C’è una voce in ognuno di noi che ci spinge a dubitare
di Dio
«Ecco il senso della fede e la difficoltà di seguirlo
sino in fondo»
Chi è per me Dio? Fin da ragazzo mi è sempre piaciuta
l'invocazione, che mi pare sia di San Francesco d'Assisi, «mio Dio e mio
tutto». Mi piaceva perché con Dio intendevo in qualche modo una totalità, una
realtà in cui tutto si riassume e tutto trova ragione di essere. Cercavo così
di esprimere il mistero ineffabile, a cui nulla si sottrae. Ma vedevo anche Dio
più concretamente come il padre di Gesù Cristo, quel Dio che si rende vicino a
noi in Gesù nell'eucarestia. Dunque c'era una serie di immagini che in qualche
maniera si accavallavano o si sostituivano l'una con l'altra: l'una più
misteriosa, attinente a colui che è l'inconoscibile, l'altra più precisa e
concreta, che passava per la figura di Gesù. Mi sono reso conto ben presto che
parlare di Dio voleva dire affrontare una duplicità, come una contraddizione
quasi insuperabile. Quella cioè di pensare a una Realtà sacra inaccessibile, a
un Essere profondamente distante, di cui non si può dire il nome, di cui non si
sa quasi nulla: e tutto ciò nella certezza che questo Essere è vicino a noi, ci
ama, ci cerca, ci vuole, si rivolge a noi con amore compassionevole e
perdonante. Tenere insieme queste due cose sembra un po' impossibile, come del
resto tenere insieme la giustizia rigorosa e la misericordia infinita di Dio.
Noi non scegliamo tra l'una e l'altra, viviamo in bilico (...).
Come dice il catechismo della Chiesa cattolica, la dichiarazione «io credo in Dio» è la più importante, la fonte di tutte le altre verità sull'uomo, sul mondo e di tutta la vita di ogni credente in lui. D'altra parte il fatto stesso che si parli di «credere » e non di riconoscere semplicemente la sua esistenza, significa che si tratta concretamente di un atto che non è di semplice conoscenza deduttiva, ma che coinvolge tutto l'uomo in una dedizione personale. Su questo punto, come su tanti altri relativi alla conoscenza di Dio, c'è stata, c'è e ci sarà sempre grande discussione. Per alcuni la realtà di Dio si conosce mediante un semplice ragionamento, per altri sono necessarie anche molte disposizioni del cuore e della persona (...).
È dunque possibile conoscere Dio con le sole forze della ragione naturale? Il Concilio Vaticano I lo afferma, e anch'io l'ho sempre ritenuto in obbedienza al Concilio. Ma forse si tratta della ragione naturale concepita in astratto, prima del peccato. Concretamente la nostra natura umana storica, intrisa di deviazioni, ha bisogno di aiuti concreti, che le vengono dati in abbondanza dalla misericordia di Dio. Dunque non è tanto importante la distinzione tra la possibilità di conoscenza naturale e soprannaturale, perché noi conosciamo Dio con una conoscenza che viene e dalla natura, dalla grazia e dallo spirito Santo, che è riversata in noi da Dio stesso.
Bisogna dunque accettare di dire a riguardo di Dio alcune cose che possono apparire contraddittorie. Dio è Colui che ci cerca e insieme Colui che si fa cercare. È colui che si rivela e insieme colui che si nasconde. È colui per il quale valgono le parole del salmo «il tuo volto, Signore, io cerco», e tante altre parole della Bibbia, come quelle della sposa del Cantico di Cantici: «Sul mio letto, lungo la notte, ho cercato l'amato del mio cuore; l'ho cercato, ma non l'ho trovato. Mi alzerò e farò il giro della città; per le strade e per le piazze voglio cercare l'amato del mio cuore. L'ho cercato ma non l'ho trovato. Da poco avevo oltrepassato le guardie che fanno la ronda quando trovai l'amato del mio cuore...» (3,1-4). Ma per lui vale anche la parola che lo presenta come il pastore che cerca la pecora smarrita nel deserto, come la donna che spazza la casa per trovare la moneta perduta, come il padre che attende il figlio prodigo e che vorrebbe che tornasse presto. Quindi cerchiamo Dio e siamo cercati da lui. Ma è certamente lui che per primo ci ama, ci cerca, ci rilancia, ci perdona.
A questo punto, sollecitati anche dalle parole del Cantico «ho cercato e non l'ho trovato», ci poniamo il problema dell'ateismo o meglio dell'ignoranza su Dio. Nessuno di noi è lontano da tale esperienza: c'è in noi un ateo potenziale che grida e sussurra ogni giorno le sue difficoltà a credere. Su questo principio si fondava l'iniziativa della «Cattedra dei non credenti» che voleva di per sé «porre i non credenti in cattedra» e «ascoltare quanto essi hanno da dirci della loro non conoscenza di Dio». Quando si parla di «credere in Dio» come fa il catechismo della Chiesa cattolica, si ammette espressamente che c'è nella conoscenza di Dio un qualche atto di fiducia e di abbandono.
Noi sappiamo bene che non si può costringere nessuno ad avere fiducia. Io posso donare la mia fiducia a un altro ma soltanto se questi mi sa infondere fiducia.
E senza fiducia non si vive (...). L'adesione a Dio comporta un'atmosfera generale di fiducia nella giustezza e nella verità della vita, e quindi nella giustezza e nella verità del suo fondamento. Come dice Hans Küng «che Dio esista, può essere ammesso, in definitiva, solo in base a una fiducia che affonda le sue radici nella realtà stessa».
Molti e diversi sono i modi con cui ci si avvicina al mistero di Dio. La nostra tradizione occidentale ha cercato di comprendere Dio possibilmente anche con una definizione.
Lo si è chiamato
ad esempio Sommo Bene, Essere Sussistente, Essere Perfettissimo... Non troviamo nessuna di queste denominazioni nella tradizione ebraica.
La Bibbia non conosce nomi astratti di Dio, ma ne enumera le opere. Si può affermare che ciò che la Bibbia dice su Dio viene detto anzitutto con dei verbi, non con dei sostantivi. Questi verbi riguardano le grandi opere con cui Dio ha visitato il suo popolo. Sono verbi come creare, promettere, scegliere, eleggere, comandare, guidare, nutrire ecc. Si riferiscono a ciò che Dio ha fatto per il suo popolo. C'è quindi un'esperienza concreta, quella di essere stati aiutati in circostanze difficili, dove l'opera umana sarebbe venuta meno. Questa esperienza cerca la sua ragione ultima e la trova in questo essere misterioso che chiamiamo Dio.
D'altra parte ha qualche ragione anche la tradizione occidentale. Infatti tutte le creature hanno ricevuto da Dio tutto ciò che sono e che hanno. Dio solo è in se stesso la pienezza dell'essere e di ogni perfezione, e colui che è senza origine e senza fine. Tuttavia nel mistero cristiano la natura di Dio ci appare gradualmente come avvolta da una luce ancora più misteriosa.
Non è una natura semplicemente capace di tenere salda se stessa, di essere indipendente, di non aver bisogno di nessuno.
È una realtà che si protende verso l'altro, in cui è più forte la relazione e il dono di sé che non il possedere se stesso.
Per questo Gesù sulla croce ci rivela in maniera decisiva l'essere di Dio come essere per altri: è l'essere di Colui che si dona e perdona.
Come dice il catechismo della Chiesa cattolica, la dichiarazione «io credo in Dio» è la più importante, la fonte di tutte le altre verità sull'uomo, sul mondo e di tutta la vita di ogni credente in lui. D'altra parte il fatto stesso che si parli di «credere » e non di riconoscere semplicemente la sua esistenza, significa che si tratta concretamente di un atto che non è di semplice conoscenza deduttiva, ma che coinvolge tutto l'uomo in una dedizione personale. Su questo punto, come su tanti altri relativi alla conoscenza di Dio, c'è stata, c'è e ci sarà sempre grande discussione. Per alcuni la realtà di Dio si conosce mediante un semplice ragionamento, per altri sono necessarie anche molte disposizioni del cuore e della persona (...).
È dunque possibile conoscere Dio con le sole forze della ragione naturale? Il Concilio Vaticano I lo afferma, e anch'io l'ho sempre ritenuto in obbedienza al Concilio. Ma forse si tratta della ragione naturale concepita in astratto, prima del peccato. Concretamente la nostra natura umana storica, intrisa di deviazioni, ha bisogno di aiuti concreti, che le vengono dati in abbondanza dalla misericordia di Dio. Dunque non è tanto importante la distinzione tra la possibilità di conoscenza naturale e soprannaturale, perché noi conosciamo Dio con una conoscenza che viene e dalla natura, dalla grazia e dallo spirito Santo, che è riversata in noi da Dio stesso.
Bisogna dunque accettare di dire a riguardo di Dio alcune cose che possono apparire contraddittorie. Dio è Colui che ci cerca e insieme Colui che si fa cercare. È colui che si rivela e insieme colui che si nasconde. È colui per il quale valgono le parole del salmo «il tuo volto, Signore, io cerco», e tante altre parole della Bibbia, come quelle della sposa del Cantico di Cantici: «Sul mio letto, lungo la notte, ho cercato l'amato del mio cuore; l'ho cercato, ma non l'ho trovato. Mi alzerò e farò il giro della città; per le strade e per le piazze voglio cercare l'amato del mio cuore. L'ho cercato ma non l'ho trovato. Da poco avevo oltrepassato le guardie che fanno la ronda quando trovai l'amato del mio cuore...» (3,1-4). Ma per lui vale anche la parola che lo presenta come il pastore che cerca la pecora smarrita nel deserto, come la donna che spazza la casa per trovare la moneta perduta, come il padre che attende il figlio prodigo e che vorrebbe che tornasse presto. Quindi cerchiamo Dio e siamo cercati da lui. Ma è certamente lui che per primo ci ama, ci cerca, ci rilancia, ci perdona.
A questo punto, sollecitati anche dalle parole del Cantico «ho cercato e non l'ho trovato», ci poniamo il problema dell'ateismo o meglio dell'ignoranza su Dio. Nessuno di noi è lontano da tale esperienza: c'è in noi un ateo potenziale che grida e sussurra ogni giorno le sue difficoltà a credere. Su questo principio si fondava l'iniziativa della «Cattedra dei non credenti» che voleva di per sé «porre i non credenti in cattedra» e «ascoltare quanto essi hanno da dirci della loro non conoscenza di Dio». Quando si parla di «credere in Dio» come fa il catechismo della Chiesa cattolica, si ammette espressamente che c'è nella conoscenza di Dio un qualche atto di fiducia e di abbandono.
Noi sappiamo bene che non si può costringere nessuno ad avere fiducia. Io posso donare la mia fiducia a un altro ma soltanto se questi mi sa infondere fiducia.
E senza fiducia non si vive (...). L'adesione a Dio comporta un'atmosfera generale di fiducia nella giustezza e nella verità della vita, e quindi nella giustezza e nella verità del suo fondamento. Come dice Hans Küng «che Dio esista, può essere ammesso, in definitiva, solo in base a una fiducia che affonda le sue radici nella realtà stessa».
Molti e diversi sono i modi con cui ci si avvicina al mistero di Dio. La nostra tradizione occidentale ha cercato di comprendere Dio possibilmente anche con una definizione.
Lo si è chiamato
ad esempio Sommo Bene, Essere Sussistente, Essere Perfettissimo... Non troviamo nessuna di queste denominazioni nella tradizione ebraica.
La Bibbia non conosce nomi astratti di Dio, ma ne enumera le opere. Si può affermare che ciò che la Bibbia dice su Dio viene detto anzitutto con dei verbi, non con dei sostantivi. Questi verbi riguardano le grandi opere con cui Dio ha visitato il suo popolo. Sono verbi come creare, promettere, scegliere, eleggere, comandare, guidare, nutrire ecc. Si riferiscono a ciò che Dio ha fatto per il suo popolo. C'è quindi un'esperienza concreta, quella di essere stati aiutati in circostanze difficili, dove l'opera umana sarebbe venuta meno. Questa esperienza cerca la sua ragione ultima e la trova in questo essere misterioso che chiamiamo Dio.
D'altra parte ha qualche ragione anche la tradizione occidentale. Infatti tutte le creature hanno ricevuto da Dio tutto ciò che sono e che hanno. Dio solo è in se stesso la pienezza dell'essere e di ogni perfezione, e colui che è senza origine e senza fine. Tuttavia nel mistero cristiano la natura di Dio ci appare gradualmente come avvolta da una luce ancora più misteriosa.
Non è una natura semplicemente capace di tenere salda se stessa, di essere indipendente, di non aver bisogno di nessuno.
È una realtà che si protende verso l'altro, in cui è più forte la relazione e il dono di sé che non il possedere se stesso.
Per questo Gesù sulla croce ci rivela in maniera decisiva l'essere di Dio come essere per altri: è l'essere di Colui che si dona e perdona.
- Cardinale Carlo Maria Martini -
da: Il Corriere della Sera del 16 novembre 2007
Preghiera per
l'Europa
Padre dell'umanità,
Signore della storia,
guarda questo continente europeo
al quale tu hai inviato tanti filosofi, legislatori e saggi,
guarda questo continente europeo
al quale tu hai inviato tanti filosofi, legislatori e saggi,
precursori della
fede nel tuo Figlio morto e risorto.
Guarda questi
popoli evangelizzati da Pietro e Paolo,
dai profeti, dai monaci, dai santi;
guarda queste regioni bagnate dal sangue dei martiri
dai profeti, dai monaci, dai santi;
guarda queste regioni bagnate dal sangue dei martiri
e toccate dalla
voce dei Riformatori.
Guarda i popoli
uniti da tanti legami
ma anche divisi, nel tempo, dall'odio e dalla guerra.
Donaci di lavorare per una Europa dello Spirito
fondata non soltanto sugli accordi economici,
ma anche divisi, nel tempo, dall'odio e dalla guerra.
Donaci di lavorare per una Europa dello Spirito
fondata non soltanto sugli accordi economici,
ma anche sui valori
umani ed eterni.
Una Europa capace
di riconciliazioni etniche ed ecumeniche,
pronta ad
accogliere lo straniero, rispettosa di ogni dignità.
Donaci di assumere con fiducia il nostro dovere
di suscitare e promuovere un' intesa tra i popoli
che assicuri per tutti i continenti,
la giustizia e il pane, la libertà e la pace.
Donaci di assumere con fiducia il nostro dovere
di suscitare e promuovere un' intesa tra i popoli
che assicuri per tutti i continenti,
la giustizia e il pane, la libertà e la pace.
- Cardinale
Carlo Maria Martini -
dalla rivista Il
Cenacolo
Non voglio quindi preoccuparmi troppo
Signore, Tu sei la mia lampada,
Ti prego, Signore
di rischiarare la mia lampada che è la
preghiera:
preghiera che fa fatica ad accendersi,
che non è splendente come vorrei.
di rischiarare la mia lampada che è la
preghiera:
preghiera che fa fatica ad accendersi,
che non è splendente come vorrei.
Ti chiedo Signore di rischiararla
e però vorrei con più audacia,
fare mie le parole di Davide: tu sei la mia lampada.
e però vorrei con più audacia,
fare mie le parole di Davide: tu sei la mia lampada.
Non voglio quindi preoccuparmi troppo
della mia preghiera nella certezza che tu sei
la mia lampada, il sole dalla mia vita.
la mia lampada, il sole dalla mia vita.
Donaci, o Signore Dio nostro, di capire il mistero della preghiera.
Donami di coltivare la terra con umiltà e
semplicità di cuore, a imitazione della Vergine Maria.
Donami di coltivare la terra con umiltà e
semplicità di cuore, a imitazione della Vergine Maria.
(Cardinale Carlo Maria Martini)
Buona giornata a tutti. :-)
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