La tua grandezza non la capirai che nell'inferno o nel
purgatorio o nel paradiso.
Oggi il mondo ti accieca.
Bisogna che tu abbandoni
questo mondo per sapere chi sei.
L'inferno ti torturerà con l'eterno desiderio
di una felicità divenuta impossibile. E la tua vita, tutta quanta, ti apparirà
nella luce della rivelazione.
Ti accorgerai, allora, d'essere caduto tra le mani di coloro che erano più
deboli di te, e che attinsero la loro forza alla tua stoltezza. Il cielo stesso
non può nulla contro la stoltezza umana.
La
redenzione non agisce in un'anima dalla quale l'intelligenza è assente; questa
stoltezza non è la semplicità di spirito, la quale è benedetta e signora; la
stoltezza è volontaria, cosciente e maliziosa; essa limita la propria fede alla
ragione terrestre, fa finire l'uomo in questo mondo, disconosce il suo eterno
destino.
Ti accorgerai d'esserti dannato per delle
piccolezze, capirai che non c'era alcuna proporzione tra esse e te.
Nulla
esiste sulla terra che sia degno di te. Questo mondo non ha alcun piacere che
sia degno del tuo attaccamento, alcun dolore che sia degno d'affliggerti. Tutto
è altrove.
Se ti danni, dannati per qualche cosa che ne valga
la pena.
Voglio dire: guarda se c'è qualche cosa per cui valga la pena di
rinunziare alla eterna contemplazione della verità.
Tu conferisci a un piacere, necessariamente
limitato, il valore d'una cosa eterna, perciò pagherai quel piacere con una
eternità di rimpianto, di noia e di disperazione.
Esso ti darà tutto ciò che potrà,
ma non ti lascerà nel cuore che amarezza e disgusto, e ti angustierà fino alla
morte.
- Julien Green -
da: "I cattolici" , ed. Longanesi
Consoliamoci tutti
Un clero mediocre è molto più edificante di un clero santo, atteso che il clero
perpetua la Chiesa.
Se fosse santo, io direi: «È la sua santità che ne è
causa», ma non è santo, è peccatore. E allora? È forse il suo peccato che
perpetua la Chiesa?
Ma il peccato è la morte, e la morte non genera la vita.
Bisogna dunque che ci sia in lui qualche cosa di potente, che resista al suo
peccato e continui la vita spirituale.
Non dei santi bisogna parlare se vogliamo aver la
prova della santità della Chiesa, ma dei cattivi preti e dei cattivi papi.
Vi sono dei religiosi dissoluti, dei preti senza
dottrina, dei papi ridicoli.
Ciò vi sembra ignobile, ma per me, viceversa,
tutto ciò è meraviglioso e adorabile.
Alessandro VI mi edifica più che san
Gregorio Magno, perché il fatto d'una Chiesa governata da dei santi, che si
perpetua, è normale e umano, ma una Chiesa che può essere governata da
scellerati o da asini e che, tuttavia, si perpetua, ciò non è normale né umano.
- Julien Green -
da: "I cattolici" , ed. Longanesi
Julien Green (1900 – 1998), scrittore e drammaturgo statunitense omosessuale, si convertì dal protestantesimo al cattolicesimo nel 1916.
Casualmente in questi giorni ho letto il racconto che il
grande scrittore francese Julien Green fa della sua conversione.
Scrive che nel
periodo tra le due guerre egli viveva proprio come vive un uomo di oggi: si
permetteva tutto quello che voleva, era incatenato ai piaceri contrari a Dio
così che, da un lato, ne aveva bisogno per rendersi la vita sopportabile, ma,
dall’altro, trovava insopportabile proprio quella stessa vita.
Cerca vie d’uscita,
allaccia rapporti. Va dal grande teologo Henri Bremond, ma la conversazione
resta sul piano accademico, sottigliezze teoriche che non lo aiutano.
Instaura un rapporto con i due grandi filosofi, i coniugi
Jacques e Raîssa Maritain.
Raîssa Maritain gli indica un domenicano polacco.
Lui lo incontra e gli descrive ancora questa sua vita lacerata.
Il sacerdote
gli dice: «E Lei, è d’accordo a vivere così?». «No, naturalmente no!»,
risponde. «Dunque vuole vivere in modo diverso; è pentito?». «Sì!» fa Green.
E
poi accade qualcosa di inaspettato.
Il sacerdote gli dice: «Si
inginocchi! Ego te absolvo a peccatis tuis — ti assolvo».
Scrive
Julien Green: «Allora mi accorsi che in fondo avevo sempre atteso questo
momento, avevo sempre atteso qualcuno che mi dicesse: inginocchiati, ti
assolvo. Andai a casa: non ero un altro, no, ero finalmente ridiventato me
stesso».
Se siamo onesti, se riflettiamo su questa vicenda in
profondità, vediamo che in ultima analisi questa attesa è in ognuno di noi, che
il nostro intimo grida che vi sia qualcuno che dica: «Inginocchiati! Ego
te absolvo!».
Un famoso teologo protestante qualche tempo fa ha detto:
oggi bisognerebbe raccontare la parabola del figliol prodigo in modo nuovo,
come parabola del padre perduto.
E in effetti, lo smarrimento di questo figlio
consiste proprio nel fatto che ha smarrito il padre, che non lo vuole più
vedere. Ma questo figliol prodigo siamo noi.
La sua difficoltà è la difficoltà
del nostro tempo che si vanta di essere una società senza padre. Seguendo
Freud, abbiamo creduto che il padre fosse l’incubo del “Super Io”, colui che
limita la nostra libertà, e che ce ne dobbiamo liberare. E ora che questo è
accaduto riconosciamo che, facendo così, ci siamo emancipati dall’amore e
abbiamo amputato da noi stessi quello che ci fa vivere.
Ma allo stesso tempo emerge così di nuovo quello che vi è
di più profondo nel ministero episcopale e sacerdotale: poter rappresentare il
Padre, il vero Padre di noi tutti, del quale abbiamo bisogno per poter vivere
come uomini.
Il sacerdote può renderlo presente dando la sua pace, la sua
grazia, la parola trasformatrice dell’assoluzione.
- Card. Joseph Ratzinger -
Il testo “E Julien Green ridiventò se stesso” è tratto dal XII volume dell’opera omnia del papa emerito, “ Annunciatori della Parola e Servitori della vostra gioia. teologia e spiritualità del Sacramento dell’Ordine” (Città del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana, 2013)
Nel giorno della Natività della Vergine Maria, tanti auguri di Buon Compleanno a Gabriele e buona giornata a tutti. :-)
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