"Non c'è bisogno che vi dica quanto sia forte la
nostalgia che provo per la libertà e per voi tutti. Ma voi ci avete preparato
per decenni feste di Natale tanto meravigliose che il loro ricordo riconoscente
è abbastanza forte da illuminare anche questo Natale buio. È in tempi come
questi che si dimostra veramente che cosa significhi possedere un passato e una
eredità interiore che non dipendono dal mutare dei tempi e degli eventi. La
consapevolezza di essere sorretti da una tradizione spirituale che si estende
nei secoli dà una salda sensazione di sicurezza davanti a qualsiasi transitoria
difficoltà. Credo che chi sa di possedere siffatte riserve di forza non ha
bisogno di vergognarsi nemmeno dei sentimenti più teneri, che peraltro a mio
giudizio sono propri degli uomini migliori e più nobili, quando siano suscitati
dal ricordo di un passato bello e ricco. Chi si tiene saldo a quei valori che
mai nessun uomo può carpirgli non sarà sconfitto."
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giovedì 28 dicembre 2023
Non bisogna farsi piacere per forza la notte - Luigi Maria Epicopo Ft
"Non bisogna farsi piacere per forza la notte.
Certe volte il buio che si avverte è insopportabile. E
il Natale ne acuisce il dolore, perché è il tempo in cui il vuoto di 'chi' o di
'cosa' ci manca si fa sentire di più.
So bene che a Natale c'è gente che soffre di più, e
non prova nessuna gioia perché non vede nessuna nascita, nessuna speranza.
Il vero problema è che nessuna nostra parola può
aiutare queste persone che hanno tutto il diritto di star male nella loro
notte. Eppure la fede ci dice che Gesù nasce in una notte.
Non c'è luce, ma buio. ì
Non c'è accoglienza, ma porte chiuse per Lui.
Non c'è "posto adatto", ma "posto
arrangiato".
Se Gesù è venuto, lo ha fatto innanzitutto per coloro
che non trovano nemmeno più parole per dire il loro dolore.
E che cosa ha fatto per loro?
Si è nascosto nella loro notte affinché al fondo di
quel buio non ci fosse più un vuoto, ma Qualcuno.
E perché non lo sentono?
Perché certe volte il dolore ci toglie il realismo
vero delle cose e ci fa sentire solo ciò che si vede.
E' per loro che voglio pregarti questa sera, a poche
ore dal Natale. Per loro ti prego Signore, Vieni! Rompi la monotonia dei
pensieri negativi e fai nascere il dubbio che forse c'è speranza. Strappali
dalla passività di chi non vuole fare più nulla e spingili a uscire dai recinti
dove si sono chiusi a chiave.
Fagli alzare gli occhi a guardare bene il buio e dona
loro un firmamento di stelle, che seppur nella nostalgia possa strappare loro
lacrime di gratitudine.
Quel pianto, almeno quello, sia un pianto di
riconciliazione, e ogni lacrima li possa accompagnare fin davanti a te, che hai
nascosto la tua Gloria nella debolezza di un bambino.
Possano accorgersi che loro, così lontani dalla gioia,
sono il posto che tu hai scelto per venire al mondo.
E i più infelici dell'universo sappiano che sono il
pensiero fisso della Tua venuta in mezzo a noi.
- Luigi Maria Epicopo Ft -
Resistenza e resa
Buona giornata a tutti :-)
seguimi sulla mia pagina YouTube
giovedì 24 dicembre 2020
E' per loro che voglio pregarti questa sera, a poche ore dal Natale - Luigi Maria Epicoco Ft
Non bisogna farsi piacere per forza la
notte. Certe volte il buio che si avverte è insopportabile.
E il Natale ne
acuisce il dolore, perché è il tempo in cui il vuoto di 'chi' o di 'cosa' ci
manca si fa sentire di più.
So bene che a Natale c'è gente che soffre di più, e
non prova nessuna gioia perché non vede nessuna nascita, nessuna speranza.
Il
vero problema è che nessuna nostra parola può aiutare
queste persone che hanno tutto il diritto di star male nella loro notte.
Eppure
la fede ci dice che Gesù nasce in una notte.
Non c'è luce, ma buio.
Non c'è
accoglienza, ma porte chiuse per Lui.
Non c'è "posto adatto", ma
"posto arrangiato".
Se Gesù è venuto, lo ha fatto innanzitutto per
coloro che non trovano nemmeno più parole per dire il loro dolore. E che cosa
ha fatto per loro? Si è nascosto nella loro notte affinché al fondo di quel
buio non ci fosse più un vuoto, ma Qualcuno.
E perché non lo sentono? Perché
certe volte il dolore ci toglie il realismo vero delle cose e ci fa sentire
solo ciò che si vede.
E' per loro che voglio pregarti questa sera, a poche ore
dal Natale.
Per loro ti prego Signore, Vieni!
Rompi la monotonia dei pensieri
negativi e fai nascere il dubbio che forse c'è speranza.
Strappali dalla
passività di chi non vuole fare più nulla e spingili a uscire dai recinti dove
si sono chiusi a chiave.
Fagli alzare gli occhi a guardare bene il buio e dona
loro un firmamento di stelle, che seppur nella nostalgia possa strappare loro
lacrime di gratitudine. Quel pianto, almeno quello, sia un pianto di
riconciliazione, e ogni lacrima li possa accompagnare fin davanti a te, che hai
nascosto la tua Gloria nella debolezza di un bambino.
Possano accorgersi che
loro, così lontani dalla gioia, sono il posto che tu hai scelto per venire al
mondo.
E i più infelici dell'universo sappiano che sono il pensiero fisso della
Tua venuta in mezzo a noi.
Amen.
- Don Luigi Maria Epicoco -
La verità è
sorta dalla terra e la giustizia si è affacciata dal cielo (Sal 84, 12).
I
Giudei, come afferma l’Apostolo, non volendo riconoscere la giustizia di Dio e
cercando di stabilire la propria, non si sono sottomessi alla giustizia di Dio
(Rom 10, 3).
Donde l’uomo può diventare giusto? Da se stesso?
Ma quale povero
può sfamarsi da se stesso?
Quale nudo può coprirsi se non gli viene data una
veste da un altro? Non avevamo la giustizia, avevamo soltanto i peccati qui in
terra.
Donde viene la giustizia? Quale giustizia può esservi senza la fede? Il
giusto infatti vive per la fede (Rom 1, 17). Chi senza avere la fede si dice
giusto mente. Come può non esservi la menzogna dove non c’è la fede? Chi vuol
dire il vero si converta alla verità. Ma questa era lontana.
La verità è sorta
dalla terra.
Tu dormivi, essa venne a te; tu eri in coma, essa ti ha svegliato;
ti ha fatto strada con la sua persona per non perderti.
Concludendo: La verità
è sorta dalla terra, cioè il Signore nostro Gesù Cristo è nato da una vergine;
la giustizia si è affacciata dal cielo affinché gli uomini diventassero giusti
non di una giustizia propria, ma di quella di Dio.
- sant'Agostino -
O Bambino di
Betlemme,
tocca il cuore di
quanti sono coinvolti
nella tratta di
esseri umani,
affinché si rendano
conto
della gravità di tale
delitto contro l’umanità.
Volgi il tuo sguardo
ai tanti bambini
che vengono rapiti,
feriti e uccisi
nei conflitti armati,
e a quanti vengono
trasformati in soldati,
derubati della loro
infanzia.
Signore del cielo e
della terra,
guarda a questo
nostro pianeta,
che spesso la
cupidigia e l’avidità degli uomini
sfrutta in modo
indiscriminato.
Buona Vigilia a tutti :-)
Che il Signore ci benedica, ci custodisca e ci protegga
Stefania
sabato 15 dicembre 2018
La tela del ragno
Il re Erode aveva sentito dai Re Magi che a Betlemme era nato un re.
Divorato
dalla gelosia, immaginò un piano feroce: uccidere tutti i bambini della città... Giuseppe e Maria presero il Bambino Gesù e si incamminarono in fretta verso l’Egitto.
La sera del primo giorno di fuga, stanchi e affamati, cercarono rifugio in una
grotta.
Faceva freddo, la terra era bianca di brina. La famigliola si sistemò in un
angolo. Stavano stretti stretti per scaldarsi.
Un piccolo ragno si dondolava attaccato ad un filo d’entrata della grotta.
Quando vide il Bambino Gesù, volle fare qualcosa per lui.
Decise di tessere la
sua tela di fronte all’entrata della caverna per fare una delicata tendina.
Improvvisamente, lungo il sentiero, un drappello di soldati venne a cercare il
bambino per ucciderlo.
Quando stavano per entrare, il comandante notò la ragnatela. “Lasciate stare”
disse “non vedete che c‘è una grossa ragnatela intatta? Se qualcuno fosse
entrato nella grotta, l’avrebbe certamente rotta!”.
I soldati passarono oltre.
Così il piccolo ragno salvò la vita a Gesù, facendo l'unica cosa che sapeva fare: tessere la sua ragnatela.
(Racconto apocrifo)
Il Natale è fermarsi a contemplare quel
Bambino, il Mistero di Dio che si fa uomo nell’umiltà e nella povertà, ma è
soprattutto accogliere ancora di nuovo in noi stessi quel Bambino, che è Cristo
Signore, per vivere della sua stessa vita, per far sì che i suoi sentimenti, i
suoi pensieri, le sue azioni, siano i nostri sentimenti, i nostri pensieri, le
nostre azioni.
Celebrare il Natale è quindi manifestare la gioia, la novità, la
luce che questa Nascita ha portato in tutta la nostra esistenza, per essere
anche noi portatori della gioia, della vera novità, della luce di Dio agli
altri.
- Papa Benedetto XVI -
"Non chiederti
di cosa ha bisogno il
mondo...
Chiediti che cosa ti
rende felice
e poi fallo.
Il mondo ha bisogno
di persone felici..."
- Antoine De
Saint-Exupéry -
lunedì 11 dicembre 2017
La morte della Parrocchia - don Bruno Ferrero
Sui muri e sul giornale della città comparve uno strano annuncio funebre: «Con
profondo dolore annunciamo la morte della parrocchia di Santa Eufrosia. I
funerali avranno luogo domenica alle ore 11».
La domenica, naturalmente, la chiesa di Santa Eufrosia era affollata come non mai. Non c’era più un solo posto libero, neanche in piedi.
Davanti all’altare c’era il catafalco con una bara di legno scuro.
Il parroco pronunciò un semplice discorso: «Non credo che la nostra parrocchia possa rianimarsi e risorgere, ma dal momento che siamo quasi tutti qui voglio fare un estremo tentativo. Vorrei che passaste tutti quanti davanti alla bara, a dare un’ultima occhiata alla defunta. Sfilerete in fila indiana, uno alla volta e dopo aver guardato il cadavere uscirete dalla porta della sacrestia. Dopo, chi vorrà potrà rientrare dal portone per la Messa».
Il parroco aprì la cassa. Tutti si chiedevano: «Chi ci sarà mai dentro? Chi è veramente il morto?».
Cominciarono a sfilare lentamente. Ognuno si affacciava alla bara e guardava dentro, poi usciva dalla chiesa. Uscivano silenziosi, un po’ confusi.
Perché tutti coloro che volevano vedere il cadavere della parrocchia di Santa Eufrosia e guardavano nella bara, vedevano, in uno specchio appoggiato sul fondo della cassa, il proprio volto.
«Anche voi, come pietre vive, formate il tempio dello Spirito Santo, siete sacerdoti consacrati a Dio e offrite sacrifici spirituali che Dio accoglie volentieri, per mezzo di Gesù Cristo» (1 Pietro 2,5).
La domenica, naturalmente, la chiesa di Santa Eufrosia era affollata come non mai. Non c’era più un solo posto libero, neanche in piedi.
Davanti all’altare c’era il catafalco con una bara di legno scuro.
Il parroco pronunciò un semplice discorso: «Non credo che la nostra parrocchia possa rianimarsi e risorgere, ma dal momento che siamo quasi tutti qui voglio fare un estremo tentativo. Vorrei che passaste tutti quanti davanti alla bara, a dare un’ultima occhiata alla defunta. Sfilerete in fila indiana, uno alla volta e dopo aver guardato il cadavere uscirete dalla porta della sacrestia. Dopo, chi vorrà potrà rientrare dal portone per la Messa».
Il parroco aprì la cassa. Tutti si chiedevano: «Chi ci sarà mai dentro? Chi è veramente il morto?».
Cominciarono a sfilare lentamente. Ognuno si affacciava alla bara e guardava dentro, poi usciva dalla chiesa. Uscivano silenziosi, un po’ confusi.
Perché tutti coloro che volevano vedere il cadavere della parrocchia di Santa Eufrosia e guardavano nella bara, vedevano, in uno specchio appoggiato sul fondo della cassa, il proprio volto.
«Anche voi, come pietre vive, formate il tempio dello Spirito Santo, siete sacerdoti consacrati a Dio e offrite sacrifici spirituali che Dio accoglie volentieri, per mezzo di Gesù Cristo» (1 Pietro 2,5).
Se c’è polvere nelle sale della tua parrocchia, c’è polvere sulla tua anima.
- don Bruno Ferrero -
"...Dovremmo
avere invece paura di non avere più il coraggio di cercare qualcosa per paura
di soffrire, per paura di questa angoscia che a volte ti toglie l'aria.
Il vangelo appunta tutto quello che molto spesso accade a noi.
Esso non è un libro di ideali e di proclami, ma una strada tracciata da vite concrete, da storie concrete, che partono da quel poco che siamo e conducono dritti alla meta, al Senso ultimo della storia.
E allo stesso tempo non dobbiamo avere paura di non capire tutto subito, di non comprendere fino in fondo il significato di ciò che viviamo.
La nostra perseveranza e fedeltà alla realtà e non semplicemente a quello che vorremmo fosse la nostra realtà, ci salva.
Stare davanti alle cose che oggettivamente esistono nella nostra vita (quel tale padre, quella tale madre, quell'amico, quel corpo che abbiamo, quelle attitudini, quella malattia, quell'amore, quei limiti, quella gioia) ci portano a quella salvezza che è un fatto vero e non una proiezione dei nostri sogni. Molto spesso ci rifugiamo nei nostri sogni per non affrontare la realtà, ecco perchè il cristianesimo non è un sogno ma una realtà che và vissuta ad occhi aperti. Per credere bisogna essere svegli e con gli occhi aperti, altrimenti si rischia di confondere la fede con una suggestione soporifera creata appunto per evitare la vita e non per salvarla. Meravigliose, a questo proposito, le parole del Papa... "
- don Luigi Maria Epicoco
da "Tracce di Parola di Dio" 2.7.2011
Il vangelo appunta tutto quello che molto spesso accade a noi.
Esso non è un libro di ideali e di proclami, ma una strada tracciata da vite concrete, da storie concrete, che partono da quel poco che siamo e conducono dritti alla meta, al Senso ultimo della storia.
E allo stesso tempo non dobbiamo avere paura di non capire tutto subito, di non comprendere fino in fondo il significato di ciò che viviamo.
La nostra perseveranza e fedeltà alla realtà e non semplicemente a quello che vorremmo fosse la nostra realtà, ci salva.
Stare davanti alle cose che oggettivamente esistono nella nostra vita (quel tale padre, quella tale madre, quell'amico, quel corpo che abbiamo, quelle attitudini, quella malattia, quell'amore, quei limiti, quella gioia) ci portano a quella salvezza che è un fatto vero e non una proiezione dei nostri sogni. Molto spesso ci rifugiamo nei nostri sogni per non affrontare la realtà, ecco perchè il cristianesimo non è un sogno ma una realtà che và vissuta ad occhi aperti. Per credere bisogna essere svegli e con gli occhi aperti, altrimenti si rischia di confondere la fede con una suggestione soporifera creata appunto per evitare la vita e non per salvarla. Meravigliose, a questo proposito, le parole del Papa... "
- don Luigi Maria Epicoco
da "Tracce di Parola di Dio" 2.7.2011
"La differenza tra uno che sogna e uno che
sta sveglio consiste innanzitutto nel fatto che colui che sogna si trova in un
mondo particolare.
Con il suo io egli è rinchiuso in questo mondo del sogno che, appunto, è soltanto suo e non lo collega con gli altri.
Svegliarsi significa uscire da tale mondo particolare dell’io ed entrare nella realtà comune, nella verità che, sola, ci unisce tutti.
Il conflitto nel mondo, l’inconciliabilità reciproca, derivano dal fatto che siamo rinchiusi nei nostri propri interessi e nelle opinioni personali, nel nostro proprio minuscolo mondo privato.
L’egoismo, quello del gruppo come quello del singolo, ci tiene prigionieri dei nostri interessi e desideri, che contrastano con la verità e ci dividono gli uni dagli altri. Svegliatevi, ci dice il Vangelo.
Venite fuori per entrare nella grande verità comune, nella comunione dell’unico Dio.
Svegliarsi significa così sviluppare la sensibilità per Dio; per i segnali silenziosi con cui Egli vuole guidarci; per i molteplici indizi della sua presenza.
Ci sono persone che dicono di essere “religiosamente prive di orecchio musicale”.
La capacità percettiva per Dio sembra quasi una dote che ad alcuni è rifiutata. E in effetti – la nostra maniera di pensare ed agire, la mentalità del mondo odierno, la gamma delle nostre varie esperienze sono adatte a ridurre la sensibilità per Dio, a renderci “privi di orecchio musicale” per Lui.
E tuttavia in ogni anima è presente, in modo nascosto o aperto, l’attesa di Dio, la capacità di incontrarlo.
Per ottenere questa vigilanza, questo svegliarsi all’essenziale, vogliamo pregare, per noi stessi e per gli altri, per quelli che sembrano essere “privi di questo orecchio musicale” e nei quali, tuttavia, è vivo il desiderio che Dio si manifesti."
Con il suo io egli è rinchiuso in questo mondo del sogno che, appunto, è soltanto suo e non lo collega con gli altri.
Svegliarsi significa uscire da tale mondo particolare dell’io ed entrare nella realtà comune, nella verità che, sola, ci unisce tutti.
Il conflitto nel mondo, l’inconciliabilità reciproca, derivano dal fatto che siamo rinchiusi nei nostri propri interessi e nelle opinioni personali, nel nostro proprio minuscolo mondo privato.
L’egoismo, quello del gruppo come quello del singolo, ci tiene prigionieri dei nostri interessi e desideri, che contrastano con la verità e ci dividono gli uni dagli altri. Svegliatevi, ci dice il Vangelo.
Venite fuori per entrare nella grande verità comune, nella comunione dell’unico Dio.
Svegliarsi significa così sviluppare la sensibilità per Dio; per i segnali silenziosi con cui Egli vuole guidarci; per i molteplici indizi della sua presenza.
Ci sono persone che dicono di essere “religiosamente prive di orecchio musicale”.
La capacità percettiva per Dio sembra quasi una dote che ad alcuni è rifiutata. E in effetti – la nostra maniera di pensare ed agire, la mentalità del mondo odierno, la gamma delle nostre varie esperienze sono adatte a ridurre la sensibilità per Dio, a renderci “privi di orecchio musicale” per Lui.
E tuttavia in ogni anima è presente, in modo nascosto o aperto, l’attesa di Dio, la capacità di incontrarlo.
Per ottenere questa vigilanza, questo svegliarsi all’essenziale, vogliamo pregare, per noi stessi e per gli altri, per quelli che sembrano essere “privi di questo orecchio musicale” e nei quali, tuttavia, è vivo il desiderio che Dio si manifesti."
- papa Benedetto XVI -
Omelia, Basilica Vaticana, 24
dicembre 2009
Buona giornata a tutti. :-)
sabato 26 novembre 2016
I tre figli - don Bruno Ferrero -
Tre donne andarono alla fontana per attingere acqua. Presso la fontana, su una panca di pietra, sedeva un uomo anziano che le osservava in silenzio ed ascoltava i loro discorsi.
Le donne lodavano i rispettivi figli.
"Mio figlio", diceva la prima, "è così svelto ed agile che nessuno gli sta alla pari".
"Mio figlio", sosteneva la seconda, "canta come un usignolo. Non c'è nessuno al mondo che possa vantare una voce bella come la sua".
"E tu, che cosa dici di tuo figlio?", chiesero alla terza, che rimaneva in silenzio.
"Non so che cosa dire di mio figlio", rispose la donna. "E' un bravo ragazzo, come ce ne sono tanti. Non sa fare niente di speciale...".
Quando le anfore furono piene, le tre donne ripresero la via di casa. Il vecchio le seguì per un pezzo di strada. Le anfore erano pesanti, le braccia delle donne stentavano a reggerle.
Ad un certo punto si fermarono per far riposare le povere schiene doloranti.
Vennero loro incontro tre giovani. Il primo improvvisò uno spettacolo: appoggiava le mani a terra e faceva la ruota con i piedi per aria, poi inanellava un salto mortale dopo l'altro.
Le donne lo guardavano estasiate: "Che giovane abile!".
Il secondo giovane intonò una canzone. Aveva una voce splendida che ricamava armonie nell'aria come un usignolo.
Le donne lo ascoltavano con le lacrime agli occhi: "E un angelo!".
Il terzo giovane si diresse verso sua madre, prese la pesante anfora e si mise a portarla, camminando accanto a lei.
Le donne si rivolsero al vecchio: "Allora che cosa dici dei nostri figli?".
"Figli?", esclamò meravigliato!
Li riconoscerete dai loro frutti" (Matteo 7,16)
Le donne lodavano i rispettivi figli.
"Mio figlio", diceva la prima, "è così svelto ed agile che nessuno gli sta alla pari".
"Mio figlio", sosteneva la seconda, "canta come un usignolo. Non c'è nessuno al mondo che possa vantare una voce bella come la sua".
"E tu, che cosa dici di tuo figlio?", chiesero alla terza, che rimaneva in silenzio.
"Non so che cosa dire di mio figlio", rispose la donna. "E' un bravo ragazzo, come ce ne sono tanti. Non sa fare niente di speciale...".
Quando le anfore furono piene, le tre donne ripresero la via di casa. Il vecchio le seguì per un pezzo di strada. Le anfore erano pesanti, le braccia delle donne stentavano a reggerle.
Ad un certo punto si fermarono per far riposare le povere schiene doloranti.
Vennero loro incontro tre giovani. Il primo improvvisò uno spettacolo: appoggiava le mani a terra e faceva la ruota con i piedi per aria, poi inanellava un salto mortale dopo l'altro.
Le donne lo guardavano estasiate: "Che giovane abile!".
Il secondo giovane intonò una canzone. Aveva una voce splendida che ricamava armonie nell'aria come un usignolo.
Le donne lo ascoltavano con le lacrime agli occhi: "E un angelo!".
Il terzo giovane si diresse verso sua madre, prese la pesante anfora e si mise a portarla, camminando accanto a lei.
Le donne si rivolsero al vecchio: "Allora che cosa dici dei nostri figli?".
"Figli?", esclamò meravigliato!
Li riconoscerete dai loro frutti" (Matteo 7,16)
“Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele
anche in cose importanti; e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto
anche in cose importanti. Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza
disonesta, chi vi affiderà quella vera?”.
Quando a un bambino gli viene
affidato un pesce rosso o un piccolo vasetto con un semino piantato dentro, non
è per offrirgli un nuovo giocattolo ma per insegnargli la fedeltà che dà la
vita alle cose.
Se si dimenticasse di dare dal mangiare al pesce rosso o di mettere l’acqua alla piantina si
accorgerebbe che in poco tempo avrebbe un pesce morto e una pianta secca.
Diffidate quindi da quei genitori che regalano pesci rossi ai figli e poi se ne
fanno carico loro per i successivi anni di vita, semplicemente perché il figlio
così inizialmente entusiasta del nuovo acquisto, dopo un po’ si è annoiato.
Senza quella pazienza che ci rimette davanti alle nostre responsabilità a
partire dal pesce rosso, accadrà che da grandi faremo uguale nelle relazioni,
con il lavoro, con le persone che diciamo di amare e perché no anche con i
nostri figli che li accogliamo con l’entusiasmo dei pesci rossi nuovi per poi viverceli
semplicemente come un peso.
Con la stessa ottica pensate al paradiso: chi ci
darà una cosa così bella se non siamo stati capaci di aver avuto cura di una
cosa mediamente bella che ci è capitata nella vita? Non è punizione, ma
conseguenza.
Raccontami dove hai trovato la forza, Giacomo
......Raccontami come si lotta per essere felici quando tutto il mondo resiste
e la corrente è contraria, perchè anche noi possiamo trovare la tua chiarezza e
la tua forza. Insegnaci il segreto di un cielo stellato trecentosessantacinque
giorni all'anno, di una vita che si aggrappa al futuro.
Se un seme non "spera" nella luce non mette radici, ma sperare è difficile, perchè richiede consapevolezza di sè, apertura e tanti fallimenti.
Sperare non è il vizio dell'ottimista ma il vigoroso realismo del fragile seme che accetta il buio del sottosuolo per farsi bosco.
Insegnaci, Giacomo, l'arte di sperare.
Se un seme non "spera" nella luce non mette radici, ma sperare è difficile, perchè richiede consapevolezza di sè, apertura e tanti fallimenti.
Sperare non è il vizio dell'ottimista ma il vigoroso realismo del fragile seme che accetta il buio del sottosuolo per farsi bosco.
Insegnaci, Giacomo, l'arte di sperare.
- Alessandro D'Avenia -
da: "L'arte di essere fragili. Come Leopardi può salvarti la vita", ed. Mondadori
da: "L'arte di essere fragili. Come Leopardi può salvarti la vita", ed. Mondadori
...Che cosa serve, Giacomo, per abitare questa sconfitta
senza rifugiarsi in un mondo infantile e al riparo dalla vita?
Si può proseguire senza rinunciare all'altezza, all'infinito? Come fare a sperare ancora e ancora quando restano solo le macerie di tutto ciò che avevamo immaginato?
Come non scivolare , dopo l'incanto giovanile, nel disincanto adulto?
Si può proseguire senza rinunciare all'altezza, all'infinito? Come fare a sperare ancora e ancora quando restano solo le macerie di tutto ciò che avevamo immaginato?
Come non scivolare , dopo l'incanto giovanile, nel disincanto adulto?
- Alessandro D'Avenia -
da: "L'arte di essere fragili. Come Leopardi può salvarti la vita", ed. Mondadori
da: "L'arte di essere fragili. Come Leopardi può salvarti la vita", ed. Mondadori
Buona giornata a tutti :-)
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