La croce è l'unica via di salvezza per
gli uomini, l'unico ponte che conduce alla vita eterna.
- don Bruno Ferrero -
da: Cerchi nell'Acqua, ElleDiCi
I piedi di Giuda
Carissimi,
è più facile parlare delle labbra di Giuda che dei suoi piedi. Tutto a causa di
quel bacio naturalmente. Un tradimento che suscita reazioni emotive, una
vigliaccata che non lascia estraneo nessuno. Non c’è che dire: quelle di Giuda
sono labbra scomode per tutti. Se non altro perché stanno a ricordarci che
anche noi ci portiamo sulla bocca la possibilità di darlo ogni giorno, un bacio
infame del genere. I suoi piedi invece benché sospesi sul vuoto di un crepaccio
non destano emozioni. Provocano solo ribrezzo. Sembrano il punto fermo di un
discorso che ha finito di coinvolgere l’interlocutore, sono l’epilogo di una
esistenza sbagliata. Il fotogramma finale di una storia infelice, l’estremo
dettaglio di una prova fallita. Eppure quei piedi sono stati lavati da Gesù.
Con la stessa tenerezza usata per Pietro, Giovanni, Giacomo. Sono stati
asciugati dalle sue mani col medesimo trasporto d’amore espresso per tutti. I
piedi di Giuda come i piedi degli altri. Anche se più degli altri per paura o
per imbarazzo hanno vibrato sotto lo scroscio dell’acqua. Gesù se n’è dovuto
accorgere. Tant’è che qualche istante più tardi ha fatto riferimento a quei
piedi: “colui che mangia il pane con me, ha levato contro di me il suo
calcagno”.
Non importa sapere se il destino finale di Giuda sia stato di salvezza o di perdizione. Sono affari del Signore: l’unico capace di accogliere fino in fondo il mistero della libertà umana e di comporne le scelte, anche le più assurde, nell’oceano della sua misericordia. A noi tocca solo entrare nella logica del servizio, di fronte alla quale non esiste ambiguità di calcagni che possa legittimare il rifiuto o la discriminazione.
Carissimi fratelli, se Giuda è il simbolo di chi nella vita ha sbagliato in
modo pesante, il gesto di Cristo curvo sui suoi piedi ci richiama a rivedere
giudizi e comportamenti nei riguardi di coloro che secondo gli schemi mentali
sono finiti sui binari morti di una esistenza fallimentare. Di chi è finito
fuori strada per colpa propria o per malizia altrui. Di chi ha calpestato i
sentimenti più puri. Di chi ha ripagato la tenerezza con l’ingratitudine. Di
chi ha deviato dalle rotte della fedeltà promessa. Di chi ha infranto le regole
di una amicizia giurata. Di chi ha spezzato i legami di una comunione antica.
Di chi non ce l’ha fatta a seguire Gesù fino al calvario. Di chi dai chiarori
del cenacolo è precipitato nella notte della strada. Di chi non ha avuto
fortuna ed ha abdicato per debolezza o per ingenuità ai progetti della
gioventù. Sui piedi di questi fratelli col divieto assoluto di sollevare lo
sguardo al di sopra dei loro polpacci, noi, i protagonisti di tradimento,
abbiamo l’obbligo di versare l’acqua tiepida della preghiera, dell’accoglienza
e dell’accredito generoso di mille possibilità di ravvedimento. Lavare e
asciugare i piedi di Andrea che se n’è andato con un’altra donna, lasciando
moglie e figli senza far sapere più nulla e ora è disperato. Lavare e asciugare
i piedi di Marisa che ha smesso di studiare, è scappata di casa, si buca sistematicamente,
si è ammalata di AIDS ed ha prostrato la famiglia nella vergogna. Purificati da
un lavacro di amore quei piedi non potranno fare a meno di orientarsi verso la
casa del Padre. Ringraziamo il Signore, perché al cappio della disperazione che
stringe la gola ci fa sostituire il cappio di un asciugamano che stringe i
fianchi col nodo scorsoio della speranza.
Liberamente tratto da uno scritto di don Tonino Bello