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mercoledì 17 aprile 2019

Il martirio di Rabbi Akiva

Secondo il Talmud, per cercare di eliminare per sempre l’Ebraismo, il governo Romano proibì ai Maestri Ebrei di insegnare la Torah.
Tuttavia, Rabbi Akiva si rifiutò di seguire questo decreto e fu catturato e condannato a morte.
Mentre il torturatore gli bruciava la pelle, il Rabbino sorrideva e recitava le preghiere della sera, collegandosi così con il sacrificio serale nel Tempio di Gerusalemme.
I suoi discepoli volevano risparmiargli quell’ultimo sforzo: “Maestro, ora però sei dispensato!”.
Ma Rabbi Akiva disse:
«Per tutta la vita mi sono tormentato a causa del verso:
“Amerai il Signore tuo Dio con tutta l’anima”, con il mio ultimo respiro, e mi sono sempre chiesto quando sarei stato capace di adempiere questo precetto, ed ora che finalmente posso adempierlo, non dovrei farlo?»
Allora egli cominciò a recitare lo Shemà:
“Ascolta Israele, Hashem è il nostro Dio, Hashem è uno” (Shemà Yisrael, Hashem Elohenu Hashem Echad) e morì mentre pronunciava l’ultima parola.
Si racconta che in quel momento una voce dal Cielo proclamò:
«Tu sei beato Akiva, il tuo respiro si è spento con “Echad”. Tu sei beato Akiva, avrai una parte nel Mondo Avvenire.»

(Questo racconto si trova nel Talmud Bavlì, Berachot 61b)


Caravaggio, La negazione di S. Pietro

Decisivo nella vicenda fu quello che avvenne nella notte tra il giovedì e il venerdì della Passione. 
Cristo, condotto fuori della casa del sommo sacerdote, fissò Pietro negli occhi. L’apostolo, che lo aveva appena rinnegato tre volte, folgorato da quello sguardo, comprese tutto. 
Gli tornarono alla mente le parole del Maestro e si sentì trafiggere il cuore. “E uscito, pianse amaramente”. 
Il pianto di Pietro ci scuota nell’intimo, sì da spingerci ad un’autentica purificazione interiore. 

- San Giovanni Paolo II, papa -



Una domanda e un rimprovero, le parole di Gesù rivolte ai discepoli, a Pietro, a ciascuno di noi. 
Il Vangelo di oggi è stretto in questa morsa perché fuoriesca il pus che giace nascosto nei nostri cuori e nelle nostre menti. 
Pensare secondo gli uomini, ecco il veleno. 
La parola greca che nel Vangelo indica il pensiero assume una gamma di significati che ruotano attorno a quello più profondo di sapienza. La stessa che diviene astuzia nel caso del serpente. Ma indica anche la sapienza creatrice di Dio, come appare in più testi della letteratura sapienziale, dove assume il senso di giudizio, perspicacia, discernimento. 
Nei Vangeli, il termine indica spesso una sapienza capace di valutare, aspirare a una meta, prendere posizione. 
Il pensiero è dunque legato alla sapienza, che può essere secondo la carne o secondo Dio. 
E' una sorta di Dna spirituale, la molecola chiave nell'economia della cellula. Come in una catena di informazioni, nel Dna è contenuta l'informazione genetica dalla quale partono tutte le informazioni su come deve essere fatta e su cosa deve produrre una cellula. L'informazione viene poi trasmessa alle generazioni successive. 
Potremmo allora chiederci quale sapienza è all'origine dei nostri pensieri, delle aspirazioni, delle scelte e dei nostri atti. Se il nostro Dna spirituale stia scrivendo una catena carnale o una catena divina. Se in noi tutto è scomposto, frammentato, se i dubbi la fanno da padrone, oppure se si vi è un centro, un'origine che infonde pace, gioia, gratitudine. Seguiamo il Signore o lo prendiamo in disparte scandalizzati dalla Croce? Appartiene a Cristo chi ne ha lo Spirito e il pensiero. 
Pensare secondo la carne, seguirne i desideri significa essere nemici di Dio. Pietro con i suoi pensieri umani, carnali, era un nemico di Dio, sino ad identificarsi con Satana diventando così scandalo, l'inciampo sul cammino di obbedienza che il Figlio doveva percorrere. 
Il pensiero di Pietro si era posto davanti e di traverso a quello di Dio. Gesù doveva soffrire ed essere rifiutato per risorgere. Era questa la missione di Cristo, del Messia, che Pietro aveva pur riconosciuto e confessato. 
Era il Figlio dell'uomo, l'Uomo che realizzava il pensiero di Dio. 
Era la Sapienza stessa di Dio, la scandalosa Sapienza della Croce. Per questa sapienza Egli doveva donare la vita, e non era un dovere morale, ma, come suggerisce l'originale greco, era una necessità di tipo naturale. Era nel suo Dna l'amore per i propri amici e anche per i propri nemici, sino alla morte. Lui pensava un amore infinito.
Altro aveva in mente Pietro. 
Altro abbiamo in mente noi. 
Anziani, sacerdoti, scribi, sono tutte categorie che ci portiamo dentro. Costituiscono la catena del Dna dei nostri pensieri: prestigio, potere, intelligenza, religione vista e usata come un totem capace di soddisfare i nostri desideri. 
Gesù è infatti rifiutato proprio dai nostri pensieri, la cui immagine appare chiaramente nelle categorie "religiose" che storicamente lo condurranno al supplizio: 
"Sono le tre maschere dell'unico male, l'egoismo... Corrispondono alle tre concupiscenze sulle quali si struttura il mondo...e ai tre aspetti seducenti e illusori del frutto proibito, che già ad Eva parve buono, bello e desiderabile" (Silvano Fausti, Ricorda e racconta il Vangelo). 
Il veleno di satana, il Dna impazzito dei nostri pensieri. Ma proprio qui appare la salvezza, per Pietro e per ciascuno di noi. L'amore infinito di Gesù, che chiama per nome il nostro pensiero corrotto, per tirar fuori ed espellere il veleno che ci distrugge. 
Satana e Pietro, tu ed io. Satana che occulta la verità scoprendone solo un pezzettino. Satana che mostra il rifiuto e la morte e nasconde la risurrezione. E Pietro ci casca, e sgrida il Signore. 
Non ha sentito, non ha potuto ascoltare la buona notizia che il Signore aveva annunciato subito dopo quella della passione, si era bloccato alla parte che riguardava il dover soffrire; il suo pensiero inquinato gli aveva sottratto l'epilogo di Gloria. Non aveva compreso l'amore, il dover morire per risuscitare, il dover caricarsi del rifiuto e dei peccati, per cancellarli e per risorgere, garanzia del perdono e della vita eterna. Lo capirà più tardi, quando l'evento annunciato si farà carne in Lui, la carne santificata dallo Spirito di Cristo risorto. Quando il pensiero sarà, per mezzo dello Spirito Santo, lo stesso pensiero di Cristo, e guiderà la sua carne ad essere offerta in una missione identica a quella del Signore. 
La Croce che ora rifiuta sarà il suo destino, la morte con la quale glorificherà chi ha rifiutato. E così per noi. 
Esattamente quello che stiamo oggi rifiutando sarà il nostro trofeo, il candelabro sul quale brillerà la luce del Padre in noi. 
Malattie, fallimenti, rifiuti. La nostra croce. 
Per ora però, Pietro deve scendere, tornare, convertirsi. Tornare a camminare dietro Gesù. La traduzione scelta non ci aiuta a capire l'amore di Gesù verso Pietro. In greco non dice "lungi da me" ma "dietro di me". Quest'ultima è l'espressione che caratterizza il discepolo. 
Gesù vuole Pietro vicino come vuole noi con Lui, ma al nostro posto. Non ci giudica, ci illumina. Ci dice la verità svelando quello che abbiamo nel cuore e nella mente. E ci attira a sé con amore, per imparare a seguirlo, a camminare umilmente ogni giorno dietro di Lui, per conoscerlo negli eventi della vita. Seguirlo e conoscerlo nella misura in cui conosciamo noi stessi. 
Siamo oggi chiamati a pregare con San Francesco:
"Chi sei tu Signore, e chi sono io?" (Considerazioni sulle stimmate). 
Camminare con Lui per ricevere da Lui, in dono, il suo Spirito, il Dna sano della Sapienza celeste, quella della Croce, per pensare le cose secondo Dio, quelle di lassù per vivere quaggiù. 
"Noi, invece, abbiamo un’altra misura: il Figlio di Dio, il vero uomo. É lui la misura del vero umanesimo. 
“Adulta” non è una fede che segue le onde della moda e l’ultima novità; adulta e matura è una fede profondamente radicata nell’amicizia con Cristo. É quest’amicizia che ci apre a tutto ciò che è buono e ci dona il criterio per discernere tra vero e falso, tra inganno e verità" (card. Joseph Ratzinger, Omelia nella Missa pro eligendo Romano Pontifice).

- don Antonello Iapicca -



Buona giornata a tutti. :-)











venerdì 11 aprile 2014

Nella Follia - Joumana Haddad -

Nella follia 
Catturerò il firmamento e lambirò le nubi 
Prenderò in prestito la bufera 
Lasciandomi alle spalle le lacrime zampillanti 
Lacrime zampillanti.
E me ne andrò. 
Non inseguirò l’equilibrio 
Non soffocherò le grida 
Danzerò sull’acqua 
Dirigendomi verso l’altra sponda 
Libera 
O schiava 
Non importa! 
Guaderò il fiume. 
Quando verrà il momento 
farfalla notturna 
Deporrò la dolcezza che ormai mi ha annoiata 
Deporrò l’abito imbizzarrito invano 
E darò fuoco al passato 
Per ritornare liscia come la terra vista da lontano 
E girare da sola 
Intorno alla luna. 
Riderò e le mie risate non saranno tristi 
Non volerò, camminerò 
Accarezzerò la strada 
Converserò tutta la notte con il selciato 
Farò sgorgare la poesia dalle pietruzze 
Il cielo piangerà e non mi preoccuperò 
Il vento consumerà il mio cuore ustionato dall’amore. 
Il commiato diventerà una cintura 
Che cinge la mia rivoluzione 
Stringerò tra le braccia la distanza, gli uccelli notturni, 

i tremanti vasi di fiori 
Tutto quel che bevo lo riverserò sui miei difetti 
Accoglierò nel mio sangue 
una rosa che non ha ancora trovato il terreno in cui sbocciare. 
Quando verrà il momento 
alba senza rugiada 
mi mostrerò con il viso rabbuiato 
e seppellirò i miei visi sereni 
abitata dalla tenacia sarò 
intrisa come il pane del tempo 
noncurante delle briciole 
diffonderò l’ombra luminosa sul mio essere 
che farò gocciolare come il dolce miele 
punto dopo punto 
bacio dopo bacio 
affinché si spenga sulla superficie del fiume 
quella donna che ho serbato in me. 

Joumana Haddad




"Le persone cambiano e col tempo non si corrispondono. 
Per rimanere insieme bisogna avere la forza e la pazienza di cambiare insieme. 
L’amore è una creatura. E come ogni creatura deperisce e muore, oppure evolve e si conserva".

(Massimo Gramellini, L’ultima riga delle favole)



So che ti amo quando ti vedo, 
lo so quando ho voglia di vederti.
L’aria è ferma.
Ho cominciato ad amarti senza fare un solo passo.
Senza neanche un battito di ciglia.
Non so neppure quando è successo.
Sto bruciando. È troppo banale per te?
No, e lo sai. Vedrai.
È quello che capita, è quello che importa. Sto bruciando.
Non mangio più, mi dimentico di mangiare,
mi sembra una cosa sciocca, che non c’entra.
Se ci bado. Ma non bado a niente.
I miei pensieri straripano furiosi.
C’è una faccia sola, l’unica che vedo,
quando dormo e quando non dormo.
Tu non vai bene per me, lo so,
ma quello che penso non mi interessa più, 
a meno che non pensi a te.

- Cathleen Shine -
 La lettera d’amore




Buona giornata a tutti :-)