo insegnamento essa mi avrebbe condannato. Non l'ha fatto perché la mia lettera dice cose elementari di dottrina cristiana che tutti i preti insegnano da 2000 anni. Se ho commesso reato perseguiteci tutti.
Ho evitato apposta di parlare da non-violento. Personalmente lo sono. Ho tentato di educare i miei ragazzi così. Li ho indirizzati per quanto ho potuto verso i sindacati (le uniche organizzazioni che applichino su larga scala le tecniche non-violente). Ma la non-violenza non è ancora la dottrina ufficiale di tutta la Chiesa. Mentre la dottrina del primato della coscienza sulla legge dello Stato lo è certamente.
Mi sarà facile dimostrarvi che nella mia lettera ho parlato da cattolico integrale, anzi spesso da cattolico conservatore.
Cominciamo dalla storia.

La storia d'Italia fino al 1929 nella mia lettera è identica a come la raccontavano i preti in seminario prima di quella data. Il mio vecchio parroco mi diceva che La Squilla, il giornale cattolico di Firenze, aveva in vetta e in fondo uno striscione nero. Portava il lutto del Risorgimento!
In quanto alla storia più recente cioè al giudizio sulle guerre fasciste, può anche darsi che qualche mio confratello sia intimamente un nostalgico, ma è notorio che la gran maggioranza dei preti sostiene un partito democratico che fu il principale autore della Costituzione (dunque anche della parola ripudia).
Veniamo alla dottrina.
La dottrina del primato della legge di Dio sulla legge degli uomini è condivisa, anzi glorificata, da tutta la Chiesa.
Non andrò a cercare teologi moderni e difficili per dimostrarlo. Si può domandarlo a un bambino che si prepara alla Prima Comunione: «Se il padre o la madre comanda una cosa cattiva bisogna obbedirlo? I martiri disobbedirono alle leggi dello Stato. Fecero bene o male?».
C'è chi cita a sproposito il detto di S. Pietro: «Obbedite ai vostri superiori anche se son cattivi». Infatti. Non ha nessuna importanza se chi comanda è personalmente buono o cattivo. Delle sue azioni risponderà lui davanti a Dio.
Ha però importanza se ci comanda cose buone o cattive perché delle nostre azioni risponderemo noi davanti a Dio.
Tant'è vero che Pietro scriveva quelle sagge raccomandazioni all'obbedienza dal carcere dove era chiuso per aver solennemente disobbedito.
Il Concilio di Trento è esplicito su questo punto (Catechismo III parte, IV precetto, 16¡ paragrafo): «Se le autorità politiche comanderanno qualcosa di iniquo non sono assolutamente da ascoltare. Nello spiegare questa cosa al popolo il parroco faccia notare che premio grande e proporzionato è riservato in cielo a coloro che obbediscono a questo precetto divino» cioè di disobbedire allo Stato!
Certi cattolici di estrema destra (forse gli stessi che mi hanno denunciato) ammirano la Mostra della Chiesa del Silenzio. Quella mostra è l'esaltazione di cittadini che per motivo di coscienza si ribellano allo Stato. Allora anche i miei superficialissimi accusatori la pensan come me. Hanno il solo difetto di ricordarsi di quella legge eterna quando lo Stato è comunista e le vittime son cattoliche e di dimenticarla nei casi (come in Spagna) dove lo Stato si dichiara cattolico e le vittime sono comuniste.

Son cose penose, ma le ho ricordate per mostrarvi che su questo punto l'arco dei cattolici che la pensano come me è completo.
Tutti sanno che la Chiesa onora i suoi martiri. Poco lontano dal vostro Tribunale essa ha eretto una basilica per onorare l'umile pescatore che ha pagato con la vita il contrasto fra la sua coscienza e l'ordinamento vigente. S. Pietro era un «cattivo cittadino». I vostri predecessori del Tribunale di Roma non ebbero tutti i torti a condannarlo.
Eppure essi non erano intolleranti verso le religioni. Avevano costruito a Roma i templi di tutti gli dei e avevano cura di offrir sacrifici ad ogni altare.
In una sola religione il loro profondo senso del diritto ravvisò un pericolo mortale per le loro istituzioni. Quella il cui primo comandamento dice: «Io sono un Dio geloso. Non avere altro Dio fuori che me».
A quei tempi pareva dunque inevitabile che i buoni ebrei e i buoni cristiani paressero cattivi cittadini.
Poi le leggi dello Stato progredirono. Lasciatemi dire, con buona pace dei laicisti, che esse vennero man mano avvicinandosi alla legge di Dio. Così va diventando ogni giorno più facile per noi esser riconosciuti buoni cittadini. Ma è per coincidenza e non per sua natura che questo avviene. Non meravigliatevi dunque se ancora non possiamo obbedire tutte le leggi degli uomini. Miglioriamole ancora e un giorno le obbediremo tutte. Vi ho detto che come maestro civile sto dando una mano anch'io a migliorarle.
Perché io ho fiducia nelle leggi degli uomini. Nel breve corso della mia vita mi pare che abbiano progredito a vista d'occhio.
Condannano oggi tante cose cattive che ieri sancivano. Oggi condannano la pena di morte, l'assolutismo, la monarchia, la censura, le colonie, il razzismo, l'inferiorità della donna, la prostituzione, il lavoro dei ragazzi. Onorano lo sciopero, i sindacati, i partiti.
Tutto questo è un irreversibile avvicinarsi alla legge di Dio. Già oggi la coincidenza è così grande che normalmente un buon cristiano può passare anche l'intera vita senza mai essere costretto dalla coscienza a violare una legge dello Stato.

Io per esempio fino a questo momento sono incensurato. E spero di esserlo anche alla fine di questo processo. È un augurio che faccio ai patrioti. Chissà come patirebbero se potessero leggere le tante lettere che ricevo dall'estero. Da paesi che non hanno il servizio di leva o riconoscono l'obiezione. Quelli che le scrivono sono convinti di scrivere a un paese di selvaggi. 
Qualcuno mi domanda quanto dovrà ancora stare in prigione il povero padre Balducci.
Dicevamo dunque che oggi le nostre due leggi quasi coincidono. Ci sono però dei casi eccezionali nei quali vige l'antica divergenza e l'antico comandamento della Chiesa di obbedire a Dio piuttosto che agli uomini.
Ho elencato nella lettera incriminata alcuni di questi casi. Posso aggiungere altre considerazioni.
Cominciamo dall'obiezione di coscienza in senso stretto.
Proprio in questi giorni ho avuto conforto dalla Chiesa anche su questo punto specifico. Il Concilio invita i legislatori a avere rispetto (respicere) per coloro i quali «o per testimoniare della mitezza cristiana, o per reverenza alla vita, o per orrore di esercitare qualsiasi violenza, ricusano per motivo di coscienza o il servizio militare o alcuni singoli atti di immane crudeltà cui conduce la guerra».
(Schema 13 paragrafo 101. Questo è il testo proposto dalla apposita Commissione la quale rispecchia tutte le correnti del Concilio. Ha quindi tutte le probabilità d'essere quello definitivo).
Quei 20 militari di Firenze han detto che l'obiettore è un vile. Io ho detto soltanto che forse è un profeta. Mi pare che i Vescovi stiano dicendo molto più di me.
Ricorderò altri tre fatti sintomatici.
Nel '18 i seminaristi reduci di guerra, se vollero diventare preti, dovettero chiedere alla Santa Sede una sanatoria per le irregolarità canoniche in cui potevano essere incorsi nell'obbedire ai loro ufficiali.
Nel '29 la Chiesa chiedeva allo Stato di dispensare i seminaristi, i preti, i vescovi dal servizio militare.
Il canone 141 proibisce ai chierici di andare volontari a meno che lo facciano per sortirne prima (ut citius liberi evadant)! Chi disobbedisce è automaticamente ridotto allo stato laicale.
La Chiesa considera dunque a dir poco indecorosa per un sacerdote l'attività militare presa nel suo complesso. Con le sue ombre e le sue luci. Quella che lo Stato onora con medaglie e monumenti.
E infine affrontiamo il problema più cocente delle ultime guerre e di quelle future: l'uccisione dei civili.
La Chiesa non ha mai ammesso che in guerra fosse lecito uccidere civili, a meno che la cosa avvenisse incidentalmente cioè nel tentare di colpire un obiettivo militare. Ora abbiamo letto a scuola su segnalazione del Giorno un articolo del premio Nobel Max Born (Bullettin of the Atomic Scientists, aprile 1964).
Dice che nella prima guerra mondiale i morti furono 5% civili 95% militari (si poteva ancora sostenere che i civili erano morti «incidentalmente»).
Nella seconda 48% civili 52% militari (non si poteva più sostenere che i civili fossero morti «incidentalmente»).
In quella di Corea 84% civili 16% militari (si può ormai sostenere che i militari muoiono «incidentalmente»).
Sappiamo tutti che i generali studiano la strategia d'oggi con l'unità di misura del megadeath (un milione di morti) cioè che le armi attuali mirano direttamente ai civili e che si salveranno forse solo i militari.

Che io sappia nessun teologo ammette che un soldato possa mirare direttamente (si può ormai dire esclusivamente) ai civili. Dunque in casi del genere il cristiano deve obiettare anche a costo della vita. Io aggiungerei che mi pare coerente dire che a una guerra simile il cristiano non potrà partecipare nemmeno come cuciniere. Gandhi l'aveva già capito quando ancora non si parlava di armi atomiche.
«Io non traccio alcuna distinzione tra coloro che portano le armi di distruzione e coloro che prestano servizio di Croce Rossa. Entrambi partecipano alla guerra e ne promuovono la causa. Entrambi sono colpevoli del crimine della guerra» (Non-violence in peace and war. Ahmedabad 14 vol. 1).
A questo punto mi domando se non sia accademia seguitare a discutere di guerra con termini che servivano già male per la seconda guerra mondiale.
Eppure mi tocca parlare anche della guerra futura perché accusandomi di apologia di reato ci si riferisce appunto a quel che dovranno fare o non fare i nostri ragazzi domani.
Ma nella guerra futura l'inadeguatezza dei termini della nostra teologia e della vostra legislazione è ancora più evidente.
È noto che l'unica «difesa» possibile in una guerra di missili atomici sarà di sparare circa 20 minuti prima dell'«aggressore». Ma in lingua italiana lo sparare prima si chiama aggressione e non difesa.
Oppure immaginiamo uno Stato onestissimo che per sua «difesa» spari 20 minuti dopo. Cioè che sparino i suoi sommergibili unici superstiti d'un paese ormai cancellato dalla geografia. Ma in lingua italiana questo si chiama vendetta non difesa.
Mi dispiace se il discorso prende un tono di fantascienza, ma Kennedy e Krusciov (i due artefici della distensione!) si sono lanciati l'un l'altro pubblicamente minacce del genere.
«Siamo pienamente consapevoli del fatto che questa guerra, se viene scatenata, diventerà sin dalla primissima ora una guerra termonucleare e una guerra mondiale. Ciò per noi è perfettamente ovvio» (lettera di Krusciov a B. Russell, 23-10-1962).
Siamo dunque tragicamente nel reale.
Allora la guerra difensiva non esiste più. Allora non esiste più una «guerra giusta» né per la Chiesa né per la Costituzione.
A più riprese gli scienziati ci hanno avvertiti che è in gioco la sopravvivenza della specie umana.
(Per esempio Linus Pauling premio Nobel per la chimica e per la pace).
E noi stiamo qui a questionare se al soldato sia lecito o no distruggere la specie umana?
Spero di tutto cuore che mi assolverete, non mi diverte l'idea di andare a fare l'eroe in prigione, ma non posso fare a meno di dichiararvi esplicitamente che seguiterò a insegnare ai miei ragazzi quel che ho insegnato fino a ora. Cioè che se un ufficiale darà loro ordini da paranoico hanno solo il dovere di legarlo ben stretto e portarlo in una casa di cura.
Spero che in tutto il mondo i miei colleghi preti e maestri d'ogni religione e d'ogni scuola insegneranno come me.
Poi forse qualche generale troverà ugualmente il meschino che obbedisce e così non riusciremo a salvare l'umanità.
Non è un motivo per non fare fino in fondo il nostro dovere di maestri. Se non potremo salvare l'umanità ci salveremo almeno l'anima.(fine) 

don Lorenzo Milani


Come al tempo delle lance e delle spade, così anche oggi, nell'era dei missili, a uccidere, prima delle armi, è il cuore dell'uomo.

 - Papa Giovanni Paolo II -


Buona giornata a tutti. :-)

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martedì 10 marzo 2020

Per volersi bene

Un giorno, un vecchio monaco fece la seguente domanda ai suoi discepoli:

"Perchè le persone gridano quando sono arrabbiate ? "
rispose uno di loro :
"Gridano perchè perdono la calma."
Chiese nuovamente il monaco :
"Ma perchè alzare la voce se la persona sta di fronte a noi?"
replicò un altro discepolo :
"Beh, gridiamo perchè desideriamo che l'altra persona ci ascolti!"
Il monaco tornò a domandare:
"Ma non è proprio possibile parlargli a voce bassa?"
Varie altre risposte furono date ma nessuna convinse il vecchio monaco , che continuò :
"Non sapete proprio dirmi perchè si grida contro un'altra persona quando si è arrabbiati? Il fatto è che quando due persone sono arrabbiate i loro cuori si allontanano molto. Per coprire questa distanza bisogna gridare per potersi ascoltare. Quanto più arrabbiati sono, tanto più forte dovranno gridare per sentirsi l'uno con l'altro. D'altra parte, che succede quando due persone sono innamorate?
Loro non gridano, parlano soavemente e dolcemente. E perchè?
Perché i loro cuori sono molto vicini. La distanza tra le loro anime è breve. A volte sono talmente vicini i loro cuori che neanche parlano, solamente sussurrano. E quando l'amore è più intenso
non è necessario nemmeno sussurrare, basta guardarsi.
I loro cuori si intendono. È questo quello che accade ai cuori di due persone che si amano, si avvicinano."

Il vecchio monaco concluse dicendo:


"Quando voi avrete l'occasione di discutere con qualcuno, non permettete che i vostri cuori si allontanino, non dite parole che li possano distanziare ancor di più, perché prima o poi arriverà un giorno in cui la distanza sarà tale che non incontreranno mai più la strada per tornare."

Adesso sai come custodire un amore o un'amicizia.



“Mi sarà sufficiente che ecco, in un angolo del mondo, ci sia tu, e il vivere non riuscirà a venirmi a nausea.” 

-Fedor Dostoevskij, I fratelli Karamàzov


Nella libertà dello Spirito che sorpassa ogni legge poiché instaura la legge dell'amore, ogni cosa è permessa, ma in questa libertà, che ci fa crescere in Dio, si stabilisce un ordine di priorità. 
Non tutto costruisce e forma il corpo.
A volte la nostra libertà luminosa può diventare oggetto di scandalo, può cioè far cadere chi è ancora piccolo.
Immensa è la gioia della rinuncia e dell'offerta di ciò che in sé non è cattivo, ma può creare sofferenza, e afflizione, e persino far cadere un povero.
Io non credo in Dio, sarebbe troppo poco. Io gli voglio bene.

- don Lorenzo Milani - 




  
Le parole dolci e le carezze amorevoli lasciano su di noi un segno indelebile 

che si dilata nel tempo.



Buona giornata a tutti. :-)