Come combattere la depressione?
Come vivere
la speranza, giorno per giorno, in tempi difficili?
Da cosa si può riconoscere
che noi siamo degli “esseri di speranza”?
Perché la speranza non è un pio
pensiero, un'ipotesi gratuita ma deve manifestarsi nel comportamento
quotidiano.
In altri termini, c'è “una spiritualità della speranza”? Tentiamo
di discernerne i componenti.
Tutta la vita cristiana è costruita su tre
pilastri: fede, speranza e carità.
Essi si tengono in reciproco equilibrio. Se
si rompe l'equilibrio, il cristiano perde, per così dire, la bussola. Vacilla.
Fede e Speranza
Senza la fede la speranza non può vivere: si
trasforma nel sognare. Secondo la lettera agli Ebrei, “la fede è fondamento
delle cose che si sperano e prova di quelle che non si vedono” ( Eb 11, 1) .
Senza la fede negli eventi salvifici - Antico e Nuovo Testamento - la nostra
speranza è solo immaginazione, una chimera.
Al contrario, senza la speranza, la fede è morta:
una fossa comune dei fatti del passato che serve solo a popolare la memoria;
non c'è più niente da aspettarsi, non c'è più niente di nuovo da vivere.
Certamente, un tempo è successo qualcosa, ma la “rivoluzione” a fatto il suo
tempo e il vulcano si è spento.
Questo gioco sottile della fede e della
speranza è uno degli ingredienti di una spiritualità equilibrata: ne determina
il grado di salute.
Perché, nella fede, c'è già una parte di
speranza: noi crediamo nella Risurrezione del Cristo a titolo di garanzia
della nostra propria risurrezione che verrà. Ma nella speranza c'è anche
una parte di fede: la speranza trova uno stimolo che gli offre la fede.
Poiché la promessa si è già realizzata, essa si può nuovamente realizzare.
Doppia tentazione
In questo ambito il cristiano è sottoposto a
due tentazioni: quello della temeraria fiducia nella novità e quella della
mancanza d'immaginazione.
Colui che vive solo proteso all'avvenire, che
si preoccupa solo delle sue realizzazioni, affrancato da tutta la saggezza
trasmessa dal passato, costui è privato della memoria.
Non si rende conto del
fatto che certe “vie nuove” sono state sperimentate già da molto tempo e si
sono rivelate impraticabili.
Privato della memoria, egli sperimenta a tutto
andare. Questa è la fonte di dolorose delusioni, e più tardi anche di
demotivazione.
Sono i rivoluzionari senza memoria che si ricongiungono per
primi al campo dei conservatori.
Ma, al contrario, c'è anche la mancanza
d'immaginazione, l'illusione d'una vita senza rischi. Ci si dimentica che c'è
sempre “un di più” che non è ancora stato inventato o sperimentato. C'è qui una
speranza insufficiente.
Perché il momento presente contiene ancora tante cose
meravigliose rimaste inutilizzate.
Speranza e Carità
Chi ha fiducia in Dio e spera in Lui, deve
come Lui donarsi interamente agli uomini.
La speranza si riversa nella carità.
Ciò suppone un delicato equilibrio tra i due atteggiamenti: attendere
nella fiducia e rimboccarsi le maniche per l'azione.
Il cristiano è sempre
come seduto sul bordo estremo della sua sedia.
Seduto su quello che dispone
d'un appoggio sicuro: la speranza. All'estremo bordo della sedia, perché è
pronto ad alzarsi e a pagare di persona.
La poltrona del fannullone non fa
parte dei suoi mobili.
Non si accorda una piena fiducia a Dio se non
Lo si ama. E non si può amare Dio se non si ama il proprio prossimo.
Così la
fede conduce alla speranza e la speranza conduce all'amore. In sovrappiù non si
spera mai solo per se stessi. La speranza non ha raggiunto il suo termine finché
essa non si estende a tutti gli uomini, all'intero universo. Come posso
raggiungere il cielo nella gioia, se so che sarò tutto solo?
Fede, speranza e carità, le tre grandi che
non possono fare a meno l'una dell'altra.
La fede vede cosa è già, la speranza
dice ciò che verrà, la carità ama ciò che è; la speranza si occupa già di
ciò che sarà.
Per il nostro tempo la speranza sarebbe ugualmente la più
grande? Comunque sia le tre si tengono reciprocamente in equilibrio e tutte e
tre ci sono necessarie.
Vegliare nella preghiera
Infatti non c'è che un solo esercizio di
speranza: vegliare nella preghiera. L'atteggiamento silenzioso di attesa
davanti a Dio è la scuola della speranza. Imparare ad attendere e porsi come
una vedetta.
Tutta la Bibbia descrive la preghiera come
vigilanza e attenzione: tenersi pronti per il ritorno del Signore presso di Lui
e provvedere alle lucerne nella Sua attesa. I salmi sono i libri delle
lamentazioni per eccellenza, dell'attesa della giustizia, dell'attesa che il
giusto sia protetto e il perdono accordato al peccatore, della perseveranza
nelle prove. “Mio Dio, mio Dio, quanto tempo ancora... ?”.
Pregare è anche mantenersi con pazienza tra
il passato e l'avvenire.
È prendere nelle mani la Bibbia e ricordarsi “le
meraviglie che fece il Signore”.
È il nutrire la propria memoria e
permetterle di lavorare. Ma è anche lo sperare con il cuore ardente ai
giorni del compimento, al tempo della ‘liberazione d'Israele' e del ritorno del
Signore. “Maranatha”.
Pregare è render grazie per tutto quello che
ci ha preceduti ed entrare già nelle promesse di quanto deve ancora venire.
È
esultare di gioia cantando il Magnificat ed esercitarsi al paziente
abbandono del Nunc dimittis .
È il sedersi tra Maria e Simeone, tra
l'azione delle grazie e la speranza corrisposta.
A dire il vero, esiste per una cultura (e per
una Chiesa!) una terapia della depressione diversa dalla preghiera? “
È
perché voi non pregate, che siete senza coraggio” , potrebbe dire Giovanni
alle Chiese in una nuova versione della sua Apocalisse.
Impegnarsi
La speranza non giungerà mai se io non
m'impegno in niente, se non mi decido a fare qualcosa, se non scelgo. La nostra
cultura deve reimparare a legarsi, a scegliere, a risolversi a qualcosa. Si è
sviluppata una sorta d'irresolutezza generalizzata: di fronte al matrimonio, di
fronte ad ogni impegno definitivo, di fronte a ogni decisione di rendersi
disponibili in maniera impegnativa.
Può darsi che ci siano delle spiegazioni di
questo atteggiamento, delle motivazioni più o meno ammissibili. Ma ci sono
anche delle ragioni soggiacenti molto poco eleganti.
Una specie di
narcisismo che non permette di rinunciare alle proprie comodità, il
bisogno di garanzie assolute - questa mentalità che spinge a sottoscrivere
un'assicurazione a fronte di qualsiasi cosa - e a volte manifestamente la
pigrizia e il “ciascuno per sé”.
Ma bisogna anche rilevare nella nostra
cultura il disagio della percezione del tempo. Non solo l'impossibilità di
aspettare, la legge del “tutto, tutto subito”, ma anche la diffidenza
fondamentale per il credito da accordare al tempo.
Dobbiamo imparare di
nuovo a fare del tempo un amico... aspettando di ridivenire sensibili a
una realtà chiamata classicamente “Provvidenza divina”.
Quando vorremo capire
che Dio si prende cura di noi molto meglio di quanto lo possiamo fare noi
stessi?
La crisi della Fedeltà
Nella sfera del “provvisorio” nella quale noi
evolviamo, sopravviene anche la crisi della lealtà. E questo in tanti ambiti:
matrimoni, amicizie, affari, ambienti di lavoro.
La fedeltà non la si guarda
più con ammirazione, ma tutt'al più con sorpresa, se non con compassione.
Così si degrada il tessuto sociale: è
logorato.
Da che tempo è tempo, la fedeltà ha avuto un ruolo legato fino a un
certo punto con il tragico della condizione umana.
La fedeltà di Lefte al suo
voto lo portò ad immolare sua figlia.
La fedeltà di Antigone alle leggi non scritte
dell'amore fraterno la condusse alla morte. Questo tragico era profondamente
umano, anche se pagano. Proclamava chiaro e forte che non si può mancare alla
parola data. La nostra epoca non conosce più i tormenti di questo aspro
dramma pagano. Ne conosce altri.
Lo strappo di tanti partner abbandonati
e di tanti bambini privati dei genitori, la fatica di dover continuamente
riprovare con qualcun altro, i cinici preavvisi significati a delle persone che
invecchiando rischiano di costar troppo caro, la rottura dei contratti, quella
specie di amnesia che riguarda i propri impegni passati...
L'infedeltà rende una società profondamente
deprimente. In più, l'infedeltà ha la tendenza di propagarsi con la
velocità dei funghi in una foresta. Un girotondo di streghe.
Ogni
infedeltà fa venir voglia alla parte lesa di fare altrettanto.
Se vogliamo sfuggire a questo funesto
ingranaggio, bisognerà ritrovare la virtù naturale della fedeltà. Ricordandoci
che è d'altronde il tratto più caratteristico di Dio: è un Dio fedele.
La Speranza si prende cura degli altri
L'esclusione, comunque si manifesti, provoca
molta disperazione nella nostra società.
Esclusione dal lavoro e dall'avvenire,
esclusione da se stesso, dalla patria e dalla cultura, esclusione dalle cure e
dall'alloggio. Troppa gente oltrepassa il limite. Questo assomiglia a una
spirale che si stringe sempre di più, un laccio attorno al collo.
Tutti gli
assistenti sociali, gli uomini politici, i sacerdoti e gli animatori pastorali
la conoscono bene. È la preoccupazione costante dei servizi sociali, e la
Fondazione Re Baldovino l'ha studiata a fondo dal punto di vista scientifico.
Cosa dovremo fare se vogliamo dare delle
possibilità alla speranza? Certamente dei provvedimenti di giustizia
s'impongono alla collettività. Molti responsabili politici ci lavorano
d'altronde con prudenza. Ma si è creata anche una rete di punti d'ascolto e
soccorso, troppo numerosi per enumerarli, che funzionano spesso grazie al
numero di benefattori, e ricevendo migliaia di persone, giovani e vecchie, con
tutti i loro possibili problemi. Poiché i servizi pubblici non bastano, né per
il numero, né per l'efficacia, né soprattutto per questa prossimità affettuosa
necessaria a chi soffre.
Pensiamo al corpo umano: quando un'arteria
s'incrosta e si ostruisce, sono dei piccoli vasi sanguigni che ne sostituiscono
la funzione. Quindi, a fianco degli organismi pubblici, agiscono delle
migliaia di piccoli centri di speranza.
La speranza si prende dunque cura degli
altri. Questo è sufficiente?
La Speranza anticipa
La speranza non può accontentarsi di limitare
o riparare i danni quando il danno è fatto.
La speranza è anche previdente.
Vuole agire preventivamente. Se noi non agiamo preventivamente, in effetti
trascuriamo le vittime ed esponiamo il contribuente a degli oneri sempre più
pesanti. Poiché la vittima è già ferita e riparare costa molto più che
prevenire. Oltre tutto la società avrà la tendenza a scindersi in
assistenti e assistiti. La frattura sociale diventerà sempre più profonda.
Dove si colloca la prevenzione? Nelle scuole
e nelle famiglie. Non bisogna investire di più in questa azione? Non solo
dal punto di vista finanziario, ma anche psicologicamente?
La mancanza di
speranza nella nostra società è spesso imputabile al fatto che genitori ed
educatori abdicano. Da ciò la necessità di lanciare questo appello
profetico: “Aiutate i genitori e i maestri” .
Tutto quello che non si
fa a casa e a scuola, si iscriverà automaticamente un giorno al debito della
società.
- card. Godfried Danneels -
(Il testo è tratto dalla lettera pastorale: Espérer?)
Buona giornata a tutti. :-)
Come vivere la speranza, giorno per giorno, in tempi difficili?
Da cosa si può riconoscere che noi siamo degli “esseri di speranza”?
Perché la speranza non è un pio pensiero, un'ipotesi gratuita ma deve manifestarsi nel comportamento quotidiano.
In altri termini, c'è “una spiritualità della speranza”? Tentiamo di discernerne i componenti.
Senza la fede negli eventi salvifici - Antico e Nuovo Testamento - la nostra speranza è solo immaginazione, una chimera.
Perché, nella fede, c'è già una parte di speranza: noi crediamo nella Risurrezione del Cristo a titolo di garanzia della nostra propria risurrezione che verrà. Ma nella speranza c'è anche una parte di fede: la speranza trova uno stimolo che gli offre la fede. Poiché la promessa si è già realizzata, essa si può nuovamente realizzare.
Doppia tentazione
Non si rende conto del fatto che certe “vie nuove” sono state sperimentate già da molto tempo e si sono rivelate impraticabili.
Privato della memoria, egli sperimenta a tutto andare. Questa è la fonte di dolorose delusioni, e più tardi anche di demotivazione.
Sono i rivoluzionari senza memoria che si ricongiungono per primi al campo dei conservatori.
Perché il momento presente contiene ancora tante cose meravigliose rimaste inutilizzate.
Speranza e Carità
Chi ha fiducia in Dio e spera in Lui, deve come Lui donarsi interamente agli uomini.
La speranza si riversa nella carità. Ciò suppone un delicato equilibrio tra i due atteggiamenti: attendere nella fiducia e rimboccarsi le maniche per l'azione.
Il cristiano è sempre come seduto sul bordo estremo della sua sedia.
Seduto su quello che dispone d'un appoggio sicuro: la speranza. All'estremo bordo della sedia, perché è pronto ad alzarsi e a pagare di persona.
La poltrona del fannullone non fa parte dei suoi mobili.
Così la fede conduce alla speranza e la speranza conduce all'amore. In sovrappiù non si spera mai solo per se stessi. La speranza non ha raggiunto il suo termine finché essa non si estende a tutti gli uomini, all'intero universo. Come posso raggiungere il cielo nella gioia, se so che sarò tutto solo?
La fede vede cosa è già, la speranza dice ciò che verrà, la carità ama ciò che è; la speranza si occupa già di ciò che sarà.
Per il nostro tempo la speranza sarebbe ugualmente la più grande? Comunque sia le tre si tengono reciprocamente in equilibrio e tutte e tre ci sono necessarie.
È prendere nelle mani la Bibbia e ricordarsi “le meraviglie che fece il Signore”.
È il nutrire la propria memoria e permetterle di lavorare. Ma è anche lo sperare con il cuore ardente ai giorni del compimento, al tempo della ‘liberazione d'Israele' e del ritorno del Signore. “Maranatha”.
È esultare di gioia cantando il Magnificat ed esercitarsi al paziente abbandono del Nunc dimittis .
È il sedersi tra Maria e Simeone, tra l'azione delle grazie e la speranza corrisposta.
È perché voi non pregate, che siete senza coraggio” , potrebbe dire Giovanni alle Chiese in una nuova versione della sua Apocalisse.
Può darsi che ci siano delle spiegazioni di questo atteggiamento, delle motivazioni più o meno ammissibili. Ma ci sono anche delle ragioni soggiacenti molto poco eleganti.
Una specie di narcisismo che non permette di rinunciare alle proprie comodità, il bisogno di garanzie assolute - questa mentalità che spinge a sottoscrivere un'assicurazione a fronte di qualsiasi cosa - e a volte manifestamente la pigrizia e il “ciascuno per sé”.
Dobbiamo imparare di nuovo a fare del tempo un amico... aspettando di ridivenire sensibili a una realtà chiamata classicamente “Provvidenza divina”.
Quando vorremo capire che Dio si prende cura di noi molto meglio di quanto lo possiamo fare noi stessi?
La fedeltà non la si guarda più con ammirazione, ma tutt'al più con sorpresa, se non con compassione.
Da che tempo è tempo, la fedeltà ha avuto un ruolo legato fino a un certo punto con il tragico della condizione umana.
La fedeltà di Lefte al suo voto lo portò ad immolare sua figlia.
La fedeltà di Antigone alle leggi non scritte dell'amore fraterno la condusse alla morte. Questo tragico era profondamente umano, anche se pagano. Proclamava chiaro e forte che non si può mancare alla parola data. La nostra epoca non conosce più i tormenti di questo aspro dramma pagano. Ne conosce altri.
Lo strappo di tanti partner abbandonati e di tanti bambini privati dei genitori, la fatica di dover continuamente riprovare con qualcun altro, i cinici preavvisi significati a delle persone che invecchiando rischiano di costar troppo caro, la rottura dei contratti, quella specie di amnesia che riguarda i propri impegni passati...
Ogni infedeltà fa venir voglia alla parte lesa di fare altrettanto.
Esclusione dal lavoro e dall'avvenire, esclusione da se stesso, dalla patria e dalla cultura, esclusione dalle cure e dall'alloggio. Troppa gente oltrepassa il limite. Questo assomiglia a una spirale che si stringe sempre di più, un laccio attorno al collo.
Tutti gli assistenti sociali, gli uomini politici, i sacerdoti e gli animatori pastorali la conoscono bene. È la preoccupazione costante dei servizi sociali, e la Fondazione Re Baldovino l'ha studiata a fondo dal punto di vista scientifico.
Pensiamo al corpo umano: quando un'arteria s'incrosta e si ostruisce, sono dei piccoli vasi sanguigni che ne sostituiscono la funzione. Quindi, a fianco degli organismi pubblici, agiscono delle migliaia di piccoli centri di speranza.
La speranza si prende dunque cura degli altri. Questo è sufficiente?
La speranza è anche previdente. Vuole agire preventivamente. Se noi non agiamo preventivamente, in effetti trascuriamo le vittime ed esponiamo il contribuente a degli oneri sempre più pesanti. Poiché la vittima è già ferita e riparare costa molto più che prevenire. Oltre tutto la società avrà la tendenza a scindersi in assistenti e assistiti. La frattura sociale diventerà sempre più profonda.
Dove si colloca la prevenzione? Nelle scuole
e nelle famiglie. Non bisogna investire di più in questa azione? Non solo
dal punto di vista finanziario, ma anche psicologicamente?
La mancanza di
speranza nella nostra società è spesso imputabile al fatto che genitori ed
educatori abdicano. Da ciò la necessità di lanciare questo appello
profetico: “Aiutate i genitori e i maestri” .
Tutto quello che non si
fa a casa e a scuola, si iscriverà automaticamente un giorno al debito della
società.
Buona giornata a tutti. :-)
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