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domenica 6 gennaio 2013

6 Gennaio 2013 - Epifania -


L'Epifania, che significa 'Dio si manifesta a noi e ci chiama', è considerata giustamente dalla Chiesa una grande Solennità. Dio è apparso tra noi in Gesù a Betlemme.
Il Suo Natale, Nascita, è il segno della concreta e fedele volontà del Padre di invitare tutti gli uomini a tornare alla loro origine di figli amati senza limiti da Lui.
Il Padre, dopo tanto tempo riapre il Cielo, la Comunione con Lui che si era interrotta per il peccato originale, e lo fa non con un'ispirazione, ma in modo concreto, inviando il Figlio Gesù tra noi, che si fa uno di noi, con la semplicità che è il vero e profondo modo con cui Dio ama.




«Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra (Mt 2, 11). Fermiamoci un po’ e cerchiamo di capire questo passo del Vangelo. Come è possibile che noi, che siamo nulla e nulla valiamo, possiamo fare delle offerte a Dio? [...]. 




Ma il Signore sa che il dare è proprio degli innamorati, ed Egli stesso ci indica che cosa desidera da noi. 
Non gli importano le ricchezze, i frutti o gli animali della terra, del mare o dell’aria, perché tutto è suo; vuole qualcosa di intimo che gli dobbiamo offrire con libertà: Figlio mio, dammi il tuo cuore (Prv 23, 26). 

Vedete? Non si accontenta di spartire: vuole tutto. 
Torno a ripetere che non cerca le nostre cose, cerca noi stessi. Solo da qui, da questo primo dono, acquistano senso tutti gli altri doni che possiamo offrire al Signore.

Diamogli pertanto dell’oro: l’oro puro dello spirito di distacco dal denaro e dai mezzi materiali, cose che pure sono buone, perché vengono da Dio. 
Ma il Signore ha disposto che le utilizzassimo senza lasciarvi il cuore, mettendole a frutto per il bene comune di tutti gli uomini (...).

Offriamogli poi l’incenso: è l’anelito, che sale fino al Signore, di condurre una vita nobile che diffonda intorno a sé il bonus odor Christi (2 Cor 2, 15), il profumo di Cristo. Quando le parole e le azioni sono impregnate del bonus odor, si semina comprensione, amicizia. La nostra vita deve accompagnare quella degli altri perché nessuno sia o si senta solo. La nostra carità deve essere anche affetto, calore umano [...].
Assieme ai Magi, offriamo infine la mirra, ossia il sacrificio, che non deve mai mancare nella vita cristiana. 
La mirra ci porta alla memoria la Passione del Signore: sulla Croce gli diedero da bere mirra mista a vino (cfr. Mc 15, 23), e con la mirra unsero il suo corpo per la sepoltura (cfr. Gv 19, 39). 
Ma non crediate che riflettere sulla necessità del sacrificio e della mortificazione sia come aggiungere una nota di tristezza [...]. 
Mortificazione non è pessimismo, non è grettezza d’animo. La mortificazione non vale niente senza la carità. 
Dobbiamo pertanto cercare sacrifici che, pur rendendoci capaci di padroneggiare le cose della terra, non mortifichino coloro che convivono con noi. 
Il cristiano non può essere né carnefice né meschino; è un uomo che sa amare con le opere, che saggia il suo amore con la pietra di paragone del dolore.

(San Josemaría Escrivá de Balaguer)
"È Gesù che passa", nn. 35-37


«Forse qualcuno si meraviglia e si domanda: come hanno potuto, i Magi, conoscere la nascita del Salvatore, solo attraverso il segno di una stella?

In primo luogo, bisogna dire che si tratta di un dono concesso loro dal Signore. In secondo luogo, si legge nei libri di Mosè che già Balaam era stato una specie di profeta dei pagani. Infatti egli aveva profetizzato – nella misura in cui era capace di farlo – la venuta di Cristo e la sua incarnazione per mezzo di una vergine. Profetizzò [...] in questi termini:

Una stella spunta da Giacobbe e uno scettro sorge da Israele (Nm 24, 17). 
Per questa ragione sembra che i Magi provenissero dalla discendenza di Balaam [...]. Quando videro il segno della nuova stella, i Magi credettero immediatamente, perché capirono che erano stati chiamati a dare compimento alla profezia del loro antenato [...].

Il profeta Balaam vide in spirito quella stella che questi poterono vedere con gli occhi, e in questo modo arrivarono alla fede. Quello profetizzò la venuta di Cristo; questi, quando venne, lo guardarono con gli occhi della fede».


(San Cromazio di Aquileia)
Commento al Vangelo di San Matteo, IV

Andrea Mantegna, L'adorazione dei Magi.

Miserevolmente è caduto l’uomo, misericordiosamente è disceso Dio. Cadde l’uomo per suo orgoglio, Dio è disceso con la sua grazia – S. Agostino

Fratelli carissimi, Nostro Signore Gesù Cristo che è ab aeterno il Creatore di ogni cosa, è divenuto oggi nostro Salvatore nascendo da una madre.
Per amore è oggi per noi nato nel tempo per condurci all’eternità del Padre. Dio si è fatto uomo, per fare dell’uomo un dio, il Signore degli angeli oggi si è fatto uomo affinché l’uomo potesse mangiare il pane degli angeli.
Oggi si è compiuta la profezia che dice: “Stillate, o cieli, dall’alto, e le nubi facciano piovere la giustizia ! Si apra la terra, fiorisca il Salvatore" (Is. 45,8). 
Il Creatore è divenuto creatura per ritrovare chi era perduto. Così infatti l’uomo confessa nei Salmi: “ Prima di essere afflitto mi sviavo” (Ps. 118,67). L’uomo ha peccato e si è reso colpevole, Dio si è fatto uomo per redimere il colpevole. 
L’uomo è caduto ma Dio è disceso sulla terra; miserevolmente è caduto l’uomo, misericordiosamente è disceso Dio. E’ caduto l’uomo per il suo orgoglio, Dio è disceso con la sua grazia.
O miracolo! O prodigio! Fratelli miei, le leggi di natura sono cambiate per l’uomo! 
Un Dio nasce, una vergine diviene madre senza concorso d’uomo, ignara di uomo la parola di Dio la rende feconda. Essa è insieme madre e vergine, madre, conserva la verginità, vergine, genera un figlio, non conoscendo uomo, sempre integra ma non sterile. Ella mette al mondo Colui che solo è nato senza peccato e che senza concorso d’uomo ha concepito non nella concupiscenza della carne ma nell’ obbedienza dello spirito

(Vigilia Epifania del Signore)
S. Agostino
Sermo de tempore
Breviario Romano, Mattutino, Letture del II Notturno.


"Sta’ molto vicino alla culla di questo grazioso Bambino, specialmente in questi santi giorni del suo Natalizio. 
Se ami le ricchezze, qui troverai l’oro che i Re Magi vi lasciarono; se ami il fumo degli onori, vi troverai quello dell’incenso; e se ami le delicatezze dei sensi, sentirai la mirra odorosa, la quale profuma tutta la grotta".
(San Pio da Pietralcina)





"I Magi d’Oriente di cui parla il Vangelo di oggi, così come generalmente i Santi, sono diventati a poco a poco loro stessi costellazioni di Dio, che ci indicano la strada. In tutte queste persone il contatto con la Parola di Dio ha, per così dire, provocato un’esplosione di luce, mediante la quale lo splendore di Dio illumina questo nostro mondo e ci indica la strada. I Santi sono stelle di Dio, dalle quali ci lasciamo guidare verso Colui al quale anela il nostro essere. Cari amici, voi avete seguito la stella Gesù Cristo, quando avete detto il vostro “sì” al sacerdozio e al ministero episcopale. E certamente hanno brillato per voi anche stelle minori, aiutandovi a non perdere la strada. Nelle Litanie dei Santi invochiamo tutte queste stelle di Dio, affinché brillino sempre di nuovo per voi e vi indichino la strada."

- papa Benedetto XVI, 6 gennaio 2012 - 

Buona giornata a tutti. :-)






giovedì 6 gennaio 2011

Il viaggio del quarto re - don Ferrero Bruno -

Nei giorni in cui era imperatore Cesare Augusto ed Erode regnava a Gerusalemme, viveva nella città di Ecbatana, tra i monti della Persia, un certo Artabano.
Era un uomo alto e bruno, sulla quarantina. Gli occhi sfavillanti, la fronte da sognatore e la bocca da soldato lo rivelavano uomo sensibile ma di volontà ferrea, uno di quegli uomini sempre alla ricerca di qualcosa.
Artabano apparteneva all'antica casta sacerdotale dei Magi, detti adoratori del fuoco.
Un giorno convocò tutti i suoi amici e fece loro, più o meno, questo discorso:
«I miei tre compagni tra i Magi — Gaspare, Melchiorre e Baldassarre — e io stesso abbiamo studiato le antiche tavole della Caldea e abbiamo calcolato il tempo. Cade quest'anno.
Abbiamo studiato il cielo e abbiamo visto una nuova stella, che ha brillato per una sola notte e poi è scomparsa. I miei fratelli stanno vegliando nell'antico tempio delle Sette Sfere, a Borsippa, in Babilonia, e io veglio qui. Se la stella brillerà di nuovo, tra dieci giorni partiremo insieme per Gerusalemme, per vedere e adorare il Promesso, che nascerà Re d'Israele. Credo che il segno verrà. Mi sono preparato per il viaggio. Ho venduto la mia casa e i miei beni, e ho acquistato questi gioielli — uno zaffiro, un rubino e una perla — da portare in dono al Re. E chiedo a voi di venire con me in pellegrinaggio, affinché possiamo trovare insie­me il Principe».
Così dicendo, trasse da una piega recondita della cintura tre grosse gemme, le più belle mai viste al mondo. Una era blu come un frammento di cielo notturno, una più rossa di un raggio del tramonto, una candida come la cima innevata di un monte a mezzogiorno.
Ma un velo di dubbio e diffidenza calò sui volti dei suoi amici, come la nebbia che si alza dalle paludi a nascondere i colli.
«Artabano, questo è solo un sogno», disse uno. E tutti se ne andarono.
Artabano rimase solo e uscì sulla terrazza della sua casa. Allora, alta nel cielo, perfetta di radioso candore, vide pulsare la stella dell'annuncio.
«Salvami.»
Djemal, il più veloce e resistente dei dromedari di Artabano, divorava la sabbia dei deserti con le sue lunghe zampe. Artabano doveva calcolare bene i tempi per giungere all'appuntamento con gli altri Magi. Passò lungo i pendii del monte Orontes, scavati dall'alveo roccioso di cento torrenti. Percorse le pianure dei Nisseni, dove i famosi branchi di cavalli scuotevano la testa all'avvicinarsi di Djemal, e si allontanavano al galoppo in un tuonare di zoccoli. Varcò molti passi gelidi e desolati, arrancando penosamente fra i crinali flagellati dal vento; si addentrò in gole buie, seguendo la traccia ruggente del fiume che le aveva scavate.
Era in vista delle mura sbrecciate di Babilonia, quando, in un boschetto di palme, vide un uomo che giaceva bocconi sulla strada. Sulla pelle, secca e gialla come pergamena, portava i segni della febbre mortale che infieriva nelle paludi in autunno. Il gelo della morte già lo aveva afferrato alla gola. Artabano si fermò. Prese il vecchio tra le braccia. Era leggero e gli ricordava suo padre. Lo portò in un albergo e chiese all'albergatore di avere cura del vecchio e ospitarlo per il resto dei suoi giorni. In pagamento gli diede lo zaffiro.
Il giorno seguente, Artabano ripartì. Sollecitava Djemal che volava sfiorando il terreno, ma ormai i tre Re Magi erano partiti senza aspettare il loro fratello persiano. Non volevano perdere l'appuntamento con il Grande Re.
Artabano arrivò in una vallata deserta dove enormi rocce si innalzavano fra le ginestre dai fiori dorati. All'improvviso udì delle urla venire dal folto degli arbusti. Saltò giù dalla cavalcatura e vide un drappello di soldati che trascinavano una giovane donna con gli abiti a brandelli. Artabano mise mano alla spada, ma i soldati erano troppi e non poteva affrontarli tutti insieme.
La ragazza notò l'aureo cerchio alato che aveva al petto. Si svincolò dalla stretta dei suoi aguzzini e si gettò ai suoi piedi. «Abbi pietà» gli gridò «e salvami, per amore di Dio! Mio padre era un mercante, ma è morto, e ora mi hanno preso per vendermi come schiava e pagare così i suoi debiti. Salvami!».
Artabano tremò, ma mise la mano nella cintura e con il rubino acquistò la libertà della giovane. La ragazza gli baciò le mani e fuggì verso le montagne con la rapidità di un capriolo. Le mani vuote.
Intanto Gasparre, Melchiorre e Baldassarre erano arrivati alla stalla dove stavano Giuseppe, Maria e il piccolo Gesù.
I tre santi re si prostrarono davanti al bambino e presentarono i loro doni.
Gasparre aveva portato un magnifico calice d'oro.
Melchiorre porse un incensiere da cui si levavano volate di profumato incenso.
Baldassarre presentò la preziosa mirra.
Il bambino guardò i doni, serio serio.
Artabano correva e correva. Arrivò a Betlemme mentre dalle case si levavano pianti e fiamme, e l'aria tremava come trema nel deserto. I soldati dalle spade insanguinate, eseguendo gli ordini di Erode, uccidevano tutti i bambini dai due anni in giù. Vicino a una casa in fiamme un soldato dondolava un bambino nudo tenendolo per una gamba. Il bambino gridava e si dibatteva. Il soldato diceva: «Ora lo lascio, ed egli cadrà nel fuoco... farà un buon arrosto! ». La madre alzava urla acutissime. Con un sospiro, Artabano prese l'ultima gemma che gli era rimasta, la magnifica perla più grossa di un uovo di piccione, e la diede al soldato perché restituisse il figlio alla madre. Così fu. Ella ghermì il bambino, lo strinse al petto e fuggì via.
Solo molto tardi Artabano trovò la stalla dove si nascondevano il bambino, Maria e Giuseppe. Giuseppe si stava preparando a fuggire e il bambino era sulle ginocchia di sua madre. Ella lo cullava teneramente cantando una dolce ninna nanna.
Artabano crollò in ginocchio e si prostrò con la fronte al suolo. Non osava alzare gli occhi, perché non aveva portato doni per il Re dei Re. «Signore, le mie mani sono vuote. Perdonami...», sussurrò.
Alla fine osò alzare gli occhi. Il bambino forse dormiva? No, il bambino non dormiva.
Dolcemente si girò verso Artabano. Il suo volto splendeva, tese le manine verso le mani vuote del re e sorrise.

(don Bruno Ferrero)

Liberamente tratto da  : Bruno Ferrero, Tutte storie, ed. LDC, pg 78-83.

I Magi offrono i loro doni a Gesù
Andrea Mantegna - 1495 ca.


Buona giornata a tutti. :-)

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