Dicono che nei presepi la neve è fuori luogo,
in quanto in Palestina ai tempi di Gesù non nevicava mai.
Dicono che nei
presepi la neve è un’invenzione tardiva, nata con i presepi edificati nei paesi
ai piedi delle Alpi.
Dicono che nei presepi la neve è inutile folclore senza
senso. E invece non è così. Ce lo assicura questa fiaba.
Quella
Notte Santa, dopo che la stella, i pastori, l’asino e il bue, Giuseppe e Maria
e il Bambino si furono addormentati, una nuvola passò nel cielo di Betlemme, venuta
anch’essa ad adorare il Bambino Gesù. Ma, non vedendo alcun segno del Grande
Evento, ebbe un brivido e si mise a piangere; ed il suo brivido fu così intenso
che, invece che gocce d’acqua, pianse fiocchi di neve. Quasi nessuno li vide,
poiché al primo sorger del sole il lieve manto bianco si era già disciolto. Ma
nulla accade mai per caso, e quegli occhi cambiarono la vita di un uomo.
Un uomo solo agli occhi del Signore è
importante quanto l’umanità intera. Specialmente se quell’uomo è un grande
peccatore, di quella specie che Dio predilige in modo specialissimo: senza
speranza.
Il Signore vuole infatti essere Lui l’unica speranza, e niente lo
attrae di più che un uomo disperato.
E quell’uomo aveva mille e una ragione per
essere disperato.
Aveva completamente sciupato la sua vita: invece di edificare
aveva distrutto, invece che seminare vita aveva cosparso di morte il suo
cammino. Se ne era convinto quella sera, quando, tornando al suo castello sulle
colline di Betlemme, aveva incrociato per strada due viandanti, un uomo e una
donna incinta, che al suo passaggio si erano fermati sul ciglio della strada
guardandolo in viso intensamente, come nessuna persona del luogo avrebbe osato
fare.
Uno sguardo accogliente, buono, innocente, fiducioso; per lui, intollerabile.
Lo sguardo della donna, poi, luminoso per l’imminente parto, gli era entrato
nell’intimo del cuore ridestandolo da un lungo letargo.
Per quei due poveracci
avrebbe voluto provare disprezzo e scherno, ma non ci riuscì.
E quando gli
augurarono, chinandosi lievemente, pace e salute, tentò invano di
colpirli al volto con la frusta; il suo cavallo ebbe uno scarto e s’inerpicò
violento verso i colli.
Quello sguardo conteneva tutti gli sguardi delle donne
violentate, degli uomini rapiti, dei bimbi sgozzati nella sua vita; non poteva
essere diversamente, dato che continuava a rimestargli l’anima e, più passavano
le ore, più gli pesava sul cuore come un macigno.
La notte, poi, quegli occhi
che recavano in sé cento altri occhi, lo scrutavano con tale intensità da ogni
angolo della sua camera, che l’uomo dubitò di perder la ragione.
Estrasse una
fune a cappio e si apprestò al gesto che da tempo meditava. Fu a quel punto che
un gran fiocco di neve entrò da una feritoia della torre e andò a posarsi sul
lume, spegnendolo. Come risucchiati dall’improvviso buio, centinaia e poi
migliaia di occhi lo seguirono. L’uomo sentiva che mille brevi gelide
carezze gli si posavano sulle mani e sul volto, ma non riusciva a capire di che
si trattasse.
Di colpo, ebbe una certezza: erano gocce di sangue, spruzzi di
tutto quel sangue un tempo così caldo ed ora così freddo sparso ovunque dalla
sua crudeltà.
L’uomo riaccese il lume e rimase folgorato: tutto, intorno a sé,
non aveva il colore purpureo del suo peccato ma quello, lontanissimo nel tempo,
della sua innocenza, l’immacolato bianco delle lenzuola che sua madre gli
rimboccava la sera dandogli il bacio della buona notte. L’uomo si precipitò a
cavallo verso la vallata puntando sicuro, nei chiaroscuri della notte, là dove
il bianco era più luminoso. E mentre tutti dormivano, nella santa grotta, e la
neve lentamente si scioglieva, egli silenziosamente scioglieva il suo pianto
verso Colui che lo aveva talmente amato da preparargli in dono la neve.
- Piero Gribaudi -
da: "Fiabe della Notte Santa", Effatà
Editrice
“Vi annunzio una grande gioia… oggi vi è nato nella città
di Davide un Salvatore: Cristo Signore” (Lc 2,10-11).
Questa notte abbiamo
riascoltato le parole dell’Angelo ai pastori, ed abbiamo rivissuto il clima di
quella Notte santa, la Notte di Betlemme, quando il Figlio di Dio si è fatto
uomo e, nascendo in una povera grotta, ha posto la
sua dimora fra noi.
In questo giorno solenne risuona l’annuncio dell’Angelo ed
è invito anche per noi, uomini e donne del terzo millennio, ad accogliere il
Salvatore.
Non esiti l’odierna umanità a farlo entrare nelle proprie case,
nelle città, nelle nazioni e in ogni angolo della terra!
E’ vero, nel corso del
millennio da poco concluso e specialmente negli ultimi secoli, tanti sono stati
i progressi compiuti in campo tecnico e scientifico; vaste sono le risorse
materiali di cui oggi possiamo disporre.
L’uomo dell’era tecnologica rischia
però di essere vittima degli stessi successi della sua intelligenza e dei
risultati delle sue capacità operative, se va incontro ad un’atrofia
spirituale, ad un vuoto del cuore.
Per questo è importante che apra la propria
mente e il proprio cuore al Natale di Cristo, evento di salvezza capace di imprimere
rinnovata speranza all’esistenza di ogni essere umano.
Messaggio Urbi et Orbi di sua Santità Benedetto XVI, Natale 2005
“Svegliati, uomo: poiché per te Dio si è fatto
uomo” (Sant’Agostino, Discorsi, 185). Svegliati, uomo del terzo millennio!
A
Natale l’Onnipotente si fa bambino e chiede aiuto e protezione. Il suo modo di
essere Dio mette in crisi il nostro modo di essere uomini; il suo bussare alle
nostre porte ci interpella, interpella la nostra libertà e ci chiede di
rivedere il nostro rapporto con la vita e il nostro modo di concepirla.
L’età
moderna è spesso presentata come risveglio dal sonno della ragione, come il
venire alla luce dell’umanità che emergerebbe da un periodo buio. Senza Cristo,
però, la luce della ragione non basta a illuminare l’uomo e il mondo. Per
questo la parola evangelica del giorno di Natale - “Veniva nel mondo / la luce
vera, / quella che illumina ogni uomo” (Gv 1,9) – echeggia più che mai come
annuncio di salvezza per tutti. “Nel mistero del Verbo incarnato trova vera
luce il mistero dell’uomo” (Cost. Gaudium et spes, 22).
La Chiesa ripete senza stancarsi questo messaggio di speranza, ribadito dal Concilio Vaticano II che si è concluso proprio quarant’anni or sono.
Messaggio Urbi et Orbi di sua Santità Benedetto XVI, Natale 2005
Con i pastori entriamo nella capanna di Betlemme
sotto lo sguardo amorevole di Maria, silenziosa testimone della nascita
prodigiosa. Ci aiuti Lei a vivere un buon Natale; ci insegni a custodire nel
cuore il mistero di Dio, che per noi si è fatto uomo; ci guidi a testimoniare
nel mondo la sua verità, il suo amore, la sua pace.
- papa Benedetto XVI -
Messaggio Urbi et Orbi - Natale 2005
Buona giornata a tutti. :-)