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domenica 8 giugno 2025

Il monologo di Giuda - Claudio Chieffo

 Non fu per i trenta denari,
ma per la speranza che
lui quel giorno,
aveva suscitato in me.

Io ero un uomo tranquillo,
vivevo bene del mio,
rendevo anche gli onori alla casa di Dio.
Ma un giorno venne quest'uomo,
parlò di pace e d'amore,
diceva ch'era il Messia, il mio Salvatore.

Per terre arate dal sole,
per strade d'ogni paese,
ci soffocava la folla con le mani tese.
Ma poi passavano i giorni
e il regno suo non veniva,
gli avevo dato ormai tutto e Lui mi tradiva.

Divenne il cuore di pietra
e gli occhi scaltri a fuggire;
m'aveva dato l'angoscia e doveva morire.
appeso all'albero un corpo,
che non è certo più il mio,
ora lo vedo negli occhi: è il figlio di Dio.

 
 
Chagal, doppio ritratto con bicchiere di vino

"La cinta esterna del Cristianesimo
è un rigido presidio di abnegazioni etiche e di preti professionali; 
ma dentro questo presidio inumano troverete la vecchia vita umana
che danza come i fanciulli e beve vino come gli uomini. 
Nella filosofia moderna avviene il contrario:
la cinta esterna è innegabilmente artistica ed emancipata. 
La sua disperazione sta dentro."
 
(Gilbert Keith Chesterton)


Ascoltare e capire tutte le lingue dell'uomo 
è come conoscere e capire il cuore dell'uomo

- Congdon Pentecoste -


 
La pesca miracolosa, vetrata di R.Roberto Alabiso
 
Antidoto alla cronaca politica

“I processi storici sono creati ed interrotti di continuo dall’iniziativa dell’uomo, da quell’ initium che l’uomo è in quanto agisce. Di conseguenza, non è per nulla superstizioso, anzi è realistico cercare quel che non si può nè prevedere nè predire, esser pronti ad accogliere, aspettarsi, dei “miracoli” nel campo politico. E quanto più la bilancia pende verso la catastrofe, tanto più l’atto compiuto in libertà appare miracoloso; la salvezza, infatti, non è automatica: automatico è il processo che conduce alla catastrofe, e che deve quindi sembrare in ogni caso irresistibile”.

- Hannah Arendt -


Preghiera della sera
 
Ti prego, Signore,
proteggimi in questa notte.
Tu sei per me il vero riposo:
concedimi di dormire in pace.
Veglia su di me,
allontana ogni minaccia
e guidami nelle tue vie.
Signore,
tu sei il mio custode,
resta con me, Signore.
Amen


Buona giornata a tutti :-)


lunedì 23 dicembre 2024

Buon Natale dal Cardinale Carlo Maria Martini

 Oggi il Natale ha quasi perduto il suo senso originario. 
Lo «celebrano» anche uomini di altre religioni. 
Perfino parecchi non credenti vivono in questo giorno una qualche forma di liturgia profana. Non v’è alcuno che rifiuti per Natale qualche dono o almeno una buona cena. 
Per questo non parlo volentieri del Natale. Da quando ho conosciuto un po’ meglio la Sacra Scrittura, è la Pasqua che mi attrae e mi pone dinnanzi a un preciso programma di vita. 
Benché il Natale sia una splendida manifestazione della gloria di Dio in Cristo e del suo amore per noi, i discorsi che si fanno a partire dal Natale sanno spesso di buonismo e di speranza a buon mercato. 
Essi sono un segno di poca lealtà con se stessi e con gli altri. Infatti diciamo delle cose che non sono vere e a cui nessuno crede. 
Ci auguriamo a vicenda lunga vita, felicità, successo, ci facciamo doni che vogliono dire l’affetto che ci portiamo, ma per lo più sappiamo che non è così. 
La prima lettera espone bene questo stato di cose. 
Il Natale fa emergere le storture della politica, la gravissima crisi  economica che stiamo attraversando, le violenze quotidiane fisiche e psicologiche. 
E si potrebbero aggiungere tante altre cose ancora. Molti uomini e donne attendono in questo giorno qualcosa, un evento o magari una persona che li tiri su, che restituisca loro l’ottimismo ingenuo che hanno irrevocabilmente perduto; qualcosa di nuovo e di grande, che potrebbe farli tornare indietro. 
Ma questa speranza è fallace, perché si basa solo sulle nostre forze e dimentica lo Spirito di Dio, il solo capace di aiutarci in maniera efficace. 
Dopo i giorni delle feste tutto ritorna più o meno come prima. 
È come un dirsi reciprocamente «ce la faremo», pur sapendo tutti che non è vero. 
Per vivere bene il Natale e ricavarne quel conforto che è giusto attendersi
da questa festa, è necessario sforzarsi di capire ciò che viene detto nei Vangeli. In essi, soprattutto nel Vangelo secondo Luca, emerge un progetto di uomo che vive il dono di Dio nella meraviglia, nella gratitudine e nel distacco. 
Questo uomo nuovo può essere o un semplice come i pastori o uno studioso
come i Magi. Tutti sono chiamati a partecipare all’esperienza dei pastori a cui fu detto: «Vi annunzio una grande gioia» (Lc 2,10). 
Chi partecipa di questa gioia, si difenderà da quel pericolo che è il Natale del consumismo, che ci impone di non sfigurare davanti ad amici e parenti con costosi regali. 
Pur avendo la coscienza che molte famiglie fanno fatica a far quadrare il bilancio del mese, si continua a spendere denaro pubblico e privato nella maniera più folle. 
Si tratta di una gioia semplice, intima, che può convivere anche con momenti di sofferenza e di strazio. 
Il bambino Gesù è l’immagine di questa fiducia e abbandono alla Provvidenza. Qui va ricordata la parola di Gesù: «chi non accoglie il regno di Dio come un bambino, non entrerà in esso» (Mc 10,15). 
Se noi riusciamo ad affidarci alla Provvidenza di Dio, accettiamo ogni cosa con fiducia, perché fa parte del disegno del Padre. 
Il Natale guarda alla Pasqua e il presepio contiene allusioni alla morte e risurrezione di Gesù. Esse erano presenti nella riflessione dei Padri. 
Così, ad esempio, il tema del legno della croce veniva ricordato dalla culla di legno in cui giace Gesù. Le pecore offerte dai pastori ricordano l’agnello immolato.
Anche la Madre che si curva sul Figlio ci richiama alla pietà di Maria che tiene tra le braccia il Figlio morto. 
La liturgia ambrosiana si esprime così:
«L’Altissimo viene tra i piccoli, si china sui poveri e salva». Dunque, il senso del Natale ci riporta al centro della nostra redenzione e ci procura una
gioia che non avrà mai fine. Un simile atteggiamento positivo può convivere anche con grandi dolori e penosi distacchi. So bene che questi sentimenti di
dolore sono i segni di grandi ferite, che si riaprono soprattutto in questi giorni. Quando si vede a tavola un posto vuoto, riemerge il mistero del Crocefisso con le sue piaghe. 
Ci sarebbe ancora da trattare di come il presepio può essere contemplato anche da non credenti e da atei. Io penso che questo fascino derivi dall’atmosfera profondamente umana che in esso si respira. 
Una umanità che sa guardare anche al lato invisibile della realtà e si compendia nella preghiera «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini che egli ama» . Buon Natale a tutti!

- Cardinale Carlo Maria Martini - 
da: “Corriere della Sera” del 23 dicembre 2010




Abbiamo bisogno di tempi, di silenzio, di calma, di preghiera, perché soltanto così possiamo affrontare le responsabilità che ci vengono date. Per questo vi ricorderete cosa ho detto in molte occasioni: lavorare meno e lavorare meglio e riposarsi un po' di più.  

- card. Carlo Maria Martini - 



Il Natale è assolutamente inadatto al mondo moderno.
Presuppone la possibilità che le famiglie siano unite,
o si riuniscano, e persino che gli uomini e le donne
che si sono scelti si parlino.
Il Natale continua a ergersi dritto, integro e spiazzante.
Il Natale giudica il mondo moderno, perciò vogliono che se ne vada.
  
- Gilbert Keith Chesterton -


Buona giornata a tutti. :-)











lunedì 2 gennaio 2023

Il mondo è un enigma - Card. Giacomo Biffi

Qualcuno fa fatica ad arrivare alla fede, perché è irritato dai «misteri»: ritiene che sia preferibile dedicare la propria attenzione non a un Dio che non si vede e non si capisce, ma alla realtà mondana che è chiara e accessibile alla nostra ragione. Ma se uno riflette, vede che le cose stanno proprio al contrario. 

Il mondo è un enigma; e le nostre capacità razionali, se riescono a studiarlo un po’ nei suoi meccanismi e a dominarlo, non arrivano affatto a capirlo nel suo significato, e non sono in grado di rispondere alle domande che più contano e più sono incisive. 
Un grande e angosciato poeta italiano, contemplando nella notte l’infinità tersa dei cieli, così si interrogava: «Che vuol dir questa – solitudine immensa? Ed io che sono?». E, poiché era uno spirito lucido e profondo, non si lasciava incantare né dai fatui bagliori dello scientismo né dal mito conclamato del progresso («le magnifiche sorti e progressive»), ma concludeva con uno straziato «non so», sincero ma chiuso e irredimibile, preludio alla confessione disperata: «Per me la vita è male». 
Il mondo è davvero un enigma oscuro; un enigma che la mente non è in grado di penetrare, nonostante gli esaltanti e inquietanti successi della scienza; un enigma che non sa illuminarci né sulla sua e nostra origine, né sulla sua e nostra fine, né sulla ragione plausibile del suo e del nostro esistere. 
Dio invece è sì un mistero inaccessibile, ma è anche un mistero illuminante: sa far arrivare la sua luce sul mondo; ci offre, con la venuta tra noi del Figlio suo, il significato ultimo dell’esistenza; ci dice quale sia il nostro destino. Sicché chi vuole continuare a vivere ragionevolmente, non ha altra scelta che oltrepassare la pura ragione e aprirsi alla luce dell’alto.
 O la verità di Dio o l’assurdo: questo è nella sua sostanza, il dilemma dell’uomo che vuol ragionare fino in fondo e perciò non si accontenta del «che» e del «come», ma vuol arrivare a sapere il «perché» delle cose e del suo vivere. Ecco il messaggio esistenziale della Epifania.

 - Giacomo Biffi -
(Epifania 1989) 


Anche i Magi erano affascinati dallo spettacolo notturno del cielo, e passavano le notti a contemplarlo. Ma poiché avevano un animo orientato in modo umile e disinteressato alla verità, hanno saputo vedervi il segno della salvezza di Dio: per loro il silenzio degli spazi infiniti, invece che atterrire soltanto, si era fatto eloquente. 

La verità va inseguita con questo cuore; con cuore cioè disposto ad affrontare per amor suo disagi, rinunce, cambiamenti di abitudini e di condotta. Così la cercano i Magi, che abbandonano gli agi della patria e il calore della casa e coraggiosamente si pongono in cammino verso la luce. 
Così non la cerca Erode, che resta sì turbato dal primo balenìo della verità, ma subito soffoca ogni amore generoso del vero sotto i suoi progetti di potere e di morte. Così non la cerca la popolazione di Gerusalemme, che si stupisce e commuove alla vista degli inconsueti pellegrini, ma non va oltre la meraviglia e la pura curiosità, e non decide niente di pratico che l’avvicini alla strada della salvezza.

 Così non la cercano i sommi sacerdoti e gli scribi, molto bravi a istruire gli altri sulle indicazioni delle divine scritture, ma incapaci di lasciarsi toccare personalmente il cuore dalla parola di Dio e di cambiare la vita.

- Giacomo Biffi -  



Buona giornata a tutti :-)


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domenica 25 dicembre 2022

Poesia di Natale - Gilbert Keith Chesterton

Laggiù  una madre senza posa camminava,
fuori da una locanda ancora a vagare;
nel paese in cui lei si trovò senza tetto,
tutti gli uomini sono a casa.
Quella stalla malconcia a due passi,
fatta di travi instabili e sabbia scivolosa,
divenne qualcosa di così solido da resistere e reggere
più delle pietre squadrate dell’impero di Roma.
Perché tutti gli uomini hanno nostalgia anche quando sono a casa,
e si sentono forestieri sotto il sole,
come stranieri appoggiano la testa sul cuscino
alla fine di ogni giornata.
Qui combattiamo e ardiamo d’ira,
abbiamo occasioni, onori e grandi sorprese,
ma casa nostra è là sotto quel cielo di miracoli
in cui cominciò la storia di Natale.
Un bambino in una misera stalla,
con le bestie a scaldarlo ruminando;
solo là, dove Lui fu senza un tetto,
tu ed io siamo a casa.
Abbiamo mani all’opera e teste capaci,
ma i nostri cuori si sono persi – molto tempo fa!
In un luogo che nessuna carta o nave può indicarci
sotto la volta del cielo.
Questo mondo è selvaggio come raccontano le favole antiche,
e anche le cose ovvie sono strane,
basta la terra e basta l’aria
per suscitare la nostra meraviglia e le nostre guerre;
Ma il nostro riposo è lontano quanto il soffio di un drago
e troviamo pace solo in quelle cose impossibili,
in quei battiti d’ala fragorosi e fantastici
che volarono attorno a quella stella incredibile.
Di notte presso una capanna all’aperto
giungeranno infine tutti gli uomini,
in un luogo che è più antico dell’Eden
e  che alto si leva oltre la grandezza di Roma.
Giungeranno fino alla fine del viaggio di una stella cometa,
fino a scorgere cose impossibili che tuttavia ci sono,
fino al  luogo dove Dio fu senza un tetto
e dove tutti gli uomini sono a casa.

- Gilbert Keith Chesterton - 


«Un astro brillò nel cielo sopra tutti gli astri, la sua luce era indicibile, e la sua novità stupì. La altre stelle con il sole e a luna fecero un coro all'astro ed esso più di tutti illuminò. Ci fu stupore. Donde quella novità strana per loro? Apparso Dio in forma umana per una novità di vita eterna si sciolse ogni magia, si ruppe ogni legame di malvagità. Scomparve l'ignoranza, l'antico impero cadde. Aveva inizio ciò che era stato deciso da Dio. Di qui fu sconvolta ogni cosa per preparare l'abolizione della morte». 

- Sant' Ignazio di Antiochia -
Lettera agli Efesini, XIX

Un giorno santo è spuntato per noi:
venite, popoli, adorate il Signore,
oggi una grande luce è discesa sulla terra.


C'è il Natale delle luci, della festa, dello stare insieme e poi c'è l'altro Natale, il Natale della solitudine, della povertà, delle lacrime nascoste e spesso interrotte. 
È a questo secondo Natale che volgo lo sguardo e l'attenzione. 
Vorrei ascoltare ogni pianto, sedare ogni rabbia, venerare ogni lacrima. Insomma, per questo Natale, mi piacerebbe tanto restituire dignità, amore e forza a chi magari ha tante cose, ma sente di perdere quella più importante: se stesso. 
Buon Natale a tutti. 
La vita, credetemi, è davvero meravigliosa...



L'augurio è per un sereno Natale a voi tutti amici ed amiche 
che da tanti anni seguite le mie letture e le mie.... fantasie.

Il Signore che tutto vede e tutto ama vi benedica e vi custodisca. 

- Stefania -

domenica 18 dicembre 2022

Il flauto del pastore

C'era una volta un vecchio pastore, che amava la notte e conosceva bene il percorso degli astri. Appoggiato al suo bastone, con lo sguardo rivolto verso le stelle, il pastore stava immobile sul campo.
"Egli verrà!" disse.
"Quando verrà?" chiese il suo nipotino.
"Presto!".
Gli altri pastori risero.
"Presto!", lo schernirono. "Lo dici da tanti anni!".
Il vecchio non si curò del loro scherno. Soltanto il dubbio che vide sorgere negli occhi del nipote lo rattristò. Quando fosse morto, chi altri avrebbe riferito la predizione del profeta? Se lui fosse venuto presto! Il suo cuore era pieno di attesa.
"Porterà una corona d'oro?". La domanda del nipote interruppe i suoi pensieri. "Sì!".
"E una spada d'argento?". "Sì!".
"E un mantello purpureo?". "Sì! Sì!".
Il nipotino era contento. Il ragazzo era seduto su un masso e suonava il suo flauto. Il vecchio stava ad ascoltare. Il ragazzo suonava sempre meglio, la sua musica era sempre più pura. Si esercitava al mattino e alla sera, giorno dopo giorno. Voleva essere pronto per quando fosse venuto il re. Nessuno sapeva suonare come lui.
"Suoneresti anche per un re senza corona, senza spada e senza mantello purpureo?", chiese il vecchio.
"No!", disse il nipote.
Un re senza corona, senza spada e senza mantello purpureo, come avrebbe potuto ricompensarlo per la sua musica? Non certo con oro e argento! Un re con corona, con spada e mantello purpureo l'avrebbe fatto ricco e gli altri sarebbero rimasti a bocca aperta, l'avrebbero invidiato.
Il vecchio pastore era triste. Ahimé, perché aveva promesso al nipote ciò a cui egli stesso non credeva? Come sarebbe venuto? Su nuvole dal cielo? Dall'eternità? Sarebbe stato un bambino? Povero o ricco? Di certo senza corona, senza spada e senza mantello purpureo, e tuttavia sarebbe stato più potente di tutti gli altri re. Come poteva farlo capire al suo nipotino?
Una notte in cielo comparvero i segni che il nonno così a lungo aveva cercato con gli occhi. Le stelle splendevano più chiare del solito. Sopra la città di Betlemme c'era una grande stella. E poi apparvero gli angeli e dissero: "Non abbiate paura! Oggi è nato il vostro Salvatore!".
Il ragazzo corse avanti, verso la luce. Sotto il mantello sentiva il flauto sul suo petto. Corse più in fretta che poteva. Arrivò per primo e guardò fisso il bambino, che stava in una greppia ed era avvolto in fasce. Un uomo e una donna lo contemplavano lieti. Gli altri pastori, che l'avevano raggiunto, si misero in ginocchio davanti al bambino. Il nonno lo adorava. Era dunque questo il re che gli aveva promesso?
No, doveva esserci un errore. Non avrebbe mai suonato qui.
Si voltò deluso, pieno di dispetto. Si allontanò nella notte. Non vide né l'immensità del cielo, né gli angeli che fluttuavano sopra la stalla.
Ma poi sentì piangere il bambino. Non voleva sentirlo. Si tappò le orecchie e corse via. Ma quel pianto lo perseguitava, gli toccava il cuore e infine lo costrinse a tornare verso la greppia.
Eccolo là, per la seconda volta.
Vide che Maria, Giuseppe e anche i pastori erano spaventati e cercavano di consolare il bambino piangente. Ma tutto era inutile. Che cosa poteva avere il bimbo?
Non c'era altro da fare. Tirò fuori il suo flauto da sotto il mantello e si mise a suonare. Il bambino si quietò subito. Si spense anche l'ultimo, piccolo singhiozzo che aveva in gola. Guardò il ragazzo e gli sorrise.
Allora egli si rallegrò, e sentì che quel sorriso lo arricchiva più di tutto l'oro e l'argento del mondo.


Dal Magistero di Giovanni Paolo II:

“Il Figlio di Dio, 
della stessa sostanza del Padre, 
Dio da Dio e Luce da Luce, 
ha preso corpo dalla Vergine 
ed ha assunto la nostra natura umana...

Il suo regno nulla ha però di terreno, 
proteso com’è nell’infinità dell’eterno”.

dipinto: Natività del Murillo

Provo sfiducia nei confronti di un immaginario un po’ troppo caloroso, romantico, “zuccherato”.
Natale non è una bella storia, un bel sogno. A Natale, vedo venirmi incontro un neonato che, già, è il mio maestro.
Un bambino che sta per darmi da mangiare come si dà da mangiare ad un neonato. Un bambino che sta per insegnarmi verità elementari già tanto essenziali.

Sta per insegnarmi che da un lato ci sono strategie, calcoli, forza, potenza, gelosia, denaro. E che, all’opposto, ci sono attenzione all’altro, dimenticanza di sé, apertura, bontà, dono. 
A Natale giunge un bambino che ci renderà la vita impossibile, ma senza quest'impossibile, non c’è assolutamente niente .

(Christian Bobin)

dipinto di Arthur Hughes (1832-1915)

"Il Natale è assolutamente inadatto al mondo moderno. 
Presuppone la possibilità che le famiglie siano unite, o si riuniscano, e persino che gli uomini e le donne che si sono scelti si parlino. 
Così, migliaia di spiriti giovani e avventurosi, pronti ad affrontare i fatti della vita umana e a incontrare la vasta varietà di uomini e donne come sono realmente, altrettanto pronti a volare fino ai confini della terra e a tollerare ogni qualità stravagante o accidentale dei cannibali o degli adoratori del demonio, sono crudelmente obbligati ad affrontare un’ora – no: talvolta persino due ore! – in compagnia di uno zio Giorgio o di qualche zia di Cheltenham che non trovano particolarmente simpatici. 
Non si possono, in tempi come i nostri, sopportare tali abominevoli torture. Una fraternità più ampia, una sensibilità più vera, ha già insegnato a ogni donna giovane e ardente – con sufficiente ricchezza e tempo libero a disposizione – a sentirsi elettrizzata al solo pensiero di fare colazione con un malvivente, di pranzare con uno sceicco o cenare con un Apache a Parigi. 
È quindi intollerabile che tale sensibilità possa patire il trauma della comparsa inaspettata della propria madre, se non addirittura quella del proprio figlio. 
Nessuno ha mai neanche ipotizzato che i «Genitori» fossero inclusi in quella bellissima astrazione democratica chiamata «Popolo». 
Né che il concetto di fratellanza potesse estendersi ai propri fratelli."

- Gilbert Keith  Chesterton - 
Da " Il Natale deve andarsene" 


Buona giornata a tutti. :-)


venerdì 2 dicembre 2022

Il mondo è un enigma - Card. Giacomo Biffi

Qualcuno fa fatica ad arrivare alla fede, perché è irritato dai «misteri»: ritiene che sia preferibile dedicare la propria attenzione non a un Dio che non si vede e non si capisce, ma alla realtà mondana che è chiara e accessibile alla nostra ragione. Ma se uno riflette, vede che le cose stanno proprio al contrario. 
Il mondo è un enigma; e le nostre capacità razionali, se riescono a studiarlo un po’ nei suoi meccanismi e a dominarlo, non arrivano affatto a capirlo nel suo significato, e non sono in grado di rispondere alle domande che più contano e più sono incisive. 
Un grande e angosciato poeta italiano, contemplando nella notte l’infinità tersa dei cieli, così si interrogava: «Che vuol dir questa – solitudine immensa? Ed io che sono?». E, poiché era uno spirito lucido e profondo, non si lasciava incantare né dai fatui bagliori dello scientismo né dal mito conclamato del progresso («le magnifiche sorti e progressive»), ma concludeva con uno straziato «non so», sincero ma chiuso e irredimibile, preludio alla confessione disperata: «Per me la vita è male». 
Il mondo è davvero un enigma oscuro; un enigma che la mente non è in grado di penetrare, nonostante gli esaltanti e inquietanti successi della scienza; un enigma che non sa illuminarci né sulla sua e nostra origine, né sulla sua e nostra fine, né sulla ragione plausibile del suo e del nostro esistere. 
Dio invece è sì un mistero inaccessibile, ma è anche un mistero illuminante: sa far arrivare la sua luce sul mondo; ci offre, con la venuta tra noi del Figlio suo, il significato ultimo dell’esistenza; ci dice quale sia il nostro destino. Sicché chi vuole continuare a vivere ragionevolmente, non ha altra scelta che oltrepassare la pura ragione e aprirsi alla luce dell’alto.
 O la verità di Dio o l’assurdo: questo è nella sua sostanza, il dilemma dell’uomo che vuol ragionare fino in fondo e perciò non si accontenta del «che» e del «come», ma vuol arrivare a sapere il «perché» delle cose e del suo vivere. Ecco il messaggio esistenziale della Epifania.

 - Giacomo Biffi -
(Epifania 1989) 


Anche i Magi erano affascinati dallo spettacolo notturno del cielo, e passavano le notti a contemplarlo. Ma poiché avevano un animo orientato in modo umile e disinteressato alla verità, hanno saputo vedervi il segno della salvezza di Dio: per loro il silenzio degli spazi infiniti, invece che atterrire soltanto, si era fatto eloquente. 

La verità va inseguita con questo cuore; con cuore cioè disposto ad affrontare per amor suo disagi, rinunce, cambiamenti di abitudini e di condotta. Così la cercano i Magi, che abbandonano gli agi della patria e il calore della casa e coraggiosamente si pongono in cammino verso la luce. 
Così non la cerca Erode, che resta sì turbato dal primo balenìo della verità, ma subito soffoca ogni amore generoso del vero sotto i suoi progetti di potere e di morte. Così non la cerca la popolazione di Gerusalemme, che si stupisce e commuove alla vista degli inconsueti pellegrini, ma non va oltre la meraviglia e la pura curiosità, e non decide niente di pratico che l’avvicini alla strada della salvezza.

 Così non la cercano i sommi sacerdoti e gli scribi, molto bravi a istruire gli altri sulle indicazioni delle divine scritture, ma incapaci di lasciarsi toccare personalmente il cuore dalla parola di Dio e di cambiare la vita.

- Giacomo Biffi -  



Buona giornata a tutti :-)


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sabato 8 gennaio 2022

Azione di grazie - Gregorio di Nissa (IV secolo)

Tu sei in verità, Signore, una sorgente pura e inesauribile di bontà.
Ci hai rigettati e di nuovo ci hai accolti con misericordia.
Ci hai odiato e ti sei riconciliato, ci hai maledetti e ci hai benedetti.
Ci hai cacciato dal paradiso e ci hai ricondotti;
ci hai tolto gli abiti di foglie per rivestirci di un mantello regale.
Hai aperto le porte della prigione, per liberare i condannati.
Con un’acqua pura ci aspergi, per purificarci delle nostre lordure.
Adamo ormai non dovrà più arrossire, quando tu lo chiamerai,
mai più la sua coscienza lo tradirà,
non dovrà più nascondersi sotto l’albero del giardino.
La spada di fuoco non chiuderà la porta del paradiso,
e non impedirà più di entrare a coloro che si avvicinano.
Tutto è cambiato per noi, che avevamo ereditato il peccato, in gioia splendente, e noi vediamo aprirsi il paradiso, fino al cielo.
Il creato, terra e cielo, la cui unità fu allora spezzata, ritorna all’antica amicizia;
gli uomini si uniscono agli angeli nella lode di Dio.
Per questo vogliamo intonare a Dio il cantico dell’allegrezza,
che una voce, sotto l’azione dello Spirito, ha una volta cantato profeticamente:
La mia anima è rapita di gioia nel Signore,
perché mi ha ricoperto con le vesti della salvezza,
mi ha ornata col mantello della letizia;
come al fidanzato, pose sulla mia testa il diadema, come la fidanzata, mi ornò di gioielli!
Colui che adorna la fidanzata è necessariamente il Cristo che è stato e sarà benedetto ora e nell’eternità. Amen.

- san Gregorio di Nissa - 
(IV secolo)


«Quanti sperano nel Signore riacquistano forza, mettono ali come di aquila, corrono senza affannarsi, camminano senza stancarsi» 
(Isaia 40, 31)

«Con tutta l’intensità con la quale si può essere superbi di una religione radicata nell’umiltà, mi sento molto orgoglioso della mia religione: e mi danno un senso di particolare orgoglio quelle parti della mia religione, che quasi tutti chiamano superstizione.

Mi glorio d’essere incatenato da dogmi antiquati e di essere lo schiavo di credi morti (come i miei amici dediti al giornalismo ripetono con tanta ostinazione), perché so molto bene che morti sono i credi eretici e che solamente il dogma ragionevole ha una vita così lunga da poter essere chiamato antiquato.

Mi glorio di ciò che la gente chiama il mestiere, le arti del prete, perché proprio questo termine insultante, di seconda mano, esprime la verità medioevale che un prete, come ogni altro uomo, dovrebbe essere un artigiano.

Mi glorio di ciò che la gente chiama Mariolatria: fu essa che diede alla religione, nelle età più oscure, quell’elemento di cavalleria che ora trova la sua espressione nella forma ammuffita ed ammaliziata del femminismo.

Mi glorio di essere ortodosso in ciò che riguarda i misteri della Trinità e della Messa; mi glorio di credere nel confessionale; mi glorio di credere nel Papato».

- Gilbert Keith Chesterton -
“Come essere un pazzo”, in “Autobiografia”




Il nostro Dio è un Dio che veglia e non che sorveglia. 
Si sorveglia infatti in nome della legge, mentre si veglia in nome della tenerezza.

- Jacques Leclerc -

Come segno sul tuo cuore


Buona giornata a tutti :-)