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domenica 10 novembre 2024

Un Tempo per te - don Franco Locci

  Non ho mai tempo: sempre di corsa. Con tutte le cose che ho da fare!
Tremendo nel suo sarcasmo questo epitaffio:

"Non aveva tempo di buttare giù una riga.
Non aveva tempo di andare a trovare un vecchio.
Non aveva tempo di cantare una canzone.
Non aveva tempo di raddrizzare un torto.
Non aveva tempo di amare e di donare.
Non aveva tempo di vivere per davvero.
D'ora in poi avrà tempo a non finire.
Oggi è morto il mio amico "sempre occupato".

E allora per non correre il rischio di morire senza aver vissuto, fermati, trova un po' di tempo! 
Se ti rimangono "cinque minuti", sai che cosa devi farne? 
Usali per te, per riflettere ci vuole un po' di silenzio, un po' di raccoglimento. Diceva Madeleine Delbrel a proposito di raccoglimento:
"Bisogna ‘raccogliere’ le tracce, gli indizi, gli inviti, gli ordini della volontà di Dio", così come il contadino raccoglie il suo raccolto nel granaio o il saggio raccoglie il frutto di un'esperienza. 
E raccogliersi o raccogliere non è possibile senza silenzio. 
Stacca dunque la radio dei bombardamenti esterni, la televisione delle immagini aggressive e dissipanti. 
Chiudi per un momento i giornali. 
Sfuggi alla stretta della società dei consumi. 
Costruisciti il silenzio. 
Impara di nuovo ad ascoltare il battito del tuo cuore per renderti conto se sei ancora vivo o sei già morto, sepolto nella materia, schiavo della moda o dei soldi. 
Entra in te stesso per chiederti per che cosa e per chi stai correndo i giorni della tua vita. 
Entra in te per scoprire l'immensità dei valori e dei doni che sono sepolti nel tuo cuore. 
Entra in te stesso per scoprire gli altri con cui vivi. 
Essi non sono numeri, non sono solo avversari, sono persone come te, anche loro alla ricerca disperata di un po' di gioia.

- don Franco Locci - 




Com’è morire?
«Uno svuotamento. Si comincia svuotandosi. Ma, si potrebbe chiedere, che cos’è o dov’è il vuoto? 
Il vuoto è nella perdita. 
E che cosa si perde? Io non ho “perso” nel senso comune di “perdere”. 
Non c’è perdita in quel senso. C’è la fine dell’ambizione. La fine di ciò che si chiede a se stessi. 
E’ molto importante. Non si chiede più niente a se stessi. 
Si comincia a svuotarsi degli obblighi e dei vincoli, delle necessità che si pensavano importanti. E quando queste cose cominciano a sparire, resta un’enorme quantità di tempo. E poi scivola via anche il tempo. E si vive senza tempo. Che ore sono? Le nove e mezza. Di mattina o di sera? Non lo so».

- James Hillman -  nell’ultima intervista rilasciata a Silvia Ronchey e pubblicata su La Stampa il 29 Ottobre 2011


Questa è infatti la volontà del Padre mio: che chi vede il Figlio e crede in lui abbia vita eterna, e io lo risusciterò nell’ultimo giorno." (Gv 6,40)
La volontà di Dio, come appare nel vangelo è una e positiva: che l’uomo si realizzi pienamente sviluppando al massimo la sua umanità per avere la condizione divina che consente di superare la soglia della morte.
Giovanni omette l’articolo a vita eterna. 

Quel che Gesù assicura non è LA vita eterna, ovvero una vita che inizia dopo questa esistenza, ma è questa stessa vita che è eterna.

- Padre Alberto Maggi - 



Possiamo senz'altro immaginare la Chiesa come una vasta impresa di trasporto, di trasporto in paradiso; perché no? 
Ebbene, mi chiedo: che cosa diventeremmo noi senza i Santi che organizzano il traffico? 
Certo, da duemila anni questa compagnia di trasporto ha avuto non poche catastrofi: l'arianesimo, il nestorianesimo, il pelagianesimo, il grande scisma d'Oriente, Lutero..., per ricordare solo i deragliamenti e gli scontri più noti.
Ma senza i Santi, ve lo dico io, la cristianità sarebbe un gigantesco ammasso di locomotive capovolte, di carrozze incendiate, di rotaie contorte e di ferraglia che finisce di arrugginirsi sotto la pioggia. 

Nessun treno circolerebbe più sulla strada ferrata invasa dall'erba.

- Georges Bernanos -
da: I santi nostri amici, 1947



Sant’Agostino riferisce che la sua mamma Monica, prima di morire, gli aveva raccomandato: “Seppellite pure questo mio corpo dove volete, senza darvi pena. Di una sola cosa vi prego: ricordatevi di me, dovunque siate, dinanzi all’altare del Signore” 

(Confessioni 9, 11,27)


Buona giornata a tutti. :-)


martedì 9 aprile 2024

A coloro che non trovano pace - Tonino Bello

 Carissimi,

l'idea di rivolgermi a voi mi è venuta stasera quando, recitando i vespri, ho trovato questa invocazione: «Metti, Signore, una salutare inquietudine in coloro che si sono allontanati da te, per colpa propria o per gli scandali altrui».
Per prima cosa mi son chiesto se, nel numero delle mie conoscenze, ci fosse qualcuno che poteva essere raggiunto da questa preghiera.
E mi sono ricordato di te, Giampiero, che, dopo essere passato per tutta la trafila dei gruppi giovanili della parrocchia, un giorno te ne sei andato e non ti sei fatto più vedere.
L'altra sera ti ho incontrato per caso. Pioveva. Eri fermo sul marciapiede e ti ho dato un passaggio. In macchina mi hai chiesto con sufficienza se durante la quaresima continuavo a predicare le «solite chiacchiere» ai giovani, riuniti in cattedrale. Ci son rimasto male, perché mi hai detto chiaro e tondo che tu ormai a quelle cose non ci credevi più da un pezzo, e che al politecnico stavi trovando risposte più utili di quelle che ti davano i preti.
Mi hai raccontato che a Torino hai conosciuto Gigi, ex seminarista e mio alunno di ginnasio, il quale ti parla spesso di me. Ho notato che avevi una punta d'ironia e sembrava che ti divertissi quando hai aggiunto che ora sta con una ragazza, bestemmia come un turco, e fuma lo spinello.
Quando all'improvviso ti ho chiesto se eri felice, mi hai risposto che ne avremmo parlato un'altra volta, perché dovevi scendere e poi era troppo tardi.
Addio, Giampiero! L'invocazione del breviario stasera la rivolgo al Signore per te. E per Gigi. 
E la rivolgo anche per te, Maria, che ti sei allontanata senza una plausibile ragione. Facevi parte del coro. Ora a messa non ci vai nemmeno a Pasqua. 
Tu dici che hai visto troppe cose storte anche in chiesa, e che non ti aspettavi certe pugnalate alle spalle proprio da coloro che credono in Dio. 
Non so che cosa ti sia successo di preciso. Ma l'altro giorno, quando sei venuta da me per implorare un ricovero urgente al Gemelli a favore del tuo bambino che sta male, e io ti ho esortata ad aver fiducia in Dio, e tu sei scoppiata a piangere dicendomi che in Dio non ci credi più... mi è parso di leggere in quelle lacrime, oltre alla paura di poter perdere il figlio, anche l'amarezza di aver perduto il Padre.
Non temere, Maria. Pregherò io per il tuo bambino, perché guarisca presto. 
Ma anche per te, perché il Signore ti metta nel cuore una salutare inquietudine.
Vedo che non afferri il senso di una preghiera del genere. Di inquietudini nei hai già tante e non è proprio il caso che mi metta anch'io ad aumentartene la dose. Tu sai bene, però, che in fondo io imploro la tua pace. Ecco, infatti, come il breviario prolunga l'invocazione su coloro che si sono allontanati da Dio: «Fa' che ritornino a te e rimangano sempre nel tuo amore».
E ora, visto che mi sono messo ad assicurare preghiere un po' per tutti, vorrei rivolgermi anche a voi che, pur non essendovi mai allontanati da Dio, non riuscite ugualmente a trovar riposo nella vostra vita.
Per sè parrebbe un controsenso. Perché Dio è la fontana della pace, e chi si lascia da lui possedere non può soffrire i morsi dell'inquietudine. Però sta di fatto che, o per difetto di affido alla sua volontà, o per eccesso di calcolo sulle proprie forze, o per uno squilibrio di rapporti tra debolezza e speranza, o chi sa per quale misterioso disegno, è tutt'altro che rara la coesistenza di Dio con l'insoddisfazione cronica dello spirito.

Mi rivolgo perciò a voi, icone sacre dell'irrequietezza, per dirvi che un piccolo segreto di pace ce l'avrei anch'io da confidarvelo.
A voi, per i quali il fardello più pesante che dovete trascinare siete voi stessi. 
A voi, che non sapete accettarvi e vi crogiolate nelle fantasie di un vivere diverso. 
A voi, che fareste pazzie per tornare indietro nel tempo e dare un'altra piega all'esistenza. 
A voi, che ripercorrete il passato per riesaminare mille volte gli snodi fatali delle scelte che oggi rifiutate. 
A voi, che avete il corpo qui, ma l'anima ce l'avete altrove. 
A voi, che avete imparato tutte le astuzie del «bluff» perché sapete che anche gli altri si sono accorti della vostra perenne scontentezza, ma non volete farla pesare su nessuno e la mascherate con un sorriso quando, invece, dentro vi sentite morire. 
A voi, che trovate sempre da brontolare su tutto, e non ve ne va mai a genio una, e non c'è bicchiere d'acqua limpida che non abbia il suo fondiglio di detriti.
A tutti voi voglio ripetere: non abbiate paura. La sorgente di quella pace, che state inseguendo da una vita, mormora freschissima dietro la siepe delle rimembranze presso cui vi siete seduti.

Non importa che, a berne, non siate voi. Per adesso, almeno.
Ma se solo siete capaci di indicare agli altri la fontana, avrete dato alla vostra vita il contrassegno della riuscita più piena. 
Perché la vostra inquietudine interiore si trasfigurerà in «prezzo da pagare» per garantire la pace degli altri.
O, se volete, non sarà più sete di «cose altre», ma bisogno di quel «totalmente Altro» che, solo, può estinguere ogni ansia di felicità.
Vi auguro che stasera, prima di andare a dormire, abbiate la forza di ripetere con gioia le parole di Agostino, vostro caposcuola: «O Signore, tu ci hai fatti per te, e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te».

- donTonino Bello - 


Il legno per attraversare il mare

E' come se uno vedesse da lontano la patria, e ci fosse di mezzo il mare: egli vede dove arrivare, ma non ha come arrivarvi. Così è di noi, che vogliamo giungere a quella stabilità dove ciò che è è, perché esso solo è sempre così com'è. E anche se già scorgiamo la meta da raggiungere, tuttavia c'è di mezzo il mare di questo secolo. Ed è già qualcosa conoscere la meta, poiché molti neppure riescono a vedere dove debbono andare.

Ora, affinché avessimo anche il mezzo per andare, è venuto di là colui al quale noi si voleva andare. E che ha fatto? Ci ha procurato il legno con cui attraversare il mare. Nessuno, infatti, può attraversare il mare di questo secolo, se non è portato dalla croce di Cristo.

Anche se uno ha gli occhi malati, può attaccarsi al legno della croce. E chi non riesce a vedere da lontano la meta del suo cammino, non abbandoni la croce, e la croce lo porterà.

- Sant'Agostino -

Commento al Vangelo di Giovanni (Gv 1,6-14)


Buona giornata a tutti :-)

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sabato 8 aprile 2023

Il nostro vanto è nella croce di Gesù - Sant'Agostino

La passione del Signore nostro Gesù Cristo è pegno sicuro di gloria e insieme ammaestramento di pazienza. 
Che cosa mai non devono attendersi dalla grazia di Dio i cuori dei fedeli! Infatti il Figlio unigenito di Dio, coeterno al Padre, sembrandogli troppo poco nascere uomo dagli uomini, volle spingersi fino al punto di morire quale uomo e proprio per mano di quegli uomini che aveva creato lui stesso.

Gran cosa è ciò che ci viene promesso dal Signore per il futuro, ma è molto più grande quello che celebriamo ricordando quanto ha già compiuto per noi. Dove erano e che cosa erano gli uomini, quando Cristo morì per i peccatori?

Come si può dubitare che egli darà ai suoi fedeli la sua vita, quando per essi non ha esitato a dare anche la sua morte? Perché gli uomini stentano a credere che un giorno vivranno con Dio, quando già si è verificato un fatto molto più incredibile, quello di un Dio morto per gli uomini? Chi è infatti Cristo, se non quel Verbo "che era in principio e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio"? (Gv 1, 1). Ebbene, questo Verbo di Dio "si è fatto carne e venne ad abitare in mezzo a noi" (Gv 1, 14).  Egli non aveva nulla in se stesso per cui potesse morire per noi, se non avesse preso da noi una carne  mortale. In tal modo egli immortale poté morire, volendo dare la vita per i mortali. Rese partecipi della sua vita quelli di cui aveva condiviso la morte. Noi infatti non avevamo di nostro nulla da cui aver la vita, come lui non aveva nulla da cui ricevere la morte.  Donde lo stupefacente scambio: fece sua la nostra morte e nostra la sua vita. Dunque non vergogna, ma fiducia sconfinata e vanto immenso nella morte di Cristo.

Prese su di sé la morte che trovò in noi e così assicurò quella vita che da noi non può venire. Ciò che noi avevamo meritato per il peccato, lo scontò colui che era senza peccato. E allora non ci darà ora quanto meritiamo per giustizia, lui che è l'artefice della giustificazione? Come non darà il premio ai santi, lui, fedeltà personificata, che senza colpa sopportò la pena dei cattivi? Confessiamo, perciò, o fratelli, senza timore, anzi proclamiamo che Cristo fu crocifisso per noi. Diciamolo, non già con timore, ma con gioia; non con rossore, ma con fierezza. L'apostolo Paolo lo comprese bene e lo fece valere come titolo di gloria. Poteva celebrare le più grandi e affascinanti imprese del Cristo.
Poteva gloriarsi richiamando le eccelse prerogative del Cristo, presentandolo quale creatore del mondo in quanto Dio con il Padre, e quale padrone del mondo in quanto uomo simile a noi. Tuttavia non disse altro che questo: "Quanto a me non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo" (Gal 6, 14).

- Sant'Agostino -



"Guardiamo a Cristo trafitto in Croce! E’ Lui la rivelazione più sconvolgente dell’amore di Dio, un amore in cui eros e agape, lungi dal contrapporsi, si illuminano a vicenda. Sulla Croce è Dio stesso che mendica l’amore della sua creatura: Egli ha sete dell’amore di ognuno di noi. 
L’apostolo Tommaso riconobbe Gesù come “Signore e Dio” quando mise la mano nella ferita del suo costato. Non sorprende che, tra i santi, molti abbiano trovato nel Cuore di Gesù l’espressione più commovente di questo mistero di amore. Si potrebbe addirittura dire che la rivelazione dell’eros di Dio verso l’uomo è, in realtà, l’espressione suprema della sua agape. 
In verità, solo l’amore in cui si uniscono il dono gratuito di sé e il desiderio appassionato di reciprocità infonde un’ebbrezza che rende leggeri i sacrifici più pesanti. Gesù ha detto: “Quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me” (Gv 12,32). 
La risposta che il Signore ardentemente desidera da noi è innanzitutto che noi accogliamo il suo amore e ci lasciamo attrarre da Lui. Accettare il suo amore, però, non basta. Occorre corrispondere a tale amore ed impegnarsi poi a comunicarlo agli altri: Cristo “mi attira a sé” per unirsi a me, perché impari ad amare i fratelli con il suo stesso amore."

- papa Benedetto XVI - 
Messaggio per la Quaresima 2007



Dalla Croce Gesù propone in positivo un altro tipo di umanità: è l'umanità di chi vive la beatitudine dei miti e degli operatori di pace, di chi accetta di portare la croce quotidiana dietro al suo Signore.

- Cardinale Carlo Maria Martini - 



Teco vorrei Signore 
oggi portar la Croce;
nella Tua doglia atroce 
io ti vorrei seguir.
Ma sono infermo e lasso
donami, deh, coraggio
acciò nel mesto viaggio
non m'abbia da smarrir...



Buona giornata a tutti. :-) 

martedì 20 settembre 2022

Restate uniti alla croce di Cristo! - Sant'Agostino

 Come vorrei, o miei fratelli, incidervi nel cuore questa verità!
Se volete vivere un cristianesimo autentico,
aderite profondamente al Cristo in ciò che egli si è fatto per noi,
onde poter giungere a lui in ciò che è e che è sempre stato.
È per questo che ci ha raggiunti,
per farsi uomo per noi fino alla croce.
Si è fatto uomo per noi.

- Sant'Agostino - 
 (Commento al Vangelo di san Giovanni 2, 3)


Sant'Agostino
opera di Botticelli Chiesa di Ognissanti
Firenze – Italy

Tutti sono doni del mio Dio, non io li ho dati a me stesso.
Sono beni, e tutti sono io.
E’ buono chi mi fece, anzi lui stesso è il mio bene,
e io esulto in suo onore per tutti i beni
di cui anche da fanciullo era fatta la mia esistenza.
Il mio peccato era di non cercare in lui, ma nelle sue creature,
ossia in me stesso e negli altri, i diletti, i primati, le verità,
precipitando così nei dolori, nelle umiliazioni, negli errori.
A te grazie, dolcezza mia e onore mio e fiducia mia, 
Dio mio, a te grazie dei tuoi doni.
Tu però conservameli, così conserverai me pure,
e tutto ciò che mi hai donato crescerà e si perfezionerà,
e io medesimo sussisterò con te, poiché tu mi hai dato di sussistere.

- Sant'Agostino -
(Confessioni X, 27, 38)



Né futuro né passato esistono. 
È inesatto dire che i tempi sono tre: passato, presente e futuro. 
Forse sarebbe esatto dire che i tempi sono tre: 
presente del passato, presente del presente, presente del futuro. 
Queste tre specie di tempi esistono in qualche modo nell'animo 
e non le vedo altrove: 
il presente del passato è la memoria, il presente del presente 
la visione, il presente del futuro l'attesa. 

- Agostino d'Ippona - 
Confessioni, 397-400




















Tardi ti ho amato, bellezza
tanto antica e tanto nuova,
tardi ti ho amato!
Tu eri dentro di me e io stavo fuori,
ti cercavo qui,
gettandomi, deforme,
sulle belle forme delle tue creature.
Tu eri con me, ma io non ero con te.
Mi tenevano lontano da te
le creature che, pure,
se non esistessero in te,
non esisterebbero per niente,
Tu mi hai chiamato
e il tuo grido ha vinto la mia sordità;
hai brillato tu
e la tua luce ha vinto la mia cecità;
hai diffuso il tuo profumo:
ti ho respirato, e ora anelo a te;
ti ho gustato e ora ho fame e sete di te;
mi ha toccato e ora ardo
dal desiderio della tua pace .


- Sant'Agostino -


Buona giornata a tutti :-)

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domenica 19 dicembre 2021

Discorso 191, Natale - Sant'agostino

 Il Verbo del Padre, per mezzo del quale sono stati creati tempi (Cf. Gv 1, 3), divenuto carne, ci ha donato il suo Natale nel tempo. 

Per la sua nascita umana volle avere un giorno determinato, lui senza il cui intervento divino nessun giorno può scorrere. 

Egli che presso il Padre precede tutta l’estensione dei secoli, nascendo dalla madre nel tempo in questo giorno si inserì nel defluire degli anni. 

Il creatore dell’uomo è diventato uomo: perché, pur essendo l’ordinatore delle stelle, potesse succhiare da un seno di donna; pur essendo il pane (Cf. Gv 6, 35), potesse aver fame (Cf. Mt 4, 2); pur essendo la fonte (Cf. Gv 4, 13), potesse aver sete (Cf. Gv 19, 28); pur essendo la luce (Cf. Gv 1, 9) potesse dormire (Cf. Lc 8, 23); pur essendo la via (Cf. Gv 14, 6) potesse stancarsi per il viaggio (Cf. Mc 14, 56); pur essendo la verità (Cf. 2 Tim 4, 1) potesse essere accusato da falsi testimoni (Cf. 1 Cor 1, 30); pur essendo giudice dei vivi e dei morti (Cf. Mt 27, 26-29) potesse essere giudicato da un giudice mortale; pur essendo la giustizia (Cf. 1 Cor 3, 11) potesse essere condannato da uomini ingiusti; pur essendo il flagello potesse essere colpito da flagelli; pur essendo grappolo potesse essere coronato di spine; pur essendo il fondamento potesse essere sospeso ad un legno; pur essendo la fortezza potesse diventare debole; pur essendo la salvezza potesse essere ferito; pur essendo la vita potesse morire. Sostenne per noi queste cose ed altre simili pur non meritandosele, per liberare noi anche se eravamo indegni. 

Mentre né lui, che per noi sopportò tanti mali, si meritava alcunché di male, né noi, che tramite lui abbiamo ricevuto tanti beni, ci meritavamo alcunché di bene. 

Per questi motivi colui che era Figlio di Dio prima di tutti i secoli senza inizio di giorni, negli ultimi tempi si è degnato di diventare figlio dell’uomo. 

E colui che, nato dal Padre, non è stato formato dal Padre, è stato formato nella madre che aveva fatto. é nato da lei per poter rimanere finalmente qui in terra; mentre lei mai e da nessuna parte avrebbe potuto esistere se non per mezzo di lui.



Andiamo fino a Betlemme,
come i pastori.

L'importante è muoversi.

E se invece di un Dio glorioso,

ci imbattiamo nella fragilità
di un bambino,

non ci venga il dubbio di aver
sbagliato il percorso.

Il volto spaurito degli oppressi,

la solitudine degli infelici,

l'amarezza di tutti gli
uomini della Terra,

sono il luogo dove Egli continua
a vivere in clandestinità.

A noi il compito di cercarlo.

Mettiamoci in cammino senza paura.

(don Tonino Bello)


Buona giornata a tutti :-)


 

 

domenica 30 maggio 2021

Tempo

     Dal latino tempus; in generale significa una durata infinita di momenti, entro la quale trovano posto tutte le altre durate più o meno lunghe, degli anni, delle stagioni, dei mesi, dei giorni, delle ore, dei minuti ecc. La riflessione dei filosofi sul tempo è andata di pari passo con la riflessione sullo spazio e ha dato luogo sostanzialmente alle stesse soluzioni: ultrarealistica (Platone- Newton), concettualistica (Kant) e logico-realistica (Aristotele). 

È di Aristotele la celebre definizione: «Il tempo è la misura del movimento secondo il prima e il poi». 



S. Agostino fu il primo ad affrontare come impegno la questione del tempo. «Che cos'e dunque il tempo? Se nessuno me lo domanda, lo so; se voglio spiegarlo a chi me lo domanda non lo so» (Confessioni XI, 14). Per risolvere la questione del tempo Agostino scruta la valenza ontologica delle tre fasi in cui si distingue il tempo: passato, presente e futuro. E scopre che in se stesso il futuro ancora non è, mentre il passato e già volato via e non e più; perciò passato e futuro in se stessi non posseggono nessuna esistenza. Essi la posseggono soltanto grazie al presente, che conserva il passato e anticipa il futuro. Ciò avviene grazie all'uomo e alle sue facoltà conoscitive: la memoria che trattiene il passato, la previsione che anticipa il futuro e l'intuizione che coglie il presente.

      Pertanto il tempo non esiste al di fuori dell'uomo, bensì soltanto nell'uomo: « È nella nostra mente che si trovano in qualche modo questi tre tempi, mentre altrove non li vedo: il presente del passato vale a dire la memoria, il presente del presente vale a dire l'intuizione, e il presente del futuro vale a dire l'attesa» (Confessioni XI, 20). Di conseguenza è sempre nella mente umana che il tempo trova la ragione della sua misurabilità; «È in te, o anima, che, io misuro il tempo (...). L'impressione che le cose fanno in te nel passare e in te rimane quando sono passate, e questa che io misuro presente, non le cose che sono passate, in modo da ri-produrvela. È questa che io misuro quando misuro il tempo» (Confessioni XI, 21, 27). Del tempo il Dottore Angelico ha lo stesso concetto di Aristotele, del quale si compiace di ripetere spesso la celebre definizione: Tempus nihil aliud est quam nuunerus motus secundum prius et posteriur» (1, q. 10, a.  1; cfr. 1 Sent., d. 8, q. 3, a. 3, ad 4; C.G., 1, qq. 15 e 55; IV Phys., lect. 17).

     Comunque S. Tommaso è certamente d'accordo con S. Agostino nel ritenere che il tempo formalmente - come misura del divenire - non esiste fuori della mente: è il risultato del potere conoscitivo dell'uomo. Tuttavia ha una sua radice nelle cose: perché senza il divenire, che e proprietà delle cose, non ci sarebbe neppure il tempo: «Ciò che appartiene al tempo come suo elemento materiale, si fonda nel divenire, ossia nel prima e nel poi; invece per quanto concerne il suo aspetto formale, questo è frutto dell'operazione dell'anima misurante, per questo motivo il Filosofo nella Fisica (IV, 14) dice che se non ci fosse l'anima non ci sarebbe neppure il tempo» (I Sent., d. 19, q. 2, a. 1).

     Il tempo è una proprietà di tutte le realtà corporee, le quali sono necessariamente soggette al divenire, al cambiamento, allo sviluppo, alla generazione e alla corruzione, tutti eventi che hanno un prima e un poi, e per questo sono suscettibili di misurazione. Però, precisa S. Tommaso una cosa può essere misurata dal tempo in due maniere, direttamente oppure indirettamente. “Infatti il tempo è la misurazione di cose che hanno successione: perciò sono direttamente misurate dal tempo quelle cose che implicano l'idea di successione, o elementi connessi con la successione: per es., il moto, la quiete, la conversazione e simili. Diciamo invece che sono indirettamente misurate dal tempo le cose che non implicano essenzialmente 1"idea di successione, ma che tuttavia dipendono da entità soggette alla successione. Così l'essere uomo non implica di per sé l'idea di successione (esse hominem de sui ratione non habet successionem), infatti non è un movimento, bensì termine di un movimento o trasmutazione, cioè della generazione umana; ma poiché l'essere umano sottostà a cause mutevoli, in base a esse l'essere dell'uomo è misurato dal tempo» (I-II, q. 31, a. 2).

     L'unica questione relativa al tempo su cui l'Angelico si è impegnato a fondo e ha anche polemizzato aspramente con i suoi avversari, riguarda il momento della creazione: se essa possa aver avuto luogo anche dall'eternità o se invece la sua origine sia necessariamente legata al tempo. Secondo l'Angelico l'origine del mondo nel tempo è una verità di fede, che tutti i teologi devono sottoscrivere; ma indipendentemente dalla fede, è ipotizzabile anche una creazione ab aeterno. Infatti «la creazione del mondo non dipende da nessun'altra causa che dalla volontà di Dio. Perciò quanto appartiene all'inizio del mondo non può essere provato dimostrativamente, ma va accolto per fede secondo quanto è stato rivelato dallo Spirito Santo, come insegna l'Apostolo: "A noi lo rivelò Dio per mezzo dello Spirito Santo» (1 Cor 2, 11). Pertanto occorre difendersi dalla presunzione di fornire delle dimostrazioni per quelle che sono verità di fede" (Quodlib. III, q. 14, a. 2). (Cfr. C. G. II, 31 ss; I, q. 46, aa. 7 , 2; Comp. Theol. 1, c. 98).


Buona giornata a tutti :-)




  

mercoledì 13 gennaio 2021

Sant'Agostino e l'Angelo

Agostino era dottissimo: aveva studiato i libri degli uomini più dotti dei tempi antichi. Un giorno mentre stava passeggiando sulla riva del mare, pensava a certi argomenti di cui doveva trattare sui suoi libri.
E, fra l'altro, pensava alla S.S. Trinità; si sforzava di comprendere un poco di questo mistero difficilissimo, per poterne dare delle spiegazioni.
Quand'ecco fu distratto da un graziosissimo bambino che sembrava assai affacendato nell'attingere acqua dal mare con una conchiglia, e nel  versare ripetutamente quell'acqua entro una buca che aveva scavato nella sabbia. 
Il Santo si fermò e domandò al bambino: - Che fai? Perchè ti affanni tanto a versar acqua in questa buca? -
E il bambino rispose: - Voglio svuotare il mare e versarne tutta  l'acqua in questa buca. -
- Impossibile - esclamò Agostino sorridendo, - non vedi quanto è grande il mare? Come potrai tu far entrare quella immensa quantità di acqua in una buca cosi piccola? -
Il Bambino guardò lungamente Agostino, fissandolo con uno sguardo significativo e penetrante, e poi aggiunse: - Io non posso svuotare il mare e farlo entrare in questa buca? E tu vuoi comprendere come è fatto Dio, che è infinitamente più grande del mare?... La tua intelligenza, in confronto alle infinite perfezioni di Dio, è più piccola del fosso, che io ho fatto sulla sabbia. -
   
Detto questo il bambino s'illuminò di una luce celeste... e disparve.
Era un angelo del Paradiso, che Dio aveva mandato al santo, per dargli un insegnamento tanto importante, e cioè che la nostra intelligenza è troppo limitata e non può comprendere la natura di Dio e le sue infinite perfezioni.






Perché chiedere qualcosa a Dio?

Potrebbe sembrare strano che Dio ci comandi di fargli delle richieste quando egli conosce, prima ancora che glielo domandiamo, quello che ci è necessario. Dobbiamo però riflettere che a lui non importa tanto la manifestazione del nostro desiderio, cosa che egli conosce molto bene, ma piuttosto che questo desiderio si ravvivi in noi mediante la domanda perché possiamo ottenere ciò che egli è già disposto a concederci.

- Sant' Agostino -
Lettera a Proba, dalla Liturgia delle Ore, vol. IV, p. 363


Cantiamo qui l’Alleluia… qui cantiamo da morituri, lassù da immortali.
Qui nella speranza, lassù nella realtà.
Qui da esuli e pellegrini, lassù nella patria.
Cantiamo da viandanti.
Canta ma cammina.
Che significa camminare? Andare avanti nel bene, progredire nella santità.

Se progredisci è segno che cammini, ma devi camminare nel bene, devi avanzare nella retta fede, devi progredire nella santità.
Canta e cammina.

- Sant'Agostino - 




Il vero amore è amare e lasciarsi amare. E’ più difficile lasciarsi amare che amare. Per questo è tanto difficile arrivare all’amore perfetto di Dio, perché possiamo amarlo, ma la cosa importante è lasciarsi amare da Lui. Il vero amore è aprirsi a questo amore che ci precede e che ci provoca una sorpresa.

- Papa Francesco - 
18 gennaio 2015 – Incontro coi giovani a Manila




Buona giornata a tutti. :-)


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