domenica 10 settembre 2017

La partita notturna - Padre Michel Quoist

Questa sera, allo stadio, la notte si agitava, popolata di diecimila ombre,
e quando i proiettori ebbero dipinto in verde il velluto dell'immenso campo,
la notte intonò un coro, nutrito di diecimila voci.
Infatti il maestro di cerimonie aveva fatto segno di iniziare la funzione.
L'imponente liturgia si svolgeva dolcemente.
Il pallone bianco volava da ministro a ministro 
come se tutto fosse stato minuziosamente preparato in precedenza.
Passava dall'uno all'altro, correva raso terra o volava sopra le teste.
Ognuno era al suo posto, ricevendolo alla sua volta, con colpo misurato lo passava all'altro, 
e l'altro era là per accoglierlo e trasmetterlo.
E siccome ognuno faceva il suo lavoro dove occorreva, siccome forniva lo sforzo richiesto, siccome sapeva di aver bisogno di tutti gli altri, lentamente, ma sicuramente, il pallone avanzava; e quand'ebbe raccolto il lavoro d'ognuno, quand'ebbe riunito il cuore degli undici giocatori, la squadra gl'impresse un soffio e segnò il goal della vittoria.
Dopo la partita, a stento l'immensa folla si disperdeva nelle strade troppo strette, ed io pensavo, o Signore, che la storia umana, per noi lunga partita,
per Te era questa grande Liturgia, meravigliosa cerimonia iniziata all'aurora dei tempi, che terminerà quando l'ultimo ministro avrà compiuto l'ultimo gesto.
In questo mondo, o Signore, abbiamo ognuno il nostro posto; allenatore previdente, da sempre Tu ce lo destinavi.
Tu hai bisogno di noi qui, i nostri fratelli han bisogno di noi e noi abbiamo bisogno di tutti.
Non ha importanza il posto che io occupo, o Signore, 
ma la perfezione e l'intensità della mia presenza.
Che importa che io sia avanti o indietro, se sono al massimo quello che debbo essere? 


Ecco, o Signore, la mia giornata davanti a me... 


Non ho riparato troppo sul fallo, criticando gli sforzi degli altri, le mani in tasca?
Ho tenuto bene il mio posto, e mi hai Tu incontrato sul campo quando lo guardavi?
Ho ricevuto bene il "passaggio" del vicino e quello dell'altro dall'altra estremità del campo?
Ho "servito" bene i miei compagni di squadra, 
senza giocare troppo personalmente per mettermi in mostra?
Ho "costruito" il gioco in modo da ottenere la vittoria con il contributo di tutti?
Ho lottato fino in fondo nonostante gli scacchi, i colpi e le ferite?
Non sono stato turbato dalle dimostrazioni dei compagni e degli spettatori,
scoraggiato dalla loro incomprensione e dai loro rimproveri, insuperbito dai loro applausi?
Ho pensato di pregare la mia partita, non dimenticando che agli occhi di Dio 
questo gioco degli uomini è la funzione più religiosa?
Ora vado a riposarmi negli spogliatoi, Signore; e domani, se Tu darai il calcio d'avvio, giocherò un altro tempo, e così ogni giorno...
Fa' che questa partita celebrata con tutti i miei fratelli 
sia l'imponente liturgia che Tu aspetti da noi, affinché quando il tuo ultimo fischio interromperà le nostre esistenze noi siamo selezionati per la Coppa del Cielo.

- Padre Michel Quoist -



Signore, mi senti?
Soffro tremendamente.  Asseragliato in me stesso, prigioniero di me stesso. Non sento che la mia voce, non vedo che me stesso, e dietro di me non v'è che sofferenza.
Signore, mi senti?
Liberami dal mio corpo, che è tutto brama, e tutto quello che tocca con i suoi innumerevoli grandi occhi, con le sue mille mani tese, è solo per coglierlo e cercare di calmare la sua insaziabile fame.
Signore, mi senti?
Liberami dal mio cuore, tutto gonfio di amore, ma, mentre credo di amare pazzamente, intravvedo rabbioso che ancora amo me stesso nell'altro.
Signore, mi senti?
Liberami dal mio spirito, pieno di se stesso, delle sue idee, dei suoi giudizi; non sa dialogare, perchè non lo colpisce altra parola fuorchè la sua.
Solo, mi annoio, mi detesto, mi disgusto, e mi rigiro nella mia sudicia pelle come il malato nel suo letto bruciante da cui vorrebbe scappare.
Tutto mi sembra brutto, mostruoso, senza luce, ... perchè non posso veder nulla se non attraverso me.
Mi sento disposto ad odiare gli uomini ed il mondo intero, ... per dispetto, perchè non li posso amare. Vorrei uscire, vorrei camminare, correre verso un altro paese.
So che esiste la GIOIA, l'ho vista raggiare sui volti.
So che brilla la LUCE, l'ho vista illuminare gli sguardi.
Ma Signore, non posso uscire, insieme amo e odio la mia prigione, perchè la mia prigione sono io.
Ed io mi amo, mi amo, o Signore, e mi faccio ribrezzo.
Signore, non trovo neppure più la porta di casa mia.
Mi trascino tastoni, accecato, urto nelle mie stesse pareti, nei miei propri limiti, mi ferisco.
Ho male, Ho troppo male, e nessuno lo sa, perchè nessuno è entrato in casa mia.
Sono solo, solo.
Signore, Signore, mi senti?
Signore, indicami la mia porta, prendi la mia mano.
Apri. Indicami la Via, la via della GIOIA, della LUCE.
... Ma ...
Ma, o Signore, mi senti Tu?

Figliuolo, Io ti ho sentito. Mi fai compassione.
Da tanto tempo spio le tue imposte chiuse.
Aprìle, la Mia luce ti rischiarerà.
Da tanto tempo Io sono davanti al tuo uscio sprangato, aprilo, mi troverai sulla soglia.

Io ti attendo, gli altri ti attendono, ma bisogna aprire, ma bisogna uscire da te.
Perchè rimanere prigioniero di te stesso? Sei libero. Non ho chiuso Io la tua porta, non posso riaprirla Io, ... perchè sei tu dall'interno a tenerla solidamente sprangata.

- Padre Michel Quoist -



Buona giornata a tutti. :-)




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