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lunedì 13 gennaio 2014

La notte chiede chi sono - Nazik al-Mala'ika

La notte chiede chi sono
sono la sua insonne intimità, profonda e oscura,
sono la sua voce ribelle.
Velo la mia realtà con il silenzio
e avvolgo il mio cuore nel dubbio.
E triste, fisso lo sguardo
mentre i secoli mi chiedono
chi sono.
Il vento chiede chi sono
sono il suo spirito confuso
negato dal tempo.
Sono come lui, senza meta
continuo a viaggiare
a passare senza sosta
e quando raggiungo un dirupo
credo possa rappresentare la fine del dolore
ma poi è il vuoto.

Il destino chiede chi sono
sono un gigante che racchiude i secoli
per farli poi rinascere.

Ho creato il lontano passato
dalla felicità di una speranza senza fine
per poi sotterrarlo
per inventare un nuovo ieri,
il suo domani è ghiaccio.

Anch'io mi chiedo chi sono.
Sono la confusione che fissa le tenebre
nulla mi dà pace.
Continuo a porre domande, ma la risposta
continuerà a celarsi in un miraggio
continuo a credere che sia vicina
ma se la raggiungo svanisce,
si estingue e scompare.

Nazik al-Mala'ika


Per ciascuno di noi v'è un giorno, più o meno triste, più o meno lontano, in cui deve infine accettare di essere uomo.


- Jean Anouilh, Antigone, 1942 - 


Qualunque cosa tu possa fare, qualunque sogno tu possa sognare, comincia. 
L'audacia reca in sè genialità, magia e forza. Comincia ora.

- Johann Wolfgang Goethe -



Non temete i momenti difficili il meglio scaturisce da lì.


- Rita Levi Montalcini - 



Hanno detto: "Da ogni parte c'è la luce di Dio". 
Ma gridano gli uomini tutti :"Dov'è quella luce?" 
L'ignaro guarda a ogni parte, a destra, a sinistra; 
ma dice una Voce:
Guarda soltanto, senza destra e sinistra!".

Buona giornata a tutti J









sabato 31 agosto 2013

Il Narratore - Jairo Aníbal Niño -


Il tiranno venne un giorno a sapere che tra le montagne viveva un formidabile cantastorie e ordinò al suo ministro della guerra di catturarlo.
I soldati lo acchiapparono mentre navigava su una zattera di giunchi odorosi in un lago color della notte.
Lo condussero in catene al palazzo. Il despota osservò con minuziosa attenzione le sue mani callose, la sua pelle brunita, le sue larghe e forti spalle. Quando lo guardò negli occhi, l'autocrate si sentì turbato. In quello sguardo scoprì qualcosa di simile a un nuotatore dorato e bronzeo nell'acqua della pupilla. 

Ordinò allora all'uomo che raccontasse una storia. Il narratore, minacciato dalle guardie armate, disse con una voce dura da uomo di mare: "Non si può raccontare nessun racconto quando si è incatenati".
Il tiranno fece un cenno con la testa e l'uomo fu liberato dai ferri.
"Racconterò una storia delle terre calde", annunciò il narratore.
Quando cominciò a parlare del viaggio di Fátima Montes e Pedro María Valiente verso il posto dove cresceva il cespuglio dell'allegria, allo scopo di raccogliere i suoi semi e spargere la sua musica e il suo aroma per ogni recesso della fangosa palude, il grande salone del palazzo si trasformò in un luogo in cui scorreva un fiume navigabile e i presenti videro i personaggi della favola viaggiare sotto un cielo d'aironi fino a giungere in un luogo dove s'accamparono, nelle vicinanze di un boschetto d'alberi di guayaba, accanto a delle rosse e succose pere, e s'inumidirono le labbra con la generosa dolcezza delle amarene. Fátima e Pedro stesero una tovaglia bianca sull'erba e apparvero i fiocchi delle focaccine di manioca e come una pioggia d'oro le palline delle uova dei pesci del fiume. Dopo mangiato, Fátima cantò la romanza del povero che s'era innamorato di una principessa molto ricca e molto bella. Triste e adirato per il disprezzo e le crudeltà della nobildonna, una notte in cui la luna si mutò nella pupilla di un cavallo magico, il povero immerse il ritratto della principessa in un bicchiere di vino e se la bevve. In quel preciso istante lei si liquefece nei suoi appartamenti del palazzo e dovette continuare a navigare nelle viscere del povero per tutta la vita. Quando terminò la melodia, nel salone sorse la pelle di fiore di Fátima Montes e s'intravvidero i suoi occhi d'un nero incandescente, mentre serena e tranquilla si coricava accanto al suo amante sulla sabbia del tropico.
Poi scese la notte sul fiume, cedendo il passo a un gigantesco giaguaro farfalla con fattezze umane che avanzava verso la corrente per abbeverarsi. Il giaguaro restò inebetito a guardare il corpo nudo della ragazza, sentì una pioggerella dolce suoi suoi occhi celesti e stupefatto volle palpare il meraviglioso eccitamento che avvertiva per la prima volta nella parte più oscura del petto. Con le sue unghie d'acciaio si fece un taglio profondo e, mentre sveniva, il cuore insanguinato gli galoppava tra gli artigli.
Il despota, affascinato dall'abilità del narratore nel convertire in vita le parole e spinto dalla sua grande cupidigia, esclamò: "Adesso ti ordino di raccontare la storia delle miniere del re Salomone".
L'uomo disse: "Non si può mai lasciare una narrazione a metà. Prima bisogna finire questo racconto".
Il tiranno sguainò la spada e grugnì: "E va bene. Finiscilo. Ma alla svelta".
Il cantastorie replicò: "Lo concluderò e avrà un lieto fine".
Il narratore parlò allora delle battaglie che sostennero Fátima e Pedro contro le colombe di vetro che cavano gli occhi agli uomini per alimentarsi con tutte le figure da essi viste durante la vita, che se ne stanno acquattate nel centro della pupilla, e narrò l'incontro con il fiore canterino e le interminabili notti d'attesa tenendosi ben stretti lungo tutto l'orlo del mondo, fino al giorno in cui giunsero a un cascinale illuminato e lì, in un patio verdemare, trovarono il cespuglio dell'allegria.
Il narratore lasciò che i suoi carcerieri, attratti dalla ingioiellata presenza del cespuglio dell'allegria, entrassero poco a poco nel racconto. 

Quando si erano ormai addentrati per varie miglia verso il centro del racconto, il cantastorie esclamò: "Fátima Montes e Pedro María Valiente raccolsero i semi che brillavano nelle loro mani come diamanti e non si resero conto che i loro nemici stavano lentamente stringendo l'accerchiamento fatale. All'improvviso, da uno dei semi scaturì una luce che andò crescendo fino a trasformarsi in in un tapiro gigantesco che sprizzava fiamme dalla proboscide e che si scagliò, in difesa di Fátima e Pedro, contro i loro avversari, distruggendoli".
Il cantastorie scorse, in mezzo all'immensa nuvola di polvere del palazzo abbattuto, il tiranno e i suoi sgherri carbonizzati e disse: "Il racconto è finito".
Guardò il cielo stellato, sorrise e si mise in cammino verso le montagne.

(Jairo Aníbal Niño)
Fonte:  "Preguntario", 1998




Una cultura diventa dominante quando il suo contenuto è così sistematicamente veicolato dai mezzi di comunicazione che non è possibile che, per una veloce osmosi, non giunga ad informare inconsapevolmente la mentalità comune.

(Luigi Giussani - Un avvenimento di vita )





Non ci si accorge mai abbastanza presto di quanto non si è indispensabili per il mondo. Che persone importanti crediamo di essere! Immaginiamo di essere i soli ad animare la sfera in cui operiamo; pensiamo che, assenti noi, si fermi ogni cosa: vita, nutrimento e respiro; e non ci accorgiamo che la lacuna che lasciamo si colma molto in fretta, anzi spesso non diventa che il luogo per qualcosa, se non di migliore, per lo meno di più gradevole.

Johann Wolfgang Goethe



Il Vangelo non autorizza affatto l’uso della forza per diffondere la fede. E’ proprio il contrario: la vera forza del cristiano è la forza della verità e dell’amore, che comporta rinunciare ad ogni violenza.
Fede e violenza sono incompatibili!
Fede e violenza sono incompatibili!
Invece fede e fortezza vanno insieme, Il cristiano non è violento, ma è forte. E con che fortezza? Quella della mitezza, la forza della mitezza, la forza dell’amore”.
(Angelus del 18 agosto 2013)




Preghiera della sera


Eterno Padre, io vi offro oggi tutte le virtù, gli atti,
gli affetti del Cuore del vostro caro Gesù.
Accettateli per me e per i suoi meriti;
concedetemi quelle grazie che Gesù vi domanda per me.
Con questi meriti io vi ringrazio di tante misericordie usatemi.
Con questi soddisfo quello che vi debbo per i miei peccati.
Per questi spero ogni grazia da voi, il perdono, la perseveranza, il paradiso,
e sopra tutto il sommo dono del vostro puro amore.
Vedo già che sono io che a tutto pongo impedimento,
ma a ciò ancora voi rimediate.
Io vi prego per amore di Gesù Cristo il quale ha promesso:
 Si quid petieritis Patrem in nomine meo, dabit vobis.
Dunque non me lo potete negare. Signore, io non voglio che amarvi,
che donarmi a voi intieramente, 
e non vedermi più ingrato come sono stato sinora.
Guardatemi ed esauditemi;
fate che oggi sia il giorno ch'io tutto mi converta a voi,
per non lasciare mai più d'amarvi.
V'amo, mio Dio, v'amo, bontà infinita;
v'amo, mio amore, mio paradiso, mio bene, mia vita, mio tutto.
Gesù mio, tutto mio; voi mi volete, io vi voglio.

(Sant’Alfonso Maria de Liguori)



Buona giornata a tutti. :-)

www.leggoerifletto.it




lunedì 29 aprile 2013

Al Dio del tempo - Joseph Rozier

O Dio, tu che hai del tempo per noi,
donaci del tempo per te.
Tu che tieni nelle tue mani ciò che è stato e ciò che sarà,
fa' che sappiamo raccogliere nelle nostre mani
i momenti dispersi della nostra vita.
Aiutaci a conservare il passato senza esserne immobilizzati,
a vivere rendendoti grazie e senza nostalgia,
a conservare fedeltà e non rigidità.


Libera il nostro passato da tutto ciò che è inutile
che ci schiaccia senza vivificarci,
che irrita il presente senza nutrirlo.

Donaci di restare ancorati al presente
senza esserne assorbiti,
di vivere con slancio e non a rimorchio,
di scegliere l'occasione favorevole
senza aggrapparci alle occasioni perdute,
di leggere i segni senza prenderli per oracoli.
Libera il nostro presente dalla febbre che agita
e dalla pigrizia che spegne ogni decisione.
Donaci il sapore del momento presente
e liberaci da ogni sogno illusorio.

Facci guardare al futuro,
senza bramare la sua illusione,
né temere la sua venuta; insegnaci a vegliare.
Libera il nostro avvenire da ogni preoccupazione inutile,
da ogni apprensione che ci ruba il tempo,
da tutti i calcoli che ci imprigionano.


Tu sei il Dio che mette il tempo
a disposizione della nostra memoria, delle nostre scelte,
della nostra speranza.

Rivista Il Cenacolo 2-2003



"Nessun uomo è un solo pezzo, ed il non volere ammettere la molteplicità delle sue facce, la complessità, le contraddizioni, i diversi aspetti della sua natura, significa respingere la sua realtà. Questa molteplicità, questa complessità è il marchio essenziale dell’Unicità. La vita non riproduce due volte la stessa foglia, la stessa pietra, la stessa faccia e la continuità si acquisisce soltanto attraverso il perpetuo mutamento, così come l’eternità non è che la nascita di cose nuove dalla morte di quelle vecchie".

- Han Suyin -  La montagna è giovane



“Il viaggio della scoperta non sta nel trovare nuove cose, 
ma nell’avere nuovi occhi per osservarle”. 

- Marcel Proust -


"Ogni cosa succede per una ragione.....
ogni evento ha uno scopo e ogni rovescio racchiude una lezione.
Non rimpiangere mai il tuo passato, ma accettalo invece come un maestro."

- Robin Sharma -


"Come massima disgrazia della nostra epoca, che non permette ad alcunché di pervenire a maturità, devo considerare il fatto che nell’ istante prossimo si consuma quello precedente, si sprecano i giorni e si vive sempre alla giornata, senza combinare nulla". 

- J. W. Goethe, lettera del novembre 1825 -