giovedì 31 agosto 2023

Io, Welby e la morte – Card. Carlo Maria Martini

Con la festa dell'Epifania 2007 sono entrato nel ventisettesimo anno di episcopato e sto per entrare, a Dio piacendo, anche nell'ottantesimo anno di età. Pur essendo vissuto in un periodo storico tanto travagliato (si pensi alla Seconda guerra mondiale, al Concilio e postconcilio, al terrorismo eccetera), non posso non guardare con gratitudine a tutti questi anni e a quanti mi hanno aiutato a viverli con sufficiente serenità e fiducia. Tra di essi debbo annoverare anche i medici e gli infermieri di cui, soprattutto a partire da un certo tempo, ho avuto bisogno per reggere alla fatica quotidiana e per prevenire malanni debilitanti. Di questi medici e infermieri ho sempre apprezzato la dedizione, la competenza e lo spirito di sacrificio. Mi rendo conto però, con qualche vergogna e imbarazzo, che non a tutti è stata concessa la stessa prontezza e completezza nelle cure. 
Mentre si parla giustamente di evitare ogni forma di "accanimento terapeutico", mi pare che in Italia siamo ancora non di rado al contrario, cioè a una sorta di "negligenza terapeutica " e di "troppo lunga attesa terapeutica". 

Si tratta in particolare di quei casi in cui le persone devono attendere troppo a lungo prima di avere un esame che pure sarebbe necessario o abbastanza urgente, oppure di altri casi in cui le persone non vengono accolte negli ospedali per mancanza di posto o vengono comunque trascurate. 
È un aspetto specifico di quella che viene talvolta definita come "malasanità" e che segnala una discriminazione nell'accesso ai servizi sanitari che per legge devono essere a disposizione di tutti allo stesso modo.
Poiché, come ho detto sopra, infermieri e medici fanno spesso il loro dovere con grande dedizione e cortesia, si tratta perciò probabilmente di problemi di struttura e di sistemi organizzativi. 
Sarebbe quindi importante trovare assetti anche istituzionali, svincolati dalle sole dinamiche del mercato, che spingono la sanità a privilegiare gli interventi medici più remunerativi e non quelli più necessari per i pazienti, che consentano di accelerare le azioni terapeutiche come pure l'esecuzione degli esami necessari.
Tutto questo ci aiuta a orientarci rispetto a recenti casi di cronaca che hanno attirato la nostra attenzione sulla crescente difficoltà che accompagna le decisioni da prendere al termine di una malattia grave. 
Il recente caso di P.G. Welby, che con lucidità ha chiesto la sospensione delle terapie di sostegno respiratorio, costituite negli ultimi nove anni da una tracheotomia e da un ventilatore automatico, senza alcuna possibilità di miglioramento, ha avuto una particolare risonanza. 
Questo in particolare per l'evidente intenzione di alcune parti politiche di esercitare una pressione in vista di una legge a favore dell'eutanasia. Ma situazioni simili saranno sempre più frequenti e la Chiesa stessa dovrà darvi più attenta considerazione anche pastorale.

La crescente capacità terapeutica della medicina consente di protrarre la vita pure in condizioni un tempo impensabili. 

Senz'altro il progresso medico è assai positivo. 
Ma nello stesso tempo le nuove tecnologie che permettono interventi sempre più efficaci sul corpo umano richiedono un supplemento di saggezza per non prolungare i trattamenti quando ormai non giovano più alla persona.
È di grandissima importanza in questo contesto distinguere tra eutanasia e astensione dall'accanimento terapeutico, due termini spesso confusi

La prima si riferisce a un gesto che intende abbreviare la vita, causando positivamente la morte; la seconda consiste nella «rinuncia ... all'utilizzo di procedure mediche sproporzionate e senza ragionevole speranza di esito positivo» (Compendio Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 471). 

Evitando l'accanimento terapeutico «non si vuole ... procurare la morte: si accetta di non poterla impedire» (Catechismo della Chiesa Cattolica, n.2.278) assumendo così i limiti propri della condizione umana mortale.

Il punto delicato è che per stabilire se un intervento medico è appropriato non ci si può richiamare a una regola generale quasi matematica, da cui dedurre il comportamento adeguato, ma occorre un attento discernimento che consideri le condizioni concrete, le circostanze e le intenzioni dei soggetti coinvolti. 
In particolare non può essere trascurata la volontà del malato, in quanto a lui compete — anche dal punto di vista giuridico, salvo eccezioni ben definite — di valutare se le cure che gli vengono proposte, in tali casi di eccezionale gravità, sono effettivamente proporzionate.

Del resto questo non deve equivalere a lasciare il malato in condizione di isolamento nelle sue valutazioni e nelle sue decisioni, secondo una concezione   del principio di autonomia che tende erroneamente a considerarla come assoluta. 
Anzi è responsabilità di tutti accompagnare chi soffre, soprattutto quando il momento della morte si avvicina. Forse sarebbe più corretto parlare   non di «sospensione dei trattamenti» (e ancor meno di «staccare la spina»), ma di limitazione dei trattamenti. 
Risulterebbe così più chiaro che l'assistenza deve continuare, commisurandosi alle effettive esigenze della persona, assicurando per esempio la sedazione del dolore e le cure infermieristiche. 
Proprio in questa linea si muove la medicina palliativa, che riveste quindi una grande importanza.
Dal punto di vista giuridico, rimane aperta l'esigenza di elaborare una normativa che, da una parte, consenta di riconoscere la possibilità del rifiuto (informato) delle cure — in quanto ritenute sproporzionate dal paziente — , dall'altra protegga il medico da eventuali accuse (come omicidio del consenziente o aiuto al suicidio), senza che questo implichi in alcun modo la legalizzazione dell'eutanasia. 
Un'impresa difficile, ma non impossibile: mi dicono che ad esempio la recente legge francese in questa materia sembri aver trovato un equilibrio se non perfetto, almeno capace di realizzare un sufficiente consenso in una società pluralista.
L'insistenza sull'accanimento da evitare e su temi affini (che hanno un alto impatto emotivo anche perché riguardano la grande questione di come vivere in modo umano la morte) non deve però lasciare nell'ombra il primo problema che ho voluto sottolineare, anche in riferimento alla mia personale esperienza. 

È soltanto guardando più in alto e più oltre che è possibile valutare l'insieme della nostra esistenza e di giudicarla alla luce non di criteri puramente terreni, bensì sotto il mistero della misericordia di Dio e della promessa della vita eterna.

- Cardinale Carlo Maria Martini                                                                                                 
 21 gennaio 2007 


E’ sacrosanto e pienamente cattolico e legittimo il rifiuto del vecchio cardinale morente di non sottoporsi a interventi da lui ritenuti, nella sua condizione, inutili e invasivi. 

“Nell’immediatezza di una morte che appare ormai inevitabile e imminente è lecito in coscienza prendere la decisione di rinunciare a trattamenti che procurerebbero soltanto un prolungamento precario e penoso della vita poiché vi è grande differenza etica tra ‘procurare la morte e ‘permettere la morte’: il primo atteggiamento rifiuta e nega la vita, il secondo accetta il naturale compimento di essa”: è scritto nel documento della Pontificia accademia per la vita sul “Rispetto della dignità del morente” (2000) ed è la migliore descrizione della scelta del cardinale Martini.



"Mi sono riappacificato col pensiero di dover morire quando ho compreso che senza la morte non arriveremmo mai a fare un atto di piena fiducia in Dio. Di fatto in ogni scelta impegnativa noi abbiamo sempre delle uscite di sicurezza. Invece la morte ci obbliga a fidarci totalmente di Dio."

- Card. Carlo Maria Martini -

Buona giornata a tutti :-)


 

martedì 29 agosto 2023

Cristo non ha mani ...- Marcello Candia, venerabile

«Sono un semplice battezzato>> di Carlo Maria Martini, ex Arcivescovo di Milano
Volentieri scrivo una testimonianza per questo libro su Marcello Candia  del quale è in conclusione il processo per la causa di beatificazione. La sua figura è talmente ricca da permettere di scriverne sottolineando or l'uno or l'altro aspetto. E il mio pensiero corre subito a quando ho voluto visitare alcune delle molte opere da lui fondate, e a quando ho incontrato tante persone che l'avevano conosciuto e che vivevano della sua testimonianza, per cercare di cogliere i tratti più profondi, più segreti, della sua fisionomia spirituale. Mi pare che si possano individuare almeno tre caratteristiche di questo uomo evangelico che, fin dalla giovinezza, quindi ben prima di vendere la fabbrica e di partire per l'Amazzonia, ha sentito la sua esistenza irresistibilmente legata al servizio degli ultimi. 
La prima è il senso di appartenenza alla Chiesa, in particolare alla Chiesa diocesana. Tale appartenenza ha costituito, nei diciotto anni che ha trascorso in Brasile, tutta la sua forza. Nei momenti di maggiore difficoltà soleva dire: «<Se non fosse che io sono qui indegnamente mandato da Dio attraverso la mia cara Chiesa ambrosiana, non avrei la minima esitazione a far subito ritorno in Italia».
La seconda ci è offerta da un'altra sua parola: «Sono un semplice battezzato».
Il dottor Candia è un laico che ha portato fino alle estreme conseguente in radicalità della vocazione battesimale, facendosi missionario. Aveva un’idea corretta della missionarietà: per lui non si trattava di lavorare e di impegnarsi per i brasiliani, ma con loro. In questo è un modello mirabile di solidarietà cristiana, un esempio singolare di che cosa significhi la cooperazione tra i Paesi ricchi e i Paesi del Terzo Mondo.
Un semplice battezzato, dunque, coerente con la sua fede, con la sua tradizione ambrosiana, che ha vissuto lo spirito delle Beatitudini e si è spalancato, per dono del Signore, a tutte le sofferenze, a tutte le angosce, al grido che sale dal mondo di oggi.
La terza caratteristica è la preghiera, una preghiera continua e di intercessione. Scriveva: «L'unica cosa che conta è l'unione con Dio sotto qualunque forma: preghiera, meditazione, riflessione; l'unione con Dio costituisce la carica essenziale per fare tutto il resto. Prima la preghiera, poi qualsiasi attività apostolica. Questa è la forza fondamentale per l'annunzio della verità e la testimonianza dell'amore». Pregava sempre e anche di notte si dedicava all' adorazione, all'intercessione, offrendo la sua vita per la folla dei poveri, per la Chiesa, per la Diocesi, per la Parrocchia.

da: "Marcello Candia l'imprenditore della carità"
@2012 Fondazione Dr. Marcello Candia Onlus
Via Pietro Colletta, 11 - 2016 Milano
www.fondazionecandia.org


Cristo non ha mani,
ha soltanto le nostre mani,
per fare il suo lavoro oggi.
Cristo non ha i piedi,
ha soltanto i nostri piedi
per guidare gli uomini
lungo la sua strada.
Cristo non ha labbra,
ha soltanto le nostre labbra
per parlare agli uomini di oggi.
Cristo non ha mezzi,
ha solo il nostro aiuto
per condurre gli uomini a sé.
Noi siamo la vera Bibbia
che i popoli leggono ancora!
Siamo l’ultimo messaggio di Dio,
scritto in opere e parole.

 - Marcello Candia -


Il Servo di Dio, Marcello Candia, nasce a Portici il 27 luglio 1916, muore  a Milano il 31 agosto 1983. Industriale, Medico, Missionario. A 50 anni vende la sua azienda e si trasferisce in Brasile per costruire, a Macapà, in Amazzonia, un efficiente ospedale al servizio dei poveri e dei lebbrosi, che dona alla congregazione dei Camilliani per garantirne la continuità. Innumerovoli sono le sue opere, fino alla sua morte, si prodiga per intraprendere altre iniziative a favore di ammalati poveri, bambini e lebbrosi. 


Il processo di beatificazione
La fase diocesana del suo processo di beatificazione, ottenuto il nulla osta della Santa Sede il 20 gennaio 1990, è durata dal 12 gennaio 1991 all’8 febbraio 1994. Il 15 luglio 1998 è stata chiusa la redazione della “Positio super virtutibus”, che è stata consegnata presso la Congregazione vaticana per le Cause dei Santi. Le sue spoglie, inizialmente sepolte nel cimitero di Chiaravalle, sono state traslate, il 6 aprile 2006, presso la chiesa parrocchiale dei SS. Angeli Custodi a Milano; precisamente, si trovano a sinistra dell’altare maggiore.
Sia i consultori teologi della Congregazione vaticana per le Cause dei Santi, l’8 marzo 2013, sia i cardinali e vescovi membri della stessa Congregazione hanno dato parere positivo circa l’esercizio in grado eroico delle virtù cristiane da parte del Servo di Dio. Infine, l’8 luglio 2014, papa Francesco ha autorizzato la promulgazione del decreto con cui il dottor Marcello Candia veniva dichiarato Venerabile.

La Fondazione Candia oggi
In attesa di un eventuale fatto prodigioso che potrebbe portarlo sugli altari, i soci e i sostenitori della Fondazione Dottor Marcello Candia, Onlus dal 1997 (www.fondazionecandia.org), attestano che il più autentico miracolo di Marcello Candia sia concretizzato nelle oltre 70 realizzazioni sparse su tutto il territorio brasiliano, in particolare nelle regioni del Nord Est e di quella Amazzonica.
La Fondazione attinge dalle piccole e grandi somme inviate da centinaia di persone per continuare l’opera di carità da lui iniziata, in modo da alleviare le varie povertà e i bisogni dal punto di vista sanitario, culturale e alimentare.
L’eredità spirituale di colui che si definiva comunque un «semplice battezzato» può comunque essere efficacemente riassunta in una frase che aveva fatto scrivere sulle pareti della sua abitazione in Brasile: «Non si può condividere il Pane del cielo se non si condivide il pane della terra».

Autore:  Antonio Borrelli ed Emilia Flocchini
http://www.santiebeati.it/dettaglio/91664


foto: Famiglia Cristiana

Buona giornata a tutti :-)










venerdì 25 agosto 2023

da: Lettere contro la guerra - Tiziano Terzani

Cambiamo illusione e, tanto per cominciare, chiediamo a chi fra di noi dispone di armi nucleari, armi chimiche e armi batteriologiche - Stati Uniti in testa - d'impegnarsi solennemente con tutta l’umanità a non usarle mai per primo, invece di ricordarcene minacciosamente la disponibilità. Sarebbe un primo passo in una nuova direzione. 
Non solo questo darebbe a chi lo fa un vantaggio morale - di per sé un'arma importante per il futuro -, ma potrebbe anche disinnescare l'orrore indicibile ora attivato dalla reazione a catena della vendetta. 
In questi giorni ho ripreso in mano un bellissimo libro (peccato che non sia ancora in italiano) di un vecchio amico, uscito due anni fa in Germania. 
Il libro si intitola Die Kunst, nicht regiert zu werden: ethische Politik von Sokrates bis Mozart (L'arte di non essere governati: l'etica politica da Socrate a Mozart). L'autore è Ekkehart Krippendorff, che ha insegnato per anni a Bologna prima di tornare all’Università di Berlino. 
La affascinante tesi di Krippendorff è che la politica, nella sua espressione più nobile, nasce dal superamento della vendetta e che la cultura occidentale ha le sue radici piu' profonde in alcuni miti, come quello di Caino e quello delle Erinni, intesi da sempre a ricordare all'uomo la necessità di rompere il circolo vizioso della vendetta per dare origine alla civiltà.
Caino uccide il fratello, ma Dio impedisce agli uomini di vendicare Abele e, dopo aver marchiato Caino - un marchio che è anche una protezione -, lo condanna all'esilio dove quello fonda la prima città. La vendetta non è degli uomini, spetta a Dio.

Secondo Krippendorff il teatro, da Eschilo a Shakespeare, ha avuto una funzione determinante nella formazione dell'uomo occidentale perché' col suo mettere sulla scena tutti i protagonisti di un conflitto, ognuno col suo punto di vista, i suoi ripensamenti e le sue possibili scelte di azione, il teatro è servito a far riflettere sul senso delle passioni e sulla inutilità della violenza che non raggiunge mai il suo fine.

Purtroppo, oggi, sul palcoscenico del mondo noi occidentali siamo insieme i soli protagonisti ed i soli spettatori, e così, attraverso le nostre televisioni ed i nostri giornali, non ascoltiamo che le nostre ragioni, non proviamo che il nostro dolore.

- Tiziano Terzani - 
Lettere conto la guerra


O Padre Onnipotente, Dio Altissimo,
Ti prego di avere Misericordia di tutti i peccatori.
Apri i loro cuori
per accettare la salvezza
e ricevere un’abbondanza di Grazie.
Ascolta le mie suppliche
per i miei famigliari
e fai sì che ciascuno di loro trovi il favore
nel Tuo amorevole Cuore.
O Divino Padre Celeste,
proteggi tutti i Tuoi figli sulla terra
da una guerra nucleare
o da altri atti
che vengono pianificati per distruggerli.
Preservaci da ogni danno e proteggici.
Illuminaci,
così possiamo aprire i nostri occhi
per esaminare e accettare la Verità
della nostra Salvezza
senza alcun timore nelle nostre anime.
Amen.

Grazie ad alamy per la foto



Buona giornata a tutti :-)

www.leggoerifletto.it



lunedì 21 agosto 2023

A coloro che non trovano pace - don Tonino Bello

Carissimi,

l'idea di rivolgermi a voi mi è venuta stasera quando, recitando i vespri, ho trovato questa invocazione: «Metti, Signore, una salutare inquietudine in coloro che si sono allontanati da te, per colpa propria o per gli scandali altrui».

Per prima cosa mi son chiesto se, nel numero delle mie conoscenze, ci fosse qualcuno che poteva essere raggiunto da questa preghiera.

E mi sono ricordato dite, Giampiero, che, dopo essere passato per tutta la trafila dei gruppi giovanili della parrocchia, un giorno te ne sei andato e non ti sei fatto più vedere.

L'altra sera ti ho incontrato per caso. Pioveva. Eri fermo sul marciapiede e ti ho dato un passaggio. In macchina mi hai chiesto con sufficienza se durante la quaresima continuavo a predicare le «solite chiacchiere» ai giovani, riuniti in cattedrale. Ci son rimasto male, perché mi hai detto chiaro e tondo che tu ormai a quelle cose non ci credevi più da un pezzo, e che al politecnico stavi trovando risposte più utili di quelle che ti davano i preti.

Mi hai raccontato che a Torino hai conosciuto Gigi, ex seminarista e mio alunno di ginnasio, il quale ti parla spesso di me. Ho notato che avevi una punta d'ironia e sembrava che ti divertissi quando hai aggiunto che ora sta con una ragazza, bestemmia come un turco, e fuma lo spinello.

Quando all'improvviso ti ho chiesto se eri felice, mi hai risposto che ne avremmo parlato un'altra volta, perché dovevi scendere e poi era troppo tardi.

Addio, Giampiero! L'invocazione del breviario stasera la rivolgo al Signore per te. E per Gigi. E la rivolgo anche per te, Maria, che ti sei allontanata senza una plausibile ragione. Facevi parte del coro. Ora a messa non ci vai nemmeno a Pasqua. Tu dici che hai visto troppe cose storte anche in chiesa, e che non ti aspettavi certe pugnalate alle spalle proprio da coloro che credono in Dio. Non so che cosa ti sia successo di preciso. Ma l'altro giorno, quando sei venuta da me per implorare un ricovero urgente al Gemelli a favore del tuo bambino che sta male, e io ti ho esortata ad aver fiducia in Dio, e tu sei scoppiata a piangere dicendomi che in Dio non ci credi più... mi è parso di leggere in quelle lacrime, oltre alla paura di poter perdere il figlio, anche l'amarezza di aver perduto il Padre.

Non temere, Maria. Pregherò io per il tuo bambino, perché guarisca presto. Ma anche per te, perché il Signore ti metta nel cuore una salutare inquietudine.

Vedo che non afferri il senso di una preghiera del genere. Di inquietudini nei hai già tante e non è proprio il caso che mi metta anch'io ad aumentartene la dose. Tu sai bene, però, che in fondo io imploro la tua pace. Ecco, infatti, come il breviario prolunga l'invocazione su coloro che si sono allontanati da Dio: «Fa' che ritornino a te e rimangano sempre nel tuo amore».

E ora, visto che mi sono messo ad assicurare preghiere un po' per tutti, vorrei rivolgermi anche a voi che, pur non essendovi mai allontanati da Dio, non riuscite ugualmente a trovar riposo nella vostra vita.

Per sè parrebbe un controsenso. Perché Dio è la fontana della pace, e chi si lascia da lui possedere non può soffrire i morsi dell'inquietudine. Però sta di fatto che, o per difetto di affido alla sua volontà, o per eccesso di calcolo sulle proprie forze, o per uno squilibrio di rapporti tra debolezza e speranza, o chi sa per quale misterioso disegno, è tutt'altro che rara la coesistenza di Dio con l'insoddisfazione cronica dello spirito.

Mi rivolgo perciò a voi, icone sacre dell'irrequietezza, per dirvi che un piccolo segreto di pace ce l'avrei anch'io da confidarvelo.

A voi, per i quali il fardello più pesante che dovete trascinare siete voi stessi. A voi, che non sapete accettarvi e vi crogiolate nelle fantasie di un vivere diverso. A voi, che fareste pazzie per tornare indietro nel tempo e dare un'altra piega all'esistenza. A voi, che ripercorrete il passato per riesaminare mille volte gli snodi fatali delle scelte che oggi rifiutate. A voi, che avete il corpo qui, ma l'anima ce l'avete altrove. A voi, che avete imparato tutte le astuzie del «bluff» perché sapete che anche gli altri si sono accorti della vostra perenne scontentezza, ma non volete farla pesare su nessuno e la mascherate con un sorriso quando, invece, dentro vi sentite morire. A voi, che trovate sempre da brontolare su tutto, e non ve ne va mai a genio una, e non c'è bicchiere d'acqua limpida che non abbia il suo fondiglio di detriti.

A tutti voi voglio ripetere: non abbiate paura. La sorgente di quella pace, che state inseguendo da una vita, mormora freschissima dietro la siepe delle rimembranze presso cui vi siete seduti.
Non importa che, a berne, non siate voi. Per adesso, almeno.

Ma se solo siete capaci di indicare agli altri la fontana, avrete dato alla vostra vita il contrassegno della riuscita più piena. Perché la vostra inquietudine interiore si trasfigurerà in «prezzo da pagare» per garantire la pace degli altri.

O, se volete, non sarà più sete di «cose altre», ma bisogno di quel «totalmente Altro» che, solo, può estinguere ogni ansia di felicità.

Vi auguro che stasera, prima di andare a dormire, abbiate la forza di ripetere con gioia le parole di Agostino, vostro caposcuola: «O Signore, tu ci hai fatti per te, e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te».

- don Tonino Bello - 


Buona giornata a tutti :-)





sabato 19 agosto 2023

Sarà come non fossimo mai stati - Pablo Neruda

Sarà come non fossimo mai stati. 
Un giorno moriremo entrambi, 
l’uno lontano dall’altra,
e nessuno si ricorderà più di noi.
Nessuno.
Nessuno si ricorderà 
del nostro tempo insieme,
così breve,
così eternamente breve,
da sembrare una vita.
Un giorno, non ci saremo più,
e chi si ricorderà di noi,
dei nostri primi giorni,
di te, di com’eri fragile e bianca,
e di me, che non parlarne è meglio?
Nessuno.
Un giorno, questo è certo,
non ci saremo più,
e chi potrà ricordarsi
del nostro piccolo mondo insieme,
così caldo, eppure così freddo,
così leggero, eppure così difficile
da levarsi di dosso? 
Nessuno.
Solo io e te, ora, possiamo ricordare,
dopo di noi, nessuno. 
E sarà come non fossimo mai stati.

- Pablo Neruda -


 [E' terribile pensare che siamo tutti uomini, tutti destinati, chi più chi meno, a portare il nostro fardello sotto un cielo sconosciuto, e che non vogliamo fare il minimo sforzo per capirci a vicenda.]

Per anni e anni, insomma, avevo vissuto senza accorgermene. Avevo fatto tutto quello che mi avevano detto di fare con scrupolo, meglio che potevo: ma senza cercare di conoscerne il motivo, senza cercare di capire. 

Un uomo deve avere una professione, e la mamma aveva fatto di me un medico; deve avere dei figli, e io ne avevo; deve avere una casa e una moglie, e io le avevo. 

Deve svagarsi, e io giravo in automobile e giocavo a bridge, a tennis. 

Deve prendersi delle vacanze, e io portavo la famiglia al mare. Continuavo a fare i gesti di ogni giorno, ma non creda che fossi infelice; avevo soltanto l’impressione di girare a vuoto. Allora mi sono sentito pervadere a poco a poco da un’inquietudine vaga, talmente vaga che non so come parlarne. 

Mi mancava qualcosa e non sapevo che cosa.

- Georges Simenon -
 da Lettera al mio giudice - Traduzione di Dario Mazzone


Buona giornata a tutti :-)


 

giovedì 17 agosto 2023

da: E' Gesù che passa

 In questa giostra d'amore, le cadute non devono avvilirci, ancorché fossero gravi, purché ci rivolgiamo a Dio nel Sacramento della Penitenza con dolore sincero e proposito retto. 
Il cristiano non è un collezionista fanatico di certificati di servizio senza macchia. Gesù Nostro Signore, che tanto si commuove dinanzi all'innocenza e alla fedeltà di Giovanni, si intenerisce allo stesso modo, dopo la caduta di Pietro, per il suo pentimento. 
Gesù, che comprende la nostra fragilità, ci attrae a sé guidandoci come per un piano inclinato ove si sale a poco a poco, giorno per giorno, perché desidera che il nostro sforzo sia perseverante. 
Ci cerca come cercò i discepoli di Emmaus, andando loro incontro; come cercò Tommaso per mostrargli e fargli toccare con le sue stesse mani le piaghe aperte sul suo corpo. 
Proprio perché conosce la nostra fragilità Gesù attende sempre che torniamo a Lui.

- San Josemaria Escrivá -
da: La Lotta interiore - punto 75




... La cultura cristiana è una cultura definita e pervasa dall'amore per il prossimo e dalla misericordia, e proprio per questo anche dal senso della giustizia sociale ... 
L'autentica cultura europea non è una cultura soltanto della "mente" o della "ragione", ma una cultura del "cuore": una cultura che si lascia compenetrare e riscaldare dallo Spirito Santo, e perciò una cultura di misericordia...

- Joseph  Ratzinger  - 

da: " Christlicher Glaube und Europa"



Dal Sacramento della Riconciliazione, dobbiamo ricavare due vantaggi:
1) ci confessiamo per venire risanati;
2) ci confessiamo per essere educati perché, alla pari d'un bambino, la nostra anima ha bisogno di continua educazione.
Gesù mio, per esperienza so che l'anima non va lontana con le proprie forze, s'affatica molto e non conclude. 

Abbiamo bisogno della confessione, perché commettiamo continuamente degli errori, avendo noi una mente che non sa discernere ciò che giova. 
Una cosa però ho anche capito, cioè che devo pregare molto per il confessore affinché lo illumini lo spirito di Dio. 
Quando mi confesso senza prima aver pregato per lui, egli mi capisce poco.

- Dal Diario di Suor Faustina -



Concedimi di lodarti, o Vergine santissima!

“Concedimi di lodarti, o Vergine santissima,
con il mio impegno e sacrificio personale.
Concedimi di vivere, lavorare, soffrire,
consumarmi e morire per Te, solamente per Te.
Concedimi di condurre a Te il mondo intero.
Concedimi di contribuire
ad una sempre maggiore esaltazione di Te,
alla più grande esaltazione possibile di Te.
Concedimi di renderti una tale gloria
che nessuno mai Ti ha tributato finora.
Concedi ad altri di superarmi nello zelo
per la tua esaltazione,
e a me di superare loro,
così che in una nobile emulazione la tua gloria
si accresca sempre più profondamente,
sempre più rapidamente, sempre più intensamente,
come desidera Colui che Ti ha innalzata
in modo così ineffabile al di sopra di tutti gli esseri”.

- San Massimiliano M. Kolbe - 



Buona giornata a tutti. :-)





martedì 15 agosto 2023

Omaggio nel giorno dell'Assunta in Cielo

Qann’ero ragazzino,
mamma mia me diceva:
Ricordati, fijolo,
quanno te senti veramente solo
tu prova a recità n’Ave Maria.
L’anima tua da sola spicca er volo
e se solleva, come pe’ magìa.
Ormai so’ vecchio, er tempo m’è volato;
da un pezzo s’è addormita la vecchietta,
ma quer consijo nun l’ho mai scordato.
Come me sento veramente solo,
io prego la Madonna benedetta
e l’anima da sola pija er volo!

- Trilussa - 



«Pronuntiamus, declaramus et definimus divinitus revelatum dogma esse: Immaculatam Deiparam semper Virginem Mariam, expleto terrestris vitae cursu, fuisse corpore et anima ad coelestem gloriam assumptam.»
(Pio XII, "Munificentissimus Deus", 1 novembre 1950)


L'Assunzione di Maria, Corrado Giaquinto da Molfetta

Per capire l’Assunzione dobbiamo guardare alla Pasqua, il grande Mistero della nostra Salvezza, che segna il passaggio di Gesù alla gloria del Padre attraverso la passione, la morte e la risurrezione. 

Maria, che ha generato il Figlio di Dio nella carne, è la creatura più inserita in questo mistero, redenta fin dal primo istante della sua vita, e associata in modo del tutto particolare alla passione e alla gloria del suo Figlio. L’Assunzione al Cielo di Maria è pertanto il mistero della Pasqua di Cristo pienamente realizzato in Lei. 

Ella è intimamente unita al suo Figlio risorto, vincitore del peccato e della morte, pienamente conformata a Lui. Ma l’Assunzione è una realtà che tocca anche noi, perché ci indica in modo luminoso il nostro destino, quello dell’umanità e della storia. In Maria, infatti, contempliamo quella realtà di gloria a cui è chiamato ciascuno di noi e tutta la Chiesa.

- papa Benedetto XVI, Angelus, 15 agosto 2012


Maria

Chi ama currit, volat, laetatur. Amare significa correre con il cuore verso l'oggetto amato. 

Ho iniziato ad amare la Vergine Maria prima ancora di conoscerla... le sere al focolare sulle ginocchia materne, la voce della mamma che recitava il rosario. 

 - papa Giovanni Paolo I - 


Giotto,  la visitazione: Incontro di Elisabetta e Maria. Cappella degli Scrovegni, Padova.

[Dio] creò la Vergine Maria, e cioè fece sorgere sulla terra una purezza così intensa da potere, in seno a tanta trasparenza, concentrarsi fino ad apparirvi bambino. Ecco, espressa nella sua forza e nella sua realtà, la capacità che la purezza ha di far nascere il Divino in mezzo a noi.

 Pierre Teilhard de Chardin - 

L'Annunciazione di Simone Martini.  Dalla bocca dell'angelo fuoriesce la scritta in caratteri dorati con la salutazione angelica.


Volto Madonna di Fatima



La Pietà, Michelangelo Buonarroti, Basilica di San Pietro, Roma

Preghiera a Maria Regina - Sant'Alfonso Maria de' Liguori

O Madre del mio Dio e mia Signora Maria,
mi presento a Te che sei la Regina del Cielo e della terra
come un povero piagato davanti ad una potente Regina.

Dall'alto trono dal quale tu siedi, non sdegnare,
Ti prego, di volgere gli occhi su di me, povero peccatore.

Dio Ti ha fatta così ricca per aiutare i poveri
e Ti ha costituita Madre di Misericordia
affinché Tu possa confortare i miserabili.
Guardami dunque e compatiscimi.

Guardami e non mi lasciare se non dopo avermi trasformato
da peccatore in Santo.

Mi rendo conto di non meritare niente, anzi, per la mia ingratitudine dovrei essere privato di tutte le grazie che per tuo mezzo ho ricevuto dal Signore; ma Tu che sei la Regina di Misericordia non cerchi i meriti, bensì le miserie per soccorrere i bisognosi. Chi è più povero e bisognoso di me?

O Vergine sublime, so che Tu, oltre ad essere la Regina dell'universo, sei anche la mia Regina. Voglio dedicarmi completamente ed in modo particolare al tuo servizio, affinché Tu possa disporre di me come Ti piace. Perciò Ti dico con San Bonaventura: "O Signora, mi voglio affidare al tuo potere discreto, perchè Tu mi sostenga e governi totalmente.
Non mi abbandonare". Guidami Tu, Regina mia, e non lasciarmi solo. Comandami, utilizzami a Tuo piacere, castigami quando non Ti ubbidisco, poiché i castighi che mi verranno dalle Tue mani mi saranno salutari.

Ritengo più importante essere tuo servo piuttosto che signore di tutta la terra. "Io sono tuo: salvami". O Maria, accoglimi come tuo e pensa a salvarmi. Non voglio più essere mio, mi dono a Te.
Se nel passato Ti ho servito male ed ho perduto tante belle occasioni per onorarti, in avvenire voglio unirmi ai tuoi servi più innamorati e fedeli.
No, non voglio che da oggi in poi qualcuno mi superi nell'onorarti e nell'amarti, mia amabilissima Regina. Prometto e spero di perseverare così, con il tuo aiuto. Amen.

(Sant'Alfonso Maria de Liguori)


Ecco: la vergine  concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele.

- Libro di Isaia  -



Preghiera della notte a Maria

Madre, fa bene pregare dinanzi la tua dolce immagine!
Quando in ginocchio, gli occhi fissi su di te, tu mi parli, io comprendo il tuo soave linguaggio,
Poi sento che mi viene da piangere, senza sapere il perché.
Ma, intanto, sono felice... Quando dico che ti amo,
quando il mio sguardo cerca e trova il tuo;
Attraverso le vetrate, nel momento che la pallida luna,
ci illumina con il suo raggio diafano;
Quando, lontano, tutto si assopisce nelle braccia della natura triste;
quando il silenzio scende al calar delle ombre,
la mia anima, allora, si eleva sino a te, tranquilla e pura
ed io sento che la felicità mi invade dolcemente.
Madre, quando verrà la mia ultima ora, simile alla corolla
che si china su di te, questa notte, sul tuo altare,
Oh! Volgere il mio sguardo verso la tua dolce aureola,
e addormentarmi... addormentarmi... nel tuo seno materno.

Félix Anizam

"Le rose del mio vecchio giardino"
Editore dei "Rayons" - 1934




Buona festa dell'Assunta a tutti. :-)
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