Visualizzazione post con etichetta Don Luigi Giussani. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Don Luigi Giussani. Mostra tutti i post

domenica 23 febbraio 2014

Signore insegnaci a non amare noi stessi - Raoul Follereau -


Signore insegnaci a non amare noi stessi,
a non amare soltanto i nostri,
a non amare soltanto quelli che amiamo.
Insegnaci a pensare agli altri,
ad amare quelli che nessuno ama.

Signore, facci soffrire della sofferenza altrui.
Facci la grazia di capire che ad ogni istante,
mentre noi viviamo una vita troppo felice,
protetta da Te,
ci sono milioni di esseri umani,
che sono pure tuoi figli e nostri fratelli,
che muoiono di fame
senza aver meritato di morire di fame,
che muoiono di freddo
senza aver meritato di morire di freddo.

Signore, abbi pietà
di tutti i poveri del mondo
Abbi pietà dei lebbrosi,
ai quali Tu così spesso hai sorriso
quand'eri su questa terra;
pietà dei milioni di lebbrosi,
che tendono verso la tua misericordia
le mani senza dita,
le braccia senza mani...

E perdona a noi di averli,
per una irragionevole paura, abbandonati.
E non permettere più, Signore,
che noi viviamo felici da soli.

Facci sentire l'angoscia
della miseria universale,
e liberaci da noi stessi.
Così sia!


(Raoul Follereau)



"Quando il cuore si eleva a percepire che tutto è dono,
quando fa tale scoperta,
allora gli uomini non s'inventano più,
non inventano più se stessi,
non si fingono,
non debbono immaginarsi,
ma finalmente sono".

- Don Luigi Giussani -



" Sì, Gesù, fammi parlare sempre come fosse l’ultima parola che dico.
Fammi agire sempre come fosse l’ultima azione che faccio. 
Fammi soffrire sempre come fosse l’ultima sofferenza che ho da offrirti. Fammi pregare sempre come fosse l’ultima possibilità,
che ho qui in terra, di colloquiare con te."

- Chiara Lubich -



La rondine e la piuma



Certo, sia la rondine sia la piuma si librano nell'aria, ma la differenza è netta: la rondine sceglie la traiettoria, naviga contro il vento opponendogli il suo petto carenato; la piuma, invece, è sospinta da ogni corrente d'aria, è succube a ogni soffio. Una domanda s'impone: e noi come siamo? Siamo rondini libere e sicure o piume agitate da ogni brezza e variabilità?


(Card. Gianfranco Ravasi, Le parole e i giorni. Nuovo breviario laico)



Buona giornata a tutti :-)







mercoledì 22 gennaio 2014

In attesa muta - don Luigi Giussani -

“Questo Gesù è nella compagnia di uomini e donne che Lo riconoscono, in quella che è conosciuta come la Chiesa.”

- don Luigi Giussani - 


Mi colpisce sempre, Signore, la storia di Zaccaria
uomo “irreprensibile e fedele a tutte le tue prescrizioni”.
Vita lunga ed esemplare.
Eppure sterile e priva di fecondità .
Come “una vergogna in mezzo al popolo”. 
Quasi una dolorosa contraddizione .
Servire te, Dio, con tanto impegno, 
eppure non ricevere segno certo della Tua benedizione.
E non c’è speranza se uno è vecchio 
e l’altra “è avanti negli anni”.

Ma Tu non sei lontano
dalle nostre routine senza speranza
e continui a “visitarci con la Tua salvezza”.
Perchè vuoi donare “gioia ed esultanza”.
E illuminarci “come un sole che sorge”. 
E donare colori nuovi ad una vita in bianco e nero.
Ma io dubito. Sono incredulo. Non è possibile.

Passerai oltre, deluso dalla mia incredulità?
O condannerai anche me al silenzio?
La realtà è che sono già muto.
Senza parole davanti all’incomprensibile della mia vita.
Ma Tu sei Parola! E mi lasci in un mutismo diverso. 

Quello di chi si ferma in silenzio
a guardar in modo nuovo i fatti della sua vita.
E, muto di parola, può così riempirli di Parola.
Per scoprire che Tu sei all’opera nella sue vicende.
Per nove mesi.
Tempo necessario perchè nasca qualcosa di nuovo.
Anche nel mio cuore:
la certezza che Tu mi vuoi felice.
E che riempi i miei silenzi.
Con la Tua fedeltà, che “ è grande fino alle nubi.” 
Ed allora potrò , nella vita quotidiana, 
rispondere senza paura alla tua chiamata.

«Quando io ero in prima liceo, c’è stato un momento di “romanticismo panico”, in cui piangevo sempre, perché mi ero accorto che non sarei mai stato come Raffaello, come Michelangelo, come Beethoven; piangevo, andavo a letto la sera e piangevo, e questo per parecchi giorni. Poi, quello che mi ha “risolto” è stato scoprire che, se facevo bene l’ora di studio e osservavo la regola come espressione di me stesso, se facevo bene la cosa che avevo davanti, fare bene una piccola cosa era un’opera più grande che neanche le sinfonie di Beethoven, perché era un ordine, era una perfezione, era una musica, una poesia. Allora mi sono calmato e non ho pianto più.».

(don Luigi Giussani)



Mary Cassatt (1844-1926)
La nonna Cassatt mentre legge per i suoi nipoti.

"E ogni istante delle nostre giornate, ogni parola detta, ogni gesto compiuto sono un’offerta al Signore per il compiersi della Sua volontà."

- Don Luigi Giussani -



“Primo criterio: amare con le opere, non con le parole. Le parole le porta via il vento! Oggi sono, domani non sono. Secondo criterio di concretezza è: nell’amore è più importante dare che ricevere. Quello che ama dà, dà ... Dà cose, dà vita, dà se stesso a Dio e agli altri. Invece chi non ama, chi è egoista, sempre cerca di ricevere, sempre cerca di avere cose, avere vantaggi. Rimanere col cuore aperto, non come era quello dei discepoli, che era chiuso, che non capivano niente: rimanere in Dio e Dio rimane in noi; rimanere nell’amore”.

Papa Francesco Omelia Casa Santa Marta, 9 Gennaio 2014



L' inizio, prima che nel seme, è nella terra,
quando tutto è determinato dall'attesa
e l'uomo non ha in mano niente,
neanche il seme da buttare dentro l'orto,
e perciò è alla mercé dell'onnipotenza del Mistero
che fa tutte le cose.
L'attesa è il luogo di chi ha fame e sete,
e stende la mano: attende,
tende a ciò che lo fa vivere, a ciò per cui potrà vivere.

Don Luigi Giussani, da L'attesa, Tracce 1996


Dammi Luce

O amore puro, sincero e perfetto!
O luce sostanziale!
Dammi la luce affinché in essa
io riconosca la tua luce.
Dammi la tua luce affinché veda il tuo amore.
Dammi la tua luce affinché veda le tue viscere di padre.
Dammi un cuore per amarti,
dammi occhi per vederti,
dammi orecchi per udire la tua voce,
dammi labbra per parlare di te,
il gusto per assaporarti.
Dammi l'olfatto per sentire il tuo profumo,
dammi mani per toccarti
e piedi per seguirti.
Sulla terra e nel cielo
non desidero che te, mio Dio!
Tu sei il mio solo desiderio,
la mia consolazione,
la fine di ogni angoscia e sofferenza

San Tichon di Zadonsk

Buona giornata a tutti. :-)



martedì 31 dicembre 2013

L'ultimo giorno dell'anno - don Luigi Giussani -


L’ inno dell’ultimo giorno dell’anno liturgico è il Christe, cunctorum dominator, Cristo dominatore di tutte le cose, che esprime una verità sterminata, perché anche i capelli del nostro capo sono numerati e non cade passero senza che entri in questo possesso, e il più piccolo fiore del campo entra in questo possesso, e non c’è respiro che non entri in questo possesso. 
E questo l’oggetto proprio della fede, perché, che esista il mistero, che esista Dio, che esista una ricognizione del bene e del male finale, queste sono cose ovvie per tutti gli uomini che non sono fuorviati dal dominio della mentalità comune. 
Ma che tutto sia signoria di Cristo, di questo uomo nato da una donna, questo non è così ovvio, se non avviene quel gesto supremo di apertura e di dedizione che nell’uomo si chiama fede. 
È come se dopo un lungo sguardo uno incominciasse a capire… allora la prima parola che può essere detta è la parola «Tu»: Tu, o Cristo. 
Di fronte al mistero assolutamente sconosciuto nella sua modalità originale, nel suo destino finale, nella sua consistenza attuale, la prima parola che la Madonna ha potuto dire appena l’angelo se ne partì da lei è stata certamente questo «Tu» a ciò che aveva in seno e non poteva immaginare in nessun modo.

(don Luigi Giussani)


"...abbiate il gusto delle giaculatorie, che sono gli adempimenti che Dio ottiene per se stesso nel vuoto, nella distrazione altrimenti vasta delle nostre giornate. La giaculatoria che vi raccomando per la vostra sanità, perché la permanenza della fede e della carità in voi sia più assicurata, è: Veni Sancte Spiritus, veni per Mariam."

- don Luigi Giussani - 



Te Deum laudamus:

te Dominum confitemur.

Te aeternum patrem,

omnis terra veneratur.
Tibi omnes angeli,
tibi caeli et universae potestates:
tibi cherubim et seraphim,
incessabili voce proclamant:
"Sanctus, Sanctus, Sanctus
Dominus Deus Sabaoth.
Pleni sunt caeli et terra
majestatis gloriae tuae."
Te gloriosus Apostolorum chorus,
te prophetarum laudabilis numerus,
te martyrum candidatus laudat exercitus.
Te per orbem terrarum
sancta confitetur Ecclesia,
Patrem immensae maiestatis;
venerandum tuum verum et unicum Filium;
Sanctum quoque Paraclitum Spiritum.
Tu rex gloriae, Christe.
Tu Patris sempiternus es Filius.
Tu, ad liberandum suscepturus hominem,
non horruisti Virginis uterum.
Tu, devicto mortis aculeo,
aperuisti credentibus regna caelorum.
Tu ad dexteram Dei sedes,
in gloria Patris.
Iudex crederis esse venturus.

Te ergo quaesumus, tuis famulis subveni,
quos pretioso sanguine redemisti.
Aeterna fac
cum sanctis tuis in gloria numerari.
Salvum fac populum tuum, Domine,
et benedic hereditati tuae.
Et rege eos,
et extolle illos usque in aeternum.
Per singulos dies benedicimus te;
et laudamus nomen tuum in saeculum,
et in saeculum saeculi.
Dignare, Domine, die isto
sine peccato nos custodire.
Miserere nostri, Domine,
miserere nostri.
Fiat misericordia tua, Domine, super nos,
quem ad modum speravimus in te.
In te, Domine, speravi:
non confundar in aeternum.






In tutti questi anni ho cambiato molte case e loro hanno cambiato me.
Eppure nessun tetto, nessun appartamento, nessuna stanza è mai stata la mia dimora.
Perchè in Te solo la mia anima riposa; in Te solo possono abitare i miei giorni.



L'incredibile forza della natura. 

"La tempesta di mare" (Porto, Portogallo nel gennaio 2013)

Una delle foto più belle dell'anno.



Solo chi ha il coraggio di scrivere la parola fine, può trovare la forza per scrivere la parola inizio.
(pensiero Zen)

Auguri di Buon Fine anno!!!!


sabato 21 dicembre 2013

Lettera ai bambini (1994) . san Giovanni Paolo II, papa -


Cari bambini!
Nasce Gesù.
Tra pochi giorni celebreremo il Natale, festa intensamente sentita da tutti i bambini in ogni famiglia. Quest'anno lo sarà ancora di più, perché è l'Anno della Famiglia. Prima che esso finisca, desidero rivolgermi a voi, bambini del mondo intero, per condividere con voi la gioia di questa suggestiva ricorrenza.
Il Natale è la festa di un Bambino, di un Neonato. È perciò la vostra festa! Voi l'attendete con impazienza e ad essa vi preparate con gioia, contando i giorni e quasi le ore che mancano alla Santa Notte di Betlemme.
Mi pare di vedervi: voi state preparando in casa, in parrocchia, in ogni angolo del mondo il presepe, ricostruendo il clima e l'ambiente in cui il Salvatore è nato. 
È vero! Nel periodo natalizio la stalla con la mangiatoia occupa nella Chiesa il posto centrale. E tutti si affrettano a recarvisi in pellegrinaggio spirituale, come i pastori nella notte della nascita di Gesù. Più tardi saranno i Magi a venire dal lontano Oriente, seguendo la stella, fino al luogo dove è stato deposto il Redentore dell'universo.
Ed anche voi, nei giorni di Natale, visitate i presepi, fermandovi a guardare il Bambino deposto sulla paglia. Fissate sua Madre, San Giuseppe, custode del Redentore. Contemplando la Santa Famiglia, pensate alla vostra famiglia, quella in cui siete venuti al mondo. Pensate alla vostra mamma, che vi ha dato alla luce e al vostro papà. Essi si prendono cura del mantenimento della famiglia e della vostra educazione. Compito dei genitori infatti non è soltanto quello di generare i figli, ma anche di educarli sin dalla loro nascita.
Cari bambini, vi scrivo pensando a quando anch'io molti anni fa ero bambino come voi. Allora anch'io vivevo l'atmosfera serena del Natale, e quando brillava la stella di Betlemme andavo in fretta al presepe insieme con i miei coetanei, per rivivere ciò che avvenne 2000 anni fa in Palestina. Noi bambini esprimevamo la nostra gioia prima di tutto col canto. 
Quanto sono belli e commoventi i canti natalizi, che nella tradizione di ogni popolo si intrecciano intorno al presepe! Quali pensieri profondi vi sono contenuti, e soprattutto quale gioia e quale tenerezza essi esprimono verso il divino Bambino venuto al mondo nella Notte Santa!
Pure i giorni che seguono la nascita di Gesù sono giorni di festa: così, otto giorni dopo, si ricorda che, come voleva la tradizione dell'Antico Testamento, al Bambino fu dato un nome: fu chiamato Gesù. 
Dopo quaranta giorni, si commemora la sua presentazione al Tempio, come avveniva per ogni figlio primogenito d'Israele. In quell'occasione ebbe luogo un incontro straordinario: alla Madonna, giunta al Tempio col Bambino, venne incontro il vecchio Simeone, che prese tra le braccia il piccolo Gesù e pronunciò queste parole profetiche: «Ora lascia, o Signore, che il tuo servo vada in pace secondo la tua parola; perché i miei occhi han visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli, luce per illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele» (Lc 2, 29-32). Poi, rivolgendosi a Maria, sua madre, aggiunse: «Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione perché siano svelati i pensieri di molti cuori. 
E anche a te una spada trafiggerà l'anima» (Lc 2, 34-35). Così dunque, già nei primi giorni della vita di Gesù, risuona l'annuncio della Passione, alla quale un giorno sarà associata anche la Mamma, Maria: il Venerdì Santo Ella starà silenziosa sotto la Croce del Figlio. Del resto, non dovrà trascorrere molto tempo dalla nascita prima che il piccolo Gesù si trovi esposto ad un grave pericolo: il crudele re Erode ordinerà di uccidere i bambini al di sotto dei due anni, e per questo egli sarà costretto a fuggire con i genitori in Egitto.
Voi conoscete certo molto bene questi eventi legati alla nascita di Gesù. 
Ve li raccontano i vostri genitori, i sacerdoti, gli insegnanti, i catechisti, ed ogni anno li rivivete spiritualmente nel periodo delle feste natalizie, insieme a tutta la Chiesa: voi quindi sapete di questi aspetti drammatici dell'infanzia di Gesù.
Cari amici! Nelle vicende del Bimbo di Betlemme potete riconoscere le sorti dei bambini di tutto il mondo. Se è vero che un bambino rappresenta la gioia non solo dei genitori, ma della Chiesa e dell'intera società, è vero pure che ai nostri tempi molti bambini, purtroppo, in varie parti del mondo soffrono e sono minacciati: patiscono la fame e la miseria, muoiono a causa delle malattie e della denutrizione, cadono vittime delle guerre, vengono abbandonati dai genitori e condannati a rimanere senza casa, privi del calore di una propria famiglia, subiscono molte forme di violenza e di prepotenza da parte degli adulti. Come è possibile rimanere indifferenti di fronte alla sofferenza di tanti bambini, specialmente quando è causata in qualche modo dagli adulti?
Gesù dona la Verità.
Il Bambino, che a Natale contempliamo deposto nella mangiatoia, col passar degli anni crebbe. A dodici anni, come sapete, si recò per la prima volta, insieme a Maria e Giuseppe, da Nazaret a Gerusalemme in occasione della Festa di Pasqua. Lì, confuso tra la folla dei pellegrini, si staccò dai genitori e, insieme con altri suoi coetanei, si pose in ascolto dei dottori del Tempio, quasi per una «lezione di catechismo». Le feste in effetti erano occasioni adatte per trasmettere la fede ai ragazzi dell'età, più o meno, di Gesù. Avvenne però che, durante tale incontro, l'Adolescente straordinario, giunto da Nazaret, non solo pose delle domande assai intelligenti, ma egli stesso cominciò a dare delle risposte profonde a coloro che lo stavano ammaestrando. Le domande e più ancora le risposte sbalordirono i dottori del Tempio. Era lo stesso stupore che, in seguito, avrebbe accompagnato la predicazione pubblica di Gesù: l'episodio del Tempio di Gerusalemme non era che l'inizio e quasi il preannuncio di ciò che sarebbe avvenuto alcuni anni più tardi.
Cari ragazzi e ragazze, coetanei di Gesù dodicenne, non vi tornano alla mente, a questo punto, le lezioni di religione che si svolgono in parrocchia ed a scuola, lezioni alle quali siete invitati a prender parte? Vorrei allora porvi alcune domande: qual è il vostro atteggiamento di fronte alle lezioni di religione? Vi fate coinvolgere come Gesù dodicenne al Tempio? Siete diligenti nel frequentarle a scuola e in parrocchia? Vi aiutano in questo i vostri genitori?
Gesù dodicenne fu così preso da quella catechesi nel Tempio di Gerusalemme che, in un certo senso, dimenticò persino i propri genitori. Maria e Giuseppe, incamminati insieme ad altri pellegrini sulla strada del ritorno verso Nazaret, si resero conto ben presto della sua assenza. Lunghe furono le ricerche. Ritornarono sui loro passi e soltanto il terzo giorno riuscirono a trovarlo a Gerusalemme nel Tempio. «Figlio, perché ci hai fatto così? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo» (Lc 2, 48). Com'è strana la risposta di Gesù e come fa riflettere! «Perché mi cercavate? - egli disse - Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?» (Lc 2, 49). Era una risposta difficile da accettare. L'evangelista Luca aggiunge semplicemente che Maria «serbava tutte queste cose nel suo cuore» (2, 51). In effetti, era una risposta che si sarebbe resa comprensibile solo più tardi, quando Gesù, ormai adulto, avrebbe iniziato a predicare, dichiarando che per il suo Padre celeste era disposto ad affrontare ogni sofferenza e persino la morte sulla croce.
Da Gerusalemme Gesù tornò con Maria e Giuseppe a Nazaret, ove visse loro sottomesso (cf. Lc 2, 51). Circa questo periodo, prima dell'inizio della predicazione pubblica, il Vangelo nota soltanto che Gesù «cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini» (Lc 2, 52).
Cari ragazzi, nel Bambino che ammirate nel presepe sappiate vedere già il ragazzo dodicenne che nel Tempio di Gerusalemme dialoga con i dottori. Egli è lo stesso uomo adulto che più tardi, a trent'anni, comincerà ad annunciare la parola di Dio, si sceglierà i dodici Apostoli, sarà seguito da moltitudini assetate di verità. Egli confermerà ad ogni passo il suo straordinario insegnamento con i segni della potenza divina: restituirà la vista ai ciechi, guarirà i malati, risusciterà persino i morti. E tra i morti richiamati alla vita ci sarà la dodicenne figlia di Giairo, ci sarà il figlio della vedova di Nain, restituito vivo alla madre in pianto.
È proprio così: questo Bambino, ora appena nato, una volta diventato grande, come Maestro della Verità divina, mostrerà uno straordinario affetto per i bambini. Dirà agli Apostoli: «Lasciate che i bambini vengano a me e non glielo impedite», e aggiungerà: «Perché a chi è come loro appartiene il Regno di Dio» (Mc 10, 14). Un'altra volta, agli Apostoli che discutevano su chi fosse il più grande metterà davanti un bambino e dirà: «Se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel Regno dei cieli» (Mt 18, 3). In quella occasione pronuncerà anche parole severissime di ammonimento: «Chi scandalizza anche uno solo di questi piccoli che credono in me, sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina girata da asino, e fosse gettato negli abissi del mare» (Mt 18, 6).
Quanto importante è il bambino agli occhi di Gesù! Si potrebbe addirittura osservare che il Vangelo è profondamente permeato dalla verità sul bambino. Lo si potrebbe persino leggere nel suo insieme come il «Vangelo del bambino».
Che vuol dire infatti: «Se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel Regno dei cieli»? Non pone forse Gesù il bambino come modello anche per gli adulti? Nel bambino c'è qualcosa che mai può mancare in chi vuol entrare nel Regno dei cieli. Al cielo sono destinati quanti sono semplici come i bambini, quanti come loro sono pieni di fiducioso abbandono, ricchi di bontà e puri. Questi solamente possono ritrovare in Dio un Padre, e diventare a loro volta, grazie a Gesù, altrettanti figli di Dio.
Non è questo il principale messaggio del Natale? Leggiamo in san Giovanni: «E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi» (1, 14); ed ancora: «A quanti l'hanno accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio» (1, 12). Figli di Dio! Voi, cari ragazzi, siete figli e figlie dei vostri genitori. 
Ebbene, Dio vuole che tutti siamo suoi figli adottivi mediante la grazia. 
Sta qui la vera fonte della gioia del Natale, della quale vi scrivo al termine ormai dell'Anno della Famiglia. Rallegratevi di questo «Vangelo della divina figliolanza». In questa gioia portino abbondanti frutti le prossime feste natalizie, nell'Anno della Famiglia.
Gesù dona se stesso
Cari amici, incontro indimenticabile con Gesù è senz'altro la Prima Comunione, giorno da ricordare come uno dei più belli della vita. L'Eucaristia, istituita da Cristo la vigilia della sua passione durante l'Ultima Cena, è un sacramento della Nuova Alleanza, anzi, il più grande dei sacramenti. In esso il Signore si fa cibo delle anime sotto le specie del pane e del vino. I bambini lo ricevono solennemente una prima volta - nella Prima Comunione, appunto - e sono invitati a riceverlo in seguito il più spesso possibile per rimanere in intima amicizia con Gesù.
Per accostarsi alla Santa Comunione, come sapete, occorre aver ricevuto il Battesimo: questo è il primo dei sacramenti e il più necessario per la salvezza. È un grande avvenimento il Battesimo! Nei primi secoli della Chiesa, quando a ricevere il Battesimo erano soprattutto gli adulti, il rito si concludeva con la partecipazione all'Eucaristia ed aveva la solennità che oggi accompagna la Prima Comunione. Successivamente, quando s'incominciò a dare il Battesimo soprattutto ai neonati - è il caso anche di molti fra voi, cari bambini, che infatti non ricordate il giorno del vostro Battesimo - la festa più solenne fu spostata al momento della Prima Comunione. Ogni ragazzo e ogni ragazza di famiglia cattolica conosce bene questa consuetudine: la Prima Comunione è vissuta come una grande festa di famiglia. In quel giorno, insieme con il festeggiato, in genere si accostano all'Eucaristia i genitori, i fratelli, le sorelle, i parenti, i padrini, talora anche gli insegnanti e gli educatori.
Il giorno della Prima Comunione è inoltre una grande festa nella parrocchia. Ricordo come fosse oggi quando, insieme con i miei coetanei, ricevetti per la prima volta l'Eucaristia nella chiesa parrocchiale del mio paese. Si suole fissare quest'evento nelle foto di famiglia, perché non venga dimenticato. Tali istantanee seguono in genere la persona per il resto degli anni. Col passare del tempo, si rivive, sfogliandole, l'atmosfera di quei momenti; si torna alla purezza e alla gioia sperimentate nell'incontro con Gesù, fattosi per amore Redentore dell'uomo.
Per quanti bambini nella storia della Chiesa l'Eucaristia è stata fonte di forza spirituale, a volte addirittura eroica! Come non ricordare, ad esempio, ragazzi e ragazze santi, vissuti nei primi secoli ed ancora oggi conosciuti e venerati in tutta la Chiesa? Sant'Agnese, che visse a Roma; sant'Agata, martirizzata in Sicilia; san Tarcisio, un ragazzo ben a ragione chiamato martire dell'Eucaristia, perché preferì morire piuttosto che cedere Gesù, che portava con sé sotto le specie del pane.
E così lungo i secoli, sino ai nostri tempi, non mancano bambini e ragazzi tra i santi e i beati della Chiesa. Come nel Vangelo Gesù manifesta particolare fiducia nei bambini, così la Mamma sua, Maria, non ha mancato di riservare ai piccoli, nel corso della storia, la sua materna premura. Pensate a santa Bernardetta di Lourdes, ai fanciulli di La Salette e, nel nostro secolo, a Lucia, Francesco e Giacinta di Fatima.
Vi parlavo prima del «Vangelo del bambino»: non ha avuto esso in questa nostra epoca un'espressione particolare nella spiritualità di santa Teresa di Gesù Bambino? È proprio vero: Gesù e la sua Mamma scelgono spesso i bambini per affidare loro compiti grandi per la vita della Chiesa e dell'umanità. Ne ho nominato solo alcuni universalmente conosciuti, ma quanti altri meno noti ne esistono! Il Redentore dell'umanità sembra condividere con loro la sollecitudine per gli altri: per i genitori, per i compagni e le compagne. Egli attende tanto la loro preghiera. Che potenza enorme ha la preghiera dei bambini! Essa diventa un modello per gli stessi adulti: pregare con fiducia semplice e totale vuol dire pregare come sanno pregare i bambini.
Ed arrivo ad un punto importante di questa mia Lettera: al termine ormai dell'Anno della Famiglia, è alla vostra preghiera, cari piccoli amici, che desidero affidare i problemi della vostra e di tutte le famiglie del mondo. 
E non soltanto questo: ho ancora altre intenzioni da raccomandarvi. 
Il Papa conta molto sulle vostre preghiere. Dobbiamo pregare insieme e molto, affinché l'umanità, formata da diversi miliardi di esseri umani, diventi sempre più la famiglia di Dio, e possa vivere nella pace. Ho ricordato all'inizio le indicibili sofferenze che tanti bambini hanno sperimentato in questo secolo, e quelle che molti di loro continuano a subire anche in questo momento. Quanti, anche in questi giorni, cadono vittime dell'odio che imperversa in diverse regioni della terra: nei Balcani, ad esempio, ed in alcuni paesi dell'Africa. Proprio meditando su questi fatti, che colmano di dolore i nostri cuori, ho deciso di chiedere a voi, cari bambini e ragazzi, di farvi carico della preghiera per la pace. Lo sapete bene: l'amore e la concordia costruiscono la pace, l'odio e la violenza la distruggono. 
Voi rifuggite istintivamente dall'odio e siete attratti dall'amore: per questo il Papa è certo che non respingerete la sua richiesta, ma vi unirete alla sua preghiera per la pace nel mondo con lo stesso slancio con cui pregate per la pace e la concordia nelle vostre famiglie.
Lodate il nome del Signore!
Permettete, cari ragazzi e ragazze, che al termine di questa Lettera ricordi le parole di un Salmo che mi hanno sempre commosso: Laudate pueri Dominum! Lodate, fanciulli del Signore, lodate il nome del Signore. Sia benedetto il nome del Signore, ora e sempre. Dal sorgere del sole al suo tramonto sia lodato il nome del Signore! (cf. Sal 112/113, 1-3). Mentre medito le parole di questo Salmo, mi passano davanti agli occhi i volti dei bambini di tutto il mondo: dall'oriente all'occidente, dal settentrione al mezzogiorno. È a voi, piccoli amici, senza differenze di lingua, di razza o nazionalità, che dico: Lodate il nome del Signore!
E poiché l'uomo deve lodare Dio prima di tutto con la vita, non dimenticatevi di ciò che Gesù dodicenne disse a sua Madre e a Giuseppe nel Tempio di Gerusalemme: «Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?» (Lc 2, 49). L'uomo loda Dio seguendo la voce della propria vocazione. Dio chiama ogni uomo e la sua voce si fa sentire già nell'anima del bambino: chiama a vivere nel matrimonio oppure ad essere sacerdote; chiama alla vita consacrata o forse al lavoro nelle missioni... Chi sa? Pregate, cari ragazzi e ragazze, per scoprire qual è la vostra vocazione, per poi seguirla generosamente.
Lodate il nome del Signore! I bambini di ogni Continente, nella notte di Betlemme, guardano con fede al neonato Bambino e vivono la grande gioia del Natale. Cantando nelle loro lingue, lodano il nome del Signore. Così per tutta la terra si diffondono le suggestive melodie del Natale. Sono parole tenere, commoventi che risuonano in tutte le lingue umane; è come un festoso canto elevato da tutta la terra, che s'unisce a quello degli Angeli, messaggeri della gloria di Dio, sopra la stalla di Betlemme: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama» (Lc 2, 14). Il Figlio prediletto di Dio si presenta tra noi come un neonato; intorno a Lui i bambini di ogni Nazione della terra sentono su di sé lo sguardo colmo d'amore del Padre celeste e gioiscono perché Dio li ama. L'uomo non può vivere senza amore. Egli è chiamato ad amare Dio e il prossimo, ma per amare veramente deve avere la certezza che Dio gli vuole bene.
Dio vi ama, cari ragazzi! Questo voglio dirvi al termine dell'Anno della Famiglia e in occasione di queste feste natalizie che sono in modo particolare le vostre feste.
Vi auguro che esse siano gioiose e serene; vi auguro di fare in esse una più intensa esperienza dell'amore dei vostri genitori, dei fratelli, delle sorelle e degli altri membri della vostra famiglia. Quest'amore poi si estenda all'intera vostra comunità, anzi a tutto il mondo, grazie proprio a voi, cari ragazzi e bambini. L'amore allora raggiungerà quanti ne hanno particolare bisogno, specialmente i sofferenti e gli abbandonati. Quale gioia è più grande di quella portata dall'amore? Quale gioia è più grande di quella che tu, Gesù, porti a Natale nell'animo degli uomini, e particolarmente dei bambini?

Alza la tua manina, divino Bambino,
e benedici questi tuoi piccoli amici,
benedici i bambini di tutta la terra!

Beato Giovanni Paolo II
Dal Vaticano, 13 dicembre 1994






L’attesa è quanto di più «bambino» noi possiamo immaginare. È questa che riluce nel mondo quando esso si desta dopo le tenebre della notte o dopo l’orda pesante di un temporale, di un malanimo, di una fatica. Anche nella fatica più greve, l’attesa, dal di dentro, scioglie il cuore. Questo perché l’attesa ci rende inesorabilmente e finalmente veri: siamo niente e tutto ci è dato e ci è stato promesso. Egli, l’Essere, ha fatto alleanza con noi ed è fedele alla sua alleanza. Stamattina, nel tratto percorso da quando ci siamo svegliati, che cosa abbiamo atteso? E adesso cosa attendiamo? È questa la novità, la luce, l’avvenimento che la no­stra libertà deve introdurre nell’opacità greve delle co­se, si tratti di sconfitta o si tratti di presunzione ap­parentemente vittoriosa. Sia la riuscita sia lo scacco debbono essere dal di dentro sciolti dalla forza fanciullesca dell’attesa, dalla forza del cuore fanciullo, del cuore originale.

- Luigi Giussani - 



Noi siamo amati da Dio "prima" ancora di venire all’esistenza! Mosso esclusivamente dal suo amore incondizionato, Egli ci ha "creati dal nulla" (cfr 2Mac 7,28) per condurci alla piena comunione con Sé.

(Papa Benedetto XVI)


Sono due le cose che i bambini dovrebbero ricevere dai loro genitori: radici e ali.


- J.W. Goethe -



Strappiamoci un sorriso J e buona giornata a tutti





sabato 31 agosto 2013

Il Narratore - Jairo Aníbal Niño -


Il tiranno venne un giorno a sapere che tra le montagne viveva un formidabile cantastorie e ordinò al suo ministro della guerra di catturarlo.
I soldati lo acchiapparono mentre navigava su una zattera di giunchi odorosi in un lago color della notte.
Lo condussero in catene al palazzo. Il despota osservò con minuziosa attenzione le sue mani callose, la sua pelle brunita, le sue larghe e forti spalle. Quando lo guardò negli occhi, l'autocrate si sentì turbato. In quello sguardo scoprì qualcosa di simile a un nuotatore dorato e bronzeo nell'acqua della pupilla. 

Ordinò allora all'uomo che raccontasse una storia. Il narratore, minacciato dalle guardie armate, disse con una voce dura da uomo di mare: "Non si può raccontare nessun racconto quando si è incatenati".
Il tiranno fece un cenno con la testa e l'uomo fu liberato dai ferri.
"Racconterò una storia delle terre calde", annunciò il narratore.
Quando cominciò a parlare del viaggio di Fátima Montes e Pedro María Valiente verso il posto dove cresceva il cespuglio dell'allegria, allo scopo di raccogliere i suoi semi e spargere la sua musica e il suo aroma per ogni recesso della fangosa palude, il grande salone del palazzo si trasformò in un luogo in cui scorreva un fiume navigabile e i presenti videro i personaggi della favola viaggiare sotto un cielo d'aironi fino a giungere in un luogo dove s'accamparono, nelle vicinanze di un boschetto d'alberi di guayaba, accanto a delle rosse e succose pere, e s'inumidirono le labbra con la generosa dolcezza delle amarene. Fátima e Pedro stesero una tovaglia bianca sull'erba e apparvero i fiocchi delle focaccine di manioca e come una pioggia d'oro le palline delle uova dei pesci del fiume. Dopo mangiato, Fátima cantò la romanza del povero che s'era innamorato di una principessa molto ricca e molto bella. Triste e adirato per il disprezzo e le crudeltà della nobildonna, una notte in cui la luna si mutò nella pupilla di un cavallo magico, il povero immerse il ritratto della principessa in un bicchiere di vino e se la bevve. In quel preciso istante lei si liquefece nei suoi appartamenti del palazzo e dovette continuare a navigare nelle viscere del povero per tutta la vita. Quando terminò la melodia, nel salone sorse la pelle di fiore di Fátima Montes e s'intravvidero i suoi occhi d'un nero incandescente, mentre serena e tranquilla si coricava accanto al suo amante sulla sabbia del tropico.
Poi scese la notte sul fiume, cedendo il passo a un gigantesco giaguaro farfalla con fattezze umane che avanzava verso la corrente per abbeverarsi. Il giaguaro restò inebetito a guardare il corpo nudo della ragazza, sentì una pioggerella dolce suoi suoi occhi celesti e stupefatto volle palpare il meraviglioso eccitamento che avvertiva per la prima volta nella parte più oscura del petto. Con le sue unghie d'acciaio si fece un taglio profondo e, mentre sveniva, il cuore insanguinato gli galoppava tra gli artigli.
Il despota, affascinato dall'abilità del narratore nel convertire in vita le parole e spinto dalla sua grande cupidigia, esclamò: "Adesso ti ordino di raccontare la storia delle miniere del re Salomone".
L'uomo disse: "Non si può mai lasciare una narrazione a metà. Prima bisogna finire questo racconto".
Il tiranno sguainò la spada e grugnì: "E va bene. Finiscilo. Ma alla svelta".
Il cantastorie replicò: "Lo concluderò e avrà un lieto fine".
Il narratore parlò allora delle battaglie che sostennero Fátima e Pedro contro le colombe di vetro che cavano gli occhi agli uomini per alimentarsi con tutte le figure da essi viste durante la vita, che se ne stanno acquattate nel centro della pupilla, e narrò l'incontro con il fiore canterino e le interminabili notti d'attesa tenendosi ben stretti lungo tutto l'orlo del mondo, fino al giorno in cui giunsero a un cascinale illuminato e lì, in un patio verdemare, trovarono il cespuglio dell'allegria.
Il narratore lasciò che i suoi carcerieri, attratti dalla ingioiellata presenza del cespuglio dell'allegria, entrassero poco a poco nel racconto. 

Quando si erano ormai addentrati per varie miglia verso il centro del racconto, il cantastorie esclamò: "Fátima Montes e Pedro María Valiente raccolsero i semi che brillavano nelle loro mani come diamanti e non si resero conto che i loro nemici stavano lentamente stringendo l'accerchiamento fatale. All'improvviso, da uno dei semi scaturì una luce che andò crescendo fino a trasformarsi in in un tapiro gigantesco che sprizzava fiamme dalla proboscide e che si scagliò, in difesa di Fátima e Pedro, contro i loro avversari, distruggendoli".
Il cantastorie scorse, in mezzo all'immensa nuvola di polvere del palazzo abbattuto, il tiranno e i suoi sgherri carbonizzati e disse: "Il racconto è finito".
Guardò il cielo stellato, sorrise e si mise in cammino verso le montagne.

(Jairo Aníbal Niño)
Fonte:  "Preguntario", 1998




Una cultura diventa dominante quando il suo contenuto è così sistematicamente veicolato dai mezzi di comunicazione che non è possibile che, per una veloce osmosi, non giunga ad informare inconsapevolmente la mentalità comune.

(Luigi Giussani - Un avvenimento di vita )





Non ci si accorge mai abbastanza presto di quanto non si è indispensabili per il mondo. Che persone importanti crediamo di essere! Immaginiamo di essere i soli ad animare la sfera in cui operiamo; pensiamo che, assenti noi, si fermi ogni cosa: vita, nutrimento e respiro; e non ci accorgiamo che la lacuna che lasciamo si colma molto in fretta, anzi spesso non diventa che il luogo per qualcosa, se non di migliore, per lo meno di più gradevole.

Johann Wolfgang Goethe



Il Vangelo non autorizza affatto l’uso della forza per diffondere la fede. E’ proprio il contrario: la vera forza del cristiano è la forza della verità e dell’amore, che comporta rinunciare ad ogni violenza.
Fede e violenza sono incompatibili!
Fede e violenza sono incompatibili!
Invece fede e fortezza vanno insieme, Il cristiano non è violento, ma è forte. E con che fortezza? Quella della mitezza, la forza della mitezza, la forza dell’amore”.
(Angelus del 18 agosto 2013)




Preghiera della sera


Eterno Padre, io vi offro oggi tutte le virtù, gli atti,
gli affetti del Cuore del vostro caro Gesù.
Accettateli per me e per i suoi meriti;
concedetemi quelle grazie che Gesù vi domanda per me.
Con questi meriti io vi ringrazio di tante misericordie usatemi.
Con questi soddisfo quello che vi debbo per i miei peccati.
Per questi spero ogni grazia da voi, il perdono, la perseveranza, il paradiso,
e sopra tutto il sommo dono del vostro puro amore.
Vedo già che sono io che a tutto pongo impedimento,
ma a ciò ancora voi rimediate.
Io vi prego per amore di Gesù Cristo il quale ha promesso:
 Si quid petieritis Patrem in nomine meo, dabit vobis.
Dunque non me lo potete negare. Signore, io non voglio che amarvi,
che donarmi a voi intieramente, 
e non vedermi più ingrato come sono stato sinora.
Guardatemi ed esauditemi;
fate che oggi sia il giorno ch'io tutto mi converta a voi,
per non lasciare mai più d'amarvi.
V'amo, mio Dio, v'amo, bontà infinita;
v'amo, mio amore, mio paradiso, mio bene, mia vita, mio tutto.
Gesù mio, tutto mio; voi mi volete, io vi voglio.

(Sant’Alfonso Maria de Liguori)



Buona giornata a tutti. :-)

www.leggoerifletto.it