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lunedì 10 aprile 2023

Lunedì di Pasqua - don Primo Mazzolari

TEMPO DI CREDERE, Credere con chi crede

LUNEDÌ DI PASQUA

A testimoniare la predilezione di don Primo Mazzolari per i due discepoli di Emmaus, riportiamo, per cortese concessione, una sua "predica" del Lunedì di Pasqua del 1957: una "predica" del parroco di Bozzolo, colta dalla sua viva voce, pronunciata con la fervida improvvisazione del pastore d'anime, senza la preoccupazione dello scritto (ma quando mai, in don Primo, c'è divario tra la parola e lo scritto?).
Le prediche dei giorni pasquali del 1957 sono state pubblicate a cura di Benigno Zaccagnini e di monsignor Guido Astori nel quinto anniversario della scomparsa.
«Sono le parole - scrive Benigno Zaccagnini – che don Mazzolari ha pronunciato per la sua gente in una di quelle Settimane Sante in cui liturgia e devozione rendevano suggestiva, in Bozzolo, la cerimonia pasquale.  

Era la voce di un "povero prete di campagna" - come amava definirsi don Primo - ma noi sentivamo in essa un immenso patrimonio di fede, di ansia, di sofferenze, un impegno senza limiti per la libertà e la giustizia.  

La sua parola ... passava attraverso il vaglio di un'esperienza vissuta in una trincea avanzata; era una parola che entrava in ogni cuore e per ognuno - dal ricco al povero, dal politico al letterato, dal poeta all'operaio e al contadino aveva un tono e un calore che inducevano a meditare, ad animare ... ».

Commenta mons. Astori, che di don Mazzolari fu amico devoto dall'adolescenza al tramonto:

«Bisognava aver vissuto una Pasqua nella Parrocchia di don Primo per rivivere la commozione grande che egli sapeva trasfondere al suo popolo ... In lui la liturgia dei giorni più sacri aveva un'efficacia profonda e singolare.  La chiesa era preparata con grande sobrietà, ma con cura amorevole. I bambini, che egli sapeva davvero educare ad un senso di pietà squisita, diventavano suoi validi cooperatori nello svolgimento delle funzioni.  Tutto il popolo subiva il fascino dell'ambiente sacro e sentiva la potenza del Sacerdote che parlava con tanto ardore».
Ed ecco I'"Emmaus" del 1957.  

"Tempo di sperare" lo intitoleremmo, dopo il "Tempo di credere" del 1940.  

Una speranza interamente affidata alla libertà dell'uomo, alla sua inesausta capacità di rinnovarsi.  Questo tema trova espressione in una prosa straordinariamente scarna e trasparente : «Non poteva la Provvidenza fare sì che tutto l'anno fosse primavera ... che le foglie rimanessero sempre sugli alberi ... ?». «Voi sapete cos'è il Paradiso?... ».Parole che sembrano intrise di gioia, tanta è la forza con cui don Primo vedeva la Presenza divina nel mondo.
Miei cari fratelli, in questa seconda festività di Pasqua voglio farvi riflettere - e rifletto io con voi - su alcuni particolari del mistero della passione, della morte e della resurrezione del Signore.
Nel Vangelo che avete sentito cantare (in latino, purtroppo!) si parla di due discepoli che, usciti dal Cenacolo, si avviarono verso Emmaus, un borgo non molto lontano da Gerusalemme.  Camminando, parlavano dei grandi avvenimenti di quei giorni.  Erano delle persone accorate.  Avevano la tristezza di quanto era accaduto e, soprattutto, avevano l'immensa tristezza di aver perduto il Maestro.
Lungo la strada sono raggiunti da un misterioso personaggio che era poi il Cristo, il quale raccoglie la loro pena, ed un po' alla volta mette nel loro animo la speranza che avevano perduta ... Gesù, costretto a fare animo ai suoi figlioli che avevano perduto la fiducia in Lui.
Ecco un particolare che mi fa pensare alla misteriosa maniera con cui il Signore si comporta con noi, e che noi, nella nostra poca intelligenza, tante volte deprechiamo.  Per esempio: perché non è andato a Bethania prima che Lazzaro morisse?  Vi è andato quando Lazzaro era ormai morto da quattro giorni.  Perché non è fuggito da Gerusalemme, quando sapeva che attorno a Lui si stringevano le mene dei suoi avversari?  Perché non è disceso dalla croce quando i suoi avversari, passando sotto di essa, si rivolgevano a Lui in tono beffardo? «Ha salvato gli altri - dicevano e non è capace di salvare se stesso!  Se veramente è il Figlio di Dio, discenda dalla croce» !
Il Signore Gesù ha un suo metodo, un modo d'agire e di comportarsi che non va d'accordo con la nostra logica.  La nostra maniera di ragionare ci sembra molto più intelligente, molto più efficace e più utile della sua ed esige minor dispendio e minore sforzo.
Volete un altro esempio tratto dalla natura?  

C'era proprio bisogno che d'autunno cadessero tutte le foglie e la natura si abbandonasse al lungo sonno invernale per darci il gusto della primavera? 

La primavera che viene dopo l'inverno non vi pare una cosa mal organizzata?  Non poteva la Provvidenza fare sì che tutto l'anno fosse primavera e non si alternassero stagioni così disuguali; che le foglie rimanessero sempre sugli alberi, che la vegetazione fosse continua?
Noi, che siamo gente molto ragionevole, avremmo messo insieme un mondo fatto a questa maniera, ma avremmo tolto la bellezza alle cose, perché la bellezza di ogni creatura è nella sua capacità di rinnovarsi.
Se Gesù fosse venuto a Bethania quando Lazzaro era ammalato, gli altri non avrebbero visto il miracolo della resurrezione e non avrebbero creduto in Lui.  Se si fosse sottratto alla morte, noi avremmo detto: guarda, non è un uomo, non ha accettato il nostro destino.  Ed egli non avrebbe potuto mettere nella fragilità della nostra natura, quella immensa speranza che ci viene soltanto dalla sua resurrezione.  Se i due discepoli non l'avessero incontrato lungo la strada che va da Gerusalemme ad Emmaus, se Egli non si fosse fermato nella loro casa e non si fosse manifestato nello spezzar del pane, essi non avrebbero trovato la freschezza ed il rinnovamento della loro fede.  

Miei cari fratelli, la religione nostra è una religione di novità.  Non c'è niente di vecchio anche se voi, qualche volta, avete l'impressione che tutto qui, nella Chiesa, si ripeta secondo una tradizione secolare che non ha più nulla che vi possa incuriosire.
Guardate come si è comportato il Signore anche nei riguardi della nostra anima.  Egli non ci ha mai impedito di fare il male.  Ma non sarebbe stato molto più bello se il Signore ci avesse conformato in maniera tale da non cadere più nelle solite e penosissime mancanze?  Se Egli ci aiutasse in una maniera più efficace e, contro la nostra stessa libertà, ci costringesse a resistere al male, noi Gli saremmo più grati.
Io non so se questo sarebbe una gioia per l'uomo.  Dio non ci impedisce di fare il male, ma fa una cosa più grande: viene accanto a noi, sulla strada del nostro peccato, pronto a tollerarci, a sopportarci, a dimenticare, a volerci bene nonostante le nostre indegnità, a perdonarci nonostante il ripetersi continuo dei nostri allontanamenti e dei nostri tradimenti.
Io trovo che questo metodo del Signore è molto bello e mi fa sentire ancora di più la sua infinita potenza e la sua infinita bontà.  Non è soltanto un modo conforme alla nostra natura umana, ma è proprio il più bel modo, il più rispettoso dei modi, il più paterno, dei modi.  Perché noi vogliamo tanto bene ai nostri genitori? Certo, essi ci ammoniscono, ci rimproverano, ci indicano la strada buona.  Ma quando noi sbagliamo e veniamo meno ai nostri doveri, i primi a capirci e a perdonarci sono loro, i nostri genitori.  Donde questo affetto particolare verso nostro padre e nostra madre, se non da questa capacità che è tutta loro, di saper compatire, aiutare e perdonare?  Non è che non vedano i nostri difetti, che non capiscano i nostri torti, che non ne misurino la gravità.  Ma no: lo sanno, li vedono e ne soffrono.  Eppure, nel gran bene che ci vogliono, compatiscono e perdonano.
E così fa il Signore!  Non ci costringe ad essere buoni.  Ci ha indicato la strada dandoci la sua legge, che è stata scritta nei nostri cuori prima ancora di essere rivelata attraverso Mosè.  Poi, è venuto Lui stesso a segnare la strada con il suo esempio e ci ha detto: «Chi vuol venire dietro a me, prenda la sua croce e mi segua».  Egli è sempre davanti, come un pastore.  C'è una sola differenza: i pastori di questo mondo portano il bastone, mentre Cristo non ha mai portato il bastone, Cristo ha portato anche Lui un legno: ma è il legno della croce, che ha tutt'altro significato.  Esso è il compimento ed il simbolo reale della sua offerta piena.  Egli ci ha dato l'esempio ma non ci costringe a seguirlo.  

Chi vuol seguirlo lo segue e chi non vuol seguirlo non lo segue.  C'è la pecora che vuol perdersi e si perde e c'è la pecora che rimane accanto a Lui.  Egli andrà alla ricerca della pecorella smarrita, ma non imporrà agli altri di rimanere nell'ovile.
Ecco il senso di libertà che noi vediamo consacrato dal mistero della passione, della morte e della resurrezione di Gesù.  Voi mi direte: ma allora saremo sempre da capo e ci saranno sempre delle miserie nel mondo, perché ci saran sempre delle teste che non ragionano, delle pecore che andranno fuori strada, dei cristiani che rinnegheranno il Cristo, della gente che non troverà mai la strada buona.  Certo ! ... Vorreste voi mettere nel mondo una legge diversa da quella del Cristo?  Se il Signore ci sopporta come siamo, il Signore rispetta la nostra libertà, le nostre ribellioni, le nostre resistenze.  Vorreste voi obbligare la gente a camminare quando non ha voglia di camminare?  Cosa ne fareste di una religione da galeotti, di una Chiesa prigione?  Che cosa ne fareste di un mondo in cui tutti fossero costretti a seguire una stessa regola, a camminare allo stesso modo, a vestirsi alla stessa maniera, a cantare dietro ordine, a camminare dietro ordine ? ...
Ci sono purtroppo di quelli che vorrebbero rifare il mondo e trovare la salvezza a questa maniera. Essi dimenticano che Dio è il custode della libertà umana.  Egli è garante della libertà, contro l'uniformità degli uomini, contro il desiderio di fare del mondo una caserma per poter far stare tutti bene.
Il Signore ha accettato l'insuccesso; ha accettato di essere dichiarato impotente: e davanti agli uomini che qualche volta l'irridono, ha rinnegato persino la sua onnipotenza per rispettare la nostra libertà.  Il Signore permette l'inverno, ma poi fa la primavera; permette che noi ci rompiamo la testa, ma poi ce l'accomoda; permette che noi facciamo il peccato, ma poi ci perdona.  Il Signore permette che noi deviamo dalla strada buona, ma poi, quando la strada diventa un baratro, eccolo con le sue braccia aperte come la croce, ad indicarci il nostro sbaglio, a riprenderci amorevolmente per riportarci sul giusto sentiero.  Questo è il metodo del Signore.
Non vi piace ? Non siete contenti di essere trattati con tanta bontà, con tanta larghezza e con tanta libertà?  Non siete contenti di non essere costretti a fare il bene, a fare il galantuomo?  Voi siete liberi!  Potete spergiurare, potete dire menzogne; potete commettere tutto quello che volete!... Il Signore è in croce proprio per questo: muore in croce perché noi non siamo buoni.  Egli non è indifferente, come non è indifferente vostra madre se non vi prende per il collo e non vi costringe a stare in casa quando voi volete andare a perdervi.
Ecco quello che io vorrei che voi capiste come una delle lezioni più grandi della misericordia di Dio.  Noi dobbiamo ringraziarlo per questa libertà che ci ha dato.  La professione cristiana non è qualcosa di obbligato e di forzato, ma è una semplice, spontanea, cordialissima adesione da parte nostra.  Dobbiamo ringraziarlo perché Egli è il solo che ci rispetta.  Nessuno ci ha obbligato ad inginocchiarci nella Pasqua; nessuno ci ha portati qui alla balaustra; nessuno ci ha portati in chiesa; nessuno ci obbliga ad essere buoni.
C'è soltanto un invito: l'invito divino che ha la capacità di rifare, di rimettere a posto, di ricostruire.  La primavera è bella perché essa è la ricostruzione, da parte dell'onnipotenza di Dio, della natura che nell'inverno è venuta meno.  E così, vedete, la Pasqua è bella non perché il Signore si sia sottratto alla morte, ma perché ha vinto la morte; non perché ha impedito agli Ebrei di essere dei deicidi, ma perché ha perdonato ai deicidi.  La Pasqua è bella perché è il segno della misericordia di Dio che ha impresso, sul volto di ogni uomo, i segni della Redenzione.
Noi possiamo diventare cattivi, ma Cristo rimane infinitamente buono e infinitamente aperto alle nostre miserie.  Vale di più saper ricostruire che distruggere.  E questo è il segno più bello della bontà onnipotente ed inesausta di colui che è venuto ad aprire il Paradiso su questa terra.
Voi sapete cos'è il Paradiso ? Il paradiso è sentire che c'è un cuore divino che non si stancherà mai di battere per l'uomo, anche se l'uomo lo rinnega; che c'è qualcuno che non si stancherà mai di spalancare le sue braccia, anche se noi andiamo lontano.  Qualcuno che è disposto a lasciarsi spaccare il cuore per dare un porto a questo povero mondo.

- Primo Mazzolari - 

Emmaus - Sant'Apollinare Nuovo - Ravenna (Italy)

Dio sia benedetto
Benedetto il Suo santo Nome.
Benedetto Gesù Cristo, vero Dio e vero Uomo.
Benedetto il Nome di Gesù.
Benedetto il Suo sacratissimo Cuore.
Benedetto il Suo preziosissimo Sangue.
Benedetto Gesù nel SS. Sacramento dell’altare.
Benedetto lo Spirito Santo Paraclito.
Benedetta la gran Madre di Dio, Maria Santissima.
Benedetta la Sua santa e Immacolata Concezione.
Benedetta la Sua gloriosa Assunzione.
Benedetto il Nome di Maria, Vergine e Madre.
Benedetto S. Giuseppe, Suo castissimo Sposo.

Benedetto Dio nei Suoi Angeli e nei Suoi Santi.



Silenzio

Splende nella maestà del tuo martirio
d'una perfetta dedizion la luce;
rassegnazione - libertà assoluta -,
con «La tua volontà. sia fatta!» veste
d'uno splendente velo il tuo patire.
Silenzio, nudità, riposo, notte
T'avvolgono, Gesù, come vegliando
la morte tua; nudo si tace Iddio
e muto nella tenebra. Il fedele
silenzio solo s'ode del tuo Padre:
s'ode il richiamo dell'amor che invita
con un sussurro al dolce nostro nido,
nido ch'è fatto delle braccia tue
distese sulle tenebre, ove il sole
sorge ad illuminar la nostra vita! 


- Miguel de Unamuno -
da: Il Cristo di Velazquez, p. 68




Buon lunedì dell'Angelo!









domenica 9 aprile 2023

Auguri pasquali di Don Tonino Bello

Cari amici,

come vorrei che il mio augurio, invece che giungervi con le formule consumate del vocabolario di circostanza, vi arrivasse con una stretta di mano, con uno sguardo profondo, con un sorriso senza parole!
Come vorrei togliervi dall'anima, quasi dall'imboccatura di un sepolcro, il macigno che ostruisce la vostra libertà, che non dà spiragli alla vostra letizia, che blocca la vostra pace!

Posso dirvi però una parola. Sillabandola con lentezza per farvi capire di quanto amore intendo caricarla: "coraggio"!
La Risurrezione di Gesù Cristo, nostro indistruttibile amore, è il paradigma dei nostri destini. La Risurrezione. Non la distruzione. Non la catastrofe. Non l'olocausto planetario. Non la fine. Non il precipitare nel nulla.

Coraggio, fratelli che siete avviliti, stanchi, sottomessi ai potenti che abusano di voi.
Coraggio, disoccupati.
Coraggio, giovani senza prospettive, amici che la vita ha costretto ad accorciare sogni a lungo cullati.
Coraggio, gente solitaria, turba dolente e senza volto.
Coraggio, fratelli che il peccato ha intristito, che la debolezza ha infangato, che la povertà morale ha avvilito.

Il Signore è Risorto proprio per dirvi che, di fronte a chi decide di "amare", non c'è morte che tenga, non c'è tomba che chiuda, non c'è macigno sepolcrale che non rotoli via.
Auguri. La luce e la speranza allarghino le feritoie della vostra prigione.

Vostro,
don Tonino, vescovo

 

 
Solo quando avremo taciuto noi, Dio potrà parlare.
Comunicherà a noi solo sulle sabbie del deserto.
Nel silenzio maturano le grandi cose della vita:
la conversione, l'amore, il sacrificio.
Quando il sole si eclissa pure per noi,
e il Cielo non risponde al nostro grido,
e la terra rimbomba cava sotto i passi,
e la paura dell'abbandono rischia di farci disperare,
rimanici accanto.
In quel momento, rompi pure il silenzio:
per dirci parole d'amore!

E sentiremo i brividi della Pasqua.

- don Tonino Bello - 

Sieger Koder, Maria Maddalena al sepolcro aperto.

"Maria di Magdala, la donna che era rimasta ai piedi della croce con la Madonna, la domenica va di buon mattino al sepolcro, vede una persona che scambia per il giardiniere, poi lui si rivela: «“Donna - ci racconta Giovanni trascrivendo il dialogo fra il Signore e la sua discepola - perché piangi? 
Chi cerchi?”. Essa, pensando che fosse il custode del giardino, gli disse: “Signore, se l’hai portato via tu, dimmi dove l’hai posto e io andrò a prenderlo”. 
Gesù le disse: “Maria”. Essa allora voltatasi verso di lui, gli disse in ebraico: “Rabbuni”, che significa Maestro. 
Gesù le disse: “Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al padre”...».


Pietro e Giovanni corrono al sepolcro la mattina della Resurrezione
Eugène Burnand ,1898, Parigi, Musée d'Orsay

"Il mattino di Pasqua, Pietro e Giovanni - avvertiti dalle donne - corsero al sepolcro e lo trovarono aperto e vuoto; si avvicinarono e si chinarono per entrare nel sepolcro. Per entrare nel mistero bisogna chinarsi, abbassarsi. 
Il mondo propone di imporsi a tutti costi, di competere, di farsi valere… Ma i cristiani, per la grazia di Cristo morto e risorto, sono i germogli di un’altra umanità, nella quale cerchiamo di vivere al servizio gli uni degli altri, di non essere arroganti ma disponibili e rispettosi”.

- Papa Francesco - 



"Se Cristo non è risuscitato, allora è vana la nostra predicazione ed è vana anche la vostra fede."

San Paolo di Tarso (5-10 d.C. - 64-67), Prima Lettera ai Corinzi 15,14



Venne allora una voce che diceva: "Aprite le porte!". 

- Vangelo di Nicodemo -




Preghiera per la Pasqua

Signore Gesù, risorgendo da morte hai vinto il peccato:
fa che la nostra Pasqua segni una vittoria completa sul nostro peccato.
Signore Gesù, risorgendo da morte hai dato al tuo corpo
un vigore immortale:
fa che il nostro corpo riveli la grazia che lo vivifica.
Signore Gesù, risorgendo da morte hai portato la tua umanità in cielo:
fa che anch'io mi incammini verso il Cielo,
con una vera vita cristiana.
Signore Gesù, risorgendo da morte e salendo al Cielo,
hai promesso il tuo ritorno:
fa che la nostra famiglia sia pronta per
ricomporsi nella gioia eterna.

Così sia.


Carissimi amici ed amiche che mi seguite da così tanti anni.... Buona Pasqua a tutti/e .  Passate una giornata serena. Io sono in montagna già da qualche giorno. C'è il sole ma il freddo è pungente e il riscaldamento e il camino sono accesi.  Buona giornata a tutti. :-)

venerdì 7 aprile 2023

Gesù in Croce (composto il venerdì Santo)- Gibran Kahlil

Oggi e ogni Venerdì Santo si risveglia l'umanità dal sonno profondo e si erge di fronte ai fantasmi dei grandi che guardano con occhi coperti di lacrime il Golgota per vedere Gesù Nazareno legato al legno della croce….. mentre scompare il sole dalle sorgenti del giorno ritorna all'umanità e s'inchina a pregare di fronte agli dei innalzati in cima a ogni collina e ogni monte.
Oggi le anime dei cristiani da ogni parte della terra vanno a Gerusalemme e qui si fermano battendosi il petto, guardando un fantasma recante una corona di spine, con le braccia aperte di fronte al vuoto e volgono lo sguardo dal morente alle profondità della vita….
In questo giorno il manto della notte non scende sulla natura finché i credenti non tornano a coricarsi tutti insieme nelle tenebre dell'oblio tra le coltri della stoltezza e dell'indifferenza.
Ogni anno in questa ricorrenza i filosofi abbandonano le spelonche oscure e gli eremiti le loro gelide celle e i poeti le loro vallate spettrali e tutti si fermano su di un monte e in silenzio riverente si dispongono ad ascoltare un giovane che dice davanti ai sui giustizieri:

"Oh Padre, abbi pietà di loro perché non sanno quel che fanno…."

….. Ma la tranquillità non avvolge le voci della luce fino a quando i filosofi, gli eremiti, i poeti non tornano ad avvolgere le proprie anime con le pagine dei vecchi libri.
Le donne nel fiore della vita, ricche di dolcezza e d'abiti, oggi escono di casa per vedere la donna disperata di fronte alla croce simile ad un arboscello in balìa di tempeste invernali, avvicinarsi a lei per ascoltare il suo profondo lamento e singhiozzi di dolore.
Quando ai giovani e ai fanciulli tutti tesi all'ignoto avvenire, oggi si fermano un attimo e guardano indietro e vedono Maria Maddalena lavare con le proprie lacrime le gocce di sangue dai piedi di un uomo sospeso tra cielo e la terra. Ma quando ormai i loro occhi si staccano di guardare questa scena improvvisamente si mettono a ridere.
Ogni anno in questa ricorrenza l'umanità si risveglia con la primavera e si ferma piangente per le sofferenze del Nazareno, poi chiude gli occhi e sprofonda nel sonno. La primavera invece continua a vegliare sorridente e precede fino a diventare l'estate dall'abito dorato e dall'intenso profumo.
L'umanità è una profonda è una donna ingentilita dal pianto e dai sospiri per gli eroi e i grandi. Se l'umanità fosse un uomo allora si rallegrerebbe della loro gloria e della loro grandezza.
L'umanità è una bambina che si ferma sospirando al fianco di un uccello che si è schiantato al suolo, ma che ha il terrore di fermarsi di fronte alla forte tempesta che piega con la sua violenza i rami fragili e porta via con la propria energia le impurità ormai putrefatte.
L'umanità guarda Gesù Nazareno nato come un povero, vissuto come un miserabile, umiliato come un debole, messo in croce come criminale, e lo compiange, lo ricorda poiché questo è ciò che ha fatto per farsi venerare.
Da diciannove secoli gli uomini servono il debole che ha le sembianze di Gesù, ma Gesù era potente; e costoro non conoscono il significato della vera forza.
Gesù non visse miserabile, pervaso dalla paura, e non morì lamentandosi dal dolore bensì visse libero e come ribelle fu crocifisso morendo come grande uomo.
Gesù non fu un uccello dalle ali spezzate bensì una violenta tempesta che con il proprio impeto ha spezzato tutte le ali.
Gesù non venne da dietro l'azzurro del crepuscolo per fare del dolore il simboloper la vita, bensì venne per fare della vita il simbolo della verità e della libertà.
Gesù non temeva i suoi persecutori e tantomeno lo spaventano i nemici e nemmeno si lamentò dei suoi giustizieri, anzi fu nobile in pubblico e coraggioso di fronte alle tenebre e alla tirannia, conobbe le piaghe ripugnanti e le risanò, udì il male parlare e lo ridusse al silenzio, incontrò l'ipocrisia e la ridicolizzò.
Gesù non scese mai dal cerchio di luce suprema per distruggere le dimore sulle cui rovine costruire poi monasteri e conventi, e non ammaliò gli uomini forti per farli pastori e monaci, bensì venne per disseminare nel cielo di questo mondo un'anima nuova e forte che spezzasse le gambe degli alti troni sui crani e demolisse i maestosi palazzi sulle tombe e annientasse gli idoli sui corpi dei deboli e dei miserabili.
Gesù non venne per insegnare alla gente a costruire a costruire chiese maestose e templi enormi nelle vicinanze delle capanne dei poveri e delle dimore fredde e oscure, bensì venne per rendere il cuore dell'uomo un tempio, la sua anima sacrificio, e il suo intelletto un sacerdote.
Questo fece Gesù Nazareno e questi sono i principi che fissò a suo tempo, se l'umanità ha capito il suo messaggio allora oggi si rallegrerà, esulterà, canterà canti di lode ed esultanza.
E tu, dominatore in croce, che guardi dal Golgota il trascorrere dei secoli, che ascolti l'agitarsi delle nazioni, che comprendi i sogni eterni, tu sulla croce macchiata di sangue sei molto più di una maestà divina e a te è dovuta più riverenza che mille re su mille troni in mille regni.
Per altro tu sei in lotta contro la morte e la morte stessa e sei più potente e coraggioso di mille comandanti di mille armate in mille battaglie.
Tu sei nel tuo dolore più felice della primavera tra i suoi fiori, tu con le tue pene sei più sereno in cuor tuo degli angeli nei cieli e davanti ai tuoi giustizieri sei più libero della luce del sole.
La corona di spine sul tuo capo è più maestosa e meravigliosa di un diadema, i chiodi conficcati nelle palme delle tue mani sono di gran misura più imponenti dello scettro di Giove e le gocce di sangue sui tuoi piedi splendono più delle collane di Astarte. Abbi pietà dei deboli che si rivolgono a te perché non sanno come rivolgersi alle loro anime, rimetti a loro i peccati perché non sanno che tu hai combattuto la morte e hai ridato vita a chi era nella tomba.

(Gibran Kahlil)
dal libro: "Al 'Awasif" (Le Tempeste)


Tiziano, 1565. Cristo porta la Croce. Museo del Prado, Madrid.

"Dove erano e che cosa erano gli uomini, quando Cristo morì per i peccatori? Come si può dubitare che egli darà ai suoi fedeli la sua vita, quando per essi, egli non ha esitato a dare anche la sua morte? 
Perché gli uomini stentano a credere che un giorno vivranno con Dio, quando già si è verificato un fatto molto più incredibile, quello di un Dio morto per gli uomini?"

(Dai Discorsi di Sant'Agostino)






Tutto in Gesù è parola. Anche il suo silenzio davanti ai tribunali degli uomini. Il suo essere coperto di colpi e di sputi. 
Soprattutto lo è la sua morte dopo l’alto grido inarticolato cui segue il gelido mutismo del cadavere: nessuna parola di Dio è più eloquente di questa estrema condizione dell’uomo mortale. Infatti: se non avessimo questa parola, questa autoespressione di Dio, non sapremmo che, oltre ogni tenebra, «Dio è amore», una frase che nessun’altra religione del mondo ha osato esprimere. 
Nulla più di questa frase necessita della prova: eccola. «Chi lo ha visto lo testimonia e la sua testimonianza è vera. Egli sa che dice il vero perché anche voi crediate» (Gv 19,35).

- Hans Urs von Balthasar - 




...La Quaresima è un periodo di penitenza e digiuno, che prepara alla Pasqua, festa della Resurrezione di Gesù. Per Benedetto XVI è un periodo importantissimo nella vita della Chiesa. 
Dopo venticinque anni come prefetto della Congregazione della Dottrina della Fede e poi durante gli anni di Pontificato, Benedetto XVI ha toccato con mano quello che viene fuori da un mal compreso senso di essere Chiesa, da quella superbia e quella vanità che fanno sentire un sacerdote un intoccabile e un impiegato di Curia un Dio sceso in terra. Benedetto XVI ha messo al centro della sua vita Dio, nella persona di Gesù Cristo. Tanto che tutta la sua carriera di teologo è una corsa verso i tre volumi del Gesù di Nazaret, e tutto il suo pontificato è teso fino all'Anno della Fede. Quando viene eletto Papa, Benedetto sottolinea di avere il programma di non fare altro che la volontà di Dio. 
Ci tiene ad non apparire come un Papa che governa, ma un "umile servo nella vigna del Signore". 
Ci tiene a riportare tutto quanto a Dio. Ma che questo fosse il suo programma lo si era capito alla via Crucis del 2005. Giovanni Paolo II affida proprio al cardinale Joseph Ratzinger la stesura delle meditazioni. 
E Ratzinger stende un testo pieno di amarezza. "Quanta sporcizia nella tua stessa Chiesa, Signore"...

dal libro "La Quaresima della Chiesa" di Andrea Gagliarducci e Marco Mancini

















                                                                Preghiera e digiuno

Chiniamo il capo e aspettiamo in preghiera......  

il Signore non si farà attendere......

                                                   Buon Venerdì di Quaresima a tutti :-) 

mercoledì 29 marzo 2023

Collocazione provvisoria – don Tonino Bello

 “Nel Duomo vecchio di Molfetta c’è un grande crocifisso di terracotta. Il parroco, in attesa di sistemarlo definitivamente, l’ha addossato alla parete della sagrestia e vi ha apposto un cartoncino con la scritta: collocazione provvisoria.
La scritta, che in un primo momento avevo scambiato come intitolazione dell’opera, mi è parsa provvidenzialmente ispirata, al punto che ho pregato il parroco di non rimuovere per nessuna ragione il crocifisso di lì, da quella parete nuda, da quella posizione precaria, con quel cartoncino ingiallito. Collocazione provvisoria. Penso che non ci sia formula migliore per definire la croce. La mia, la tua croce, non so quella di Cristo.
Coraggio, allora, tu che soffri inchiodato su una carrozzella. Animo, tu che provi i morsi della solitudine. Abbi fiducia, tu che bevi al calice amaro dell’abbandono. Non imprecare, sorella, che ti vedi distruggere giorno dopo giorno da un male che non perdona. Asciugati le lacrime, fratello, che sei stato pugnalato alle spalle da coloro che ritenevi tuoi amici. Non tirare i remi in barca, tu che sei stanco di lottare e hai accumulato delusioni a non finire. Coraggio.
La tua croce, anche se durasse tutta la vita, è sempre "collocazione provvisoria". Il Calvario, dove essa è piantata, non è zona residenziale. 
E il terreno di questa collina, dove si consuma la tua sofferenza, non si venderà mai come suolo edificatorio. Anche il Vangelo ci invita a considerare la provvisorietà della croce.
C’è una frase immensa, che riassume la tragedia del creato al momento della morte di Cristo. "Da mezzogiorno fino alle tre del pomeriggio, si fece buio su tutta la terra". 
Forse è la frase più scura di tutta la Bibbia. Per me è una delle più luminose. Proprio per quelle riduzioni di orario che stringono, come due paletti invalicabili, il tempo in cui è concesso al buio di infierire sulla terra. Da mezzogiorno alle tre del pomeriggio. Ecco le sponde che delimitano il fiume delle lacrime umane. Ecco le saracinesche che comprimono in spazi circoscritti tutti i rantoli della terra. Ecco le barriere entro cui si consumano tutte le agonie dei figli dell’uomo. Da mezzogiorno alle tre del pomeriggio. Solo allora è consentita la sosta sul Golgota. Al di fuori di quell’orario, c’è divieto assoluto di parcheggio. 
Dopo tre ore, ci sarà la rimozione forzata di tutte le croci. 
Una permanenza più lunga sarà considerata abusiva anche da Dio.

Coraggio, fratello che soffri. Mancano pochi istanti alle tre del tuo pomeriggio.
Tra poco, il buio cederà il posto alla luce, la terra riacquisterà i suoi colori verginali e il sole della Pasqua irromperà tra le nuvole in fuga.

(don Tonino Bello)
Tratto da : Don Tonino Bello, Alla Finestra la Speranza, Milano, Paoline editoriale libri, 1988


Tra le confusioni che il mondo ama, ce n’è una che ama in modo particolare: esso confonde il perdono con l’approvazione. 

Per il fatto che Gesù Cristo ha perdonato molti peccatori, il mondo ne vuole concludere che Gesù Cristo non detestava il peccato. 

Il crimine del diciannovesimo secolo è quello di non odiare il male e di fargli delle proposte. Non c’è che una proposta da fargli: quella di sparire. 

Ogni compromesso concluso con il male somiglia non solo al suo trionfo parziale, ma al suo trionfo completo, giacché Il male non chiede sempre di cacciare il bene, ma vuole il permesso di coabitare con lui. Un istinto segreto lo avverte che chiedendo qualcosa, chiede tutto  Appena non lo si odia più, esso si sente adorato.

(Ernest Hello)
1828 - 1885 da: L'uomo (L'homme)


domenica 10 aprile 2022

Giorno 1 – Betania e il profumo dell'amore

 “Sei giorni prima della Pasqua, Gesù andò a Betània, dove si trovava Làzzaro, che egli aveva risuscitato dai morti. E qui fecero per lui una cena: Marta serviva e Làzzaro era uno dei commensali.
Maria allora prese trecento grammi di profumo di puro nardo, assai prezioso, ne cosparse i piedi di Gesù, poi li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì dell’aroma di quel profumo.
Allora Giuda Iscariòta, uno dei suoi discepoli, che stava per tradirlo, disse: «Perché non si è venduto questo profumo per trecento denari e non si sono dati ai poveri?». Disse questo non perché gli importasse dei poveri, ma perché era un ladro e, siccome teneva la cassa, prendeva quello che vi mettevano dentro.
Gesù allora disse: «Lasciala fare, perché ella lo conservi per il giorno della mia sepoltura. I poveri infatti li avete sempre con voi, ma non sempre avete me».
Intanto una grande folla di Giudei venne a sapere che egli si trovava là e accorse, non solo per Gesù, ma anche per vedere Làzzaro che egli aveva risuscitato dai morti. I capi dei sacerdoti allora decisero di uccidere anche Làzzaro, perché molti Giudei se ne andavano a causa di lui e credevano in Gesù.” (Gv 12,1-11)

Ve la ricordate Maria?

La sorella di Marta e Lazzaro.
La donna che si era messa ad ascoltare Gesù invece di cucinare e servire, in un tempo che non prevedeva che le donne partecipassero alle conversazioni a tavola.
Quella che, quando gli muore il fratello, non va incontro a Gesù come la sorella Marta.
Lei resta a casa.

Ma viene chiamata direttamente da Gesù che, fuori dal villaggio, l’aspetta: “Il Maestro è qui e ti chiama” (Gv 11, 28) le vanno a dire. 
Maria allora si alza in fretta, gli va incontro e si getta ai suoi piedi. Ma poi non esita a rimproverare Gesù: “Signore, se tu fossi stati qui mio fratello non sarebbe morto” (v. 32). 
È un rapporto molto intimo quello tra Maria e Gesù. 
Si può permettere abbracci e rimproveri. 
Sono unitissimi. Maria non ha mai lasciato Gesù sulla soglia dei gesti convenevoli e cordiali. Con lui si è lasciata andare. 
E quel giorno lei tira fuori il nardo, profumo preziosissimo quanto costoso. E Giuda, in effetti, le fa subito i conti in tasca: 300 danari, il salario di un anno. 
Maria invece fa il gesto senza tornaconto. 
Ha il nardo puro. 
Il migliore. 
Quello proveniente dall’India. 
Un profumo che si fa con le radici delle piante e coi fiori e, una volta fatto, la pianta non c’è più. 
Maria prende il meglio di ciò che ha perché, per il suo Gesù, non bada a spese. 
E’ un gesto femminile che mi ha sempre affascinata. 
Per questo, ogni volta che ho potuto, da Gerusalemme mi sono riportata il profumo al nardo. 
Maria che prende fra le sue mani i piedi di Gesù, durante una cena, e li profuma. 
Dopo quattro giorni Gesù, in un’altra cena, ripeterà quel gesto, prendendo fra le sue mani i piedi dei discepoli. 
Quasi che avesse imparato da una donna i gesti per dire l’amore. 
Intorno a quei piedi profumati con nardo ed asciugati con i capelli, c’è un mondo in subbuglio. 
Intorno a Gesù e Maria, tutti sono agitati. 
Fuori la casa c’è una gran folla che vuol vedere Lazzaro il miracolato.
A soli cinque chilometri di distanza, a Gerusalemme, ci sono i capi dei sacerdoti, i farisei, i guardiani della fede e gli accusatori in subbuglio, più le guardie che hanno l’ordine di arrestarlo. 
Vicini a loro due c’è Giuda che non riesce a vedere la tenerezza del gesto.
Tutto intorno al vaso di alabastro di Maria e Gesù, c’è un mondo che non sa leggere i segreti del cuore. 
Il profumo è vita amorosa. 
E’ lo sposo che è vicino. 
“Nardo versato è il suo nome” si legge nel Cantico (1,3). 
E’ la “Presenza” dell’Amore che muove tutte le stelle. 
E Dio si lascia accarezzare i piedi, la parte del corpo più lontana dal Cielo e più vicina alla terra. 
Sono piedi che hanno fatto tanta strada polverosa per raggiungerci. 
Sono piedi che si stanno preparando per andare fino al Golgota, per salvarci. 
Stanno per percorrere il più duro sentiero della vita: quello verso la morte. 
Le carezze di Maria sono versi poetici che gli sussurrano: “Io voglio stare vicino a te. Non ti abbandonerò mai!” 
Maria gli versa 300 grammi di dichiarazione d’amore. 
Maria versa profumo senza fare calcoli. 
Gesù verserà sangue senza fare misure. 
Mentre il mondo intorno a loro non comprende, Maria e Gesù si capiscono intensamente. E poi i capelli su quei piedi! 
Gesto sensuale, intimo, di appartenenza. Gesù è lo Sposo che esiste da sempre. 
Gesù è preso da Maria. 
Non ha bisogno di una spada per proteggersi. Né di un avvocato che lo difenda. 
Ha invece un bisogno assoluto di tenerezza vera. 
Di carezze. 
Di intimità. 
“Ti amo. Tu mi ami?” chiede a tutti. 
“E la casa si riempì di profumo”.
Basta una sposa di Dio, per profumare la terra. 
Basta un momento di intimità, per spargere polvere di stelle nel cosmo. 
Basta un profumo per cambiare tutto! 
Il profumo non è il pane, non è l’abito, non è necessario per vivere. 
È un di più, come il vino di Cana. 
E’ la gioia dell’Amore. 
E’ la carezza di Dio che vale dieci volte più dei trenta denari di Giuda. 
E’ l’amore “sprecato” di Maria che sussurra a Gesù: “Io ti amo dieci volte più del prezzo del tradimento!” 
E il cuore di Gesù esulta e riceve forza dall’amore di Maria. 
Il primo giorno della Settimana Santa, anche io prenderò il mio vaso di alabastro e verserò il profumo più prezioso che ho, sui piedi di Gesù. 
Il mio nardo è la mia vita, la mia intelligenza, la mia cultura, il mio denaro, le mie competenze, i miei affetti, il mio sguardo… 
Ho trecento denari di nardo in me. 
Oggi romperò il vaso e lo verserò sui piedi del Re dei Re.
In uno slancio di amore cercherò di buttare alle mie spalle i calcoli e le preoccupazioni.
E cercherò di far profumare tutta la mia casa, il mio mondo ed il mondo di coloro che incontrerò.
Anche in internet.
Anche dal chiuso della mia casa.
Accompagniamo Gesù in questa settimana, passo passo.
Non dobbiamo fare grandi cose, ma piccoli gesti di autentica tenerezza.
Di questo ha bisogno Gesù. 

“L’Amore non è amato!’ Com’è possibile che gli uomini possano amarsi se non amano l’Amore?”

(dalla vita di S. Francesco narrata nella “Leggenda dei tre Compagni”)


Il gesto fondamentale della preghiera del cristiano è e resta il segno della Croce. È una professione, espressa mediante il corpo, di fede in Cristo Crocifisso, secondo le parole programmatiche di san Paolo: «Noi annunciamo Cristo crocifisso, scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani, ma per coloro che sono chiamati, sia Giudei che Greci, predichiamo Cristo, potenza di Dio e sapienza di Dio» (1Cor 1,23s). E ancora: «Io non volli sapere tra di voi se non Cristo, e questi crocifisso» (2,2).
Segnare se stessi con il segno della croce è un sì visibile e pubblico a Colui che ha sofferto per noi; a Colui che nel corpo ha reso visibile l’amore di Dio fino all’estremo; al Dio che non governa mediante la distruzione, ma attraverso l’umiltà della sofferenza e dell’amore, che è più forte di tutta la potenza del mondo e più saggia di tutta l’intelligenza e di tutti i calcoli dell’uomo.
Il segno della croce è una professione di fede: io credo in Colui che ha sofferto per me e che è risorto; in Colui che ha trasformato il segno dello scandalo in un segno di speranza e dell’amore presente di Dio per noi. La professione di fede è una professione di speranza: credo in Colui che nella sua debolezza è l’Onnipotente; in Colui che, proprio nella apparente assenza ed estrema debolezza, può salvarmi e mi salverà.
Nel momento in cui noi ci segniamo con la croce, ci poniamo sotto la protezione della croce, la teniamo davanti a noi come uno scudo che ci protegge nelle tribolazioni delle nostre giornate e ci dà il coraggio per andare avanti. La prendiamo come un segnale che ci indica la strada da seguire: «Chi vuol essere mio discepolo, rinneghi se stesso, prenda la sua croce su di sé e mi segua» (Mc 8,34). La croce ci mostra la strada della vita: la sequela di Cristo.
Noi leghiamo il segno della croce con la professione di fede nel Dio Trinità – Padre, Figlio e Spirito Santo. Esso diventa così ricordo del battesimo, in maniera ancor più chiara quando lo accompagniamo con l’uso dell’acqua benedetta. La croce è un segno della passione, ma è allo stesso tempo anche segno della resurrezione; essa è, per così dire, il bastone della salvezza che Dio ci porge, il ponte su cui superiamo l’abisso della morte e tutte le minacce del male e possiamo giungere fino a Lui. Essa è resa presente nel battesimo, nel quale diventiamo contemporanei alla croce e alla resurrezione di Cristo (Rm 6,1-14).
Ogni volta che ci facciamo il segno della croce rinnoviamo il nostro battesimo; Cristo dalla croce ci attira fino a se stesso (Gv 12,32) e fin dentro la comunione con il Dio vivente. Poiché il battesimo e il segno della croce, che lo rappresenta e rinnova, sono soprattutto un evento di Dio: lo Spirito Santo ci conduce a Cristo, e Cristo ci apre la porta verso il Padre. Dio non è più il Dio sconosciuto; ha un nome. Possiamo chiamarlo, e Lui chiama noi.
Possiamo quindi dire che nel segno della croce, nella sua invocazione trinitaria è riassunta tutta l’essenza dell’avvenimento cristiano, è presente il tratto distintivo del cristianesimo.
 
(Joseph Ratzinger - da "Introduzione allo spirito della liturgia")


Buona giornata a tutti :-)


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