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venerdì 7 aprile 2023

Gesù in Croce (composto il venerdì Santo)- Gibran Kahlil

Oggi e ogni Venerdì Santo si risveglia l'umanità dal sonno profondo e si erge di fronte ai fantasmi dei grandi che guardano con occhi coperti di lacrime il Golgota per vedere Gesù Nazareno legato al legno della croce….. mentre scompare il sole dalle sorgenti del giorno ritorna all'umanità e s'inchina a pregare di fronte agli dei innalzati in cima a ogni collina e ogni monte.
Oggi le anime dei cristiani da ogni parte della terra vanno a Gerusalemme e qui si fermano battendosi il petto, guardando un fantasma recante una corona di spine, con le braccia aperte di fronte al vuoto e volgono lo sguardo dal morente alle profondità della vita….
In questo giorno il manto della notte non scende sulla natura finché i credenti non tornano a coricarsi tutti insieme nelle tenebre dell'oblio tra le coltri della stoltezza e dell'indifferenza.
Ogni anno in questa ricorrenza i filosofi abbandonano le spelonche oscure e gli eremiti le loro gelide celle e i poeti le loro vallate spettrali e tutti si fermano su di un monte e in silenzio riverente si dispongono ad ascoltare un giovane che dice davanti ai sui giustizieri:

"Oh Padre, abbi pietà di loro perché non sanno quel che fanno…."

….. Ma la tranquillità non avvolge le voci della luce fino a quando i filosofi, gli eremiti, i poeti non tornano ad avvolgere le proprie anime con le pagine dei vecchi libri.
Le donne nel fiore della vita, ricche di dolcezza e d'abiti, oggi escono di casa per vedere la donna disperata di fronte alla croce simile ad un arboscello in balìa di tempeste invernali, avvicinarsi a lei per ascoltare il suo profondo lamento e singhiozzi di dolore.
Quando ai giovani e ai fanciulli tutti tesi all'ignoto avvenire, oggi si fermano un attimo e guardano indietro e vedono Maria Maddalena lavare con le proprie lacrime le gocce di sangue dai piedi di un uomo sospeso tra cielo e la terra. Ma quando ormai i loro occhi si staccano di guardare questa scena improvvisamente si mettono a ridere.
Ogni anno in questa ricorrenza l'umanità si risveglia con la primavera e si ferma piangente per le sofferenze del Nazareno, poi chiude gli occhi e sprofonda nel sonno. La primavera invece continua a vegliare sorridente e precede fino a diventare l'estate dall'abito dorato e dall'intenso profumo.
L'umanità è una profonda è una donna ingentilita dal pianto e dai sospiri per gli eroi e i grandi. Se l'umanità fosse un uomo allora si rallegrerebbe della loro gloria e della loro grandezza.
L'umanità è una bambina che si ferma sospirando al fianco di un uccello che si è schiantato al suolo, ma che ha il terrore di fermarsi di fronte alla forte tempesta che piega con la sua violenza i rami fragili e porta via con la propria energia le impurità ormai putrefatte.
L'umanità guarda Gesù Nazareno nato come un povero, vissuto come un miserabile, umiliato come un debole, messo in croce come criminale, e lo compiange, lo ricorda poiché questo è ciò che ha fatto per farsi venerare.
Da diciannove secoli gli uomini servono il debole che ha le sembianze di Gesù, ma Gesù era potente; e costoro non conoscono il significato della vera forza.
Gesù non visse miserabile, pervaso dalla paura, e non morì lamentandosi dal dolore bensì visse libero e come ribelle fu crocifisso morendo come grande uomo.
Gesù non fu un uccello dalle ali spezzate bensì una violenta tempesta che con il proprio impeto ha spezzato tutte le ali.
Gesù non venne da dietro l'azzurro del crepuscolo per fare del dolore il simboloper la vita, bensì venne per fare della vita il simbolo della verità e della libertà.
Gesù non temeva i suoi persecutori e tantomeno lo spaventano i nemici e nemmeno si lamentò dei suoi giustizieri, anzi fu nobile in pubblico e coraggioso di fronte alle tenebre e alla tirannia, conobbe le piaghe ripugnanti e le risanò, udì il male parlare e lo ridusse al silenzio, incontrò l'ipocrisia e la ridicolizzò.
Gesù non scese mai dal cerchio di luce suprema per distruggere le dimore sulle cui rovine costruire poi monasteri e conventi, e non ammaliò gli uomini forti per farli pastori e monaci, bensì venne per disseminare nel cielo di questo mondo un'anima nuova e forte che spezzasse le gambe degli alti troni sui crani e demolisse i maestosi palazzi sulle tombe e annientasse gli idoli sui corpi dei deboli e dei miserabili.
Gesù non venne per insegnare alla gente a costruire a costruire chiese maestose e templi enormi nelle vicinanze delle capanne dei poveri e delle dimore fredde e oscure, bensì venne per rendere il cuore dell'uomo un tempio, la sua anima sacrificio, e il suo intelletto un sacerdote.
Questo fece Gesù Nazareno e questi sono i principi che fissò a suo tempo, se l'umanità ha capito il suo messaggio allora oggi si rallegrerà, esulterà, canterà canti di lode ed esultanza.
E tu, dominatore in croce, che guardi dal Golgota il trascorrere dei secoli, che ascolti l'agitarsi delle nazioni, che comprendi i sogni eterni, tu sulla croce macchiata di sangue sei molto più di una maestà divina e a te è dovuta più riverenza che mille re su mille troni in mille regni.
Per altro tu sei in lotta contro la morte e la morte stessa e sei più potente e coraggioso di mille comandanti di mille armate in mille battaglie.
Tu sei nel tuo dolore più felice della primavera tra i suoi fiori, tu con le tue pene sei più sereno in cuor tuo degli angeli nei cieli e davanti ai tuoi giustizieri sei più libero della luce del sole.
La corona di spine sul tuo capo è più maestosa e meravigliosa di un diadema, i chiodi conficcati nelle palme delle tue mani sono di gran misura più imponenti dello scettro di Giove e le gocce di sangue sui tuoi piedi splendono più delle collane di Astarte. Abbi pietà dei deboli che si rivolgono a te perché non sanno come rivolgersi alle loro anime, rimetti a loro i peccati perché non sanno che tu hai combattuto la morte e hai ridato vita a chi era nella tomba.

(Gibran Kahlil)
dal libro: "Al 'Awasif" (Le Tempeste)


Tiziano, 1565. Cristo porta la Croce. Museo del Prado, Madrid.

"Dove erano e che cosa erano gli uomini, quando Cristo morì per i peccatori? Come si può dubitare che egli darà ai suoi fedeli la sua vita, quando per essi, egli non ha esitato a dare anche la sua morte? 
Perché gli uomini stentano a credere che un giorno vivranno con Dio, quando già si è verificato un fatto molto più incredibile, quello di un Dio morto per gli uomini?"

(Dai Discorsi di Sant'Agostino)






Tutto in Gesù è parola. Anche il suo silenzio davanti ai tribunali degli uomini. Il suo essere coperto di colpi e di sputi. 
Soprattutto lo è la sua morte dopo l’alto grido inarticolato cui segue il gelido mutismo del cadavere: nessuna parola di Dio è più eloquente di questa estrema condizione dell’uomo mortale. Infatti: se non avessimo questa parola, questa autoespressione di Dio, non sapremmo che, oltre ogni tenebra, «Dio è amore», una frase che nessun’altra religione del mondo ha osato esprimere. 
Nulla più di questa frase necessita della prova: eccola. «Chi lo ha visto lo testimonia e la sua testimonianza è vera. Egli sa che dice il vero perché anche voi crediate» (Gv 19,35).

- Hans Urs von Balthasar - 




...La Quaresima è un periodo di penitenza e digiuno, che prepara alla Pasqua, festa della Resurrezione di Gesù. Per Benedetto XVI è un periodo importantissimo nella vita della Chiesa. 
Dopo venticinque anni come prefetto della Congregazione della Dottrina della Fede e poi durante gli anni di Pontificato, Benedetto XVI ha toccato con mano quello che viene fuori da un mal compreso senso di essere Chiesa, da quella superbia e quella vanità che fanno sentire un sacerdote un intoccabile e un impiegato di Curia un Dio sceso in terra. Benedetto XVI ha messo al centro della sua vita Dio, nella persona di Gesù Cristo. Tanto che tutta la sua carriera di teologo è una corsa verso i tre volumi del Gesù di Nazaret, e tutto il suo pontificato è teso fino all'Anno della Fede. Quando viene eletto Papa, Benedetto sottolinea di avere il programma di non fare altro che la volontà di Dio. 
Ci tiene ad non apparire come un Papa che governa, ma un "umile servo nella vigna del Signore". 
Ci tiene a riportare tutto quanto a Dio. Ma che questo fosse il suo programma lo si era capito alla via Crucis del 2005. Giovanni Paolo II affida proprio al cardinale Joseph Ratzinger la stesura delle meditazioni. 
E Ratzinger stende un testo pieno di amarezza. "Quanta sporcizia nella tua stessa Chiesa, Signore"...

dal libro "La Quaresima della Chiesa" di Andrea Gagliarducci e Marco Mancini

















                                                                Preghiera e digiuno

Chiniamo il capo e aspettiamo in preghiera......  

il Signore non si farà attendere......

                                                   Buon Venerdì di Quaresima a tutti :-) 

mercoledì 29 marzo 2023

Collocazione provvisoria – don Tonino Bello

 “Nel Duomo vecchio di Molfetta c’è un grande crocifisso di terracotta. Il parroco, in attesa di sistemarlo definitivamente, l’ha addossato alla parete della sagrestia e vi ha apposto un cartoncino con la scritta: collocazione provvisoria.
La scritta, che in un primo momento avevo scambiato come intitolazione dell’opera, mi è parsa provvidenzialmente ispirata, al punto che ho pregato il parroco di non rimuovere per nessuna ragione il crocifisso di lì, da quella parete nuda, da quella posizione precaria, con quel cartoncino ingiallito. Collocazione provvisoria. Penso che non ci sia formula migliore per definire la croce. La mia, la tua croce, non so quella di Cristo.
Coraggio, allora, tu che soffri inchiodato su una carrozzella. Animo, tu che provi i morsi della solitudine. Abbi fiducia, tu che bevi al calice amaro dell’abbandono. Non imprecare, sorella, che ti vedi distruggere giorno dopo giorno da un male che non perdona. Asciugati le lacrime, fratello, che sei stato pugnalato alle spalle da coloro che ritenevi tuoi amici. Non tirare i remi in barca, tu che sei stanco di lottare e hai accumulato delusioni a non finire. Coraggio.
La tua croce, anche se durasse tutta la vita, è sempre "collocazione provvisoria". Il Calvario, dove essa è piantata, non è zona residenziale. 
E il terreno di questa collina, dove si consuma la tua sofferenza, non si venderà mai come suolo edificatorio. Anche il Vangelo ci invita a considerare la provvisorietà della croce.
C’è una frase immensa, che riassume la tragedia del creato al momento della morte di Cristo. "Da mezzogiorno fino alle tre del pomeriggio, si fece buio su tutta la terra". 
Forse è la frase più scura di tutta la Bibbia. Per me è una delle più luminose. Proprio per quelle riduzioni di orario che stringono, come due paletti invalicabili, il tempo in cui è concesso al buio di infierire sulla terra. Da mezzogiorno alle tre del pomeriggio. Ecco le sponde che delimitano il fiume delle lacrime umane. Ecco le saracinesche che comprimono in spazi circoscritti tutti i rantoli della terra. Ecco le barriere entro cui si consumano tutte le agonie dei figli dell’uomo. Da mezzogiorno alle tre del pomeriggio. Solo allora è consentita la sosta sul Golgota. Al di fuori di quell’orario, c’è divieto assoluto di parcheggio. 
Dopo tre ore, ci sarà la rimozione forzata di tutte le croci. 
Una permanenza più lunga sarà considerata abusiva anche da Dio.

Coraggio, fratello che soffri. Mancano pochi istanti alle tre del tuo pomeriggio.
Tra poco, il buio cederà il posto alla luce, la terra riacquisterà i suoi colori verginali e il sole della Pasqua irromperà tra le nuvole in fuga.

(don Tonino Bello)
Tratto da : Don Tonino Bello, Alla Finestra la Speranza, Milano, Paoline editoriale libri, 1988


Tra le confusioni che il mondo ama, ce n’è una che ama in modo particolare: esso confonde il perdono con l’approvazione. 

Per il fatto che Gesù Cristo ha perdonato molti peccatori, il mondo ne vuole concludere che Gesù Cristo non detestava il peccato. 

Il crimine del diciannovesimo secolo è quello di non odiare il male e di fargli delle proposte. Non c’è che una proposta da fargli: quella di sparire. 

Ogni compromesso concluso con il male somiglia non solo al suo trionfo parziale, ma al suo trionfo completo, giacché Il male non chiede sempre di cacciare il bene, ma vuole il permesso di coabitare con lui. Un istinto segreto lo avverte che chiedendo qualcosa, chiede tutto  Appena non lo si odia più, esso si sente adorato.

(Ernest Hello)
1828 - 1885 da: L'uomo (L'homme)


domenica 10 aprile 2022

Giorno 1 – Betania e il profumo dell'amore

 “Sei giorni prima della Pasqua, Gesù andò a Betània, dove si trovava Làzzaro, che egli aveva risuscitato dai morti. E qui fecero per lui una cena: Marta serviva e Làzzaro era uno dei commensali.
Maria allora prese trecento grammi di profumo di puro nardo, assai prezioso, ne cosparse i piedi di Gesù, poi li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì dell’aroma di quel profumo.
Allora Giuda Iscariòta, uno dei suoi discepoli, che stava per tradirlo, disse: «Perché non si è venduto questo profumo per trecento denari e non si sono dati ai poveri?». Disse questo non perché gli importasse dei poveri, ma perché era un ladro e, siccome teneva la cassa, prendeva quello che vi mettevano dentro.
Gesù allora disse: «Lasciala fare, perché ella lo conservi per il giorno della mia sepoltura. I poveri infatti li avete sempre con voi, ma non sempre avete me».
Intanto una grande folla di Giudei venne a sapere che egli si trovava là e accorse, non solo per Gesù, ma anche per vedere Làzzaro che egli aveva risuscitato dai morti. I capi dei sacerdoti allora decisero di uccidere anche Làzzaro, perché molti Giudei se ne andavano a causa di lui e credevano in Gesù.” (Gv 12,1-11)

Ve la ricordate Maria?

La sorella di Marta e Lazzaro.
La donna che si era messa ad ascoltare Gesù invece di cucinare e servire, in un tempo che non prevedeva che le donne partecipassero alle conversazioni a tavola.
Quella che, quando gli muore il fratello, non va incontro a Gesù come la sorella Marta.
Lei resta a casa.

Ma viene chiamata direttamente da Gesù che, fuori dal villaggio, l’aspetta: “Il Maestro è qui e ti chiama” (Gv 11, 28) le vanno a dire. 
Maria allora si alza in fretta, gli va incontro e si getta ai suoi piedi. Ma poi non esita a rimproverare Gesù: “Signore, se tu fossi stati qui mio fratello non sarebbe morto” (v. 32). 
È un rapporto molto intimo quello tra Maria e Gesù. 
Si può permettere abbracci e rimproveri. 
Sono unitissimi. Maria non ha mai lasciato Gesù sulla soglia dei gesti convenevoli e cordiali. Con lui si è lasciata andare. 
E quel giorno lei tira fuori il nardo, profumo preziosissimo quanto costoso. E Giuda, in effetti, le fa subito i conti in tasca: 300 danari, il salario di un anno. 
Maria invece fa il gesto senza tornaconto. 
Ha il nardo puro. 
Il migliore. 
Quello proveniente dall’India. 
Un profumo che si fa con le radici delle piante e coi fiori e, una volta fatto, la pianta non c’è più. 
Maria prende il meglio di ciò che ha perché, per il suo Gesù, non bada a spese. 
E’ un gesto femminile che mi ha sempre affascinata. 
Per questo, ogni volta che ho potuto, da Gerusalemme mi sono riportata il profumo al nardo. 
Maria che prende fra le sue mani i piedi di Gesù, durante una cena, e li profuma. 
Dopo quattro giorni Gesù, in un’altra cena, ripeterà quel gesto, prendendo fra le sue mani i piedi dei discepoli. 
Quasi che avesse imparato da una donna i gesti per dire l’amore. 
Intorno a quei piedi profumati con nardo ed asciugati con i capelli, c’è un mondo in subbuglio. 
Intorno a Gesù e Maria, tutti sono agitati. 
Fuori la casa c’è una gran folla che vuol vedere Lazzaro il miracolato.
A soli cinque chilometri di distanza, a Gerusalemme, ci sono i capi dei sacerdoti, i farisei, i guardiani della fede e gli accusatori in subbuglio, più le guardie che hanno l’ordine di arrestarlo. 
Vicini a loro due c’è Giuda che non riesce a vedere la tenerezza del gesto.
Tutto intorno al vaso di alabastro di Maria e Gesù, c’è un mondo che non sa leggere i segreti del cuore. 
Il profumo è vita amorosa. 
E’ lo sposo che è vicino. 
“Nardo versato è il suo nome” si legge nel Cantico (1,3). 
E’ la “Presenza” dell’Amore che muove tutte le stelle. 
E Dio si lascia accarezzare i piedi, la parte del corpo più lontana dal Cielo e più vicina alla terra. 
Sono piedi che hanno fatto tanta strada polverosa per raggiungerci. 
Sono piedi che si stanno preparando per andare fino al Golgota, per salvarci. 
Stanno per percorrere il più duro sentiero della vita: quello verso la morte. 
Le carezze di Maria sono versi poetici che gli sussurrano: “Io voglio stare vicino a te. Non ti abbandonerò mai!” 
Maria gli versa 300 grammi di dichiarazione d’amore. 
Maria versa profumo senza fare calcoli. 
Gesù verserà sangue senza fare misure. 
Mentre il mondo intorno a loro non comprende, Maria e Gesù si capiscono intensamente. E poi i capelli su quei piedi! 
Gesto sensuale, intimo, di appartenenza. Gesù è lo Sposo che esiste da sempre. 
Gesù è preso da Maria. 
Non ha bisogno di una spada per proteggersi. Né di un avvocato che lo difenda. 
Ha invece un bisogno assoluto di tenerezza vera. 
Di carezze. 
Di intimità. 
“Ti amo. Tu mi ami?” chiede a tutti. 
“E la casa si riempì di profumo”.
Basta una sposa di Dio, per profumare la terra. 
Basta un momento di intimità, per spargere polvere di stelle nel cosmo. 
Basta un profumo per cambiare tutto! 
Il profumo non è il pane, non è l’abito, non è necessario per vivere. 
È un di più, come il vino di Cana. 
E’ la gioia dell’Amore. 
E’ la carezza di Dio che vale dieci volte più dei trenta denari di Giuda. 
E’ l’amore “sprecato” di Maria che sussurra a Gesù: “Io ti amo dieci volte più del prezzo del tradimento!” 
E il cuore di Gesù esulta e riceve forza dall’amore di Maria. 
Il primo giorno della Settimana Santa, anche io prenderò il mio vaso di alabastro e verserò il profumo più prezioso che ho, sui piedi di Gesù. 
Il mio nardo è la mia vita, la mia intelligenza, la mia cultura, il mio denaro, le mie competenze, i miei affetti, il mio sguardo… 
Ho trecento denari di nardo in me. 
Oggi romperò il vaso e lo verserò sui piedi del Re dei Re.
In uno slancio di amore cercherò di buttare alle mie spalle i calcoli e le preoccupazioni.
E cercherò di far profumare tutta la mia casa, il mio mondo ed il mondo di coloro che incontrerò.
Anche in internet.
Anche dal chiuso della mia casa.
Accompagniamo Gesù in questa settimana, passo passo.
Non dobbiamo fare grandi cose, ma piccoli gesti di autentica tenerezza.
Di questo ha bisogno Gesù. 

“L’Amore non è amato!’ Com’è possibile che gli uomini possano amarsi se non amano l’Amore?”

(dalla vita di S. Francesco narrata nella “Leggenda dei tre Compagni”)


Il gesto fondamentale della preghiera del cristiano è e resta il segno della Croce. È una professione, espressa mediante il corpo, di fede in Cristo Crocifisso, secondo le parole programmatiche di san Paolo: «Noi annunciamo Cristo crocifisso, scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani, ma per coloro che sono chiamati, sia Giudei che Greci, predichiamo Cristo, potenza di Dio e sapienza di Dio» (1Cor 1,23s). E ancora: «Io non volli sapere tra di voi se non Cristo, e questi crocifisso» (2,2).
Segnare se stessi con il segno della croce è un sì visibile e pubblico a Colui che ha sofferto per noi; a Colui che nel corpo ha reso visibile l’amore di Dio fino all’estremo; al Dio che non governa mediante la distruzione, ma attraverso l’umiltà della sofferenza e dell’amore, che è più forte di tutta la potenza del mondo e più saggia di tutta l’intelligenza e di tutti i calcoli dell’uomo.
Il segno della croce è una professione di fede: io credo in Colui che ha sofferto per me e che è risorto; in Colui che ha trasformato il segno dello scandalo in un segno di speranza e dell’amore presente di Dio per noi. La professione di fede è una professione di speranza: credo in Colui che nella sua debolezza è l’Onnipotente; in Colui che, proprio nella apparente assenza ed estrema debolezza, può salvarmi e mi salverà.
Nel momento in cui noi ci segniamo con la croce, ci poniamo sotto la protezione della croce, la teniamo davanti a noi come uno scudo che ci protegge nelle tribolazioni delle nostre giornate e ci dà il coraggio per andare avanti. La prendiamo come un segnale che ci indica la strada da seguire: «Chi vuol essere mio discepolo, rinneghi se stesso, prenda la sua croce su di sé e mi segua» (Mc 8,34). La croce ci mostra la strada della vita: la sequela di Cristo.
Noi leghiamo il segno della croce con la professione di fede nel Dio Trinità – Padre, Figlio e Spirito Santo. Esso diventa così ricordo del battesimo, in maniera ancor più chiara quando lo accompagniamo con l’uso dell’acqua benedetta. La croce è un segno della passione, ma è allo stesso tempo anche segno della resurrezione; essa è, per così dire, il bastone della salvezza che Dio ci porge, il ponte su cui superiamo l’abisso della morte e tutte le minacce del male e possiamo giungere fino a Lui. Essa è resa presente nel battesimo, nel quale diventiamo contemporanei alla croce e alla resurrezione di Cristo (Rm 6,1-14).
Ogni volta che ci facciamo il segno della croce rinnoviamo il nostro battesimo; Cristo dalla croce ci attira fino a se stesso (Gv 12,32) e fin dentro la comunione con il Dio vivente. Poiché il battesimo e il segno della croce, che lo rappresenta e rinnova, sono soprattutto un evento di Dio: lo Spirito Santo ci conduce a Cristo, e Cristo ci apre la porta verso il Padre. Dio non è più il Dio sconosciuto; ha un nome. Possiamo chiamarlo, e Lui chiama noi.
Possiamo quindi dire che nel segno della croce, nella sua invocazione trinitaria è riassunta tutta l’essenza dell’avvenimento cristiano, è presente il tratto distintivo del cristianesimo.
 
(Joseph Ratzinger - da "Introduzione allo spirito della liturgia")


Buona giornata a tutti :-)


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lunedì 5 aprile 2021

O Signore risorto….- Madre Teresa di Calcutta

O Signore risorto,
fa’ che ti apra
quando bussi alla mia porta.

Donami gioia vera
per testimoniare al mondo
che sei morto e risorto
per sconfiggere il male.
Fa’ che ti veda e ti serva
nel fratello sofferente,
malato, abbandonato, perseguitato…
aiutami a riconoscerti
in ogni avvenimento della vita
e donami un cuore sensibile
alle necessità del mondo.

O Signore risorto,
riempi il mio cuore
di piccole opere di carità,
quelle che si concretizzano in un sorriso,
in un atto di pazienza e di accettazione,
in un dono di benevolenza e di compassione,
in un atteggiamento di perdono cordiale,
in un aiuto materiale secondo le mie possibilità.
Amen.

- Madre Teresa di Calcutta -

Fonte: “Vivi davvero! Da madre Teresa parole di saggezza” a cura di L. Guglielmoni, F.Negri. Ed.Paoline



Leggendo la Scrittura apprendiamo però anche che Cristo e lo Spirito Santo sono inseparabili tra loro. Se Paolo con sconcertante sintesi afferma: Il Signore è lo Spirito (2 Cor 3, 17), appare non solo, nello sfondo, l’unità trinitaria tra il Figlio e lo Spirito Santo, ma soprattutto la loro unità riguardo alla storia della salvezza: nella passione e risurrezione di Cristo vengono strappati i veli del senso meramente letterale e si rende visibile la presenza del Dio che sta parlando. 
Leggendo la Scrittura insieme con Cristo, impariamo a sentire nelle parole umane la voce dello Spirito Santo e scopriamo l’unità della Bibbia. […] 
Nella maniera forse più bella essa si manifesta nel racconto di san Giovanni circa la prima apparizione del Risorto davanti ai discepoli: il Signore alita sui discepoli e dona loro in questo modo lo Spirito Santo. 
Lo Spirito Santo è il soffio di Cristo. E come il soffio di Dio nel mattino della creazione aveva trasformato la polvere del suolo nell’uomo vivente, così il soffio di Cristo ci accoglie nella comunione ontologica con il Figlio, ci rende nuova creazione. Per questo è lo Spirito Santo che ci fa dire insieme col Figlio: Abba, Padre! (cfr Gv 20, 22; Rm 8, 15).

- papa Benedetto XVI - 
discorso alla Curia romana, Sala Clementina, 22 dicembre 2008




Chi ha dato la luce ai ciechi, purificato i lebbrosi, drizzato gli storpi e camminato a piedi asciutti sul mare come su terra ferma? 
Non forse il Cristo Dio che risuscita i morti? 
Chi ha risuscitato dalla tomba un morto di quattro giorni, e il figlio della vedova? 
Chi, come Dio, ha drizzato il paralitico costretto a letto? 
Grida la pietra stessa, gridano i sigilli che avete messo, aggiungendo guardie per sorvegliare il sepolcro: 
Cristo è veramente risorto e vive nei secoli!

- Sant' Andrea di Creta - 
Canone orientale dei vespri della domenica delle mirofore



Buon lunedì in albis :-)







sabato 3 aprile 2021

Il buon ladrone - Paul Claudel

 «Signore, ricordati di me quando sarai arrivato nel tuo regno». L’occupante di sinistra, invece, persevera virilmente nel suo atteggiamento energico che gli vale la simpatia degli «spiriti forti». Non importa! perché dall'altra parte, come un vaso aperto che trabocca d'improvviso, quel cortigiano dell'annientamento e dell'agonia, quello spudorato profittatore - il crocifisso di destra - si sente colmato della prodigiosa promessa: «Oggi, sarai con me in Paradiso».

Oggi! D'un sol colpo, non solo è assolto, ma santificato! In un solo istante, su quel disgustoso cadavere, la Grazia ha approfittato di tutte le deficienze della virtù. Su quella forca infame non c'è più uno scellerato che espia, ma un martire in funzione d'ostia che brilla. L’assassino, l'impudico, il ladro, il forzato, il bandito professionale è diventato un santo... È bastata quell'accettazione alla base. È bastato quell'impercettibile spostamento, quella lieve fessura nell'ermetico recipiente del nostro egoismo. È bastato uno sguardo tra le sue palpebre sanguinanti per scatenare nell'invitato di destra quel cataclisma penitenziale, quella risurrezione mista all'agonia, quell'irresistibile esplosione dell'Eternità.

- Paul Claudel -
da: Credo in Dio, pp. 142-143


«Cristo è morto e il suo corpo traforato pende da quel giorno sopra una Croce invisibile piantata nel mezzo della terra. 
Sotto quella croce gigantesca vanno a piangere i crocifissi nell’anima e tutte le stratte dei Giuda non l’hanno potuta sradicare. 

Ma gli schernitori non sono morti. I pronipoti di Caino e Caifa non hanno smesso di infamare e deridere. 
La pazzia della croce è uno scandalo troppo forte per la loro saggezza. 
E per questo rifiuto e questo terrore è morto quel giorno sul Golgota, gridando nel buio, il Figlio dell’uomo. 
E ogni volta che uno di noi non risponde al suo grido dà un nuovo colpo sui chiodi che lo tengono appeso da tanti secoli all’indistruttibile croce.»

- Giovanni Papini -
da: Storia di Cristo 


Quando Gesù passava per la piazza pubblica di Cafarnao, oppure quando, scendendo dalla sinagoga, trovava tutto quel bailamme di ciechi, di paralitici, di convulsionari, di crostosi che la gente del paese si prendeva cura di portargli da ogni parte e cacciargli tra le gambe, fin i souks e le retrobotteghe risuonavano del clamore di tutta quella confusione, ancora un po' incerta ma già rafforzata e risanata, che si metteva in marcia dietro di Lui.
Ma qui non si tratta più di qualche decina di disgraziati, di un piccolo numero nell'immenso brulicare di miseria d'una città orientale: sono tutti gli occhi che si aprono nello stesso tempo, miriadi d'un sol colpo, non so neppur io quante generazioni l'una sull'altra ch'Egli penetra e vivifica come il sole che, apparendo alla porta dell'Oriente, illumina d'un sol colpo un continente, una fiumana di umanità, tutta la vasta sacca di tenebre che evacua la sua popolazione! 

Tutti si ritrovano e fanno conoscenza, la vasta famiglia dell'umanità si costituisce nello sguardo di Dio...

- Paul Claudel -
Credo in Dio, pp. 162-163



Buona giornata a tutti. :-)


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venerdì 2 aprile 2021

La crocifissione di Nostro Signore Gesù Cristo, secondo le rivelazioni di Suor Anna Caterina Emmerick


Gli sgherri strapparono a nostro Signore il mantello, la cintura di ferro e la cintura, quindi gli tolsero la veste di lana bianca facendola passare sopra la sua testa. 
Non riuscendo a sfilargli la tunica, impedita dalla corona di spine, gli strapparono quest'ultima con violenza, riaprendogli tutte le ferite del capo. Il Signore rimase con un panno attorno alle reni e lo scapolare di lana che gli proteggeva le spalle; il medesimo si era appiccicato alle piaghe del corpo ed egli patì dolori strazianti quando glielo strapparono. 
La profonda ferita scavata sulla spalla dall'enorme peso della croce gli provocava una sofferenza indicibile; il dorso e le spalle erano lacerati fino all'osso, il corpo nudo era orribilmente sfigurato, gonfio e piagato...

Gesù, vera immagine di dolore, fu disteso dai carnefici sul letto della sua morte. Dopo avergli sollevato il braccio destro, questi poggiarono la sua mano sul foro praticato nel braccio della croce e ve la legarono strettamente. Poi uno dei due crocifissori pose il ginocchio sul sacratissimo petto del Signore, mentre gli manteneva aperta la mano che si contraeva, e subito l'altro gli conficcò nel palmo di quella stessa mano un chiodo spesso e lungo, dalla punta acuminata. Quindi gli diede sopra dei pesanti colpi di martello. Il Salvatore emise un gemito di dolore e il suo sangue sprizzò sulle braccia dei carnefici. Contai i colpi di martello, ma ne ho dimenticato il numero.

I mazzuoli dei carnefici erano di ferro, avevano pressappoco la forma dei martelli da falegname, però erano più grandi e formavano un pezzo unico col manico. I chiodi, la cui dimensione aveva fatto fremere Gesù, erano talmente lunghi che quando furono conficcati nelle mani e nei piedi del Redentore uscivano dietro la croce. Dopo aver inchiodato la mano destra di Gesù al legno della croce, i carnefici si accorsero che l'altra mano non arrivava al foro praticato nell'asse sinistro della croce. Allora legarono una fune al braccio sinistro di Gesù e, puntando i piedi contro la croce, lo tirarono con tutte le loro forze, finché la sua mano raggiunse il foro. Gesù soffriva indicibilmente perché gli avevano slogato interamente il braccio. I crocifissori s'inginocchiarono sopra le braccia e sul petto del Signore e conficcarono il chiodo nella sua mano sinistra, che subito sprizzò un gettito di sangue. I gemiti di dolore del Salvatore si udivano attraverso il rumore dei pesanti colpi di mazzuolo...

I carnefici distesero le gambe del Signore, che si erano ritratte verso il corpo a causa della violenta tensione delle braccia, e le legarono con le corde. Non riuscendo però a far arrivare i piedi al supporto di legno destinato a sostenerlo, essi rinnovarono gli insulti contro di lui. Intervennero alcuni crocifissori propensi a fare nuovi fori per i chiodi conficcati nelle mani perché sembrava difficile spostare lo zoccolo di legno che avrebbe dovuto sostenere i piedi.. legarono con le funi la gamba destra e la tirarono con violenza crudele finché non raggiunse lo zoccolo di legno, provocando a Gesù un'orribile stiramento...

Gli avevano legato il petto e le braccia perché le mani non si staccassero dai chiodi. Poi legarono il piede sinistro sopra il destro, presero un chiodo ben più lungo di quello delle mani e glielo infissero, conficcandolo fin nel legno della croce. Io guardai quel chiodo trapassare i due piedi del Signore e il supporto di legno. La chiodatura dei piedi fu più crudele di ogni altra, a causa della tensione di tutto il corpo. Gesù è crocifisso.


Quando la croce fu innalzata, e fu lasciata cadere di peso nella buca, tremò tutta per il contraccolpo. Gesù levò un profondo gemito di dolore, le sue ferite si allargarono, il sangue ne sgorgò più copioso e le sue ossa slogate si urtarono. La testa, cinta dalla corona di spine, sanguinò violentemente. 

La croce fu fissata nella buca con cinque cunei attorno al suo piede, uno a destra, uno a sinistra, uno davanti e due dietro. Il legno della morte oscillò e poi s'innalzò fra gli insulti dei carnefici, dei farisei e della marmaglia. Fu un momento molto drammatico. 

Verso il Crocifisso non si levarono solo insulti e improperi, ma anche le voci sofferenti dei suoi devoti. Le sante voci dell'Addolorata, delle pie donne e di tutti coloro che avevano il cuore puro salutarono con tristi lamenti l'elevazione del Verbo incarnato. 

Durante la crocifissione di Gesù, e la successiva erezione della croce, le pie donne avevano lanciato grida di orrore e di sgomento: 
«Perché mai la terra non inghiotte questi miserabili? Perché il fuoco del cielo non scende a consumarli!». 
A queste parole i nemici di Gesù avevano risposto con tremende offese. 
I carnefici appoggiarono le scale alla croce e slegarono le funi che avevano trattenuto il santo corpo di Gesù durante la chiodatura; in tal modo il sangue riprese a circolare improvvisamente affluendo alle sue piaghe. Ciò causò al Signore altri indicibili dolori. 
Sfinito dalle sofferenze, Gesù chinò il capo sul petto e rimase come morto per circa sette minuti. 

Subentrò un profondo silenzio, in cui tutti sembrarono rapiti da un sentimento sconosciuto fino allora. 
Il suono delle trombe del tempio era svanito nell'aria e tutti i presenti erano sfiniti di rabbia o di dolore. 
I puri di cuore tesero in alto le loro mani, verso lo Sposo delle loro anime. 


Perfino l'inferno restò annichilito dalla pesante scossa della croce: per alcuni minuti cessò di ispirare bestemmie e oltraggi ai suoi seguaci. 

Vidi le anime dei defunti sospirare di gioia perché quel la croce piantata nella terra apriva le porte della loro sospirata redenzione. 


Di fronte ad essa molti cuori pentiti compresero le parole di Giovanni Battista: «Ecco l'Agnello di Dio che toglie i peccati dal mondo». 

I piedi di Gesù si trovavano a un'altezza tale che i suoi amici potevano venerarli. Il suo volto era girato verso nord ovest. 

«Venivano condotti anche due malfattori, per essere giustiziati insieme con Gesù» (Luca 23,32). 

Durante la crocifissione del Signore i due ladroni erano rimasti sul lato orientale del Calvario sorvegliati dalle guardie. Entrambi erano stati condannati per l'assassinio di una giovane donna ebrea e dei suoi figli. 
Il cosiddetto ladrone di sinistra, il più anziano, era stato il corruttore e il maestro di quello che poi si sarebbe convertito. 


I due sono chiamati Dismas e Gesma; il primo è il buon ladrone. 
Avevano fatto parte di quella banda di assassini sotto il cui tetto aveva pernottato la santa famiglia durante la fuga in Egitto. Dismas era il ragazzo lebbroso sanato nell'acqua dov'era stato bagnato il bambino Gesù. 
La guarigione miracolosa fu il frutto della carità e dell'amore che sua madre aveva usato verso la Vergine. 
Dio aveva reso possibile, per mezzo dell'intercessione della Vergine, la salvezza fisica di quell'anima sciagurata, la cui salvezza spirituale sarebbe avvenuta sulla croce con la promessa di Cristo. 

Dismas non aveva una natura cattiva, si era pervertito col tempo; non poteva ricordarsi di Gesù, ma la mite pazienza del Signore l'aveva commosso profondamente. In attesa della propria crocifissione egli così discuteva col suo compagno: 
«Questa gente si comporta in modo orribile contro il Galileo, forse egli ha commesso qualche delitto più grave del nostro, ma ha una pazienza enorme e un potere grandissimo sopra tutti gli uomini». 

Rispose Gesma: 
«Ma che potere avrebbe mai costui sugli altri? Se fosse davvero potente, come dice, potrebbe liberarsi e aiutare noi». 
Così parlavano tra loro, quando vennero gli sgherri e dissero: 
«Ora tocca a voi!». 

Slegarono i ladroni e li portarono vicino ciascuno alla propria croce, in tutta fretta, poiché il cielo si era oscurato e si preannunciava un forte temporale. Sulle croci erano state montate le assi trasversali. Dopo averli spogliati delle misere tuniche, diedero loro a bere aceto e mirra e li costrinsero a salire sulle scale a pioli tempestandoli di calci e di pugni. Furono legati sulle croci con solide corde fatte di corteccia d'albero. Li legarono così stretti che le giunture e le ossa delle mani e dei piedi scricchiolarono e i loro muscoli sanguinarono. 

Tra le atroci sofferenze, il buon ladrone disse ai carnefici: 
«Se ci aveste maltrattati come quel povero Galileo, non avreste più avuto bisogno di legarci qui sopra».



In due modi portiamo la croce del Signore: quando con la rinuncia domiamo la carne e quando, per vera compassione del prossimo,sentiamo i suoi bisogni come fossero nostri. 
Chi soffre personalmente quando il prossimo è ammalato, porta la croce del Signore. 
Ma si sappia bene: vi sono alcuni uomini che domano con gran rigore la loro carne non per la volontà di Dio, ma solo per futile vanagloria. E ve ne sono altri, e molti, che hanno compassione del prossimo non in modo spirituale, ma solo carnale; e questa compassione non è in loro virtù, ma piuttosto vizio, per la loro esagerata tenerezza. 
Tutti costoro sembra che portino la croce del Signore, ma essi non seguono il Signore. 
Per questo la Verità dice rettamente: "Chi non porta la mia croce e mi segue, non può essere mio discepolo". 
Infatti, portare la croce e seguire il Signore significa rinunciare completamente ai piaceri carnali e aver compassione del prossimo per vero zelo della beatitudine. 
Chi fa ciò solo con fine umano, porta la croce, ma non segue il Signore.


- San Gregorio Magno -
















Buona giornata a tutti :-)

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